[Il 5 dicembre 1946 la seconda Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione sul potere giudiziario.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Calamandrei, Relatore. [...] Altre disposizioni di particolare importanza sono quelle contenute nell'articolo 2 (capoverso) e nell'articolo 8, che si riconnettono al delicatissimo problema del raccordo fra il potere giudiziario e gli altri poteri dello Stato.

[...]

Leone Giovanni, Relatore. [...] Passando ad esaminare il problema del collegamento fra potere giudiziario e Governo, osserva che con nessuno dei congegni prospettati dall'onorevole Calamandrei si elimina il pericolo che la Magistratura possa trovarsi in conflitto con gli altri poteri. Nel suo progetto (art. 8), sganciata la Magistratura giudicante dal Ministro Guardasigilli, si prospetta l'ipotesi del Primo Presidente della Corte di cassazione che esercita l'alta sorveglianza su tutti gli uffici giudiziari e sugli organi giudicanti. Ritiene che questo potrebbe essere il sistema migliore, in quanto verrebbe a scindere completamente il potere giudiziario da quello esecutivo. Il congegno proposto dall'onorevole Calamandrei non è in realtà molto diverso dal suo. Il punto di disaccordo riguarda il Pubblico Ministero, che nelle sue proposte assumerebbe il netto carattere di organo del potere esecutivo. Il Pubblico Ministero rappresenta, per quanto attiene alla sua funzione di promuovere l'azione penale e di vigilanza nel processo, lo Stato nel suo diritto soggettivo di punire, con poteri che sono talvolta superiori a quelli dello stesso giudice. È quindi difficile precisarne la natura perché, ove si considerino prevalentemente le sue funzioni giudiziarie, egli appare organo del potere giudiziario; mentre, se si riguardano i suoi poteri concernenti l'iniziativa nel processo penale e la direzione della polizia giudiziaria, appare come organo di quello esecutivo. A suo avviso è indispensabile creare un maggiore e più diretto contatto fra il Pubblico Ministero e la polizia, la quale deve essere alle sue dirette dipendenze agli effetti delle indagini che egli deve promuovere. Occorre cioè conservare al Pubblico Ministero la tipica funzione di dominus, ossia di promotore della azione penale. In tal modo, dal punto di vista giuridico-penale, sarà ricondotto il Pubblico Ministero entro i suoi propri limiti, e si preciserà di più la sua funzione di organo del potere esecutivo in quanto, nella notitia criminis e nell'accusa, egli rappresenterà lo Stato.

[...]

A suo avviso, il Pubblico Ministero può servire proprio da tramite o organo di collegamento fra potere esecutivo e potere giudiziario: in quanto promotore dell'azione penale (e, nei limiti di tale funzione, partecipe allo sviluppo del processo) e in quanto promotore del procedimento disciplinare a carico di magistrati, il Pubblico Ministero — che, com'è chiarito nella relazione scritta, tornerebbe ad essere espressione del potere esecutivo — rappresenta presso il potere giudiziario l'organo di iniziativa e di controllo dello Stato.

In conclusione, il sistema del Relatore si presenta organicamente così: potere giudiziario indipendente (autogoverno anche finanziario) con, al sommo dell'organizzazione, il Presidente della Corte di cassazione ed il Consiglio superiore; inclusione in tale Consiglio anche di elementi eletti dalle due Camere, in modo da stabilire un primo punto di collegamento del potere giudiziario con gli altri poteri; Pubblico Ministero, privato di quelle attuali attribuzioni che lo accostano al potere giudiziario, in funzione di organo del potere esecutivo, come tale alle dipendenze del Ministro della giustizia, in modo da stabilire un secondo punto di collegamento con gli altri poteri.

È naturale che, se si accetta tale disciplina del Pubblico Ministero, pur ribadendo nella Costituzione il principio della legalità, pubblicità, ineluttabilità dell'azione penale, occorrerà esaminare l'ipotesi della mancata attivazione del processo penale. Per tale ipotesi — che nella relazione scritta è rimasta volutamente nell'ombra, per dar modo di approfondirla in caso di accettazione della natura di organo del potere esecutivo nel Pubblico Ministero — si profilano due soluzioni: o, mediante il ripudio del canone ne procedat judex ex officio, consentire al giudice, in caso di inerzia del Pubblico Ministero, di promuovere l'azione penale; ovvero rimandare alla disciplina della responsabilità dei funzionari dello Stato per la loro attività dolosa o colposa la soluzione del delicato problema.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti