[Il 31 gennaio 1947, nella seduta pomeridiana, la Commissione per la Costituzione in seduta plenaria discute sulle autonomie locali.]

Presidente Ruini. [...] La Commissione è chiamata ora ad esaminare l'articolo 3:

«Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principî fissati nella Costituzione.

«Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, e alla Valle d'Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia con Statuti speciali adottati con leggi di valore costituzionale».

L'onorevole Perassi ha proposto di sostituire al secondo comma le parole: «con Statuti speciali adottati con leggi di valore costituzionale» le altre: «con leggi speciali di carattere costituzionale».

Perassi fa presente che l'emendamento da lui proposto riguarda una questione di pura nomenclatura giuridica. Le ragioni sono due: una giuridica, l'altra di opportunità. Nell'articolo in esame si prevede, infatti, che a certe Regioni sarà conferito un ordinamento speciale autonomo che potrà essere più ampio di quello previsto, con disposizioni generali, per le altre Regioni dalla Costituzione stessa. In che modo si stabilisce tale autonomia speciale? L'atto che crea questo ordinamento di autonomia speciale è una legge dello Stato ed è improprio chiamarlo «statuto». È una legge dello Stato del medesimo genere di quella del Parlamento britannico che ha dato un ordinamento autonomo all'Irlanda del nord. Basta, infatti, leggere lo Statuto per la Regione siciliana, per constatare che vi sono in esso norme le quali non si possono concepire se non come norme giuridiche emanate dallo Stato. Ciò che si vuol dire nel secondo comma dell'articolo in esame è che gli ordinamenti speciali d'autonomia per le Regioni ivi menzionate devono essere stabiliti con leggi speciali di carattere costituzionale. Perciò ha proposto di non usare l'espressione «statuti». Ciò eliminerebbe anche l'inconveniente per cui, mentre nell'articolo 3 si parla di statuti, nell'articolo 19 riguardante lo Statuto di ogni Regione si parla ancora di Statuto in un senso del tutto diverso. Nel secondo caso, la parola «Statuto» è giuridicamente esatta, in quanto sta ad indicare un insieme di norme giuridiche che sono emanazione di un potere legislativo della Regione, sia pure sottoposto all'approvazione con legge dello Stato. La legge di approvazione di uno Statuto regionale è una legge di approvazione in senso tecnico, che ha per oggetto lo Statuto come atto legislativo della Regione, deliberato dal Consiglio regionale. Invece, la legge costituzionale, di cui si parla nell'articolo 3, non ha l'effetto giuridico di dare l'approvazione ad un atto da essa distinto, ma è essa stessa che emana le norme costituenti l'ordinamento speciale per una determinata Regione, anche se tali norme sono state elaborate o proposte da qualche organo locale, come è avvenuto per il decreto legislativo concernente la Sicilia.

Crede, pertanto, che la Commissione non avrà difficoltà ad approvare l'emendamento proposto, che risponde esclusivamente ad un criterio di proprietà di formulazione giuridica.

Il Presidente Ruini teme che per una questione di tecnica giuridica, sia pure apprezzabilissima, si vada incontro al pericolo di dare l'impressione che si voglia togliere alla Sicilia lo Statuto che ora possiede.

Laconi ritiene che la proposta dell'onorevole Perassi tenda ad annullare la differenza che si è voluto riconoscere tra l'autonomia concessa a quelle quattro Regioni e quella concessa alle altre. La proposta dell'onorevole Perassi costituisce così l'ultimo tentativo di sopprimere di fatto tale differenza. La parola «Statuto» non ha soltanto un valore lessicale; quando è stato concesso alla Sicilia lo Statuto regionale, è stata stabilita una particolare procedura studiata dalla Consulta regionale, cioè da un organo rappresentativo locale. Questo Statuto non si potrà quindi assimilare ad una legge qualsiasi, in quanto si tratta di Regioni che rivendicano dei diritti propri di fronte allo Stato. È quindi impropria la parola «legge». D'altronde la parola Statuto ha ormai una sua popolarità. Comprende l'eccezione giuridica sollevata dall'onorevole Perassi, ma, nel caso che egli fa, dovrà dirsi: regolamento interno delle Regioni. Nell'articolo in esame deve invece rimanere, a suo parere, la parola «Statuto», nella accezione comune del termine.

Mortati ritiene che le considerazioni esposte dall'onorevole Perassi siano ineccepibili. Non può accogliere quanto ha detto l'onorevole Laconi circa l'improprietà del termine di Statuto applicato agli atti costitutivi delle varie Regioni diverse dalle quattro di cui all'articolo 3 del progetto. Statuto è infatti la parola tradizionale che serve ad indicare l'ordinamento fondamentale che ogni ente si dà, nell'ambito della sua autonomia.

Per quanto riguarda l'ordinamento della Sicilia, della Sardegna e delle zone mistilingui non è assolutamente ammissibile che si pensi di affidare alle Regioni interessate la podestà di disporlo in deroga alla Costituzione dello Stato, affidando allo Stato stesso solo un potere di ratifica.

Una soluzione di questo genere presuppone dei diritti propri delle Regioni e quindi un rapporto di natura contrattuale fra dette Regioni e lo Stato; rapporto che non è concepibile neppure negli Stati federali, nei quali, una volta che essi siano formati, è all'organo costituente dello Stato centrale che compete ogni modifica della Costituzione. Accettare la tesi, contro cui parla, significa introdurre un elemento di disgregazione, che segnerebbe la fine dell'unità nazionale.

Si potrebbe cercare di trovare una formula nella quale si faccia menzione dell'iniziativa delle Regioni, per mezzo di Statuti, per quanto non si possa negare allo Stato di intervenire, anche all'infuori di tali iniziative, col disciplinare con legge costituzionale l'ordinamento delle medesime.

In ogni caso, è da porre bene in chiaro che è alla legge costituzionale, e solo a questa, (all'infuori di ogni implicito o lontano riconoscimento di diritti propri agli enti regionali, di cui all'articolo 3), che può attribuirsi il potere di concedere agli enti medesimi una posizione diversa da quella fatta alle altre Regioni dalla Costituzione.

Pertanto lo Statuto siciliano, come quello sardo, ecc., dovranno essere espressione della volontà dello Stato e dovranno essere inseriti nella Costituzione come parti integranti di questa ed essere sottoposti alla procedura di revisione prescritta per le altre norme della Costituzione medesima.

Ambrosini si duole di trovarsi in dissenso con gli onorevoli Perassi e Mortati. La formula fu lungamente ponderata. Crede non possa dar luogo alle preoccupazioni che sono state prospettate, perché, quando si dice che lo Statuto delle quattro Regioni in questione deve essere adottato con legge di valore costituzionale, si fa riferimento alla fonte massima della potestà normativa, cioè al potere superiore a quello legislativo ordinario, al potere costituente. La competenza ad emanare tali Statuti spetta adunque allo Stato.

Osserva che non esiste contrasto fra l'articolo 3 e l'articolo 19, giacché, mentre con quest'ultimo articolo si fa riferimento agli Statuti delle Regioni in generale, che sono deliberati dalle Assemblee regionali ed approvati con legge ordinaria dello Stato, nell'articolo 3 si parla degli Statuti speciali delle quattro Regioni le quali si trovano in situazione particolare; ragione per cui ha luogo l'instaurazione di una forma speciale di autonomia. Il fatto che la proposta dello Statuto speciale provenga dalla Regione non importa affatto che la sovranità della Costituente possa essere diminuita; giacché lo Statuto deve venire approvato con legge e per giunta con una legge di importanza superiore a quella ordinaria, cioè con legge costituzionale. Lo Statuto avrà dunque il crisma soltanto dalla manifestazione della volontà dello Stato.

Non crede opportuno accennare alle gravi ragioni di indole politica che consigliano il mantenimento della dizione adottata dal Comitato di redazione, il cui abbandono potrebbe portare a quelle ripercussioni a cui ha già accennato l'onorevole Laconi. Fa soltanto presente che, se le ripercussioni sarebbero gravi in Sardegna, carattere ancora più grave avrebbero in Sicilia. Ripete, ritornando al merito della disposizione, che non vede che derivi alcun pericolo dal fatto che gli Statuti in questione si chiamino «Statuti speciali», giacché tale espressione sta ad indicare soltanto che alla Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige si attribuisce una condizione giuridica globale che può differire da quella che vengono ad avere tutte le altre Regioni. Da ciò nessun pericolo può sorgere perché l'adozione di tali Statuti speciali appartiene al legislatore in funzione di Costituente. Per queste ragioni crede che la Commissione può approvare senza preoccupazioni la formula adottata dal Comitato di redazione.

Einaudi è favorevole all'emendamento Perassi. In sostanza si afferma dai sostenitori della formula adottata nell'articolo 3 che l'origine di queste leggi costituzionali aventi valore di Statuto per una Regione si deve ricercare nella Regione stessa. Ora, in sede di Consulta Nazionale, ebbe a scrivere una relazione contro lo Statuto siciliano. È persuaso della necessità che questi Statuti provengano direttamente da leggi che siano votate dal Parlamento, così come è detto nella formula Perassi. La formulazione data ai due Statuti per la Sicilia e per la Val d'Aosta, sta a significare che è distrutta l'unità italiana, che cioè quelle determinate Regioni hanno manifestato chiaramente il desiderio di non pagare più una imposta allo Stato, pur desiderando riceverne tutti gli aiuti. Ciò significa la distruzione dello Stato italiano.

Ora, se si vuole affermare un simile principio, è necessario che sia discusso e deliberato dal Parlamento.

Tosato è dispiacente di dover esprimere un'opinione contrastante con quella del collega Ambrosini, ma ritiene che l'emendamento Perassi sia assolutamente necessario per due considerazioni.

Quando si prevedono forme particolari di autonomie con «Statuti speciali» adottati con leggi di valore costituzionale si va al di là di quello che il concetto dello Stato unitario può ammettere. Se queste forme di autonomia si concretano in «Statuti speciali», sia pure adottati con leggi costituzionali, ciò può essere interpretato nel senso che lo Stato non ha più un potere di iniziativa in questa materia, e che gli Statuti stessi non possono essere più modificati se non col consenso delle Regioni interessate. Le quali sarebbero così legate allo Stato da un vincolo non più costituzionale, ma contrattuale. Domanda se la Commissione intende giungere fino a questo punto.

Ritiene, d'altra parte, più corrispondente agli interessi delle Regioni considerate, la possibilità di darsi esse un proprio Statuto, come è previsto per tutte le altre regioni, Statuto, s'intende, che, in base alla più ampia autonomia loro concessa mediante apposite leggi costituzionali, potrà contemplare una più ampia sfera di poteri e di diritti.

Per queste ragioni voterà l'emendamento Perassi.

Mannironi rileva che, in sostanza, si è tutti d'accordo nel concetto che le leggi speciali di valore costituzionale, con le quali si riconosce l'autonomia particolare a determinate Regioni, sono leggi dello Stato, anche se si chiamano statuti. Ora, poiché non vi può essere equivoco alcuno nella terminologia usata dal Comitato di redazione, crede che per le ragioni politiche cui hanno accennato gli onorevoli Ambrosini e Laconi sia opportuno conservare il testo proposto dal Comitato di redazione.

L'argomento che ha addotto l'onorevole Tosato non sembra convincente, in quanto è lo Stato che approva e adotta gli statuti ed anche se essi saranno proposti da organi regionali, lo Stato non si priva del diritto di intervenire per modificarli. Lo Stato quindi non rinuncia ad un potere che tutti gli riconoscono.

Lami Starnuti è convinto che la formula proposta dall'onorevole Perassi sia la più propria e la voterà.

Intende però fare una esplicita riserva. Nell'articolo in esame l'espressione «Trentino-Alto Adige» solleva una questione di altra natura. Non è favorevole all'unione del Trentino con l'Alto Adige, e si riserva pertanto di esporre la propria tesi quando si discuterà della creazione delle Regioni.

Cevolotto teme che l'approvazione della proposta dell'onorevole Perassi possa avere ripercussioni molto notevoli in Sicilia, che certamente vanno al di là delle intenzioni stesse dell'onorevole Perassi. Crede che l'accoglimento della sua formula sarebbe malamente interpretato e potrebbe dar luogo in Sicilia ad agitazioni o malumori causati appunto da una errata interpretazione.

Il Presidente Ruini crede opportuno sottolineare che la proposta avanzata non è, come è certo apparsa alla mente correttissima dell'onorevole Perassi, di semplice tecnica legislativa, ma è una proposta che avrebbe un enorme valore politico e che potrebbe essere interpretata, se non come una revocazione dello Statuto siciliano, che è già entrato in vigore, come una censura al Governo per averlo approvato.

Perassi è convinto che la sua proposta, di pura tecnica giuridica, non dovesse sollevare nessun sospetto o preoccupazione di ordine politico, tanto più che veniva fatta da chi da ben 40 anni è favorevole alle autonomie regionali.

Per quanto concerne la Sicilia, dichiara di essere stato, fin dall'inizio, favorevole alla autonomia che le è stata concessa.

Comunque, ad evitare eventuali ripercussioni di carattere politico, ritira la proposta.

Ambrosini dà atto all'onorevole Perassi dell'amore particolare che dimostra per le autonomie. Egli è stato sempre favorevole allo Statuto siciliano. Aggiunge che difendendo questo Statuto non si intende incrinare l'unità dello Stato: chi lo sostiene è unitario per lo meno e alla stessa stregua di chiunque altro.

Presidente Ruini. Nessuno ne ha mai dubitato.

Tosato osserva che non si tratta soltanto di una questione di carattere tecnico. È da chiedersi perché gli statuti della Sicilia, della Sardegna, del Trentino-Alto Adige e della Valle d'Aosta debbano avere una natura diversa dagli statuti di altre Regioni. Per la Sardegna, la Sicilia, è prevista una più ampia autonomia, e su questo tutti sono d'accordo. E allora gli sembra più corretto stabilire che in base alle leggi costituzionali che daranno una più ampia autonomia alle regioni indicate, queste emaneranno poi i loro statuti. Propone quindi che la formula del testo sia modificata in questo senso: «Alla Sicilia, ecc., sono attribuite forme particolari di autonomia, mediante apposite leggi di carattere costituzionale».

Mortati dichiara di associarsi all'emendamento Tosato.

Grassi osserva che l'articolo in esame ha la sua ragione d'essere, in quanto si riconosce che la Sicilia, la Sardegna, il Trentino-Alto Adige e la Valle d'Aosta abbiano uno Statuto diverso da quello delle altre Regioni, in aderenza ad una realtà storica e politica effettiva. La formula Tosato significa che queste forme particolari di autonomie sono concesse sempre mediante una legge di carattere costituzione, in quanto si vuole mantenere il concetto che esse rientrano nell'ordine giuridico dello Stato costituzionale italiano. È pertanto favorevole alla proposta Tosato.

Fabbri proporrebbe la seguente formula in sostituzione del secondo comma dell'articolo 3: «Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia. Leggi speciali aventi valore costituzionale coordineranno alla presente Costituzione gli Statuti della Sicilia, della Sardegna e della Val d'Aosta ed emaneranno le altre disposizioni». A suo parere questa formula assorbirebbe la questione di carattere tecnico sollevate dall'onorevole Perassi.

Il Presidente Ruini pensa che, dal punto di vista politico, si sia d'accordo che si debba conservare la parola Statuto.

Per il resto ritiene opportuno che la formula sia redatta dal Comitato di redazione.

(La Commissione concorda).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti