[L'8 novembre 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Colitto. [...] Ma, una volta proclamato che l'azione penale è pubblica, non aggiungerei nell'articolo 101 il periodo, che in esso si legge: «Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitarla e non la può mai sospendere o ritardare».

Anzitutto non è sempre il pubblico ministero che esercita l'azione penale, ché, per i reati di competenza del pretore, è questo, non il pubblico ministero, che la esercita.

L'articolo 74 del Codice di procedura penale stabilisce appunto che «il pubblico ministero, o il pretore, per i reati di sua competenza, inizia ed esercita l'azione penale».

Non si comprende, poi, perché si parla di obbligo del pubblico ministero di esercitare l'azione penale e non anche di iniziarla, usandosi così una dizione diversa da quella usata nel ricordato articolo 74 del codice penale.

So bene che una delle conseguenze del principio della ufficialità del procedimento penale è appunto questa, che il procedimento deve promuoversi di ufficio, cioè per iniziativa del pubblico ministero, senza bisogno di eccitamenti esterni, ma questa regola ha le sue eccezioni. In alcuni casi il Pubblico Ministero, che normalmente deve procedere di ufficio, non può promuovere l'azione penale se non in seguito a ricezione della querela. E, mentre, di regola, egli ha il potere e il dovere di proseguire incontrastatamente la azione diretta ad ottenere una decisione sul merito della imputazione, deve cedere, invece, alla volontà privata, quando il querelante, col consenso dell'imputato, faccia remissione o con lui si riconcilii. In altri casi il pubblico ministero non può iniziare l'azione penale, se il privato offeso non abbia presentata la sua istanza. Vi sono, infatti, reati, normalmente perseguibili di ufficio, che, quando sono stati commessi all'estero, non possono essere puniti in Italia senza la «istanza» della persona offesa (articoli 9, 130 Codice penale, e 6 Codice di procedura penale). Vi sono, infine, casi (articoli 8, 9, 10, 11, 127, 133 Codice penale), in cui la perseguibilità di un reato dipende dalla «richiesta» di procedimento del Ministro della Giustizia o di altra autorità, se così dispongono leggi speciali.

Sennonché, quando vi sia la querela, la istanza e la richiesta, l'azione penale è sempre iniziata dal pubblico ministero o, per i reati di sua competenza, dal pretore.

Dire, quindi, che al pubblico ministero spetta di esercitare l'azione penale senza dire a chi spetta di iniziarla sembrami non giuridicamente preciso. È al pubblico ministero che è riservato non solo l'esercizio, ma anche il promovimento dell'azione penale. Occorre, quindi, dichiararlo, se si vogliono evitare errori od equivoci.

Anche impreciso è il concetto espresso con le frase: «il pubblico ministero non può mai sospendere o ritardare l'azione penale». Indubbiamente la regola è che il procedimento penale, una volta iniziato, non può essere revocato, sospeso o modificato o soppresso; ma anche tale regola della irretrattabilità del processo penale ha le sue eccezioni, quali il diritto di remissione, che appartiene al querelante, quando il querelato non si opponga, il diritto di oblazione volontaria, spettante in determinati casi all'imputato (art. 162 codice penale) e la podestà di amnistia, con la quale lo Stato rinuncia alla pretesa punitiva. È, quindi, non perfettamente esatto affermare che il pubblico ministero non può «mai» sospendere o ritardare (perché non anche far cessare?) l'azione penale.

È perciò che io ho proposto la soppressione dal primo comma dell'articolo 101 del periodo innanzi ricordato, riguardante l'esercizio dell'azione penale. Ove qualche cosa in merito si voglia dire, si potrà usare la formula indicata nell'emendamento da me proposto, che suona così: «Il pubblico ministero, o il pretore per i reati di sua competenza, la inizia, quando non sia necessaria la querela, la richiesta o la istanza, di ufficio e la esercita con le forme stabilite dalla legge. L'esercizio dell'azione penale non può essere ritardato, sospeso o fatto cessare se non nei casi espressamente preveduti dalla legge».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti