[Il 7 gennaio 1947, nella seduta pomeridiana, la prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul potere esecutivo. — Presidenza del Deputato Perassi.]

Il Presidente Perassi. [...] pone in discussione l'articolo 22, di cui dà lettura:

«Il Primo Ministro ed i Ministri debbono godere la fiducia dell'Assemblea Nazionale.

«Un voto contrario dell'una o dell'altra Camera non importa come conseguenza le dimissioni del Governo o del Ministro interessato. Le dimissioni sono obbligatorie solo in seguito ad una espressa e motivata mozione di sfiducia, approvata da parte dell'Assemblea Nazionale con la maggioranza assoluta dei suoi membri. La mozione di sfiducia sarà discussa non prima di tre giorni dalla presentazione».

Fa notare come, per dare ordine e chiarezza alla discussione, sarebbe opportuno trattare separatamente due punti: 1°) quale sia l'organo competente ad esprimere la sfiducia sul Governo, organo che nell'articolo è indicato in quello delle due Camere riunite; 2°) quali siano le modalità per giungere ad un tale voto ed in particolare quale sia la maggioranza necessaria.

Fabbri non crede che l'organo competente per esprimere la sfiducia nel Governo debba essere l'Assemblea Nazionale. A suo parere, ciò sarebbe in contraddizione col criterio fondamentale del sistema bicamerale, in quanto i lavori di una Camera si trasformerebbero, per tale oggetto, nei lavori delle due Camere riunite. Ritiene che ciascuna delle due Camere debba avere questa competenza; ma che praticamente — in quanto a cautele — non si possa andare oltre il fatto di far precedere il voto da un congruo intervallo di tempo, per dar modo al Governo di convocare la sua maggioranza.

Vanoni pensa che la disposizione debba essere considerata nel quadro di quello che sarà il futuro Governo. Se tale Governo dovesse essere come i precedenti, che potevano esser rovesciati su una singola questione portata all'uno o all'altro ramo del Parlamento, avrebbe ragione l'onorevole Fabbri; ma se invece si ritiene che si debba fare un passo per assicurare al Governo la necessaria stabilità e tentare che esso riproduca l'equilibrio che si è manifestato nelle elezioni del Parlamento, la proposta contenuta nell'articolo deve essere considerata con favore, perché non permette crisi se non per un fatto eccezionale, per una grave disfunzione del meccanismo governativo.

Ritiene sia necessario affermare che funzione del Parlamento è quella di far leggi e funzione del Governo è quella di governare; e che il Governo non può essere rovesciato ad ogni stormir di foglia, perché ciò determina impossibilità di funzionamento nel Governo e malcontento nel Paese. Afferma pertanto che il requisito richiesto nell'articolo, qual è quello della convocazione dell'Assemblea Nazionale, sia una garanzia contro le crisi improvvise dovute a situazioni del tutto transitorie.

Nobile ritiene che si debba ammettere che una mozione di sfiducia possa essere presentata separatamente nelle due Camere, e soltanto quando queste l'avessero accettata separatamente si dovrebbe arrivare alla convocazione dell'Assemblea Nazionale. Osserva che accettando la formula proposta dal Comitato, le proposte di mozioni di sfiducia si potrebbero ripetere molto spesso, determinando una specie di ostruzionismo, di cui in passato si sono avuti ben noti esempi. Si deve, a suo parere, evitare che un piccolo gruppo di minoranza di una Camera si unisca ad un piccolo gruppo dell'altra Camera per formare il numero richiesto per la presentazione della mozione di sfiducia. Dichiara che la stabilità del Governo gli sta particolarmente a cuore, perché i frequenti mutamenti non consentono di ben governare: vede quindi con simpatia tutti quegli accorgimenti che possano condurre ad un tale risultato.

Il Presidente Perassi concorda con l'onorevole Nobile nel ritenere che sarebbe necessario colmare una lacuna che si riscontra nell'articolo, inserendo in esso una norma procedurale, la quale determinasse come e quando l'Assemblea Nazionale sia investita della proposta riguardante la sfiducia nel Governo. Aggiunge però, che, a suo parere, se una mozione di sfiducia sia sottoscritta da un certo numero di Deputati, questo implichi automaticamente la convocazione dell'Assemblea Nazionale.

La Rocca, Relatore, è d'accordo nel ritenere che si debbano conferire al Primo Ministro poteri prevalenti, come pure che si debba assicurare maggiore stabilità al Governo; ma dichiara la sua preoccupazione per il modo con cui lo si vuole ottenere, cioè con la semplice enunciazione di una formula costituzionale. A suo parere, si esce in tal modo dal concetto di un sistema parlamentare, dove l'esecutivo è espressione della volontà del legislativo e si crea un esecutivo che può agire indipendentemente dal legislativo. Non crede bastante la preventiva approvazione del programma governativo per dare al Primo Ministro questo potere prevalente, perché nell'applicazione del programma si può appunto dare a questo un'impronta e un'interpretazione personali: mentre, d'altra parte, il Governo può servirsi di questo potere per irrigidirsi in un determinato atteggiamento, creando così nuove cause di attrito.

Si domanda da chi debba essere promossa la mozione di sfiducia, chi possa provocare la riunione dell'Assemblea Nazionale; e poiché ritiene sia sempre facile raccogliere il numero di oppositori occorrenti a tale scopo, pensa che il Governo potrà trovarsi nelle mani di una minoranza. Non vede come, con la proposta in esame, si possa raggiungere lo scopo di assicurare stabilità al Governo, perché questa deve esser fondata non su vane formule, ma su fatti concreti, cioè sul consenso e sull'appoggio della maggioranza. Se questo non avviene, si corre il rischio di creare un meccanismo costituzionale che impedisce di abbattere un uomo al quale è stato conferito un potere preminente, rendendolo quasi inamovibile, e spianandogli la via a quella dittatura che da tutti si vuole evitare.

A proposito della solenne riunione dell'Assembla Nazionale richiesta per votare la mozione di sfiducia, riferisce, a puro titolo di cronaca, una voce udita poc'anzi, secondo la quale si pensa ad un innesto della forma presidenziale sul sistema parlamentare con l'elezione diretta del Capo dello Stato da parte del popolo.

Vanoni osserva all'onorevole La Rocca che non è esatto che le formule costituzionali non abbiano importanza nella formazione della educazione politica di un Paese: ritiene che una formula possa modificare l'ambiente, purché sia razionale e risponda a determinate esigenze. Nota poi che le aspirazioni di cui si è fatto eco l'onorevole La Rocca si muovono intorno alla esigenza di un Governo stabile: se, infatti, il Presidente della Repubblica fosse eletto direttamente dal popolo, ciò vorrebbe significare che esso è messo al di sopra degli organi parlamentari, per potere in certi momenti affermare la propria volontà anche in contrasto ad essi. Ed allora si domanda: se tale esigenza esiste, perché non andarle incontro, senza esautorare gli organi parlamentari, mettendoli anzi in condizioni di far valere il proprio dissenso rispetto all'azione di Governo, e al tempo stesso creare una forma di Governo stabile e entro certi limiti indipendente dalla immediata volontà degli organi parlamentari?

Ricorda il sistema della democrazia americana, ove Parlamento e Governo svolgono due attività distinte che interferiscono tra loro il meno possibile, con buoni risultati positivi. Senza arrivare a questo — sulla cui opportunità si è del resto già discusso — si può introdurre nella Costituzione l'elemento nuovo di un Governo indipendente, entro certi limiti, dall'azione del Parlamento, riservando però a questo la possibilità di intervenire in modo decisivo, quando ciò sia necessario; il che rappresenta una garanzia per il principio democratico. L'essenziale è creare un Governo relativamente stabile; altrimenti è certo che non si farà opera atta al consolidamento dell'ordine che si vuole instaurare.

Tosato, Relatore, non ritiene possibile che un piccolo gruppo di oppositori possa assumersi la responsabilità di una crisi. Comunque, qui non si tratta di toccare il principio della bicameralità, ma, al contrario, di attenuare le possibili divergenze tra le due Camere ed evitarne i conflitti.

Nobile non crede che si evitino tali conflitti, perché non è detto che sia incostituzionale che un gruppo politico di una delle due Camere presenti una mozione di sfiducia.

Tosato, Relatore, ritiene che si debbano evitare i due estremi: uno di un'eccessiva severità, che porta alla quasi impossibilità di convocare l'Assemblea Nazionale; l'altro di una eccessiva facilità per la presentazione di una mozione di sfiducia. Non trova esatto quanto ha detto l'onorevole La Rocca, che si voglia costituire un Governo praticamente inamovibile, perché esso sarà tale finché avrà la sua maggioranza; si tratta invece di stabilire il modo attraverso il quale la negazione della fiducia al Governo debba essere presa in considerazione con la dovuta serietà; e ciò lo porta a ritenere che sia più competente l'Assemblea Nazionale. Non ritiene necessaria una norma di carattere tecnico, perché, se è vero che un piccolo gruppo di Deputati può mettere il Governo in difficoltà, bisogna pur scegliere tra l'ostruzionismo quotidiano da parte delle singole Camere o l'ostruzionismo più ridotto da parte dell'Assemblea Nazionale. Rileva infine come si debba tener presente che la mozione di sfiducia deve essere sempre motivata, ciò che costituisce una ulteriore garanzia di serietà.

Mortati osserva che, se una Camera vota la sfiducia attraverso una mozione, questo fatto determina un preludio di crisi.

Domanda all'onorevole Tosato se, con questo articolo, si escluda la possibilità di sciogliere la Camera che compia questo atto di sfiducia; perché dalla lettera dell'articolo ciò non risulta chiaro.

Tosato, Relatore, afferma che non lo esclude.

Mortati rileva allora che lo scioglimento della Camera potrebbe essere stabilito per un Governo che fosse in maggioranza ed escluso per un Governo che risultasse in minoranza.

La Rocca, Relatore, trova che il dissenso, il quale pareva fondato su un procedimento tecnico, si sposta invece nel campo della sostanza. A suo parere il punto fondamentale è nella concezione del Parlamento come organo che concentra in sé il controllo politico. Afferma che la radice del potere è nel popolo, e non in senso astratto, perché il popolo trasferisce il suo potere sovrano ai suoi rappresentanti liberamente eletti: e come non si può ammettere che essi possano spogliarsi di questo loro diritto, anche dopo aver dato il voto di approvazione al programma del Governo, così non si può pensare di impedire con delle formule il loro esercizio di controllo e di critica. Non potrà mai accettare un criterio simile, quantunque comprenda e concordi in tutte le garanzie previste, quali la motivazione della mozione di sfiducia, l'intervallo di tempo frapposto alla discussione della mozione, ecc.

Confessa poi che l'affermazione dell'onorevole Mortati, secondo la quale un Governo che resti in minoranza ha pur sempre nelle mani l'arma dello scioglimento delle Camere, gli fa pensare ad un Governo, che vuol rimanere al potere ad ogni costo; ad un esecutivo che si vuol sovrapporre al legislativo. Anch'egli vuol creare un esecutivo forte, ma che sia sempre sottoposto al controllo dell'organo da cui deriva e di cui è l'espressione. Ricorda, per contrasto, quanto ha detto l'onorevole Vanoni a proposito di questo aspetto della Costituzione americana e l'affermazione fatta di ritener vantaggioso che l'esecutivo agisca indipendentemente dal legislativo.

Vanoni ha riferito l'esempio dell'America per dimostrare che esso va molto al di là del presente progetto.

La Rocca, Relatore, rileva che, invece, la nostra Costituzione concepisce l'esecutivo come espressione della volontà del legislativo: non può quindi approvare che si ricorra ad alterazioni, le quali deformano il sistema parlamentare nella sua concezione fondamentale, con l'attribuire poteri eccessivi al Primo Ministro e col creare un meccanismo che rende difficile all'organo, che in un primo momento ha investito della sua fiducia il Governo, di potergli poi negare quella fiducia.

Lussu, pur essendo favorevole alla limitazione delle crisi, non può difendere questo articolo, alla redazione del quale non fu presente.

Dubita che possa ripetersi quanto si è in passato lamentato, cioè che la sovranità del Parlamento sia esercitata un po' troppo leggermente. Ritiene che si debba salvaguardare la sovranità popolare, ma al tempo stesso circondare di molte cautele la possibilità di rovesciare un Governo.

Ricorda gli articoli 49 e 50 della Costituzione francese (nella quale però il Senato è stato soppresso come Corpo legislativo e sostituito da un Consiglio della Repubblica che dà pareri soltanto consultivi), i quali consentono la possibilità di un voto di sfiducia, mentre l'articolo 51 stabilisce che, se il Parlamento vota la sfiducia, nel termine di 18 mesi l'Assemblea Nazionale può essere sciolta: ciò che costituisce un grande freno alle crisi.

Nel progetto attuale la disposizione si presenta assai drastica, perché si richiede che le due Camere debbano riunirsi per emettere un voto di sfiducia. Pensa che, una volta stabilito che la seconda Camera ha la stessa potestà della prima, essa potrebbe da sola rovesciare il Governo: ma, dal momento che non si può più proporre che tale facoltà sia concessa soltanto alla prima Camera, non vede con eccessiva preoccupazione il fatto che sia accordata alle Camere riunite. Siccome poi con la riforma autonomistica — che si augura venga approvata — il Ministro degli interni non può fare le elezioni, vede estremamente diminuita ogni possibilità di corruzione del corpo elettorale da parte del potere esecutivo.

Nobile ripete le difficoltà di ordine tecnico, le quali nel progetto [che] si esamina rendono complicato il meccanismo che porta al voto di sfiducia e quindi alla crisi del Governo. Non condivide le preoccupazioni derivanti dalla diversa fisionomia delle due Camere, perché in fondo sono sempre i partiti che presentano le liste dei candidati. Del resto, se si volesse, si potrebbe rendere difficile la presentazione della mozione di sfiducia nelle due Camere, richiedendo, ad esempio, che la presentazione di essa avvenisse da parte di almeno tre decimi dei componenti.

Ricorda poi all'onorevole La Rocca che in America l'ostruzionismo non è fatto dall'esecutivo al legislativo, ma viceversa: spesso è l'azione del Presidente che trova ostacoli da parte del potere legislativo.

Tosato, Relatore, non ritiene fondate le preoccupazioni affacciate, anzitutto perché il Governo, per la sua costituzione, ha bisogno della fiducia delle Camere (le Camere riunite lo possono rovesciare solo quando si è determinata una vera modificazione nella situazione parlamentare); in secondo luogo, perché molte attribuzioni, che prima erano di competenza esclusiva del Governo, oggi sono di competenza esclusiva della Camera; ed infine perché il fatto che un voto contrario delle Camere non determini sempre la crisi del Governo significa un effettivo rinsaldamento della indipendenza delle Camere di fronte al Governo. Infatti le Camere, una volta, quando era posta la questione di fiducia, per non provocare continue crisi, erano portate ad approvare progetti anche non buoni: dato invece che il voto contrario non importa sfiducia al Governo, le Camere si sentiranno più indipendenti, libere e garantite nella loro piena sovranità.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti