[Il 21 dicembre 1946, nella seduta antimeridiana, la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul coordinamento degli articoli sul potere legislativo.]

Il Presidente Terracini pone in discussione l'articolo 35:

«Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali».

A tale articolo si propone un'aggiunta così concepita:

«...politici, di arbitrato o di regolamento giudiziario, di commercio, che importano variazioni di territorio od oneri alle finanze o che esigono modificazioni di leggi».

Nobile domanda perché, con l'aggiunta proposta, non dovrebbe più essere usata l'espressione generica di «trattati internazionali».

Il Presidente Terracini fa presente che, con l'espressione «trattati internazionali», si può dar luogo al sorgere di una serie di accorgimenti per cui alcuni atti, che sono veri e propri trattati internazionali, soltanto perché hanno una denominazione diversa, sfuggirebbero all'obbligo della ratifica. È stato richiamato in proposito l'esempio degli Stati Uniti, in cui alcuni accordi, che pure impegnano la nazione, in quanto non vien data loro la denominazione di trattati non sono sottoposti all'approvazione del Congresso.

Nobile, per evitare il sorgere degli inconvenienti accennati dal Presidente, propone il seguente emendamento all'articolo in esame: «dei trattati ed accordi internazionali ed in generale di qualsiasi atto stipulato con altri Stati».

Einaudi intende innanzitutto lumeggiare i motivi per cui nei tempi recenti molti accordi, specialmente di carattere commerciale, non sono più definiti come trattati e quindi, pure entrando in vigore, non sono sottoposti alla ratifica delle Camere.

Un tempo le operazioni commerciali fra Stato e Stato erano fatte dai privati e i trattati di commercio non avevano altro scopo che quello di stabilire alcune regole generali, a cui tutti indistintamente coloro che commerciavano dovevano sottostare. Dall'altra guerra in poi cominciò ad entrare in uso il sistema di far compiere tali operazioni da enti pubblici o da privati godenti di speciali concessioni: onde una serie numerosa di accordi, che non riguardano più l'attività del commercio da un punto di vista generale, ma si riferiscono a determinate materie in modo particolare.

Rispetto a tali accordi, che, in quanto non sono definiti come trattati, non sono sottoposti all'approvazione delle Camere, si può rilevare che, senza di essi, sarebbero assai difficili le operazioni di carattere commerciale nell'ambito internazionale, data l'organizzazione economico-industriale del mondo moderno. Si possono dire quindi necessari, e ciò anche perché essi hanno spesso carattere di urgenza. Sono queste le ragioni per cui tali accordi sono stati sottratti al procedimento della ratifica legislativa.

Ma vi è una ragione che dovrebbe sconsigliare l'uso di tali accordi, ed è che da essi di solito deriva la sorgente dei maggiori lucri e dei maggiori pericoli di corruzione, anche politica.

Si tratta quindi di bilanciare l'importanza della necessità economica di procedere con la dovuta rapidità alla stipulazione di tali accordi, ed i pericoli di carattere morale e politico che da essi possono sorgere. Per conto suo ritiene di maggiore importanza le ragioni di carattere morale e politico che non quelle di carattere economico, e pertanto, a suo avviso, tali accordi dovrebbero essere sottoposti alla ratifica parlamentare. E ciò, anche in considerazione del fatto che molte delle ragioni che dovrebbero consigliare la stipulazione degli accordi in questione, sono per lo più artificiosamente create negli ambienti ministeriali. V'è infatti tutta una tecnica per addivenire alla stipulazione di questi accordi commerciali, alla cui elaborazione partecipano funzionari specializzati degli Stati contraenti, i quali funzionari hanno finito col credere che la loro opera sia addirittura insostituibile. Può essere che questa sua impressione sia non esatta, ma egli ha ragione di non ritenerla tale.

Fabbri fa presente che, in considerazione delle osservazioni dell'onorevole Einaudi, sarebbe opportuno far menzione, nell'articolo in esame, delle concessioni dei monopoli di importazione e di esportazione. Pertanto gli accordi stipulati dallo Stato per mezzo di enti che abbiano tali concessioni dovrebbero essere sottoposti alla ratifica delle Camere. Tale obbligo invece non dovrebbe sussistere per gli accordi di clearing, che, più che altro, riguardano l'esecuzione dei trattati di commercio.

Tosato rileva che quando si parla di trattati si usa un termine il più lato possibile. Infatti per «trattato» si intende qualsiasi accordo di diritto internazionale, sia normativo, sia di contratto.

Il Presidente Terracini aderisce personalmente alla tesi prospettata dall'onorevole Einaudi, perché con essa si dà un completo riconoscimento alla sovranità popolare che, attraverso il Parlamento, eserciterebbe un adeguato controllo anche sulla politica internazionale. Ritiene, pertanto, che si dovrebbe adottare una formulazione di carattere generico, la più ampia possibile, anche perché si può senz'altro fare affidamento, per i casi urgenti, sulla rapidità di funzionamento delle Commissioni parlamentari.

Tosato esprime il dubbio che per i casi urgenti si possa avere subito la ratifica delle Camere, perché esse, nel momento richiesto per addivenire alla ratifica di dati accordi, possono non essere convocate.

La Rocca è contrario ad un'elencazione tassativa dei vari tipi di trattati internazionali perché, così facendo, potrebbe sfuggire qualche accordo, riferibile ad una determinata materia, eventualmente anche molto importante, e che pertanto verrebbe sottratto al controllo del Parlamento. Ritiene quindi preferibile la formula originaria dell'articolo 35, che è la più lata e la più generica.

Il Presidente Terracini crede che, alle giuste esigenze prospettate dall'onorevole La Rocca, risponda meglio la formulazione proposta dall'onorevole Nobile.

Cappi propone la seguente formulazione:

«Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali e di ogni accordo con altri Stati che interessi direttamente o indirettamente lo Stato».

Bulloni è d'avviso che nella formula proposta dall'onorevole Cappi dovrebbero sopprimersi le parole «direttamente o indirettamente».

Ambrosini ritiene che sia sufficiente adottare soltanto il termine di «trattati», in quanto ogni altro atto è sottoposto al sindacato politico che il Parlamento può sempre esercitare sul Governo.

Nobile chiede che il testo del suo emendamento sia messo ai voti per divisione.

Il Presidente Terracini pone in votazione la prima parte dell'emendamento proposto dall'onorevole Nobile.

«Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati ed accordi internazionali».

(È approvata).

Mette ai voti la seconda parte dell'emendamento dell'onorevole Nobile:

«ed in generale di qualsiasi atto stipulato con altri Stati».

(È approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti