[L'11 gennaio 1947 la prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul potere esecutivo.]

Il Presidente Terracini. [...] Ricorda che l'esame dell'articolo 14 fu rinviato ed apre su di questo la discussione:

«Il Presidente della Repubblica può convocare le Camere, e, sentito il parere dei loro Presidenti, può scioglierle».

Mortati rileva che questo articolo si può intendere in due sensi; perché può riferirsi sia ai casi contemplati da altri articoli (scioglimento delle due Camere in caso di conflitto tra loro o in caso di voto di sfiducia), sia ad un potere limitato di scioglimento. Vorrebbe che ciò fosse chiarito.

Tosato, Relatore, osserva che appunto l'articolo 38 del testo del Comitato di redazione prevede lo scioglimento in caso di dissenso tra le due Camere, poiché il secondo comma è così formulato:

«Quando una Camera non si pronuncia entro il termine stabilito sopra un disegno di legge approvato dall'altra, o quando lo rigetta o modifica, il Presidente della Repubblica può chiedere che la Camera stessa si pronunci o riesamini il disegno. Se non si pronuncia o se con la nuova deliberazione conferma la precedente, il Presidente della Repubblica ha facoltà di indire un referendum popolare sul disegno non approvato o di sciogliere le due Camere».

Fabbri dichiara la sua perplessità nel dover parlare di un argomento così grave, tanto più che vede che si dà come approvato dalla Sottocommissione il testo formulato dal Comitato di redazione letto dall'onorevole Tosato, nel quale è prospettata l'ipotesi dello scioglimento delle Camere in caso di conflitto tra di esse.

Si spiega ad ogni modo una tale misura in una Costituzione a regime monarchico-parlamentare, in quanto il monarca, pur concorrendo alla formazione delle leggi, è qualcosa di diverso dal Parlamento, e quando trova disarmonia tra l'espressione del Paese e quella delle Camere ricorre allo scioglimento; non se la spiega invece in un regime repubblicano parlamentare, in cui il Capo dello Stato ed il Governo sono una diretta emanazione delle due Camere elettive, non solo, ma in cui il Senato, avendo una durata eguale alla prima Camera, dovrebbe logicamente essere egualmente sciolto, permettendo così al Governo, almeno per un certo tempo, di rendersi arbitro della situazione senza il controllo di nessuna delle Camere.

Ricorda la Costituzione repubblicana francese in vigore fino a poco tempo fa, nella quale lo scioglimento da parte del Capo dello Stato era previsto limitatamente alla Camera dei Deputati, su parere del Senato che non poteva essere sciolto.

Perassi osserva che, pur non essendo sciolto, il Senato non poteva funzionare.

Fabbri riconosce giusta l'osservazione dell'onorevole Perassi, ma chiarisce il suo pensiero rilevando che nei periodi precedenti le elezioni il Senato, pur non potendo funzionare, esercitava un controllo e, per l'autorità dei suoi membri, una grande influenza sul Governo.

Si dichiara quindi contrario alla proposta contenuta nell'articolo, perché i Presidenti delle due Camere non impersonano affatto il Parlamento e non possono dare pareri in suo nome; come è contrario a che un semplice rigetto di un disegno di legge possa condurre allo scioglimento delle due Camere.

Nobile ritiene che ci si debba preoccupare della stabilità del Governo, ma anche di quella del Parlamento, perché i frequenti mutamenti non giovano al Paese. Vorrebbe perciò che si indicasse in quali casi il Parlamento potrà essere sciolto, limitando la generica facoltà di scioglimento da parte del Presidente della Repubblica.

Einaudi ricorda la pessima prova data dall'intervento del Senato nello scioglimento della Camera in Francia, secondo la Costituzione in vigore fino a poco tempo fa, poiché la difformità di pareri tra il Presidente della Repubblica ed il Senato circa lo scioglimento della Prima Camera è stata una delle cause di decadenza del parlamentarismo francese. Escluderebbe perciò in ogni caso la facoltà del Senato di impedire lo scioglimento del Parlamento.

Rileva poi che là dove, come in America, il Capo dello Stato impersona il potere esecutivo e le Camere quello legislativo, si può giungere ad un conflitto tra Presidente e Congresso, conflitto che è causa di impotenza politica.

Nel nostro caso, pensa si debba pur ammettere che un Primo Ministro, designato dal Presidente della Repubblica, ed accettato in un primo tempo dalle Camere, si venga a trovare in tempo successivo in contrasto col Parlamento; e ritiene che l'unico rimedio consista appunto nelle nuove elezioni, le quali saranno indicative della volontà popolare nei riguardi del conflitto che è sorto.

Nobile ricorda che nella Costituzione francese è contemplato un sistema per dirimere i conflitti tra Governo e Parlamento, perché con l'articolo 51 si riconosce implicitamente che la decisione dello scioglimento spetta alla Camera: questo infatti stabilisce che se, nel corso di un periodo di 18 mesi, sopravvengano due crisi ministeriali, il Consiglio dei Ministri, dietro parere dell'Assemblea, potrà decidere lo scioglimento dell'Assemblea stessa.

Tosato, Einaudi e Mortati osservano che una simile disposizione è grave e pericolosa.

Il Presidente Terracini fa presente che dal verbale della seduta pomeridiana del 21 dicembre 1946 risulta che l'intero testo dell'articolo 38 sul potere legislativo, al quale si riferiva la norma letta poc'anzi dall'onorevole Tosato, è stato soppresso. Ritiene che il problema potrà eventualmente essere riproposto e riesaminato in altra sede, ma che comunque ora si debba prendere atto di questa situazione di fatto.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti