[Il 4 gennaio 1947, nella seduta pomeridiana, la prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul potere esecutivo.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Il Presidente Terracini. [...] Apre la discussione sul Capo «Il Governo della Repubblica», dando lettura dei seguenti articoli del progetto:

[...]

«Art. 20. — Il Primo Ministro. — Il Primo Ministro è responsabile della politica generale del Governo. Mantiene l'unità d'indirizzo politico e amministrativo di tutti i Ministeri, coordina individualmente, e in Consiglio dei Ministri, le attività dei Ministri, presiede il Consiglio dei Ministri.

«Il Primo Ministro può assumere un Ministero soltanto ad interim.

«I Ministri sono responsabili degli atti dei loro Ministeri».

«Art. 21. — Presidenza del Consiglio e Ministeri. — La legge provvederà all'ordinamento della Presidenza del Consiglio.

«Il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei Ministeri saranno pure stabiliti con legge».

Informa che l'onorevole Mortati propone di sostituire agli articoli 19 e 20 del progetto i seguenti:

[...]

«Art. 20. — Il Primo Ministro è responsabile della politica generale del Governo. Egli cura il tempestivo adempimento degli impegni da questo assunto, nonché il mantenimento dell'unità di indirizzo politico ed amministrativo dei Ministeri, ed a questo scopo vigila sull'attività dei Ministri e la coordina, individualmente ed in Consiglio dei Ministri, risolvendo i contrasti che sorgano tra di essi».

«Art. 20-bis. — I Ministri sono responsabili degli atti od omissioni relativi ai compiti dei loro ministeri, nonché degli atti di politica generale cui concorrono». (Oppure: «I Ministri dirigono con piena autonomia, nell'ambito dell'indirizzo politico fissato dal Primo Ministro, gli affari dei loro ministeri e ne sono responsabili»).

Mortati fa presente che i problemi che si pongono in questo Capo sono due: quello dei rapporti fra Governo e Parlamento (nomina del Presidente del Consiglio, fiducia, ecc.) e quello dell'ordinamento interno del Gabinetto. Posto che il primo richiederà un esame più approfondito, ritiene che per il momento la discussione dovrebbe essere limitata al secondo, nel senso di stabilire se debba farsi luogo ad una distinzione fra il Primo Ministro ed i Ministri agli effetti della responsabilità e se, nell'interno del Gabinetto, debba conferirsi una posizione di preminenza al Primo Ministro.

Il Presidente Terracini concorda.

[...]

Mortati. [...] Richiama, quindi, l'attenzione dei colleghi sull'opportunità di pronunciarsi in merito alla posizione giuridica del Primo Ministro: se, cioè, questa debba essere diversa da quella dei Ministri che verrebbero nominati in un secondo momento e su proposta, appunto, del Primo Ministro. A questo proposito fa presente che, sia negli articoli che ha proposto personalmente, sia in quelli del Comitato, la nomina del Primo Ministro ha un carattere pregiudiziale rispetto a quella dei Ministri, che dovrebbero, quindi, godere della fiducia tanto del Presidente della Repubblica che del Primo Ministro. Si concede, cioè, a quest'ultimo una maggiore discrezionalità nella scelta degli uomini che debbono consentirgli di realizzare un determinato indirizzo politico, appunto in quanto lo si considera responsabile della politica generale del Governo.

Il Presidente Terracini è contrario alla determinazione di una responsabilità esclusiva del Primo Ministro per la politica generale del Governo, per varie ragioni e principalmente per le conseguenze che ne possono derivare in un Governo di coalizione. In questo caso, concedere una simile prerogativa al Presidente del Consiglio dei Ministri, equivarrebbe ad autorizzarlo a condurre una politica di carattere personale, ossia a fare la politica di un partito della coalizione, anziché quella della coalizione nel suo complesso. L'esperienza insegna quale danno ciò possa rappresentare per il Paese, particolarmente nel campo della politica internazionale, in cui il Primo Ministro condurrebbe la politica che riterrebbe migliore, senza impegnare il Gabinetto a concretare le proprie direttive e senza sottoporgli le sue decisioni.

Disapprova, quindi, qualsiasi sistema che renda il Primo Ministro non solo il responsabile, ma addirittura l'ideatore della politica del Governo ed i Ministri suoi collaboratori unicamente nella realizzazione e non anche nella direzione della stessa.

Lussu, una volta scartata l'idea di un Governo presidenziale — che personalmente non crede utile nel nostro Paese — ritiene che occorra quanto meno dare al Primo Ministro una posizione che garantisca una omogeneità nelle direttive e nell'azione del Governo. È convinto che chi esamini obiettivamente l'attuale esperimento governativo non possa non notare la mancanza di ordine, di prestigio, di autorità, di direttive, non imputabili a colpa né del Primo Ministro, né dei Ministri. Poiché anche in avvenire non può escludersi la necessità di Governi di coalizione, bisogna per lo meno preoccuparsi che essi abbiano la necessaria omogeneità, nel senso che i partiti che ne facciano parte, pur avendo diversa struttura politica e diverse aspirazioni, concorrano con la loro volontà al raggiungimento di determinati obiettivi. A questo scopo è necessario che il Capo del Governo abbia l'autorità necessaria per convogliare tutti gli sforzi nella giusta direzione e tutte le correnti in un'azione univoca.

Non condivide la preoccupazione del Presidente, che il Capo del Governo possa essere portato a imporre una sua politica personale, in quanto si è previsto che non possa assumere alcun Ministero: la sua sarebbe un'azione di impulso, di coordinamento e di vigilanza dell'operato dei singoli Ministri, ciascuno dei quali sarebbe responsabile, per la parte che lo riguarda, della propria azione politica.

Conclude affermando che il tipo di Governo proposto dal Comitato è quello che più risponde all'esigenze della nostra democrazia.

Tosato, Relatore, rileva che l'onorevole Lussu ha esposto molto bene gli intendimenti del Comitato, il quale si è preoccupato soprattutto di dare alla Nazione un Governo che sia veramente tale, e non un Governo parlamentare sul tipo di quelli che in passato hanno determinato la crisi della democrazia.

In Italia, un tempo, come nella Francia della terza Repubblica, non si avevano partiti politici organizzati, ma gruppi di uomini attorno a personalità eminenti, pronte a rivestire la carica di Primo Ministro, con possibilità illimitate di formule governative che erano, in fondo, formule personali diverse. Ma quando in uno Stato si ha la presenza di forti partiti organizzati, la possibilità di combinazioni parlamentari è molto limitata, se non addirittura unica. Il problema, quindi, che si pone per la vitalità del Governo parlamentare in Italia, non è tanto quello della stabilità — della quale si preoccupa soprattutto l'onorevole Mortati nelle sue proposte — quanto quello dell'unità e dell'efficienza del Governo. Il Governo non deve essere come un'Assemblea o una Commissione parlamentare, in cui le discussioni possono protrarsi all'infinito senza essere costrette dalla necessità di arrivare rapidamente ad una decisione; è necessaria per esso l'azione che, a sua volta, implica l'unità d'indirizzo. D'altra parte, l'esempio di quasi tutti gli Stati consiglia di dare una posizione preminente al Primo Ministro, se si vuole che il Paese abbia un Governo.

All'onorevole Terracini che paventa i pericoli di una preminenza del Primo Ministro, responsabile della politica generale del Governo — pericoli che sarebbero particolarmente gravi nel campo della politica estera — osserva che, se si manifestasse un contrasto tra i Ministri e il Primo Ministro sulla politica, seguita da questo e in un primo momento approvata da quelli, si avrebbe una crisi ministeriale. Conferendo una posizione di preminenza al Primo Ministro, non gli si consente di imporre la sua politica; gli si dà soltanto la possibilità di svolgerla, una volta che è stata approvata dalle Camere.

Mortati conviene con quanto hanno sostenuto gli onorevoli Lussu e Tosato circa l'esigenza di un'unità nell'indirizzo politico del Governo, il quale deve svolgere un'azione armonica e coordinata che segua una linea direttiva e non sia affidata alle oscillazioni del momento. Soggiunge che proprio questa esigenza ha portato in tutti i Paesi ad una evoluzione del diritto costituzionale, nel senso di attribuire una preminenza al Capo del Governo rispetto ai singoli Ministri. La legislazione fascista sul Capo del Governo — a cui oggi in parte ci si ispira — non ha fatto altro che copiare dal diritto inglese che è stato l'antesignano di questa evoluzione; ciò, perché in Inghilterra il Primo Ministro è il Capo del partito che ha ottenuto la maggioranza nelle elezioni, e questa qualità gli conferisce un prestigio particolare.

La questione che può far sorgere qualche perplessità è se in un Ministero di coalizione si possa affidare al Capo del Governo la stessa preminenza che ad un Premier. Personalmente ritiene che, appunto in un Ministero di coalizione, sia maggiormente sentita l'esigenza di garantire un'armonia e un'unità di indirizzo politico. Se si lasciasse che ogni Ministro attuasse una propria particolare politica, si avrebbe non un Governo ma il caos, il discredito degli organi statali e la dissoluzione dello Stato stesso. Un Governo di coalizione può essere utile, in quanto i vari partiti si accordino veramente, consapevolmente e pubblicamente su di un programma e sui mezzi per attuarlo. Bisogna dunque escogitare gli espedienti per la realizzazione armonica di tale programma, reso pubblico e forte dei consensi non solo delle direzioni dei partiti, ma anche del Paese attraverso il Parlamento, affidando ad un organo il compito di mantenere l'omogeneità e l'unità dell'azione rivolta a corrispondere agli impegni solennemente assunti.

Premesso che in questo problema il punto cruciale è quello della posizione dei Ministri, esprime il suo dissenso dall'ultimo comma dell'articolo 20 del Comitato, ove questi vengono fatti apparire come dei semplici funzionari, responsabili unicamente degli atti dei loro Ministeri ed esonerati da ogni responsabilità per la politica generale. Se l'organo propulsore e direttivo rimane il Primo Ministro, i Ministri conservano tuttavia la figura di organi costituzionali e partecipano nel Consiglio dei Ministri alle deliberazioni intorno alle direttive generali del Governo. Perciò nel suo schema propone la formula: «I Ministri sono responsabili degli atti od omissioni relativi ai compiti dei loro Ministeri, nonché degli atti di politica generale cui concorrono».

Circa la preoccupazione del Presidente, osserva che, qualora il Primo Ministro tendesse a fare una politica personale, troverebbe anzitutto un ostacolo nel Consiglio dei Ministri per gli atti che sono ad esso sottoposti e, quindi, nell'azione dei partiti che lo richiamerebbero alle sue responsabilità e all'obbligo di mantenere gli impegni.

Perassi aderisce al concetto di dare una preminenza alla figura del Primo Ministro, e rileva che la sua funzione di coordinamento e di mantenimento dell'unità di indirizzo politico non si esplica soltanto mediante un'azione personale, ma anche in Consiglio dei Ministri; il che implica che tutti i Ministri concorrano all'attuazione della politica generale del Governo ed esclude che egli possa tendere ad imporre una sua politica personale. Aggiunge che, il fatto che viene accentuata la posizione particolare del Capo del Governo, non significa che i Ministri vengano trasformati in collaboratori subordinati, responsabili solo degli atti dei rispettivi ministeri, in quanto in realtà risponderebbero collegialmente della politica generale del Governo.

Pertanto, mentre sostanzialmente approva gli articoli 19 e 20 del Comitato, propone di migliorare la dizione dell'ultimo comma dell'articolo 20, nel senso di precisare la responsabilità dei Ministri.

Tosato, Relatore, non ritiene necessaria questa modifica, essendo implicita nella dizione dell'articolo 20 la responsabilità dei Ministri per la politica generale del Governo. Il Primo Ministro ha solo il compito di mantenere l'unità d'azione, ma non compie atti propri; un atto di politica si concreta sempre in un atto di un Ministro. Evidentemente quando un Ministro compie un atto d'accordo col Capo del Governo ne assume anche la responsabilità.

Einaudi, premesso che dalla discussione è già emerso il criterio che al Governo sia necessaria un'unità d'azione e che il Primo Ministro non è un personaggio a sé, con una propria volontà diversa da quella dei Ministri, osserva che gli articoli 19, 20 e 21 del progetto potrebbero considerarsi pienamente soddisfacenti, qualora l'articolo 20 fosse sfrondato di due frasi, che hanno un carattere didattico, relative all'azione concreta del Primo Ministro e dei Ministri; la prima e l'ultima: «Il Primo Ministro è responsabile della politica generale del Governo», e «I Ministri sono responsabili degli atti dei loro Ministeri». Se queste due frasi fossero soppresse, i tre articoli risponderebbero tra l'altro alla caratteristica di tutte le buone Costituzioni di non contenere norme a carattere didattico.

Per quanto concerne le citazioni dei passati esperimenti costituzionali che consigliano di dare una preminenza al Primo Ministro, rileva che l'ammaestramento viene soprattutto dalla Costituzione inglese. Peraltro in Inghilterra non si è arrivati a questo risultato come conseguenza di norme scritte, bensì per una evoluzione naturale. Soltanto da poco il Primo Ministro rappresenta colà uno dei primi personaggi dello Stato, e non perché la Costituzione lo abbia stabilito: questo sviluppo naturale della figura del Primo Ministro trae origine dal fatto che la scelta viene compiuta dagli elettori. Crede quindi inutile cercar di ottenere attraverso articoli più o meno bene elaborati quello che può essere il frutto soltanto di un costume; meglio sopprimere le espressioni ricordate ed augurarsi che lo stesso fenomeno evolutivo si verifichi anche in Italia.

Altro esempio di funzionamento omogeneo di un Gabinetto si ha in Svizzera, laddove egualmente la Costituzione tace sull'argomento.

Aggiunge che, con la soppressione proposta, non si fa sorgere l'idea che il Primo Ministro sia qualche cosa di più degli altri Ministri, in quanto tutti sono collettivamente responsabili nella politica generale del Gabinetto. Ciò non toglie che un Primo Ministro possa assumere un particolare prestigio, in quanto abbia eccezionali doti personali di coordinatore e di propulsore dell'azione del Gabinetto, come è accaduto con Cavour.

[...]

La Rocca, Relatore, avverte di aver già fatto in sede di Comitato le sue riserve sulle disposizioni in esame, le quali cercano di tradurre in atto la pratica inglese e più esattamente quella pratica che, senza essere sancita dalla Costituzione, è possibile in Inghilterra per il particolare clima politico che ivi esiste e che non è facile riprodurre in altri Paesi.

In Inghilterra l'autorità del Primo Ministro — che lo pone quasi sullo stesso piano del Presidente degli Stati Uniti — è la conseguenza non di una norma scritta, ma del valore personale di alcuni uomini di Stato e del fatto che tale carica è ricoperta dal leader del partito di maggioranza. Finché una tale situazione non potrà riprodursi in Italia e finché non si affacceranno sulla scena politica personalità di primo piano, è inutile illudersi che si possa ottenere lo stesso risultato attraverso una disposizione costituzionale.

Si dichiara, pertanto, contrario alla espressione: «Il Primo Ministro è responsabile della politica generale del Governo», con cui, a suo avviso, si rischia di dare poteri eccessivi ad uomini che potrebbero non meritarlo, col pericolo cui ha accennato il Presidente.

Mortati fa osservare, in risposta alle considerazioni degli onorevoli Einaudi, Fuschini e La Rocca, che l'espressione «Il Primo Ministro è responsabile della politica generale del Governo», è la logica conseguenza di quanto è detto poi nell'articolo 20. In quanto mantiene l'unità dell'indirizzo politico e coordina le attività dei vari Ministri, il Primo Ministro deve avere questa preminenza e questa maggiore responsabilità nella politica generale. Ciò non toglie che anche gli altri Ministri abbiano la loro parte di responsabilità, che potrà meglio farsi risaltare dando una forma più precisa all'ultimo comma dello stesso articolo. Del resto, non è una innovazione il fatto che si conferiscano al Primo Ministro i poteri necessari per sindacare l'operato dei Ministri ed accertarsi che corrisponda agli impegni solennemente assunti, perché già si trova una disposizione del genere nel decreto del 1901 sul Consiglio dei Ministri.

All'obiezione che non è il caso di conferire tali poteri a persone che potrebbero non avere le qualità per esercitarli, replica che la Costituzione non può fare riferimento alle attitudini ed alle capacità personali. Essa prevede un determinato funzionamento ed un rapporto di forze; s'intende che i poteri che essa conferisce al capo di un organo potranno giovare soltanto in quanto questi sia una persona di valore.

Soggiunge, quindi, che, se una determinata situazione politica è la risultante di un costume, non va dimenticato peraltro che la Costituzione è uno degli elementi che possono influire di più nel determinare un costume. La Carta costituzionale viene approvata dalla maggioranza delle forze politiche del Paese e quindi una norma in essa contenuta costituisce un impegno, garantito dalle forze stesse, a promuovere quelle lente modificazioni del costume che possono condurre alla realizzazione di un sistema politico.

Nega, quindi, che le prescrizioni dell'articolo 20 possano risultare del tutto inefficaci. Consentiranno invece un perfetto funzionamento del meccanismo, se a capo del Governo vi sarà un uomo che abbia le doti necessarie, mentre daranno risultati meno buoni in caso contrario.

[...]

Einaudi. [...] Rispondendo all'onorevole Mortati, dichiara di dubitare che l'espressione: «Il Primo Ministro è responsabile della politica generale del Governo» giovi a creare quel tale costume che è nell'aspirazione di tutti. Teme piuttosto che possa costituire un ostacolo al raggiungimento di siffatta meta, ed un mezzo offerto ad uomini di secondo piano per fare una politica personale.

Il Primo Ministro, a suo avviso, non deve essere personalmente responsabile della politica del Governo; né deve esistere una politica del Primo Ministro o una politica dei singoli Ministri. Deve esistere esclusivamente una politica generale del Governo, di cui il Primo Ministro non è che l'interprete.

Fabbri si dichiara favorevole alla soppressione dell'ultimo comma dell'articolo 20, ritenendo che vi debba essere una responsabilità collegiale di tutti i Ministri nella politica del Governo, e propone di sostituire al primo comma dello stesso articolo il seguente:

«Il Primo Ministro, a seguito dell'adesione dei vari Ministri al suo programma, precisa e dichiara le direttive della politica generale del Governo, delle azioni e delle omissioni del quale sono responsabili solidamente tutti i Ministri.

«Il Primo Ministro mantiene quindi l'unità d'indirizzo politico, ecc.»

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti