[Il 27 gennaio 1947 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.]

Il Presidente Terracini fa presente che nella riunione odierna dovrà essere esaminato il progetto sul Consiglio di Stato e sulla Corte dei conti presentato dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini. Avverte che la seconda Sezione della Sottocommissione, che ha avuto l'incarico di redigere il progetto della Costituzione per la parte riguardante il potere giudiziario, ha già stabilito le norme relative alla attività giurisdizionale del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. La Sottocommissione, quindi, dovrà esaminare l'attività dei due organi anzidetti che non riguarda il campo giurisdizionale.

Calamandrei ricorda che nella seconda Sezione era stato proposto di trasformare le attuali Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e della Corte dei conti in Sezioni specializzate della giurisdizione ordinaria, i cui componenti avrebbero dovuto essere reclutati, per farli diventare magistrati, tra i funzionari aventi quella preparazione amministrativa o contabile che attualmente hanno i consiglieri dei due istituti anzidetti. Tale proposta fu respinta e fu deciso di mantenere le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti e del Consiglio di Stato come organi speciali di giurisdizione. Unica innovazione quella per la quale è stato ammesso che contro tutte le sentenze di tali giurisdizioni speciali è possibile ricorrere presso la Corte di cassazione, il che attualmente era consentito soltanto in alcuni casi.

Il Presidente Terracini mette in discussione l'articolo 1 del progetto presentato dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini:

«Il Consiglio di Stato è l'organo supremo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo.

«Esso dà parere su richiesta del Governo o del Parlamento nei casi previsti dalla legge sugli atti della pubblica amministrazione, sulle norme giuridiche da emanarsi dal potere esecutivo nonché sui disegni di legge di iniziativa governativa.

«Il Governo può commettere al Consiglio di Stato la formulazione di progetti di legge e di regolamenti.

«Spetta, inoltre, al Consiglio di Stato la decisione dei ricorsi proposti contro gli atti illegittimi della pubblica amministrazione nei termini fissati dalla legge».

Bozzi avverte che presso la seconda Sezione della Sottocommissione fu anche trattata la questione se la Costituzione dovesse, oppure no, contenere qualche norma circa il modo di composizione del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. A tale proposito egli fece una proposta, che è riprodotta nel progetto in esame, ma che la seconda Sezione non accolse, stabilendo che il modo di composizione dei due istituti anzidetti dovesse essere rimesso alla legge. Si discusse a lungo se tale legge dovesse essere oppure no una legge costituzionale e infine si decise che dovesse essere una legge ordinaria.

Circa le funzioni del Consiglio di Stato, si può affermare che esse hanno un carattere unitario, perché tale istituto, sia come organo consultivo che come organo giurisdizionale, esercita sempre una funzione di controllo, per quanto espressa, nei due casi, in modo diverso. Lo stesso si può dire per la Corte dei conti.

Fa presente che egli e l'onorevole Ambrosini credono necessario che nella Costituzione si abbia una delineazione del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, in cui siano chiaramente individuati la natura e i compiti di questi due fondamentali organi dello Stato.

Nel primo comma dell'articolo in esame si stabilisce che il Consiglio di Stato è «l'organo supremo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo». È sembrato opportuno di usare l'aggettivo «supremo», perché presso varie amministrazioni si hanno altri organi consultivi, con funzioni particolari e subordinate.

Nel secondo comma si ammette la possibilità che il Consiglio di Stato sia chiamato a dare il suo parere su richiesta del Parlamento. Ciò costituisce una innovazione, perché attualmente il Consiglio di Stato dà pareri soltanto su richiesta del Governo. Si è pensato, ai fini di un perfezionamento delle leggi — che è un'esigenza quanto mai sentita — che il Parlamento possa valersi della speciale competenza del Consiglio di Stato, quando esso lo ritenga opportuno. Inutile dire che la richiesta del parere del Consiglio di Stato da parte del Parlamento riguarderà soltanto l'aspetto tecnico legislativo e non mai il contenuto politico di un dato provvedimento.

Nel terzo comma si prevede anche la possibilità che il Governo commetta al Consiglio di Stato la formulazione di progetti di legge e di regolamenti.

Nel quarto ed ultimo comma è stata riportata, con una formulazione diversa, la deliberazione già approvata dalla seconda Sezione della Sottocommissione riguardante la competenza del Consiglio di Stato a decidere sui ricorsi proposti contro gli atti illegittimi della pubblica amministrazione. Resta da decidere se la disposizione contenuta in questo comma debba essere trasferita nella parte della Costituzione relativa al potere giudiziario o essere mantenuta fra le norme riguardanti direttamente il Consiglio di Stato.

Uberti è contrario a che il Parlamento possa commettere al Consiglio di Stato la formulazione di progetti di legge e di regolamenti perché, così stabilendo, si attribuirebbe ad un organo avente funzioni consultive compiti di carattere legislativo. Naturalmente nulla potrà impedire al Parlamento di richiedere al Consiglio di Stato un parere su un dato provvedimento o la formulazione di un progetto di legge, ma non è opportuno parlarne nella Costituzione: una norma in tal senso potrebbe, infatti, sembrare originata da una sfiducia nel Parlamento nella sua qualità di organo legiferante.

Bozzi assicura che, secondo il suo intendimento e quello dell'onorevole Ambrosini, la disposizione dell'articolo in esame, a cui si è dichiarato contrario l'onorevole Uberti, non è stata dettata da un senso di sfiducia nel Parlamento. Intanto, la richiesta del parere del Consiglio di Stato da parte del Parlamento è facoltativa e il Parlamento non è affatto obbligato a seguire il parere espresso dal Consiglio di Stato, una volta che l'abbia richiesto. Ed è anche facoltativa la richiesta del Governo al Consiglio di Stato di formulare progetti di legge o di regolamento. Nell'uno e nell'altro caso, infine, si tratta sempre di una attività consultiva limitata a un campo strettamente giuridico-amministrativo. A suo avviso, quindi, le preoccupazioni manifestate dall'onorevole Uberti non hanno ragione d'essere.

Fuschini propone che nell'articolo in esame siano soppressi il secondo e il terzo comma, perché ritiene necessario, per affermare l'autorità del Consiglio di Stato, che nella Costituzione siano inserite soltanto le disposizioni contenute nel primo e nell'ultimo comma dell'articolo anzidetto.

Il Presidente Terracini osserva che è necessario parlare del Consiglio di Stato nella Costituzione, in quanto questo è uno degli organi costituzionali d'importanza rilevante. È d'accordo, però, con l'onorevole Fuschini nel ritenere che l'articolo in esame debba essere formulato in modo più conciso, come si conviene a una norma costituzionale. A suo avviso, il primo comma dovrebbe essere così redatto:

«Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo e del Parlamento».

A tale comma dovrebbe seguire l'ultimo, contenuto nell'articolo presentato dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini, in cui si stabilisce la competenza del Consiglio di Stato a decidere sui ricorsi proposti contro gli atti illegittimi della pubblica amministrazione.

Mortati rileva, circa l'ultimo comma dell'articolo in esame, che riguarda la competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato su cui si è già pronunciata la seconda Sezione, che è impreciso parlare di «atti illegittimi» e che pertanto bisognerebbe trovare una espressione più appropriata.

Si domanda poi se sia il caso di inserire nella Costituzione una norma che stabilisca la facoltà del Governo di valersi della consulenza giuridico-amministrativa del Consiglio di Stato. Una simile disposizione non gli sembra di rilevanza costituzionale. Si dovrebbe fare parola nella Costituzione della richiesta del parere del Consiglio di Stato da parte del Governo, se tale richiesta dovesse essere obbligatoria; consacrare invece in una norma costituzionale la facoltà del Governo di richiedere pareri al Consiglio di Stato non gli sembra necessario. Si tratta, a suo avviso, di una materia che potrebbe essere riservata alla legge.

Ritiene eccessive le preoccupazioni manifestate dall'onorevole Uberti circa la facoltà del Governo di commettere al Consiglio di Stato la formulazione dei progetti di legge e dei regolamenti, secondo quanto dispone il terzo comma dell'articolo in esame, e ciò perché una tale facoltà riguarda solo un momento della formazione della legge. Ma anche in questo caso è da domandare se sia necessario includere una disposizione di questo genere nella Costituzione.

A suo avviso, il problema della consulenza giuridico-amministrativa del Consiglio di Stato rientra in quello più vasto di una consulenza tecnica che dovrebbe essere data, ai fini di un migliore coordinamento di ogni disegno di legge con il complesso della legislazione vigente, da un apposito organo da costituirsi, che potrebbe assumere il nome di Consiglio ausiliario giuridico. Una proposta di articolo in tal senso, da aggiungersi alla parte della Costituzione riguardante il potere legislativo, è già stata fatta da lui, ma egli non vi insiste, perché ha intenzione di trasformarla in raccomandazione al futuro legislatore. Ad ogni modo, prescindendo dalla questione anzidetta, dichiara di non comprendere la ragione per la quale il Consiglio di Stato non potrebbe sussistere senza un esplicito riconoscimento della sua esistenza nella Costituzione. Non ritiene, infatti, necessario che tutti gli organi amministrativi dello Stato trovino nella Costituzione la loro origine. Tali organi possono benissimo trovare la ragione della loro esistenza nella legge ordinaria, quando ciò non sia impedito espressamente da una norma della Costituzione. Le osservazioni fatte in proposito dal Presidente gli sembrano quindi infondate.

Il Presidente Terracini fa presente all'onorevole Mortati che, usando l'espressione: «Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo», non si stabilirebbe la competenza esclusiva del Consiglio di Stato stesso in materia di consulenza giuridico-amministrativa.

Nobile si domanda se sia necessario non solo menzionare nella Costituzione il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti, ma anche specificare con tanta precisione il loro modo di composizione, secondo quanto è stato proposto con gli articoli in esame dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini. A suo avviso, non si dovrebbe fare parola nella Costituzione del modo di composizione del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, perché in avvenire potrebbe sorgere la necessità di un cambiamento e allora si dovrebbe modificare la Costituzione.

Se poi si ritenesse opportuno menzionare il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti nella Costituzione, ciò dovrebbe essere fatto in un solo articolo del seguente tenore:

«Sono organi ausiliari dello Stato il Consiglio di Stato, quale organo di consulenza giuridico-amministrativa, e la Corte dei Conti, come organo di controllo di legalità degli atti del Governo. Una legge specificherà i loro compiti e la loro composizione».

Calamandrei desidera sapere la ragione per la quale gli onorevoli Bozzi e Ambrosini hanno ritenuto opportuno di menzionare nella Costituzione il Consiglio di Stato come organo di consulenza giuridico-amministrativa e non altri organi consultivi quali, ad esempio, il Consiglio Superiore dell'istruzione pubblica, il Consiglio Superiore delle belle arti e quello dei lavori pubblici.

Bozzi dichiara che gli organi consultivi a cui ha fatto riferimento l'onorevole Calamandrei sono menzionati in un altro articolo proposto dall'onorevole Mortati.

Il Presidente Terracini ritiene assolutamente necessario che nella Costituzione siano espressamente menzionati il Consiglio di Stato e la Corte dei conti e specificate le loro funzioni, per impedire che tali organi possano in qualche modo assumere o assorbire compiti che ad essi naturalmente non competono.

Tosato è favorevole alla proposta dell'onorevole Mortati di non fare alcun accenno nella Costituzione alla funzione consultiva del Consiglio di Stato. Ritiene, infatti, che nella Costituzione debbano essere soltanto ricordati gli organi aventi funzioni costituzionali. Il Consiglio di Stato attualmente non ha funzioni simili. Potrebbe comprendere una norma riguardante il Consiglio di Stato, qualora si stabilisse l'obbligo di richiedere il suo parere almeno sui progetti di legge di iniziativa governativa, prima che essi siano sottoposti all'approvazione delle due Camere. In tal caso il parere del Consiglio di Stato assumerebbe un valore costituzionale, in quanto rappresenterebbe una determinata fase del procedimento di formazione delle leggi. Ma, allo stato attuale, le funzioni del Consiglio di Stato non hanno tale rilevanza costituzionale, essendo di carattere puramente consultivo in materia amministrativa. D'altra parte, le proposte degli onorevoli Bozzi e Ambrosini non mirano a dare un carattere costituzionale alle funzioni del Consiglio di Stato.

Indubbiamente è un'esigenza da tutti sentita quella di procedere con una certa omogeneità nella formulazione delle leggi. È da dubitare, però, che il Consiglio di Stato, così come esso attualmente è costituito, possa soddisfare a una simile esigenza. Si dovrebbe, a suo avviso, per ottenere una migliore formulazione delle leggi con criteri unitari, costituire un apposito Consiglio legislativo da inquadrare negli uffici della Presidenza del Consiglio. La soluzione di questo problema è però ancora prematura e non è il caso di pregiudicarla con decisioni affrettate. Anche in considerazione di ciò, è bene che il Consiglio di Stato continui a svolgere le sue funzioni attuali.

Bozzi fa presente all'onorevole Tosato che nel progetto della Costituzione non sempre sono state introdotte soltanto norme su materie di carattere costituzionale. Certamente non si può sostenere che il Consiglio di Stato sia un organo costituzionale nel senso tecnico della parola; tuttavia bisogna riconoscere che i rapporti prospettati nell'articolo in esame fra il Consiglio di Stato da una parte e, dall'altra, il Governo e il Parlamento hanno indubbiamente una rilevanza costituzionale. Osserva poi che si potrà sempre far fronte alle esigenze di una più estesa consulenza giuridico-amministrativa sugli atti del Governo con la formulazione da lui proposta insieme all'onorevole Ambrosini, se ciò dovesse rendersi necessario.

Fabbri propone di sostituire all'articolo in esame un altro così concepito:

«Il Consiglio di Stato è costituito a garanzia dei cittadini per l'attuazione della giustizia negli atti della pubblica amministrazione.

«Le leggi regolano i casi, le forme e i termini per la richiesta di pareri, vincolanti o no, al Consiglio di Stato da parte del Governo e per la presentazione dei ricorsi contro atti dell'amministrazione da parte dei cittadini».

In tale formulazione si avrebbe una definizione riassuntiva delle due funzioni del Consiglio di Stato, quella consultiva e quella giurisdizionale. Non è del parere che alla parola «atti» debba essere aggiunta la parola «illegittimi», perché con ciò si escluderebbe il controllo di merito.

Bozzi trova troppo analitico il testo dell'articolo presentato dall'onorevole Fabbri, che sostanzialmente, del resto, riproduce la enunciazione proposta da lui e dall'onorevole Ambrosini e pertanto, anche a nome di questo, dichiara di essere favorevole alla formulazione suggerita dal Presidente.

La Rocca ritiene che debba essere fissata nella Costituzione la competenza del Consiglio di Stato, in modo da impedire che quest'organo possa in avvenire assumere più estese attribuzioni. È pertanto favorevole a che nella Costituzione si faccia menzione del Consiglio di Stato con una formulazione il più possibilmente breve e precisa.

Mortati dichiara che la sua proposta di non fare alcun accenno nella Costituzione alla funzione consultiva del Consiglio di Stato non sta a significare che egli intende abolire tale funzione.

Einaudi è contrario alla proposta dell'onorevole Mortati e favorevole a quella del Presidente, perché ritiene che il problema dell'attribuzione ad altri organismi della funzione di dar pareri sulla formazione delle leggi non sia ancora abbastanza approfondita. In considerazione di ciò, è dell'avviso che nella Costituzione si debba far menzione della funzione consultiva del Consiglio di Stato.

La riorganizzazione del Consiglio di Stato all'epoca di Napoleone ebbe lo scopo di attribuire ad un unico corpo il compito di dar pareri, non soltanto su questioni riguardanti la pubblica amministrazione, ma anche sulla formazione delle leggi. Oggi che si prospetta l'opportunità di creare un altro Consiglio a cui affidare la mansione di esprimere pareri sulla formazione delle leggi, non si vorrebbe fare alcun accenno nella Costituzione alla funzione consultiva del Consiglio di Stato. Se un simile criterio dovesse essere accolto, si verrebbe indubbiamente a pregiudicare ciò che l'esperienza potrebbe suggerire di fare nell'avvenire.

Ricorda che il Consiglio di Stato fu creato solo per dare pareri: la funzione giurisdizionale gli fu attribuita in un secondo momento, dopo un celebre discorso di Silvio Spaventa.

Ritiene infine che con la formula proposta dal Presidente non si pregiudichi la possibilità della creazione di altri organismi che dovessero venire ad assumere la competenza del Consiglio di Stato.

Il Presidente Terracini mette in votazione la proposta degli onorevoli Mortati e Tosato, secondo la quale nella Costituzione non si dovrebbe fare parola della funzione consultiva del Consiglio di Stato.

(Non è approvata).

Avverte che è ora in discussione la sua proposta per la quale l'articolo concernente la funzione consultiva del Consiglio di Stato dovrebbe essere così concepita:

«Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo e del Parlamento».

Con l'accoglimento della proposta anzidetta, sarebbero esclusi dalla formulazione dell'articolo il secondo e il terzo comma dell'articolo proposto dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini. Quanto al quarto comma ritiene inutile metterlo in votazione, perché la disposizione in esso contenuta è già stata approvata dalla seconda Sezione della Sottocommissione. Metterà in votazione la formula da lui proposta prima di quella suggerita dall'onorevole Fabbri, perché è assai più concisa.

Fabbri sarebbe disposto a ritirare la sua proposta, se dalla formulazione suggerita dal Presidente questi volesse togliere le parole «e del Parlamento». La Presidenza di ciascuna delle Camere potrà sempre richiedere, se lo riterrà opportuno, il parere del Consiglio di Stato su di un dato provvedimento, ma sarebbe fuori luogo esigere un atto solenne, quale una deliberazione del Parlamento, affinché questo potesse richiedere il parere del Consiglio di Stato. D'altra parte, ciò costituirebbe una implicita svalutazione dell'autorità e del prestigio delle Assemblee legislative.

Il Presidente Terracini ritiene che anche il Parlamento, oltre che il Governo, possa rivolgersi al Consiglio di Stato per la richiesta di un parere. Non si dimentichi, poi, che si tratterebbe di una facoltà, non già di un obbligo, e che il parere espresso dal Consiglio di Stato non sarebbe vincolante.

Ad ogni modo metterà ai voti per divisione la formula da lui proposta.

Tosato è contrario alla formula proposta dal Presidente, perché è troppo generica.

Fabbri si dichiara pure contrario alla formula del Presidente, perché con essa si mette in luce soltanto la funzione consultiva del Consiglio di Stato, mentre con l'articolo da lui proposto si stabilisce contemporaneamente che i compiti del Consiglio di Stato sono di natura giurisdizionale e consultiva.

Il Presidente Terracini mette ai voti la formula:

«Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo».

(È approvata).

Avverte che ora è in discussione il seguito della formula da lui proposta: «e del Parlamento».

Perassi osserva che, usando il termine «Parlamento», si può far sorgere il dubbio che la richiesta di un parere al Consiglio di Stato da parte delle Assemblee legislative debba essere deliberata da ambedue le Camere congiuntamente.

Bozzi ritiene ovvio che per la richiesta di un parere al Consiglio di Stato da parte del Parlamento basti una deliberazione di una delle due Camere.

Il Presidente Terracini osserva che, per la richiesta di un parere al Consiglio di Stato da parte del Parlamento, non dovrebbe essere necessaria una deliberazione in forma solenne del Parlamento stesso: potrebbe bastare a tal fine una richiesta delle Commissioni legislative della Camera.

Nobile voterà contro la proposta di aggiungere alla formula testé approvata le parole «e del Parlamento», perché a suo avviso ciò potrebbe essere interpretato nel senso che il Parlamento sia quasi obbligato a richiedere il parere del Consiglio di Stato.

Fuschini è contrario alla proposta in discussione, perché ritiene che essa diminuirebbe la libertà d'azione del Parlamento.

Conti si associa alle ragioni esposte dall'onorevole Fuschini.

Il Presidente Terracini crede che sia più opportuno, in considerazione dell'osservazione fatta dall'onorevole Perassi, usare l'espressione «delle Camere», anziché quella «del Parlamento». Mette pertanto in votazione la proposta di aggiungere alla formula testé approvata le parole: «e delle Camere».

(Non è approvata).

Avverte che, in seguito all'esito della votazione, l'articolo concernente la funzione consultiva del Consiglio di Stato, approvato dalla Sottocommissione, resta così concepito:

«Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo».

Mette in discussione l'articolo 2, relativo alla Corte dei conti, del progetto presentato dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini:

«La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legalità sugli atti del Governo, nonché, anche in via successiva, su quelli di gestione del bilancio dello Stato e degli enti alla cui gestione lo Stato concorre in via ordinaria.

«Il Parlamento può richiedere che il Presidente della Corte dei conti intervenga alle sedute per riferire in sede di approvazione del rendiconto generale dello Stato».

Nobile è contrario a che l'articolo in discussione sia incluso nella Costituzione, perché esso contiene disposizioni troppo particolareggiate. Per il caso in esame basta il rinvio alla legge.

Il Presidente Terracini avverte che l'onorevole Mortati propone di sostituire all'articolo in esame un altro così concepito:

«La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, nonché quello preventivo e successivo sull'amministrazione finanziaria dello Stato e degli enti alla cui gestione lo Stato concorre in via ordinaria con propri contributi, secondo le norme stabilite da apposita legge.

«Essa riferisce direttamente al Parlamento sui risultati del riscontro effettuato.

«Comunicazione delle relazioni è data al Primo Ministro. Questi può giovarsi dell'opera della Corte dei conti al fine della coordinazione dell'azione dei vari Ministeri e della vigilanza nel loro funzionamento.

«La legge determina le condizioni necessarie ad assicurare l'indipendenza dell'istituto e dei suoi componenti di fronte al Governo».

Mortati dichiara che la rilevanza costituzionale della Corte dei Conti sorge dal fatto che, secondo quanto è stato sempre inteso dal 1862 sino ad oggi, l'istituto della Corte dei conti è un organo ausiliario del Parlamento nella importante funzione del controllo finanziario. Difatti, una delle funzioni fondamentali del Parlamento è quella del controllo sulla gestione finanziaria dello Stato. La Corte dei conti corrisponde con il Parlamento in due momenti: nel momento in cui invia alle Assemblee legislative il rendiconto e la relazione sul rendiconto generale della spesa, a chiusura del bilancio consuntivo; e nel momento in cui trasmette alle Assemblee legislative stesse i decreti registrati con riserva. Questi rapporti con il Parlamento pongono la rilevanza costituzionale della Corte dei conti.

Tale rilevanza, a suo avviso, deve essere senz'altro affermata nella Costituzione, perché una delle più gravi iatture nel momento presente è data dalla mancanza di ogni controllo efficace sulle spese pubbliche. Il Parlamento, vista l'enormità delle spese che lo Stato oggi è costretto a sopportare, non è sempre in grado di effettuare quel controllo. Si può obiettare che neanche la Corte dei conti ha eseguito sempre soddisfacentemente il controllo sulle spese pubbliche; ma questa, a suo avviso, non è una ragione per negare l'importanza del controllo sulle spese pubbliche, anzi costituisce una ragione di più per rendere maggiormente efficace tale controllo e rafforzare il potere della Corte dei conti.

Nell'articolo da lui proposto è previsto sia il controllo preventivo sugli atti del Governo che importino una spesa, sia il controllo nella gestione finanziaria vera e propria. Quanto al controllo preventivo, è da osservare che esso è esercitato mediante una serie di interventi della Corte dei conti, quanto mai utili ai fini della tutela della legalità. Tale controllo non si risolve soltanto in atti annullati o dichiarati illegittimi, ma anche in una mancata emanazione di provvedimenti contrari alle disposizioni di legge. In altri termini, la Corte dei conti, mediante i suoi contatti con le diverse amministrazioni dello Stato, fa preventivamente sapere che certi provvedimenti non possono essere adottati, perché contrari alla legge. È così che molti provvedimenti illegittimi non vengono adottati da parte delle varie amministrazioni. Il controllo preventivo sugli atti del Governo riguarda anche l'uniformità di interpretazione di norme che, pur avendo un unico oggetto, si riferiscono a varie amministrazioni. L'intervento preventivo della Corte dei conti giova così a conferire unità di esecuzione a disposizioni di legge, che altrimenti potrebbero essere applicate con criteri diversi dalle singole amministrazioni. È da osservare soltanto che in tale campo il controllo preventivo della Corte dei conti dovrebbe essere reso assai più efficace.

Ritiene che sia anche opportuno sancire l'esigenza del controllo preventivo sull'amministrazione di enti alla cui gestione lo Stato concorre in via ordinaria con propri contributi, secondo le norme stabilite da apposite leggi.

È bene inoltre stabilire nella Costituzione che la Corte dei conti riferisce direttamente al Parlamento sui risultati del riscontro effettuato: per mezzo, infatti, della relazione inviata dalla Corte dei conti al Parlamento, viene a crearsi un contatto diretto tra questa e il Parlamento stesso e in tal modo si può evitare ogni intromissione del Governo che è l'organo controllato.

È poi dell'avviso che nella Costituzione si debba fare parola del fatto che il Primo Ministro può giovarsi dell'opera della Corte dei conti al fine della coordinazione dell'azione dei vari Ministeri e della vigilanza nel loro funzionamento, in relazione a quella speciale posizione di superiorità che si è voluto conferire al Presidente del Consiglio.

L'ultimo comma dell'articolo da lui proposto stabilisce che la legge determina le condizioni necessarie ad assicurare l'indipendenza della Corte dei conti e dei suoi componenti di fronte al Governo. Una tale disposizione si rende necessaria per impedire che il Governo possa interferire nell'azione che la Corte dei conti è chiamata a svolgere come organo di controllo. Con il rinvio alla legge in tale campo si mira poi a non gravare la Costituzione di disposizioni troppo particolari.

Non è favorevole al secondo comma dell'articolo 2 proposto dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini, con il quale si dispone che il Parlamento può richiedere che il Presidente della Corte dei conti intervenga alle sedute per riferire in sede di approvazione del rendiconto generale dello Stato. Ciò sarebbe contrario al principio per il quale non si ammette l'intervento di estranei al Parlamento. A suo avviso, nulla può impedire che una Commissione parlamentare inviti il Presidente della Corte dei conti a riferire: tale facoltà però non dovrebbe essere sancita in un'apposita norma costituzionale.

Sarebbe opportuno anche non accogliere l'articolo 3 proposto dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini, relativo ai decreti registrati con riserva, perché la materia di quest'articolo potrebbe formare oggetto di regolamentazione legislativa e ciò tanto più in quanto si tratterebbe di confermare disposizioni già esistenti.

Einaudi si associa alle dichiarazioni fatte dall'onorevole Mortati. La Corte dei conti è un istituto che merita di essere menzionato nella Costituzione. Nei regimi precedenti all'epoca parlamentare era la Corte dei conti che aveva il compito di controllare le spese pubbliche ed essa lo assolveva con la più grande severità. Basti ricordare a tale proposito che in Piemonte la Corte dei Conti si sottometteva alla volontà del Sovrano circa la richiesta di spese soltanto dopo il terzo comandamento: in tal caso però essa dichiarava di interinare il decreto relativo a determinate spese soltanto perché le era stato ordinato di interinarlo. Questa funzione storica della Corte dei conti non è scemata di importanza nell'epoca moderna con il regime parlamentare. La Corte dei conti ha costituito e costituisce ancora il terrore di tutti coloro che si propongono di locupletarsi ai danni della pubblica finanza. È pertanto necessario affermare nella maniera più chiara e precisa la funzione che la Corte dei conti è chiamata a svolgere e ciò perché, una volta che le spese sono state avviate, riesce impossibile al Parlamento di impedirle. Occorre anche affermare nella Costituzione che il Presidente e i consiglieri della Corte dei conti debbono essere indipendenti dal potere esecutivo. Gli onorevoli Bozzi e Ambrosini hanno proposto che tali alti funzionari siano nominati dal Presidente della Repubblica, su proposta delle Presidenze dei due rami del Parlamento. Al riguardo non intende fare una proposta precisa: si limita soltanto a dichiarare che il Parlamento dovrebbe intervenire indirettamente nella nomina del Presidente e dei consiglieri della Corte dei conti. Osserva che non di rado la carica di consigliere della Corte dei conti è conferita come premio ai funzionari anziani dei Ministeri finanziari. Tale sistema può anche presentare qualche vantaggio, se le persone così nominate hanno effettivamente la dovuta competenza; ma non vi si dovrebbe ricorrere, come spesso accade, per allontanare qualche direttore generale da un Ministero e promuovere al suo posto un altro.

Dubita poi se sia opportuno stabilire la possibilità di fare intervenire il Presidente della Corte dei conti alle sedute del Parlamento per riferire in sede di approvazione del rendiconto generale dello Stato. A tale riguardo osserva che potrebbe essere ripristinato l'istituto del Commissario, che un tempo aveva l'incarico di riferire al Parlamento su determinate branche della pubblica amministrazione in sede di discussione del bilancio. Non ritiene infine opportuno stabilire nella Costituzione che il Primo Ministro possa giovarsi dell'opera della Corte dei conti al fine della coordinazione dell'azione dei vari Ministeri e della vigilanza nel loro funzionamento; ciò per non aggiungere un altro compito ai quelli già gravi ed importanti che l'istituto in questione è chiamato ad assolvere.

Perassi è perfettamente d'accordo con l'onorevole Mortati sulla necessità di menzionare nella Costituzione la Corte dei conti, perché la sua funzione di controllo si ricollega, come giustamente è stato osservato dall'onorevole Mortati stesso, con quella specifica del Parlamento.

Desidera fare una sola osservazione relativamente alla disposizione contenuta nel primo comma dell'articolo proposto dall'onorevole Mortati, secondo cui il controllo preventivo e successivo della Corte dei conti dovrebbe esercitarsi anche sull'amministrazione finanziaria degli enti alla gestione dei quali lo Stato concorre in via ordinaria con propri contributi. Dubita dell'opportunità di inserire una tale disposizione nella Costituzione, perché il controllo di molti enti alla cui gestione lo Stato concorre con propri contributi avviene per mezzo di speciali collegi, nei quali la Corte dei conti è rappresentata da un suo funzionario. Si tratta cioè di un controllo indiretto da parte dell'istituto in questione. Sarà meglio quindi che la legge ordinaria stabilisca volta per volta quali enti debbano essere sottoposti al controllo diretto e quali altri al controllo indiretto della Corte dei conti.

Nobile riconosce che le osservazioni degli onorevoli Mortati ed Einaudi sono quanto mai importanti e vi si associa.

Il Presidente Terracini è favorevole al controllo preventivo di legalità sugli atti finanziari del Governo, ma vorrebbe escludere da tale controllo gli atti del Governo che non comportino spese, non vedendone la ragione. Ciò considerato, propone il seguente emendamento all'articolo presentato dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini:

«La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legalità su tutti gli atti del Governo che comportino spese».

È anche contrario alla proposta degli onorevoli Bozzi e Ambrosini, secondo la quale il Parlamento potrebbe richiedere che il Presidente della Corte dei conti intervenga alle sedute per riferire in sede di approvazione del rendiconto generale dello Stato, e ciò innanzi tutto perché la Corte dei conti presenta al Parlamento una relazione che può sempre soddisfare a tutte le esigenze, e in secondo luogo perché, stando alla realtà dei fatti, l'esame del rendiconto generale dello Stato da parte del Parlamento avviene in maniera sommaria: sarebbe inutile quindi un intervento del Presidente della Corte dei conti per dare delucidazioni, di cui il Parlamento praticamente non si varrebbe.

È d'accordo con l'onorevole Einaudi circa la necessità di stabilire un intervento diretto della Camera nella nomina del Presidente e dei consiglieri della Corte dei conti.

È contrario infine alla proposta dell'onorevole Mortati, secondo la quale il Primo Ministro potrebbe giovarsi dell'opera della Corte dei conti al fine della coordinazione dell'azione dei vari Ministeri e della vigilanza nel loro funzionamento, e ciò anche in relazione all'emendamento da lui presentato, perché la Corte dei conti, a suo avviso, se deve controllare gli atti finanziari delle varie amministrazioni, non dovrebbe mai intervenire in quelli dei diversi Ministeri, che non comportassero spese.

Einaudi dichiara che un'osservazione fatta dal Presidente deve esser messa in debito rilievo, cioè quella concernente il carattere formale che ormai ha assunto il controllo delle pubbliche spese da parte del Parlamento. È necessario che il Parlamento riprenda ad esercitare tale controllo con l'oculatezza e l'efficacia di un tempo. Le Commissioni della Camera e del Senato dovrebbero tornare a controllare le spese di ogni singolo Ministero e non limitarsi ad un esame superficiale del bilancio statale. Ciò un tempo veniva fatto con grande rigorosità. Qualche volta in quest'opera di controllo si esagerava o per ragioni elettorali o per inimicizie personali; ma ciò non toglie che il rigore fosse giusto. Sarà bene ricordare a tale proposito quanto avviene negli Stati Uniti in cui non solo i Segretari di Stato, ma anche gli stessi funzionari sono quotidianamente chiamati per dare giustificazione del loro operato davanti alle Commissioni del Congresso. Negli Stati Uniti d'America si è molto cauti in materia di spese, perché si sa di essere chiamati a rendere ragione di esse davanti al Congresso.

Desidera poi osservare che non è necessario né opportuno che in tutti i casi il controllo della Corte dei conti sia esercitato nella stessa maniera. Occorre infatti che sia esercitato compatibilmente con le esigenze di ogni data amministrazione. Ad esempio, l'amministrazione ferroviaria deve far marciare ogni giorno regolarmente i treni e può essere quindi costretta a procedere ad alcune spese immediate per assicurare la regolarità del servizio. In tal caso non è possibile fare ricorso al sistema di controllo usato normalmente dalla Corte dei conti, perché risulterebbe di intralcio al funzionamento delle ferrovie. Ciò valga come esempio, perché già la Corte dei conti esercita il controllo sulle ferrovie dello Stato in maniera diversa da quella con cui l'esercita sulle altre amministrazioni dello Stato. Quello che interessa è che l'articolo della Costituzione, relativo alla Corte dei conti, sia redatto in modo da non impedire l'uso di diversi sistemi di controllo a seconda delle esigenze particolari delle varie amministrazioni dello Stato.

Così anche gli sembra troppo rigida la disposizione proposta dall'onorevole Mortati, secondo la quale la Corte dei conti dovrebbe esercitare il controllo preventivo e successivo sull'amministrazione finanziaria degli enti alla cui gestione lo Stato concorra con propri contributi, perché può accadere che il concorso dello Stato alla gestione di tali enti sia per una minima parte del loro bilancio. In tal caso sottoporre tutta la gestione di quegli enti al controllo della Corte dei conti potrebbe portare a seri inconvenienti nel loro funzionamento.

Egualmente troppo rigida e restrittiva è la proposta fatta dal Presidente, per la quale il controllo preventivo di legalità da parte della Corte dei conti non dovrebbe aver luogo per gli atti del Governo che non comportino spese: vi possono essere infatti atti che siano causa di spesa non già direttamente, ma indirettamente. Se si volesse accogliere la proposta del Presidente, bisognerebbe trovare un'altra formula più adeguata ai diversi casi.

Bozzi è contrario alla proposta di emendamento fatta dal Presidente per le considerazioni già esposte dall'onorevole Einaudi. In ogni modo, rileva che non è facile distinguere un atto che non comporti spese da un altro che le comporti. È poi anche contrario all'emendamento proposto dal Presidente, perché il controllo preventivo, che l'onorevole Mortati ha definito di legittimità e che sarebbe meglio denominare di legalità, sugli atti del Governo da parte della Corte dei conti è una delle garanzie fondamentali dello Stato di diritto: con esso infatti si esercita un giudizio sulla conformità o meno dell'atto del Governo alla legge.

È stato osservato che l'eventuale intervento presso il Parlamento del Presidente della Corte dei conti per riferire sul rendiconto generale dello Stato, secondo quanto egli ha proposto insieme all'onorevole Ambrosini, sarebbe contrario al divieto fatto agli estranei di partecipare alle sedute del Parlamento stesso. La deroga a tale principio, a suo avviso, può essere giustificata se si tenga presente che la Corte dei conti è sostanzialmente un organo paraparlamentare. Comunque, non crede che la proposta in questione possa risolversi in una menomazione dell'autonomia del Parlamento: con essa si voleva soltanto affermare che, data la posizione della Corte dei conti, il Presidente di essa potesse essere invitato dal Parlamento ad intervenire alle sedute per riferire in sede di approvazione del rendiconto generale dello Stato.

Non è favorevole poi al penultimo comma dell'articolo proposto dall'onorevole Mortati, secondo cui il Primo Ministro potrebbe giovarsi dell'opera della Corte dei conti al fine della vigilanza su l'azione svolta dei vari Ministeri. Può essere che tale vigilanza sia necessaria, ma non crede che ciò costituisca una materia di carattere costituzionale. Tuttavia, osserva che un'attività del Primo Ministro nel senso indicato dalla proposta dell'onorevole Mortati, può aversi di riflesso dall'attività stessa che la Corte dei conti è chiamata a svolgere.

L'osservazione fatta dall'onorevole Perassi circa l'opportunità di non inserire nella Costituzione la norma proposta dall'onorevole Mortati, secondo cui dovrebbe essere ammesso anche il controllo preventivo e successivo sull'amministrazione finanziaria degli enti alla cui gestione lo Stato concorra con propri contributi, conferma a suo avviso la necessità della norma proposta. È noto infatti che oggi è in atto un decentramento amministrativo che certo non è da approvarsi, per cui si istituiscono sezioni staccate della Corte dei conti, presso, ad esempio, gli uffici regionali del Ministero dei lavori pubblici. Ciò è un male, perché fa perdere alla Corte dei conti quella visione generale che è indispensabile affinché essa possa espletare efficacemente la sua funzione di controllo.

Quanto all'articolo 3, che riguarda i decreti registrati con riserva, dichiara, anche a nome dell'onorevole Ambrosini, di essere disposto a ritirarlo.

Mortati è contrario alla proposta di emendamento fatta dal Presidente: se essa dovesse essere accolta, si introdurrebbe una grave modificazione nei compiti affidati alla Corte dei conti, che dal 1862 sino ad oggi ha sempre svolto in modo encomiabile la sua attività. Forse il Presidente con la sua proposta mira ad evitare il sorgere di un eventuale contrasto tra la Corte dei conti e il Governo; ma in tal caso è da osservare che può soccorrere il rimedio della registrazione con riserva. Tale procedimento, infatti, non comporta l'arresto dell'attività amministrativa, perché l'atto registrato con riserva dalla Corte dei conti segue egualmente il suo corso. Non vi sono quindi ragioni plausibili per giustificare la proposta di emendamento fatta dal Presidente.

Fabbri è contrario all'istituzione dei molteplici enti alla cui gestione lo Stato concorre con i propri contributi. D'altra parte, poiché tali enti esistono e non sarebbe possibile sopprimerli, non ritiene opportuno che per essi si debba prescrivere il controllo della Corte dei conti, perché ciò ne intralcerebbe gravemente il funzionamento, secondo quanto giustamente hanno osservato gli onorevoli Perassi ed Einaudi.

Fuschini è favorevole all'articolo proposto dall'onorevole Mortati con le modificazioni suggerite dagli onorevoli Perassi ed Einaudi.

Il Presidente Terracini mette in votazione la seguente parte dell'articolo proposto dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini:

«La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legalità sugli atti del Governo».

Osserva che la formulazione di cui ha dato lettura è eguale a quella presentata dall'onorevole Mortati, salvo per il termine usato in quest'ultima di «legittimità».

(È approvata).

Avverte che ora metterà in votazione la sua proposta di emendamento. Essa può essere giustificata dal fatto che, ammettendo il controllo preventivo della Corte dei conti anche sugli atti del Governo che non comportino spese, si accorderebbe alla Corte dei conti stessa un enorme potere di carattere politico, che potrebbe essere causa di gravi intralci nello svolgimento dell'attività del Governo. A suo avviso, tale inconveniente non sarebbe attenuato dal procedimento delle registrazioni con riserva, come vorrebbe l'onorevole Mortati. Sono queste le ragioni che lo hanno indotto a presentare la sua proposta di emendamento.

Mette pertanto in votazione la seguente formula che, nel caso in cui fosse accolta, dovrebbe essere aggiunta a quella testé approvata:

«che comportino spese».

(Non è approvata).

Mette ora in votazione la seguente parte dell'articolo proposto dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini:

«nonché anche in via successiva, su quelli di gestione del bilancio dello Stato».

(È approvato).

Avverte che ora è da mettere in votazione la seguente parte dell'articolo proposto dagli onorevoli Bozzi e Ambrosini: «e degli enti alla cui gestione lo Stato concorre in via ordinaria», e fa presente che tale formulazione è pressoché identica a quella suggerita dall'onorevole Mortati riguardo alla questione in esame.

Nobile è contrario alla formulazione in esame, non ritenendo opportuno prescrivere il controllo della Corte dei conti sulla gestione degli enti sovvenzionati dallo Stato, perché ciò significherebbe intralciarne l'attività.

Mortati propone che alla fine della formulazione di cui testé ha dato lettura il Presidente siano aggiunte le seguenti parole: «nei limiti stabiliti dalla legge».

Perassi è contrario alla formulazione in esame.

Il Presidente Terracini mette in votazione la seguente formulazione:

«e degli enti alla cui gestione lo Stato concorre in via ordinaria nei limiti stabiliti dalla legge»,

dichiarando di votare contro di essa.

(È approvata).

Nobile presenta la seguente proposta:

«Le norme per il controllo finanziario nelle amministrazioni autonome dipendenti dallo Stato saranno oggetto di particolari statuti di tali enti».

Dichiara che la sua proposta si riferisce agli enti industriali dello Stato, quale ad esempio, il Poligrafico dello Stato.

Mortati osserva che il controllo della Corte dei conti esiste già di fatto sugli enti a cui ha accennato l'onorevole Nobile.

Nobile fa presente che se si ammette la facoltà dello Stato di esercitare anche attività industriali, si deve dare ad esso la possibilità di esercitarle effettivamente, senza intralci di carattere burocratico.

Il Presidente Terracini rileva che con la proposta dell'onorevole Nobile non si esclude la possibilità del controllo da parte della Corte dei conti sulle amministrazioni autonome dipendenti dallo Stato, visto che tali enti, secondo la proposta dell'onorevole Nobile stesso, potrebbero stabilire nei loro statuti di far ricorso al controllo della Corte dei conti.

Mette in votazione la seguente formula contenuta nell'articolo proposto dall'onorevole Mortati:

«Essa riferisce direttamente al Parlamento sui risultati del riscontro effettuato».

(È approvata).

Mortati non insiste nella sua proposta relativa all'obbligo di comunicare le relazioni al Primo Ministro e alla possibilità del Primo Ministro stesso di giovarsi dell'opera della Corte dei Conti al fine della coordinazione dell'azione dei vari Ministeri e della vigilanza del loro funzionamento.

Bozzi ritira, anche a nome dell'onorevole Ambrosini, la proposta per la quale il Parlamento potrebbe richiedere che il Presidente della Corte dei conti intervenisse alle sedute per riferire in sede di approvazione del rendiconto generale dello Stato.

Il Presidente Terracini avverte che è ora in discussione la proposta dell'onorevole Mortati relativa all'indipendenza della Corte dei conti. A tale proposito osserva che potrebbe essere adottata la seguente formulazione:

«La legge determina le condizioni necessarie ad assicurare l'indipendenza dell'istituto».

La mette in votazione.

(È approvata).

Bozzi dichiara, anche a nome dell'onorevole Ambrosini, di ritirare la sua proposta relativa ai decreti registrati con riserva.

Il Presidente Terracini avverte che, secondo le deliberazioni testé approvate, l'articolo relativo alla Corte dei conti resta così formulato:

«La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legalità sugli atti del Governo nonché, anche in via successiva, su quelli[i] di gestione del bilancio dello Stato e degli enti alla cui gestione lo Stato concorre in via ordinaria, nei limiti stabiliti dalla legge.

Essa riferisce direttamente al Parlamento sui risultati del riscontro effettuato.

La legge determina le condizioni necessarie ad assicurare l'indipendenza dell'istituto».

Nobile propone il seguente emendamento:

«La composizione, la nomina e gli organici del personale direttivo della Corte dei conti, sono di competenza della Camera dei Deputati».

Il Presidente Terracini avverte che nella prossima riunione si discuterà il modo di nomina del personale direttivo della Corte dei conti e che in quella occasione sarà presa in esame la proposta di emendamento fatta dall'onorevole Nobile.


 

[i] Il resoconto sommario della seduta riporta erroneamente «quelle».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti