[Il 1 luglio 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 6 per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: «Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana».

Ricordo che, approvato l'articolo 108, dobbiamo passare all'esame di alcuni articoli aggiuntivi.

Il primo è quello dell'onorevole Codignola:

Art. 108-bis.

«La Repubblica garantisce il pieno e libero sviluppo, nell'ambito della Costituzione, delle minoranze etniche e linguistiche esistenti sul territorio dello Stato.

«Gli enti autonomi regionali non possono, sotto nessuna forma, limitare o modificare i diritti fondamentali del cittadino sanciti dalla presente Costituzione, né emanare norme con essa in contrasto».

L'onorevole Codignola ha facoltà di svolgerlo.

Codignola. Questo mio emendamento era collegato ad altri due emendamenti da me proposti agli articoli 108 e 123. Io avevo proposto che l'articolo 108, il quale prevedeva alcuni statuti speciali — precisamente per la Sicilia, la Sardegna, il Trentino-Alto Adige e la Valle d'Aosta — fosse soppresso, e che fosse modificato l'articolo 123 nel senso che gli Statuti già emanati per la Sicilia, la Sardegna e la Valle d'Aosta dovessero essere coordinati con le disposizioni della presente Costituzione.

Ritenevo e ritengo tuttora che il sistema di adottare degli statuti speciali per alcune Regioni italiane sia un sistema sotto molti aspetti criticabile e discutibile.

Comunque, senza entrare nel merito della questione, ricordo che, allo stato attuale, tre soli statuti di carattere particolare erano già stati emessi: quelli per la Sicilia, per la Sardegna, per la Valle d'Aosta, mentre era in discussione lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.

Ora, ragioni del tutto particolari militavano per una conferma degli statuti speciali per la Sicilia e la Sardegna, pur entro certi limiti, e purché coordinati con le disposizioni generali della Costituzione.

Per quanto riguarda l'autonomia della Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige, le esigenze effettive potevano in realtà riassumersi nella necessità che, in sede costituzionale, venissero garantite certe minoranze etniche e linguistiche, esistenti ai confini dello Stato. Non vi erano e non vi sono sufficienti giustificazioni per consentire speciali forme autonomistiche a codeste Regioni, quando si esca da quest'ambito limitato, cioè protezione delle minoranze etniche e linguistiche. Ciò è poi particolarmente vero per un'altra Regione, per il Friuli, in quanto, come forse non è noto alla maggioranza di voi, la grande maggioranza della popolazione interessata si è sempre espressa in modo esplicito, attraverso ordini del giorno dei maggiori enti ed associazioni della Regione, contro la concessione di una autonomia speciale. Ho davanti, fra gli altri, un ordine del giorno dell'Associazione combattenti e reduci, un ordine del giorno dello stesso Comitato per l'autonomia friulana; un terzo ordine del giorno dell'Amministrazione provinciale di Udine. Essi dicono tutti la stessa cosa: si respinge nettamente la possibilità che al Friuli si dia una autonomia speciale. E le ragioni sono evidenti.

A giudizio di questi nostri concittadini, la concessione di una autonomia speciale per il Friuli non soltanto non è affatto giustificata dalle condizioni di vita della Regione, ma potrebbe anzi creare artificiosamente una situazione internazionalmente pericolosa, potrebbe creare dei fermenti di irredentismo, che in quella zona tanto delicata dei nostri confini è opportuno evitare.

La medesima cosa si potrebbe ripetere per il Trentino-Alto Adige, dove l'unificazione di queste due Regioni sotto un'unica denominazione è, a mio giudizio, un errore che potrebbe avere conseguenze molto serie, poiché, come mi riservo poi di dimostrare in altra sede, il problema dell'Alto Adige è evidentemente legato a un problema di minoranza etnica ed a un problema di rapporti internazionali; ma il problema del Trentino è tutt'altra cosa. Il Trentino, è vero, ha un'antica aspirazione autonomistica, è cioè una di quelle Regioni italiane che sente più vivamente e tradizionalmente l'esigenza dell'autonomia, ma si tratta di un problema completamente diverso da quello dell'Alto Adige, su un piano prettamente distinto, tanto vero che molti cittadini trentini, e ricordo fra di essi anche il nome di un nostro collega recentemente scomparso, Battisti, si mostrarono sempre seriamente preoccupati che si potesse confondere il problema dell'autonomia col problema dell'Alto Adige, rinnegando, in certo senso, quella tradizione d'italianità che ai trentini sta tanto a cuore; e che si portasse il problema sullo stesso piano dell'Alto Adige, dove la questione si presenta interamente diversa, dove dolorosamente esiste un problema di convivenza fra i molti cittadini italiani immigrati nell'Alto Adige in seguito agli accordi del 1938-39 e gli allogeni rimasti sul luogo.

Ora, in vista di tutto questo, io ritenevo che l'Assemblea avrebbe dovuto, nell'esaminare l'articolo 108, non prendere impegni nuovi a proposito di autonomie speciali. Esistevano già tre impegni molto gravosi: erano quelli della Sicilia, della Sardegna e della Valle d'Aosta. Questi tre Statuti in alcune parti erano incompatibili, indubbiamente incompatibili (è un regionalista che vi parla), con il principio di unità dello Stato: e ricordo che l'onorevole Einaudi indicò alcuni aspetti particolarmente caratteristici di questa incompatibilità. Bisognava quindi limitarsi per il momento a fare un rinvio a questi Statuti, discutendo poi codesti casi di incompatibilità in sede di coordinamento. Ma ci si sarebbe dovuti astenere rigorosamente dall'introdurre nuovi casi di autonomie speciali, aggiungendo all'errore del passato nuovi errori irreparabili, o almeno difficilmente riparabili, perché concernenti materia costituzionale.

Io quindi proponevo che lasciando immutata la situazione esistente, la Costituzione si limitasse ad una affermazione di garanzia delle minoranze etniche e linguistiche, minoranze quasi esclusivamente di confine, residenti cioè su territori mistilingue, sia italo-francesi, sia italo-slavi, sia italo-austriaci, ed in misura minore anche all'interno del Paese, come nel caso delle piccole comunità albanesi, greche e catalane esistenti nel Mezzogiorno d'Italia e in Sardegna.

Invece, con mia meraviglia, e devo dire con risultati che io temo molto gravi, con risultati che sono stati già denunciati dall'onorevole Nitti, ed io mi associo a quanto egli ha detto, noi ci siamo visti piovere sul capo, da un momento all'altro una autonomia speciale per il Friuli. Come sapete, era ancora in discussione se il Friuli dovesse essere una Regione. Voi sapete che nello stesso Friuli vi sono alcune zone favorevoli all'autonomia friulana, ed altre contrarie. Comunque, era un problema vasto e complesso, che andava attentamente e seriamente studiato. Nessuno, poi, aveva posto un problema di autonomia speciale. Ripeto ancora una volta: le popolazioni interessate si erano manifestate contro questa eventualità, e a distanza di un solo giorno dalle nostre deliberazioni è già arrivato un telegramma di protesta del Comitato di liberazione nazionale di Gorizia, che dice testualmente: «Gorizia allarmata eleva alta protesta contro imposizione statuto regionale Friuli-Venezia Giulia contrastante aspirazioni et tradizioni nazionali popolazione esige riesame problema spirito democratico previa consultazione popolare et ampia pubblica non affrettata discussione».

Fantoni. Ma se abbiamo ormai approvato l'articolo 108, lo discutiamo adesso di nuovo?

Presidente Terracini. L'onorevole Codignola non ha ancora proposto di annullare ciò che abbiamo deciso. Se l'onorevole Codignola facesse una tale proposta, lo avrei richiamato all'argomento.

Fantoni. Ma perdiamo tempo inutilmente.

Presidente Terracini. Continui, onorevole Codignola.

Codignola. Quando c'è una esplicita protesta delle popolazioni interessate, credo che sia dovere della Costituente di prendere in considerazione questo problema.

Ho fatto queste premesse non già per rimettere questo problema in discussione. Io ho parlato per precisare le ragioni, direi, organiche, dell'emendamento 108-bis, coordinato con altri miei precedenti emendamenti.

Il medesimo emendamento contiene poi un capoverso che si preoccupa di limitare le possibili conseguenze dell'estensione delle autonomie e soprattutto delle autonomie speciali, con una esplicita dichiarazione di salvaguardia delle libertà del cittadino. Ora, nonostante che l'articolo 108 sia stato approvato come è stato approvato, io mi permetto insistere sull'articolo 108-bis, in vista di una situazione particolare che a molti è sfuggita in questa Assemblea, la situazione cioè dell'Alto Pinerolese, di quella zona comunemente denominata delle Valli Valdesi, ma che è in realtà assai più vasta delle Valli Valdesi. Questo problema è stato discusso in sede di lavori preparatori, e si riconobbe allora che fra le Regioni mistilingue vi erano, oltre la Valle d'Aosta, oltre il settore Trentino-Alto Adige, oltre il settore del confine Giulio, anche le Valli Valdesi. Indubbiamente la posizione di queste valli è sotto molti aspetti diversa da quella della Val d'Aosta, ma da parte degli abitanti di queste valli non si è mai chiesto uno statuto autonomistico di tipo speciale, si era chiesto soltanto, a suo tempo, il riconoscimento della condizione particolare di «zona mistilingue». Voi sapete che questo territorio, che comprende 17 Comuni e che è costituito dalle vallate della Lusena, del Pellice, della Germanasca e del Chisone, ha una tradizione storica e culturale sua propria. Codeste valli hanno delle esigenze particolari, sia per quanto riguarda la difesa linguistica, sia per quanto riguarda la stampa e la scuola. Esse hanno inoltre esigenze particolari, per quanto riguarda i rapporti di emigrazione con la Francia e particolarmente col vicino Delfinato, e problemi d'istituzione e d'incoraggiamento di enti locali, educativi e assistenziali. Si tratta di una serie di problemi che vanno seriamente presi in considerazione.

Indubbiamente, per le stesse ragioni per cui ho criticato poco fa le autonomie speciali concesse, per così dire, con una certa frettolosità ad alcune Regioni, io non posso ora chiedere coerentemente che si conceda una autonomia speciale anche alle Valli Valdesi, sebbene, dato che si è ormai seguita questa strada, che io ritengo dannosa e pericolosa per l'ordinamento dello Stato, si potrebbe richiedere il medesimo trattamento anche per queste Valli. Io penso tuttavia che queste difficoltà, di carattere per così dire procedurale, si possano superare votando ora questo articolo 108-bis, che mira a garantire le minoranze etniche e linguistiche. Questo articolo costituirebbe di fatti una garanzia di protezione per tutte queste popolazioni delle Valli Valdesi, e inoltre potrebbe costituire una garanzia anche per altre popolazioni, di minore importanza, disperse sul territorio dello Stato, ma che potrebbero reclamare domani delle garanzie soprattutto di carattere linguistico.

Vi ricordo che gli abitanti delle Valli Valdesi hanno fatto il loro dovere di cittadini italiani resistendo fino alla fine all'oppressione. Vi ricordo che ancora in periodo clandestino, il 19 dicembre 1943, ebbe luogo un incontro a Chivasso tra i rappresentanti delle popolazioni alpine, e precisamente tra i rappresentanti della Val d'Aosta e quelli delle Valli Valdesi. In tale incontro, queste popolazioni riconobbero insieme di avere le medesime esigenze di carattere autonomistico, ed insieme esse furono protagoniste, tra le prime, della resistenza.

Ora io so che, in seguito alla votazione sull'articolo 108, è sorto in queste popolazioni di confine un senso di viva delusione verso i lavori della nostra Assemblea, si è creato un forte disagio nel constatare che, mentre il problema delle Valli Valdesi, che da tempo era stato posto sotto i nostri occhi, non era stato preso in considerazione e si era invece esaminato un problema che non era stato posto neppure dalle popolazioni interessate. (Commenti al centro). Vi pregherei quindi di voler considerare seriamente questo problema. Le popolazioni di confine possiedono una sensibilità nazionale ed internazionale tutta particolare, e credo che noi dobbiamo dar atto a queste popolazioni, così profondamente italiane e così utili, come anello di congiunzione culturale, spirituale ed economica con la Svizzera e soprattutto con la Francia, del sentimento di fraternità che ci anima verso di loro, e dare ad esse una garanzia che è elemento fondamentale di ogni Costituzione moderna.

[...]

Presidente Terracini. L'onorevole Ruini, ha facoltà di esprimere il pensiero della Commissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'onorevole Codignola comprenderà perché io, a nome del Comitato, non posso rispondere a quanto egli ha detto relativamente all'emendamento dell'articolo 108; emendamento che si deve ritenere superato, essendo stato l'articolo 108 approvato in una determinata forma dall'Assemblea. Posso soltanto parlare del nuovo articolo 108-bis che l'onorevole Codignola ha proposto. Il Comitato ne apprezza lo spirito, ma non può accettarlo, ritenendo che il suo contenuto sia già affermato in altri punti della Costituzione. Nel primo comma dell'articolo proposto si garantisce lo sviluppo delle minoranze etniche e linguistiche. Ora, vi è già nell'articolo 2 delle dichiarazioni generali della Costituzione, il principio di eguaglianza di tutti i cittadini, indipendentemente dalla razza e dalla lingua. Altre garanzie in questo senso di una perfetta parità fra gli italiani vi sono in tutta la Costituzione. Una speciale disposizione per le minoranze etnico-linguistiche — né ben si comprende il concetto di minoranza — non sembra indispensabile, potendo rientrare nel concetto generale.

[...]

L'onorevole Codignola ha accennato ad un motivo particolare, che noi avevamo già preso in considerazione: quello delle Valli Valdesi. Per queste Valli non c'è un problema di autonomia speciale come per altre zone alle quali si è data una struttura particolare con funzioni e poteri maggiori che in altre Regioni. Le Valli Valdesi non chieggono tale trattamento. Ciò che chieggono risulta da un memorandum e da altri elementi, trasmessi all'Assemblea da un gruppo di deputati, fra i quali c'è anche l'onorevole Codignola. Le Valli Valdesi aspirano ad avere soltanto una garanzia linguistica, nel senso di aver scuole speciali, il che si traduce in criterio comune per tutti i cittadini che parlano una lingua diversa dall'italiano.

Noi dubitiamo che ciò possa dar luogo ad una norma costituzionale. Alle esigenze indicate dall'onorevole Codignola si è in passato provveduto e si può provvedere più largamente con leggi ordinarie dello Stato. Si potrebbe, se si vuol accentuare questo punto, votare uno degli ordini del giorno, già fatti in altre occasioni, per affermare la necessità di emanare misure appropriate di trattamento ed insegnamento linguistico per le popolazioni che parlano altre lingue e che sono sparpagliate in tutto il territorio dello Stato. Una norma costituzionale propria non sembra necessaria; e ad ogni modo, dovrebbe essere formulata diversamente da quella formulata dall'onorevole Codignola.

Concludo: l'intento della proposta Codignola è perfettamente accolto e la sua disposizione è considerata già acquisita da altre norme dall'insieme della Costituzione. Per quanto riguarda il particolare problema, che non è di autonomia regionale, ma soltanto di scuole che possono essere senz'altro istituite, non occorre norma costituzionale, e si può, se del caso, votare un ordine del giorno.

[...]

Lussu. [...] Debbo inoltre aggiungere che, pur dissentendo dal modo formale con cui il collega Codignola ha espresso la sua sorpresa per quanto è stato fatto a proposito del Friuli con l'articolo 108, debbo dire che anch'io intendo manifestare la mia sorpresa.

Ne parlerò quando all'articolo 123 la questione potrà essere posta, e non voglio entrare in merito ora. Il mio concetto regionalistico, che si spinge dal punto di vista teorico ad una concezione federalistica dello Stato repubblicano, è ormai noto, e nessuno può mettere in dubbio questa fede che costantemente ha animato la mia azione politica.

Tuttavia mi sia consentito di affermare che un problema di questo genere non poteva essere risolto in sede di emendamento e con molta semplicità di discussione. Né la Sottocommissione per le autonomie ha toccato il problema, mentre dal punto di vista costituzionale avrebbe dovuto esaminarlo. Non lo ha affrontato, ed io ricordo ai colleghi della Commissione per la Costituzione che noi il problema, sotto questo aspetto, non l'abbiamo mai esaminato e non l'ha esaminato neppure la seconda Sottocommissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ci fu una proposta Fabbri.

Lussu. Io non voglio entrare in merito, ma voglio dire che il problema doveva essere illustrato e discusso ampiamente. Ho studiato tutti i problemi del Friuli, ho seguito i lavori del Congresso veneto, anche nei dettagli; sono stato a Udine recentemente, ho parlato coi rappresentanti di tutti i partiti e non mi sono accorto che il problema fosse posto in questa forma.

E allora faccio appello perché i criteri fondamentali dell'organizzazione dello Stato siano discussi con serietà e con profondità, poiché questi problemi devono porre molto più in alto l'attività dell'Assemblea Costituente.

Credo che all'articolo 123 noi esamineremo questa questione: può darsi che l'Assemblea si esprima in senso sfavorevole. Io esprimo l'esigenza che questi problemi siano affrontati in una profonda discussione, prima di risolverli così affrettatamente.

[...]

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ripeto che neppure lo Stato può offendere o minorare i diritti sanciti dalla Costituzione. Ripeto che si provvederà con leggi alle scuole speciali. Nel memorandum valdese è ricordata una legge del 1911, che aveva provveduto alle scuole per quelle valli; che cosa vieta di ripristinare e migliorare ciò che venne poi soppresso?

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti