[30 gennaio 1947, seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione.]

Il Presidente Terracini ricorda che nella precedente seduta era stata lasciata in sospeso la questione relativa alla nomina del Presidente dei Presidenti di Sezione e dei Consiglieri del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, per le quali cariche il progetto degli onorevoli Bozzi e Ambrosini prevede la nomina con decreto del Presidente della Repubblica fra cittadini appartenenti a categorie determinate dalla legge, su proposta delle Presidenze dei due rami del Parlamento, sentite rispettivamente l'Adunanza generale del Consiglio di Stato e le Sezioni riunite della Corte dei conti.

Nobile ricorda di aver presentato a questo proposito un emendamento che ritira, proponendosi di ripresentarlo alla Commissione planaria. Spiega che aveva presentato quella proposta per il timore che la nomina alle alte cariche divenisse arbitraria e che perciò si potessero ledere le legittime aspettative dei funzionari i quali si vedevano preclusa la possibilità di accedere ai gradi superiori: comprende però essere opportuno che alla direzione suprema di questi istituti si proceda per via elettiva.

Bozzi fa presente che attualmente, tanto il Consiglio di Stato che la Corte dei conti, reclutano i loro funzionari in parte per concorso e in parte per scelta diretta tra determinate categorie di alti funzionari, studiosi di diritto e persone di chiara competenza. Ricorda che la proposta da lui presentata insieme all'onorevole Ambrosini stabilisce che queste nomine devono essere fatte «fra cittadini appartenenti a categorie determinate dalla legge»; il che vuol significare che la legge determinerà anche la quota di tali nomine per coloro che entrano mediante concorso. In tal modo il principio prospettato dall'onorevole Nobile resta salvaguardato.

Ruini osserva che presentemente il Governo può formalmente nominare alle alte cariche dei due istituti chiunque esso vuole, eccetto una aliquota riservata ai referendari entrati per concorso. Non crede inopportuno stabilire delle norme a questo fine, perché bisogna decidersi: o si accetta la formula latissima proposta dall'onorevole Mortati, secondo la quale la legge determina le condizioni necessarie ad assicurare l'indipendenza dell'istituto e dei suoi componenti di fronte al Governo; o si entra in specificazioni, secondo la proposta degli onorevoli Bozzi e Ambrosini. In quest'ultimo caso però ritiene che si debba esplicitamente prevedere anche la garanzia della inamovibilità. Ricorda pure che per la Corte dei conti esiste già una norma secondo la quale i Magistrati di essa non possono essere rimossi se non col parere favorevole di una Commissione costituita dalla Presidenza delle due Camere. Non ha niente in contrario a che a questa garanzia si unisca la designazione dei corpi legislativi e il parere dell'Adunanza generale del Consiglio di Stato o delle Sezioni riunite della Corte dei conti per procedere alla nomina delle più alte cariche da parte del Presidente della Repubblica.

Einaudi si associa all'onorevole Ruini per ciò che riguarda l'inamovibilità, condizione che ritiene necessaria per i Magistrati che hanno funzioni elevate. Quanto al metodo di elezione, vorrebbe fosse chiarito se si tratta di un parere da chiedere alla Presidenza delle due Camere o di una vera e propria elezione da parte loro: forse si potrebbe integrare il Consiglio di Presidenza delle due Camere con la Presidenza delle Commissioni giudiziarie dei due rami del Parlamento.

Ruini osserva che nel progetto degli onorevoli Bozzi e Ambrosini si dice: «su proposta delle Presidenze dei due rami del Parlamento»; ma, trattandosi di assicurare l'indipendenza dei due istituti, la proposta per la nomina dei magistrati dovrebbe seguire la via più logica, provenire cioè dal seno stesso dei due istituti: le Presidenze dei due rami del Parlamento delibererebbero sulle proposte stesse.

Laconi osserva che il Consiglio di Stato, oltre ad essere organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo, esercita altre funzioni che sono di carattere giurisdizionale, cioè, in sostanza, un controllo sulla attività amministrativa del Governo; anzi — come rilevava l'onorevole Bozzi — mano mano che si va avanti nel tempo e nell'attuazione di determinate riforme nella struttura sociale ed economica del Paese, dovrà sempre più aumentare quella sfera di discrezionalità che deve essere affidata al Governo per la sua attività amministrativa. Per la stessa ragione il Consiglio di Stato vedrà crescere sempre più le sue competenze e prenderà sempre maggiore importanza il sindacato sull'opera del Governo. Soggiunge che a nessuno può sfuggire che il carattere di questo sindacato non è soltanto tecnico, ma è anche politico; onde tale istituto non si può concepire come organo puramente tecnico di magistrati che seguono la loro carriera, ma come organo profondamente sensibile alle esigenze del Paese e della sua evoluzione politica, a meno che non si aderisca al concetto di fare entrare il Parlamento nella designazione delle più alte cariche o si accetti la proposta dell'onorevole Ruini di includere fra le altre garanzie quella della inamovibilità. In aderenza a questa intima natura dell'ente, per dare ad esso un aspetto appropriato alle funzioni che è chiamato a svolgere di sindacato sull'attività del Governo, in modo che possa esercitarle con autorità e competenza, ritiene che la proposta degli onorevoli Bozzi e Ambrosini debba essere modificata nel senso che non la semplice designazione, ma la elezione debba provenire, non dalle Presidenze delle due Camere, ma dal Parlamento in modo da farne una vera e propria emanazione di questo. Il Consiglio di Stato deve, a suo giudizio, rispondere infatti a due esigenze ed avere perciò non soltanto la competenza tecnica per giudicare la rispondenza di un atto del Governo alla legge, ma anche una investitura politica, in quanto continua il sindacato politico che il Parlamento ha iniziato. Per queste ragioni ritiene che la proposta degli onorevoli Bozzi e Ambrosini debba essere modificata nel senso che il Presidente, i Presidenti di Sezioni ed i Consiglieri di Stato e della Corte dei conti, nonché i Procuratori generali di quest'ultima debbano essere nominati con decreto del Presidente della Repubblica fra cittadini appartenenti a determinate categorie soltanto su designazione delle due Camere. Propone quindi la soppressione delle parole «sentite rispettivamente l'Adunanza generale del Consiglio di Stato e le Sezioni riunite della Corte dei conti».

Mortati ritiene che, fissando nella Costituzione soltanto che «la legge determina le condizioni necessarie per assicurare l'indipendenza degli istituti e dei suoi componenti di fronte al Governo», si compirebbe opera più proficua, evitando di scendere ad una regolamentazione minuziosa. Dichiara che non è esatto tutto quanto ha accennato l'onorevole Laconi: la Corte dei conti in maniera speciale, esercita un controllo di legittimità, non ha ingerenza sul merito del provvedimento e non ha competenza ad esprimere un apprezzamento di carattere politico.

Nobile fa presente che egli era andato ancora più in là di quanto ha detto l'onorevole Laconi, perché nel suo emendamento aveva proposto che le nomine di cui si tratta fossero addirittura di competenza della Camera, partendo però dal timore di un possibile arbitrario delle Presidenze delle due Camere. Ad ogni modo ritiene che la proposta migliore sia quella dell'onorevole Mortati, di rinviare alla legge.

Bozzi ricorda la lunga discussione avvenuta su questa questione in seno alla seconda Sezione della Sottocommissione e come si finì per decidere di non parlarne nella Costituzione e di rinviare alla legge. Esaminando la funzione di questi istituti sotto l'aspetto del controllo che esercitano sull'attività del Governo, ritiene che in realtà si tratta di una funzione di controllo unitario e che la visione prospettata dall'onorevole Laconi — per tanti rispetti apprezzabile — sia un po' troppo unilaterale. Aderisce alla proposta dell'onorevole Mortati, di fare nella Costituzione un brevissimo accenno alla garanzia della indipendenza di tali istituti.

Ruini obietta all'onorevole Laconi che se questi organi di controllo sull'attività del Governo sono costituiti su basi mutevoli a seconda del succedersi di determinati partiti al Governo, come avviene se sono costituiti soltanto su designazione del Parlamento, si viene a distruggere l'amministrazione stessa di cui essi sono i consulenti, perché i criteri del buon andamento dell'amministrazione non coincidono col puro indirizzo politico. Ricorda che è stato approvato il concetto che tutti i funzionari debbano essere indipendenti da ogni partito: se ora si stabilisce che questi Magistrati debbono essere eletti dal Parlamento, questa indipendenza di fatto non ci sarà più. La proposta dell'onorevole Bozzi non comporta una ingerenza politica nelle nomine, perché richiede soltanto l'assenso di un determinato organo: ritiene però che si debba preferire la formula dell'onorevole Mortati, aggiungendo l'accenno alla inamovibilità.

Fabbri si dichiara d'accordo nel rinviare la questione alla legge, purché siano specificate le esigenze dell'indipendenza e della inamovibilità, che sono essenziali per dare la caratteristica di magistrati ai membri dei due istituti.

Il Presidente Terracini osserva che nel concetto di indipendenza è compreso anche quello di inamovibilità. Se eventualmente si volesse aggiungere qualche cosa di più, ritiene personalmente che bisognerebbe aggiungere qualche richiamo a quanto hanno detto gli onorevoli Laconi e Bozzi, che tuttavia è difficile riassumere in poche parole. Nella difficoltà di questa indicazione, ritiene sufficiente parlare di indipendenza.

Rilegge la formula dell'onorevole Mortati:

«La legge determina le condizioni necessarie ad assicurare l'indipendenza degli istituti e dei loro componenti di fronte al Governo».

Lussu domanda se non sia pleonastico dire «di fronte al Governo».

Il Presidente Terracini rileva che tale specificazione è opportuna, affinché risulti chiaro che è il Governo che è controllato e non il Parlamento: con questa indicazione si stabiliscono anche certi limiti alle norme che dovranno esser redatte.

Pone ai voti la formulazione proposta dall'onorevole Mortati.

(È approvata).

Comunica, che, a proposito della questione riguardante il controllo esercitato dalla Corte dei conti sulle Amministrazioni dipendenti dallo Stato, questione che ha già formato oggetto di una deliberazione da parte della Sottocommissione, l'onorevole Nobile aveva presentato un emendamento del seguente tenore:

«Le norme per il controllo finanziario sulle Amministrazioni autonome dipendenti dallo Stato saranno oggetto di particolari statuti di tali enti».

Nobile chiarisce che il suo emendamento ha avuto origine dal fatto di avere egli creduto che, con la formula approvata, si intendesse estendere il controllo della Corte dei conti anche a quelle Amministrazioni le quali, pur essendo dipendenti dallo Stato, sono autonome ed hanno un carattere prevalentemente industriale, come ad esempio le Ferrovie dello Stato: aveva perciò ritenuto che per queste Amministrazioni il controllo finanziario dovesse essere stabilito in statuti particolari di queste stesse Amministrazioni, perché, se lo Stato esercita una attività industriale, si devono seguire anche nei suoi confronti metodi industriali e quindi le Amministrazioni delle sue aziende debbono essere distinte dal resto dell'Amministrazione anche per ciò che si riferisce al controllo.

Mortati osserva che le aziende a cui allude l'onorevole Nobile, come ad esempio le Ferrovie dello Stato, sono aziende statali autonome che hanno un proprio ordinamento; ma esse sono comprese nel bilancio dello Stato, sono incorporate nell'Amministrazione dello Stato ed in ogni modo collegate con l'Amministrazione centrale e quindi subiscono il controllo della Corte dei conti sia pure in una forma particolare. Aggiunge che appunto perciò presso le Ferrovie, come presso altri enti, vi sono uffici distaccati della Corte dei conti.

Ruini ritiene che la preoccupazione dell'onorevole Nobile sia rimossa se si considera che in realtà vi è un pullulare di enti parastatali i quali sfuggono a qualunque controllo da parte dello Stato. D'altra parte rileva che l'aver detto, come nella formula approvata, che la Corte dei conti esercita il controllo anche sugli enti alla cui gestione lo Stato concorre in via ordinaria nei limiti stabiliti dalla legge, consentirà certamente una forma di controllo che non sarà molto pesante; perché dicendo «nei limiti stabiliti dalla legge» si dà la possibilità di esercitare questo controllo in una forma che potrà essere anche attenuata.

Bozzi osserva che, con la formula approvata, la legge potrà disporre che questo controllo sia esercitato in una maniera particolare: che vi sarà cioè un controllo decentrato e ridotto.

Il Presidente Terracini è d'avviso che non si possa pensare che certe Amministrazioni, pur essendo autonome, sfuggano a qualunque controllo, in quanto esso è ricollegato all'interesse pubblico: che del resto, anche ammessa la richiesta dell'onorevole Nobile, non è escluso che gli statuti particolari di tali enti possano prevedere un controllo della Corte dei conti. Occorrerebbe dire nettamente che per le Amministrazioni autonome dipendenti dallo Stato deve realizzarsi un controllo diverso da quello della Corte dei conti.

Nobile non insiste nella sua proposta di emendamento.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti