[Il 9 luglio 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni».]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Dobbiamo riprendere l'esame e la votazione sulle materie deferite dal testo unificato degli articoli 109, 110 e 111 alla potestà legislativa della Regione. Sono stati approvati i primi dieci alinea. Passiamo ora all'undicesimo alinea: Viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale.

L'onorevole Nobile ne ha proposto la soppressione.

L'onorevole Caronia, con altri deputati, ha proposto di sostituire la seguente dizione: «Lavori pubblici d'interesse regionale». Si tratta quindi di un emendamento soppressivo della prima parte dell'alinea.

Dovremo passare ora alle votazioni sugli emendamenti.

Cifaldi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Cifaldi. Sono contrario all'inclusione delle materie che riguardano la viabilità, gli acquedotti e i lavori pubblici, sia pure di interesse regionale. Per quanto, specialmente, attiene agli acquedotti, nonostante la limitazione che siano di «interesse regionale», è facile intuire le difficoltà che sorgerebbero, se in questa materia dovesse legiferare la Regione. Per convincersi di ciò basta ricordare quanto è avvenuto nei riguardi dell'Acquedotto pugliese. Quando si dovette decidere della regione, del posto, delle sorgenti dove attingere l'acqua per tante centinaia di Comuni, il Comune proprietario ed i viciniori videro nella creazione di quell'acquedotto una spoliazione a danno delle loro esigenze locali, e quindi quell'opera che interessava una vastissima plaga si è potuta compiere solamente con una concezione unitaria del problema. Oggi vi è la richiesta di buona parte della Campania, e specialmente di Napoli, di un acquedotto che tragga le acque dal Biferno e dal Torano, da zone cioè che appartengono alla Regione del Molise. Ma a questo progetto in via di esecuzione, si oppone la provincia di Campobasso, che insorge contro l'attuazione del progetto stesso, perché lo ritiene contrario agli interessi della sua zona. Ora, solamente con un visione di carattere generale sarà possibile dare acqua a centinaia di Comuni e ad una città come Napoli. Se questo problema dovesse essere di competenza regionale, la sua attuazione pratica sarebbe impossibile. Prego gli onorevoli colleghi di fermare la loro attenzione su queste considerazioni sommariamente esposte, ma che da ciascuno di noi potranno essere maggiormente vagliate, per negare che la Regione debba legiferare anche in materia di acquedotti. Si tratta di poter conciliare gli interessi singoli locali con interessi di carattere generale, si tratta di vincere le possibili e comprensibili resistenze locali, sorte sotto l'impressione di un'eventuale perdita di qualche ricchezza locale, per cercare un beneficio a più largo raggio che interessa la vita nazionale.

E solamente con una visione di carattere generale che possa partire dal centro si può vincere una resistenza di carattere locale.

Sono quindi contrario a questa inclusione.

Nobile. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobile. Desidero sapere se è esatto che su questa voce il Comitato abbia introdotto modifiche al testo primitivo, cancellando le voci «viabilità ed acquedotti».

Presidente Terracini. Noi abbiamo sott'occhio il testo del Comitato. Alla Presidenza non risulta alcuna modificazione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Devo dichiarare all'onorevole Cifaldi che il caso da lui addotto non sembra rientrare nell'interesse esclusivo regionale. Quando si tratta di un acquedotto che eccede l'interesse della Regione, competente sarà lo Stato. La sua preoccupazione non sarebbe dunque fondata.

Quanto all'onorevole Nobile, faccio presente il Comitato non ha innovato nulla. Tiene conto che l'espressione «Lavori pubblici di interesse regionale» comprende anche la viabilità e gli acquedotti. Bisogna mettersi in mente che il Comitato non formula nuove proposte, ma considera gli emendamenti presentati. Il testo rimane: «Viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale». Se l'Assemblea crede di votare «Lavori pubblici di interesse regionale», comprendendo in questi gli acquedotti e la viabilità, il Comitato non ha nulla da opporre.

Cifaldi. Si potrebbe votare per divisione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non ho da fare alcuna proposta.

Porzio. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Porzio. Non so come esprimermi per persuadere gli onorevoli colleghi che non mi muove altro che non sia unicamente il desiderio di giovare, senza partito preso, senza ostilità preconcette. Io vorrei che gli onorevoli colleghi avessero la bontà di considerare tutta l'importanza di questa formulazione, specialmente — devo dirlo — per il Mezzogiorno d'Italia. Perché ha ben detto l'onorevole Cifaldi per tutto quello che concerne gli acquedotti (e nella questione dell'acquedotto è naturalmente compreso un grande interesse di Napoli, che è la capitale della Campania con o senza il Molise); ma, in questo alinea, io vedo anche scritto: «e i lavori pubblici di interesse regionale».

Vorrei sapere quali sono questi interessi regionali nel campo dei lavori pubblici. Signori miei, nientemeno questa legge andrà forse in vigore quando ancora le macerie ingombreranno le nostre città, come avviene in gran parte del Mezzogiorno. Io son venuto ieri da Frosinone e non ho visto che disastri! Per lavori pubblici di interesse regionale s'intende rifare le strade, gli edifici, i ponti e scuole, ospedali, ecc. Ma questo è un attentato contro il risorgimento meridionale, contro regioni così provate dal disastro guerresco.

Sapete, che il Mezzogiorno d'Italia ha una grande storia, ha uomini veramente insigni e nomi celebri nei fasti del nostro Risorgimento; ha fertilità, bellezze; ma ha delle magre risorse economiche. Ed allora voi tutto il suo divenire lo affidate alle Regioni, ad enti poveri, ponendo una miseria su un'altra miseria. E lo Stato apparirà, secondo il mio concetto, come un sommo sacerdote, una specie di Ponzio Pilato che si lava le mani riversando oneri, spese, ricostruzioni, tutto, sulle miserabili Regioni che dovranno provvedere a così vaste ed essenziali esigenze. Ecco perché vorrei pregarvi di considerare queste condizioni, e di chiarirle. Siamo mossi da un desiderio di amore al Paese, di fervore nell'adempimento del nostro dovere.

Colitto. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Colitto. Sia dall'onorevole Cifaldi che dall'onorevole Porzio si è fatto accenno al Molise. Gli esempi da essi indicati mi inducono a votare a favore del testo, ché tali esempi si aggiungono come altri argomenti a quelli che erano già nella mia mente e già mi inducevano a votare come ho detto. Nel 1904 al Molise vennero sottratte le sorgenti del Volturno. Questo, evidentemente, non sarebbe accaduto, se intorno ai destini di quelle sorgenti avesse potuto legiferare la Regione.

Una voce. Ecco che la Regione serve a questo scopo.

Colitto. Questo mi pare che si prepari di nuovo per le sorgenti del Biferno. Le preoccupazioni della mia terra sono tali e tante, per cui io penso che opportunamente interviene in sua difesa la norma, alla quale do il mio voto.

Conti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Conti. Ho ascoltato con molto interesse il collega onorevole Porzio, il quale porta una nota malinconica nella nostra discussione intorno alla Regione. L'onorevole Porzio, è sempre molto commosso quando parla della Regione, perché intravede nel progetto la fine di questa povera unità d'Italia che ha tanto giovato al Mezzogiorno. Siamo all'ottantasettesimo anniversario dell'unità d'Italia ed il Mezzogiorno è il paese che non ha né acquedotti, né strade, né ferrovie, né tranvie, né enti di beneficenza, né fognature, né scuole, né ospedali: niente. (Applausi). Ed allora è evidente che l'esperimento deve significare, per tutti i rappresentanti della Nazione in questa Assemblea, per lo meno incitamento a tentare un'altra via. Noi, regionalisti convintissimi, siamo qui i primi ad affermare che non giuriamo sulla efficacia del Progetto; che noi non siamo affatto sicuri, come non lo siamo per nessun'altra riforma, dei risultati eccellenti di questo ordinamento regionale che noi proponiamo. Ma diciamo che la coscienza di ognuno di noi deve imporre, almeno, che l'esperimento si faccia. Dopo l'esperimento concentrazionista, dopo l'accentramento statale, dopo il nulla che si è verificato durante 87 anni vediamo se, chiamando le regioni a nuova vita, possa prodursi qualche risultato benefico. Questo è il concetto che ci muove.

Quando poi sentiamo l'onorevole Cifaldi che fa eco all'onorevole Porzio, e sentiamo tanti altri che si mettono sulla stessa strada, assolutamente errata, di considerare la Regione come un ente territoriale, con tanto di muraglia della Cina attorno, chiusa a sé, la Regione che guarda i suoi interessi egoisticamente senza considerare gli interessi nazionali, allora siamo costretti a dire: non avete riflettuto abbastanza su questo grosso problema; non avete compreso che non si tratta di un problema di carattere territoriale, che non si tratta di interessi particolaristici, i quali escludano gli interessi della Nazione, ma che si tratta di una divisione di lavoro. Si vuol portare tra le popolazioni, le quali stanno ad attendere da Roma tutti i benefici, la preoccupazione di risolvere i problemi locali con le proprie forze. (Approvazioni).

Una voce a sinistra: Che non ci sono.

Conti. Se mi si risponde da parte dell'onorevole Porzio con un'offesa alle popolazioni meridionali, io devo difenderle pur non essendo cittadino del Mezzogiorno, non avendo cioè questo vanto. Egli dice: i meridionali non si muovono; sono gente che bisogna spingere; sono gente che bisogna portare per mano...

Miccolis. Crede lei che sia così. Non abbiamo bisogno di essere portati per mano.

Conti. Lei, onorevole Miccolis, non ha capito! Ripeto quanto sembra voglia dire l'onorevole Porzio.

Porzio. Non ho detto questo!

Conti. Se si fa questa obiezione, io dico che si deve riconoscere alle popolazioni meridionali tanta intelligenza, tanta energia, tanta capacità da non aver bisogno della burocrazia romana per vivere (Applausi al centro) e per provvedere a se stesse. Basta, dunque, caro amico Porzio, con le melanconie.

Siamo sempre daccapo con la storia delle capitali, e siamo sempre daccapo con la storia della sorgentucola di acqua e con la storia della strada regionale... Ma, benedetto Iddio, quando faremo lo sforzo di capirci? Quando riusciremo a chiarirci questo problema? Quando si riuscirà a capire, che al di sopra degli interessi regionali, al disopra degli interessi locali il Progetto pone in modo fondamentale l'interesse nazionale? Che nulla si può fare che prescinda o che sia in contrasto con l'interesse nazionale? che nulla può essere fatto e neppure proposto se sia in contrasto con l'interesse nazionale?

Si è detto, se non ho mal capito, che l'Acquedotto pugliese è stato possibile per una concezione unitaria dello Stato. Ma non diciamo sciocchezze! La concezione unitaria, onorevole Cifaldi, non c'entra proprio per niente. (Interruzione dell'onorevole Cifaldi).

Presidente Terracini. Non dimentichiamo che stiamo trattando la questione degli acquedotti in generale.

Conti. Dicevo, dunque, l'Acquedotto pugliese è stata opera di carattere nazionale, proprio perché v'è stata una coscienza regionale che si è mossa e che lo ha imposto. Non si sarebbe fatto l'Acquedotto pugliese, se in questa Camera, anzi dai banchi dell'antica auletta, Matteo Renato Imbriani non avesse gridato, in cento sedute il suo grido: «La Puglia ha bisogno di acqua e di giustizia». Ci sono voluti anni ed anni per ottenere quell'opera grandiosa.

Oggi si discute per l'acquedotto di Napoli. E l'onorevole Colitto, che ci appare un po' come imperatore del Molise, si oppone alla captazione delle sorgenti di quella regione a favore di Napoli. Ritengo non ci sia nulla di straordinario in questo: è naturale che i più vicini alle sorgenti neghino l'acqua alle popolazioni lontane. Immagino che l'onorevole Colitto preferirebbe che le acque fossero captate a beneficio delle popolazioni della regione. Questi piccoli egoismi sono nella natura umana, onorevole Cifaldi! Ma basta richiamare ancora una volta il principio che la sovranità d'una Assemblea nazionale, supererà queste difficoltà campanilistiche e questi egoismi regionali. Sarà facilissimo, con una legge votata dal Parlamento nazionale, stabilire che le sorgenti del Molise siano di vantaggio per i cittadini di Napoli ed eventualmente di altre città.

Dovete uscire dalle strettoie, nelle quali siete voi antiregionalisti. Dovete sveltirvi; siete addormentati. (Applausi al centro Rumori a sinistra). Amico Porzio, non essere vecchio; sii giovane, svegliati, diventa regionalista anche tu. (Applausi al centro).

Porzio. Chiedo di parlare per fatto personale.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Porzio. Il mio amico onorevole Conti mi vuole ringiovanito. Egli ha detto che io parlavo della Regione con un senso, con una nota di melanconia. E, forse, sarà. Ma egli, invece, ha parlato dell'unità italiana secondo una visione puramente pessimistica, perché ha negato ogni utile attività a questi 87 anni di risorgimento e di unità nazionale. Eppure credo che la mia città, Napoli, abbia conseguito progressi, pur tra lotte ed ostacoli.

Se non vi fosse stata la guerra, con tutte le sue iatture ed i suoi orrori, Napoli avrebbe ancora vive ed operanti le sue fonti di ricchezza, ora completamente distrutte; cosa della quale noi ci siamo occupati, ma che però ha trovato scarsa eco nell'Assemblea.

Ma all'onorevole Conti devo dire che le sue osservazioni sarebbero state, come sono state, forse, efficaci, in sede di discussione generale, la quale ormai è stata fatta; il dado è tratto ormai. Voi ve ne compiacete; io no, ma comunque, recriminare non giova!

Io desidero richiamare l'attenzione della Costituente sull'alinea che è in discussione.

Non è più il caso di ripetere considerazioni d'ordine generale. Restiamo nel tema. L'alinea riguarda la viabilità, gli acquedotti ed i lavori pubblici che si vorrebbero addossare alla Regione. Ecco il mio allarme.

Il mio amico Conti dice: ci si preoccupa per qualche piccolo rigagnolo d'acqua.

No, no, noi ci preoccupiamo di acquedotti e delle cascate d'acqua che sono inoperose e che devono essere riconvogliate, utilizzate per interesse pubblico, generale. Or ora, avete la palmare dimostrazione della fondatezza delle mie preoccupazioni. Il mio amico Colitto, quando ha sentito parlare di un contributo del Molise (che, per me, è sempre nella regione campana) alle necessità della regione campana si è ribellato ed io pensavo fra me a quel che avevo accennato nella discussione generale, ormai già fatta. Ma dico: guardate che risorgono gli egoismi, risorgono gli antagonismi, e noi torniamo al vecchio «i pisan veder Lucca non ponno»! (Applausi) Lasciamo andare le discussioni di ordine generale.

Il Presidente cortesemente non mi ammonisce, ma indovino che pensa: restate nel tema. Ci sono.

Il tema è questo! Voi volete affidare i lavori pubblici alla Regione, vale a dire, per esempio, la ricostruzione di una Napoli distrutta alla Regione. (Commenti).

Saranno perpetuate le liti all'infinito, i conflitti, i contrasti. Qui a Roma vi saranno ostacoli, interferenze, intoppi burocratici che impediranno il risorgere di questa o di quella Regione. E lungaggini, ritardi, una via crucis estenuante, la via tante volte percorsa penosamente da Napoli.

L'amico Conti diceva: snellite.

Sì, però i lavori si fanno con i denari, con le possibilità finanziarie. E quali sono queste possibilità finanziarie che noi abbiamo, quali?

Ed allora dico: senza preconcetti, senza ostilità, senza voler vulnerare nulla, anche per non dare un dispiacere al mio amico Conti, dico: guardate a questo pericolo. La questione generale, ripeto, è stata fatta, ma cerchiamo di tener presenti i destini del Mezzogiorno d'Italia, del quale tutti quanti parliamo, ma del quale non ci preoccupiamo abbastanza, ora che si stabiliscono gli obiettivi ed i limiti della legge. Ed ecco perché io invocavo ed invoco l'attenzione della Commissione, la considerazione dell'Assemblea, la quale solamente così acquista credito, valore, prestigio, quando cioè si preoccupa dei grandi interessi del Paese. (Applausi).

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non rientriamo nella discussione generale. Quel che è avvenuto, è avvenuto! Quando si trattava di istituire o no la Regione, il tema dei lavori pubblici poteva influire in un senso o nell'altro.

L'onorevole Porzio temeva che, togliendo i lavori pubblici allo Stato, il Mezzogiorno ne avrebbe sofferto danno. Invece l'onorevole Conti partiva dal punto di vista, che, poiché lo Stato non aveva fatto sufficienti lavori nel Mezzogiorno, era opportuno darne la competenza alla Regione, fornendo ad essa i mezzi necessari.

Fra le due correnti nelle quali si divideva l'Assemblea, ha prevalso quella che ha istituito la Regione. Faccio presente all'amico Porzio che, una volta istituita la Regione, bisogna per forza attribuire ad essa dei lavori pubblici, perché non si può concepire una Regione senza competenza nel campo dei lavori pubblici. Ma molti, i più dei lavori pubblici resteranno allo Stato. Vi sono, in materia di viabilità, le strade comunali, provinciali, nazionali. Le strade nazionali e la loro Azienda resteranno allo Stato. La Regione potrà (sempre nel limite dei principî stabiliti da leggi della Repubblica) assumere la cura e la costruzione di strade che non siano di interesse statale, ma restino circoscritte nell'ambito della Regione. Ricordiamoci d'aver respinto l'emendamento dell'onorevole Caronia, il quale attribuiva tutte le strade, anche le nazionali, alla Regione. Oltre alle provinciali e comunali (salvo pur sempre una redistribuzione fra gli enti locali) vi saranno strade per così dire ultra provinciali che potranno essere attribuite alla Regione.

I porti non saranno assegnati alla Regione, perché hanno interesse nazionale: vanno alla Regione soltanto i piccoli porti lacuali. Vi è nei lavori pubblici una specie di graduatoria, appunto per la sfera d'interessi ai quali si riferiscono.

Quanto alla giusta preoccupazione dell'amico Porzio, osservo che i lavori di ricostruzione per danni causati dalla guerra non sono lavori pubblici nel senso usuale e proprio degli altri; tant'è che alle ricostruzioni e riparazioni di quei danni, si provvede più spesso mediante sussidi che sono concessi ai privati. Questa categoria di lavori non potrà ad ogni modo spettare e gravare sulla Regione, ma sarà compito e dovere dello Stato in base ai criteri della più larga solidarietà nazionale e al riguardo uguali per tutte le parti d'Italia.

Riassumo, ripetendomi, il mio pensiero così. Primo: dato che abbiamo istituito la Regione, è naturale che le siano attribuiti lavori pubblici, e saranno quelli che non eccedono l'interesse regionale. Secondo: i danni di guerra eccedono i confini, e la caratteristica dei lavori pubblici; comunque la ricostruzione è funzione non declinabile dello Stato. Questi chiarimenti ho voluto dare all'onorevole Porzio.

Caronia. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Caronia. Abbiamo proposto di sostituire la formula della Commissione con l'altra: «Lavori pubblici d'interesse regionale», in quanto nel nostro emendamento all'alinea precedente, erano compresi la viabilità e gli acquedotti. Poiché tale emendamento non è stato approvato, mi adeguo alla formula della Commissione.

Dugoni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Dugoni. Faccio mio l'emendamento dell'onorevole Caronia.

Presidente Terracini. Avverto che sull'alinea in esame è stata presentata richiesta di votazione per appello nominale. Pongo ai presentatori della richiesta la questione se essi intendano estendere la votazione a tutto l'alinea, o se intendano votare separatamente le voci dell'alinea.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Quando si poteva intendere l'espressione «lavori pubblici» come una frase sintetica, comprensiva di tutti i lavori pubblici, beninteso d'interesse regionale, il Comitato non aveva fatto formali difficoltà a tale dizione; ma ora che si è dichiarato che si vuole con essa escludere dai lavori pubblici la viabilità e gli acquedotti, il Comitato si oppone. Cosa resta se volete togliere specialmente la viabilità? Sarebbe più logico allora sopprimere tutto il comma.

Dugoni. Ma c'è anche la Provincia.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'articolo di Costituzione ora in esame attribuisce alla Regione la viabilità d'interesse regionale; e ciò, si noti, come potestà di legislazione subordinata. Delle funzioni amministrative ci occupiamo nell'articolo successivo; e vedremo che alle Province possono restare le strade di loro esclusivo interesse.

Gullo Fausto. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gullo Fausto. Il Presidente della Commissione ha detto che s'intendono escluse dalla competenza della Regione le strade nazionali. Saranno escluse, per le stesse ragioni, le strade provinciali le quali hanno un ufficio tecnico che non si occupa se non di strade. Bisognerebbe sapere quali sono le strade che residuano e che diventeranno di competenza della Regione.

Dugoni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Dugoni. L'onorevole Gullo ha fatto le osservazioni che avrei voluto fare anch'io. Mi associo, quindi a quanto egli ha detto.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ho già detto che in questo articolo si stabilisce quali sono le funzioni normative della Regione. Si attribuisce ad essa la potestà di legislazione secondaria (entro i principî base stabiliti dallo Stato) per la viabilità, gli acquedotti ed i lavori pubblici d'interesse regionale. Questa funzione normativa non coincide esattamente con le funzioni amministrative della Regione. Di queste si parla nella nuova formulazione proposta dal Comitato per l'articolo 112: «Spettano alle Regioni le funzioni amministrative per le materie indicate nel precedente articolo, in quanto regolate da norme speciali; salvo quelle di interesse esclusivamente locale attribuite con leggi della Repubblica alle Province, ai Comuni e ad altri enti locali». Inoltre, è stabilito nel numero 8 delle disposizioni finali e transitorie, con un comma aggiuntivo, che «Fino a che non sarà provveduto al riordinamento ed alla distribuzione delle funzioni amministrative con gli altri enti locali, restano alla Provincia le funzioni amministrative attualmente ad essa attribuite e quelle di cui la Regione le deleghi l'esercizio».

Priolo. Ed alla Regione che cosa resta?

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Resteranno da costruire e da gestire strade che abbiano interesse non esclusivamente provinciale ma regionale, come sono molte di quelle che si chiamavano «provinciali di serie». Decideranno le leggi della Repubblica che potranno anche — e sarà un notevole vantaggio — rivedere un po' la distribuzione dei servizi stradali fra Comuni, Province e Regioni. Siete sicuri che ai Comuni devono essere lasciate tutte le strade, che hanno ora, anche quelle alle quali non possono provvedere? Non sarà meglio passarle in certi casi alla Provincia o anche alla Regione? Questa è una materia che la Costituzione rimanda a leggi della Repubblica. Intanto, per la norma transitoria, nulla pregiudica la competenza della Provincia.

Credo che l'onorevole Gullo possa essere soddisfatto.

Presidente Terracini. Passiamo alla votazione.

Vi è l'emendamento dell'onorevole Dugoni, il quale propone di votare semplicemente la formula: «Lavori pubblici di interesse nazionale». Poi, vi è la formula della Commissione: «Viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale».

Dovrò porre anzitutto in votazione l'emendamento dell'onorevole Dugoni: «Lavori pubblici di interesse regionale».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Desidero mettere in guardia, ancora una volta, contro un possibile equivoco. Secondo i proponenti, con la dizione «lavori pubblici» si escludono la viabilità e gli acquedotti. Il Comitato si dichiara contrario.

Presidente Terracini. Tenendo conto dell'osservazione dell'onorevole Ruini, faccio presente che l'emendamento dell'onorevole Dugoni dovrebbe essere così formulato: «Lavori pubblici di interesse regionale, salvo la viabilità e gli acquedotti».

In questa maniera sarebbe chiaro il significato di questo emendamento, altrimenti si potrebbe cadere nell'equivoco accennato dall'onorevole Ruini.

Dugoni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Dugoni. Secondo il mio intendimento, l'emendamento ha questo significato preciso: che non possiamo dare alla Regione una facoltà esclusiva rispetto ai Comuni e alle Province, in materie così importanti come la viabilità e, soprattutto, come gli acquedotti.

Codignola. Ma è in via transitoria!

Dugoni. Sì, è in via transitoria; intendo anch'io, onorevole Codignola. Io l'ho detto nel senso che le materie riguardanti gli acquedotti e la viabilità non siano di esclusiva competenza della Regione.

Presidente Terracini. Poiché l'onorevole Ruini ha sollevato una eccezione abbastanza giustificata, prego l'onorevole Dugoni di formulare l'emendamento in modo che ogni possibilità di incerta interpretazione sia completamente eliminata.

Micheli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Micheli. Io volevo dichiarare, nel caso in cui la proposta dell'onorevole Dugoni fosse messa ai voti per togliere alla competenza della Regione la viabilità, che non è esatto quello che egli ha detto in questo momento, che una norma, come quella proposta dalla Commissione e sostenuta dal suo Presidente, dia l'esclusiva amministrazione della viabilità alle Regioni.

Oggi chi è che ha questa esclusiva rappresentanza? Non l'ha certamente lo Stato per intero, perché i Comuni hanno la loro competenza e le Province altrettanto. Quale è la competenza che vogliamo dare alla Regione? Parte di quella dello Stato. (Commenti a sinistra).

Qui, cari amici, si tratta di decentrare sul serio...

Nobili Tito Oro. Liquidatori dello Stato! (Vivaci commenti al centro).

Micheli. Noi non cerchiamo di liquidare lo Stato, noi cerchiamo di rafforzarlo: siete voi che cercate di liquidarlo, ma non ci riuscirete, perché noi ve lo impediremo. (Commenti).

Noi, nella formazione della Regione, cerchiamo di stabilire quali sono le competenze statali che vengono affidate alla Regione stessa. In materia di viabilità — porto la questione sul terreno pratico — in materia di viabilità dunque, onorevole Dugoni, quali sono le competenze che ha presentemente lo Stato? Le strade di accesso alle stazioni, le strade di serie, le strade di allacciamento coi Comuni isolati, e parecchie altre.

Tonello. Le strade nazionali.

Micheli. Onorevole Tonello, questa volta non si tratta dei patronati scolastici! È un'altra cosa, perché nessuno vuole che le strade nazionali passino alle Regioni. Ma ad esempio, perché noi desideriamo che passino le strade di serie alla competenza della Regione? Le strade di serie sono state una geniale creazione del Ministro Baccarini con la legge del 1881, con la quale lo Stato veniva in aiuto alle Province impari da sole alla bisogna. Ma lo Stato è riuscito a sistemarne forse poco più della metà. Noi in provincia di Parma, in provincia di Piacenza, in provincia di Reggio, abbiamo ancora otto o dieci strade di serie che non sono state ancora terminate; quante decine d'anni ci vorranno ancora? Ebbene, ce le costruiremo da noi, con le nostre Regioni, amici miei. (Commenti a sinistra).

Non solo, ma aggiungo, onorevole Dugoni, per sua maggiore tranquillità, che le Regioni che non vogliono sostituirsi ai Comuni li potranno anche aiutare per le strade intercomunali, specie per le maggiori che hanno interessi anche provinciali (Rumori). Voi non avete pratica di queste cose e non vi siete mai stati in mezzo come ci siamo stati noi che la Regione non abbiamo studiato sui libri, ma ce ne siamo persuasi attraverso le necessità quotidiane dei luoghi e dei cittadini. Ed è precisamente la loro voce che io vengo a portare a voi per confortarvi a disperdere questi vostri timori che non hanno ragione di essere. (Applausi al centro).

Lopardi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, teniamo presente che si deve tornare alla consuetudine delle dichiarazioni di voto che non riaprono la discussione. Ora invece sono ben tre quarti d'ora che stiamo discutendo in sede di dichiarazioni di voto.

Onorevole Lopardi, ha facoltà di parlare.

Lopardi. Il collega onorevole Micheli ci ha tacciato, lui entusiasta dell'ente Regione, di non aver conoscenza pratica della Regione.

Presidente Terracini. Onorevole Lopardi, la prego: si attenga strettamente alla dichiarazione di voto.

Lopardi. Io dichiaro di votare a favore dell'emendamento Dugoni per la ragione che, evidentemente, coloro i quali hanno formulato quella disposizione hanno dimenticato, mentre poi accusano noi di essere degli astrattisti, quelle che sono le condizioni di molte Regioni del Mezzogiorno. Il difetto è tutto questo. Per alcune Regioni si è fatto pochissimo, come, ad esempio, per la Basilicata: ma se non fosse intervenuta la legge speciale, non si sarebbe fatto neppure quel poco. Infatti molte Regioni, la maggior parte anzi delle Regioni nostre, non hanno i mezzi necessari per fare quello che è strettamente richiesto.

Micheli. Ma c'è l'articolo 122.

Presidente Terracini. Onorevole Micheli, non interrompa, per favore...

Lopardi. Lo Stato interviene. Se voi guardate nelle nostre Regioni, vedete una differenza sensibile tra le strade comunali, che sono tenute pessimamente, le strade provinciali, tenute un po' meglio, e le strade nazionali, che sono tenute benissimo. Con l'approvazione di quell'articolo voi condannereste le Regioni nostre all'inferiorità più assoluta. Quando si parla, per esempio, di costruzione di strade, avreste la Regione ricca, la quale provvede largamente a se stessa anche con opere di lusso come certe autostrade, e le strade che si dovrebbero allacciare a quelle della Regione ricca e che appartengono alla Regione povera, o non sarebbero costruite affatto o sarebbero in condizioni disastrose. Ecco perché l'azione equilibratrice dello Stato, così deprecata dall'onorevole Micheli, è necessaria e provvida. E io credo che si farebbe opera dissennata e funesta, e soprattutto esiziale al Mezzogiorno, mantenendo quella disposizione di legge. Per questo voterò contro.

Nobile. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobile. Voterò contro l'inclusione di questa voce. Mi permetto di far osservare che si continua a fare una deplorevole confusione fra potestà legislativa e potestà esecutiva...

Presidente Terracini. Onorevole Nobile, lei ha chiesto di fare una dichiarazione di voto. Questa non è una dichiarazione di voto.

Nobile. Ho finito. Constato che si continua a confondere la facoltà di fare leggi con la facoltà amministrativa. È una deplorevole confusione, che si ripercuote anche nella votazione.

Presidente Terracini. Dichiaro chiuse le dichiarazioni di voto. (Commenti).

Passiamo alla votazione.

C'è anzitutto l'emendamento dell'onorevole Dugoni, così formulato:

«Lavori pubblici di interesse regionale, esclusi gli acquedotti e la viabilità nazionale».

Poiché è stata ritirata la richiesta di appello nominale, metto ai voti questo emendamento per alzata e seduta.

(Non è approvato).

Passiamo alla votazione della formula della Commissione:

«Viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale».

Cifaldi. Come precedentemente avevo accennato, proporrei che si votassero per divisione le varie voci. (Commenti al centro).

Presidente Terracini. Sta bene. Pongo ai voti la prima parola:

«Viabilità».

(È approvata).

Pongo ai voti la parola

«acquedotti».

(È approvata).

Pongo ora ai voti l'ultima parte dell'alinea:

«e lavori pubblici di interesse regionale».

(È approvata).

Passiamo al dodicesimo alinea: «Porti e navigazione lacuale». L'onorevole Nobile ha proposto di sopprimere la parola «porti e», riducendo pertanto la dizione a «navigazione lacuale».

L'onorevole Zuccarini ha proposto la formula: «Porti e navigazione interna e lacuale».

L'onorevole Caronia ha proposto la formula: «Porti, bacini di alaggio e di carenaggio».

Infine l'onorevole Dominedò ha proposto la formula: «Navigazione e porti lacuali».

Chiedo ai presentatori di questi emendamenti se li mantengano. Onorevole Dominedò, mantiene il suo emendamento?

Dominedò. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Nobile?

Nobile. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Onorevole Zuccarini?

Zuccarini. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Caronia?

Caronia. Ritiro il mio emendamento e aderisco a quello dell'onorevole Zuccarini, con l'aggiunta delle parole: «e territoriale».

Presidente Terracini. Che cosa intende per navigazione territoriale?

Caronia. Intendo riferirmi alle acque territoriali intorno alla Regione. (Commenti).

Una voce. Ma tutte le acque sono territoriali.

Presidente Terracini. L'onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Sul primo emendamento dell'onorevole Caronia — non so bene come egli voglia modificarlo ora, ma ad ogni modo, su quello che fu presentato all'origine — il Comitato non può essere che recisamente contrario. Che cosa dice l'emendamento? Che i porti debbono essere regolati con norme dalla Regione. Il porto di Genova dovrebbe essere regolato soltanto dalla Liguria, il porto di Palermo soltanto dalla Sicilia. Sono interessi nazionali così evidenti che bisogna respingere l'emendamento Caronia.

L'emendamento dell'onorevole Nobile, che si trova spesso, nella discussione, all'altro estremo, vuole sopprimere la parola «porti».

Intendiamoci bene: «porti», nel testo del Comitato, si riferisce soltanto ai porti lacuali, e in questo senso si può accogliere. Nessuno, onorevole Nobile, è senz'altro impeccabile nella forma ed assolutamente perfetto. Lei continua a dar lezioni di tecnica legislativa a chi se ne occupa da decenni. Noi cerchiamo umilmente di migliorare di continuo la nostra formulazione; e prima ancora che ella ci desse la sua ultima — per ora — lezione, avevamo deciso di chiarire il nostro pensiero con un piccolo spostamento di parole, che è registrato ora in un emendamento Dominedò, che dice «navigazione e porti lacuali», e noi dunque lo accettiamo.

Per quanto riguarda l'emendamento Zuccarini, pregherei l'onorevole Zuccarini di non complicare la cosa con i porti interni; che possono attenere anche all'interesse nazionale. Il porto lacuale è una questione più semplice che non esce dall'interesse regionale. Accettiamo soltanto l'emendamento dell'onorevole Dominedò, che è di pura forma.

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento dell'onorevole Caronia:

«Porti e navigazione interna, lacuale e territoriale».

(Non è approvato)

Pongo in votazione l'emendamento dell'onorevole Zuccarini:

«Porti e navigazione interna e lacuale».

(Non è approvato).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Dominedò, accettato dalla Commissione: «Navigazione e porti lacuali».

D'Aragona. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

D'Aragona. Quando si deve intervenire in questa discussione si è sempre in condizioni d'inferiorità: perché se uno cerca di eliminare alcuni inconvenienti, è subito tacciato di antiregionalista; se invece fa qualche proposta aggiuntiva, passa immediatamente per un feroce regionalista. Ora dichiaro che le domande che farò non hanno nulla a che vedere né con il regionalismo, né con l'antiregionalismo. Soltanto mi sembra che l'ultima formulazione si riferisca soltanto alla navigazione e ai porti lacuali.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Anche la prima.

D'Aragona. Io capisco ancora i porti, per quanto è difficile regolare la navigazione se non c'è un addentellato con i porti. Ora, secondo la dizione dell'articolo, la Regione dovrà regolare la navigazione lacuale. Domando: la navigazione lacuale del Lago Maggiore sarà regolata dalla Regione lombarda o dalla piemontese?

Una voce. La sponda sinistra, dalla piemontese.

D'Aragona. Ma non è possibile regolare la navigazione regolando una sponda in un modo e l'altra in un altro modo. (Interruzioni Commenti).

Domando: il Lago di Garda lo regolerà la Regione lombarda o la veneta; oppure creeremo dei dissidi fra queste due Regioni; oppure dovranno intervenire accordi fra Regione e Regione? Ora è proprio necessario complicare tutto questo? Ma siamo andati sempre avanti benissimo; la navigazione lacuale è stata sempre regolata fino adesso senza bisogno né di ricorrere allo Stato, né alla Regione. Sono accordi che avvengono localmente. Perché non volete lasciare che le cose continuino così, e volete aggiungere invece un altro organismo che complicherà le cose e creerà un'altra burocrazia per stabilire come si dovrà navigare per arrivare al posto A o B? Ecco perché dichiaro che voterò contro.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare per rispondere all'onorevole D'Aragona.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Vi sono in Italia laghi compresi in una sola regione: Como, Iseo; e riguardo a questi non vi può essere dubbio. Altri — Garda, Maggiore — sono divisi tra due regioni.

Il Comitato si è occupato della questione. Cosa doveva fare? Lasciare tutta la regolamentazione allo Stato? Escludere ogni legislazione secondaria delle Regioni? È parso di no.

Io sono stato da giovane, quando ero al Ministero dei lavori pubblici, nel servizio che si occupava di navigazione interna; e so che l'ingerenza minuta dell'amministrazione centrale in questo campo può riuscire inutile e dannosa. Meglio lasciare questa materia alla Regione. Vi sono casi in cui un lago ha sponde in due Regioni. Non può evidentemente bastare la regolazione di una sola. Vi è un articolo nel progetto il quale prevede che tutte le norme d'una Regione non possono contrastare con gli interessi di altre Regioni. Questo è già qualche cosa. Ma vi dovrà essere di più. Lo stesso onorevole D'Aragona ha parlato della facilità degli accordi locali. Questi accordi non mancheranno.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la formulazione accettata dalla Commissione:

«Navigazione e porti lacuali».

(È approvata).

Passiamo al tredicesimo alinea. «Acque pubbliche ed energia elettrica, in quanto la loro regolamentazione non incida sull'interesse nazionale o su quello di altre Regioni».

Su questo alinea vi sono due emendamenti, presentati rispettivamente dagli onorevoli Nobile e Preti, e dagli onorevoli Dugoni, Malagugini, Merlin Angelina, Bernini, Tomba, Tonello, Grazia, Barbareschi, Fornara, Pistoia.

L'onorevole Colitto ha proposto di sopprimere, dopo le parole: «Acque pubbliche ed energia elettrica», le parole: «in quanto la loro regolamentazione non incida sull'interesse nazionale e su quello di altre Regioni».

Infine è stato presentato il seguente emendamento sostitutivo dagli onorevoli Uberti, Rescigno ed altri: «Acque pubbliche ed energia elettrica, in quanto la loro regolamentazione non contrasti con la disciplina nazionale di competenza dello Stato e con gli interessi di altre Regioni».

Chiedo ai presentatori di questi emendamento se li mantengono.

Nobile. Lo mantengo.

Dugoni. Lo mantengo.

Colitto. Lo mantengo.

Uberti. Lo mantengo.

Einaudi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Einaudi. Mi associo a coloro che hanno proposto la soppressione di questo comma. Ritengo non possa essere formulata nessuna riserva, la quale venga a menomare, in qualunque modo, il gravissimo pericolo di attribuire alla Regione la legislazione sulle acque pubbliche; e ciò è vero pur facendo astrazione della parola «incida», che non so cosa voglia dire.

In realtà, bisogna affermare recisamente che non esiste nessuna possibilità di legiferare, in materia di acque pubbliche, regionalmente, evitando che siffatta legislazione contrasti con la legislazione nazionale.

La legislazione sulle acque pubbliche è essenzialmente nazionale, anzi tende a diventare internazionale.

Ho avuto occasione altra volta di illustrare questo punto. Se noi accettiamo il comma, facciamo un passo indietro nell'economia e nella legislazione italiana.

È impossibile, assolutamente, legiferare localmente sulle acque pubbliche, sulle derivazioni sia per l'irrigazione, come per la produzione dell'energia elettrica, senza menomare il valore della regolamentazione nazionale. La regolamentazione delle acque pubbliche non può assolutamente avere carattere regionale.

Per queste perentorie ragioni, mi associo a coloro che hanno chiesto la soppressione del comma. (Applausi).

Nitti. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nitti. Mi associo alle parole del collega Einaudi. Io credo pericolosissimo, in materia di acque pubbliche, dare qualunque ingerenza alla Regione, che possa compromettere una utile sistemazione nazionale.

Naturalmente l'utilizzazione delle acque pubbliche va fatta in misura della utilizzazione generale. Quando si utilizza un bacino bisogna utilizzarlo nella sua maggiore capacità e prendendo tutto ciò che può essere utile, non con una utilizzazione restrittiva di carattere locale. Quando si tratta di un bacino che può dare una massa d'acqua X, niente di più pericoloso che iniziare lavori con criteri regionali e utilizzarlo solo in parte. Queste utilizzazioni devono essere considerate non solo dal punto di vista nazionale, ma, come ha detto il collega Einaudi, dal punto di vista internazionale. Oramai tutta la rete idraulica italiana si potrà considerare fra poco come una sola rete e lo Stato dovrà intervenire non per aumentare le divisioni, ma per accrescere l'unità fra l'Italia del nord, che ha la massima magra nei periodi estivi, e l'Italia del sud, che ha la massima magra nei periodi opposti. L'utilizzazione deve essere totale. Niente sarebbe peggior cosa di una restrizione a questa utilizzazione generale.

Mi associo quindi a queste considerazioni, ritenendo come una perdita di ricchezza qualunque limitazione.

Uberti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Uberti. Io ho presentato un emendamento col quale mi sembra che le ragioni esposte dagli onorevoli colleghi che hanno parlato un momento prima possano essere conciliate. Vi sono due esigenze che devono essere contemperate. Chi deve dare le concessioni idriche? Lo Stato o la Regione?

È perfettamente esatto quello che dice l'onorevole Einaudi che dobbiamo arrivare alla massima utilizzazione delle nostre forze idriche e perciò che qualsiasi diminuzione, la scelta di un impianto che fosse non adeguato al massimo sviluppo della potenza idrica sarebbe un errore che deve essere assolutamente evitato.

Insieme però a questa esigenza fondamentale vi sono anche dei diritti regionali che non si possono trascurare.

Quando una Regione vede tutte le sue forze idroelettriche trasportate fuori dal suo territorio per modo che le proprie acque non sono utilizzate né per l'agricoltura, né per l'industria locale, evidentemente si determina un contrasto che deve essere superato. Lo stesso onorevole Einaudi deve darmi atto che in una Commissione è stato esaminato il problema, d'accordo anche coi funzionari del Ministero dei lavori pubblici, per trovare una via onde risolvere equamente questo problema, queste contrastanti esigenze, e si è giunti ad una soluzione che a me appare equa, anche perché passare le concessioni alla Regione, significherebbe, oggi che quasi tutte le acque sono concesse, dare a questo nuovo ente un riconoscimento puramente teorico che si eserciterebbe di fatto solo fra trenta o quaranta anni allo scadere del sessantennio della concessione. Si è stabilito cioè che la prerogativa, il potere delle concessioni rimanga nelle mani dello Stato, come il più adatto a scegliere i progetti di più alto rendimento, ma che insieme vi sia il riconoscimento di quelli che sono i diritti della Regione, passando a questa i canoni delle concessioni, ma soprattutto allargando il principio contenuto in embrione nell'articolo 52 della legge attuale sopra le acque pubbliche.

Si riapra il termine del quadriennio a favore dei rivieraschi per l'utilizzazione del 10 per cento della forza idroelettrica ricavata, si conceda un altro 10 per cento gratuito a favore dei servizi regionali, si riconosca una prelazione a prezzo di costo di un altro percento a favore dell'agricoltura e dell'artigianato locale.

Se si vuole mantenere il diritto di concessione in mano dello Stato, bisogna dare qualche cosa di sostanziale, di concreto alla Regione. Riconosco la difficoltà di mettere nella Costituzione il regolamento di queste quote. Sembrami che, a chiarire ogni dubbio, basterebbe introdurre il seguente emendamento: «acque pubbliche ed energia elettrica in quanto il loro regolamento non contrasti con la disciplina nazionale di competenza dello Stato». Cioè che la concessione, che è la questione essenziale, rimanga nelle mani dello Stato, ma che, nella revisione della legge, si debba arrivare a determinate concessioni a favore delle Regioni.

In questo modo a me sembra che si possano contemperare la situazione di alcune Regioni e le necessità di carattere nazionale. Come ci siamo trovati d'accordo in linea pratica su di una questione particolare con l'onorevole Einaudi, così potremo trovarci d'accordo anche nella formulazione di questo emendamento all'articolo che stiamo discutendo.

Dugoni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Dugoni. Mantengo l'emendamento col quale ho proposto la soppressione di questa facoltà della Regione per le ragioni dette dall'onorevole Einaudi, per quelle sostenute dall'onorevole Nitti, e per alcune considerazioni che mi sono state suggerite dal mio predecessore, onorevole Uberti.

Se io fossi stato in dubbio sulla soppressione o meno di questa facoltà data alla Regione, il discorso dell'onorevole Uberti mi avrebbe certamente convinto che era urgentissimo sopprimerla.

E mi spiego. L'onorevole Uberti ha proposto che certe facoltà, certi diritti che oggi sono concessi ai Comuni rivieraschi, che sono in realtà quelli che vengono ad essere danneggiati dall'asportazione delle acque, vengano passati alla Regione, cosicché il Comune il quale già si lamenta per queste acque che se ne vanno malgrado il compenso che ha per l'articolo 54 della legge, si vede, con la proposta dell'onorevole Uberti, portar via anche questi piccoli vantaggi. (Commenti al centro Interruzione dell'onorevole Uberti). Se ho capito male, chiedo scusa, ma questo è quanto ho capito, e quanto ha capito, con me, l'Assemblea. Comunque, la Regione si verrebbe a sovrapporre e ad unire allo Stato per spogliare i Comuni rivieraschi. (Commenti al centro). Io dico che, per le ragioni che ho esposte, non posso aderire ad una proposta di questo genere.

Per quanto riguarda l'affermazione che esistono acque pubbliche di interesse regionale, non c'è necessità d'illustrarne l'infondatezza. Infatti non vi sono acque che interessino puramente e semplicemente una Regione: il sistema idrografico è un sistema complesso ed unico che trapassa di Regione in Regione, e quindi ogni locale regolamentazione dell'uso di queste acque è una rottura della completezza del sistema idrografico che, credo, non può essere ammessa per nessuna ragione.

Fabbri. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fabbri. Vorrei fare una breve dichiarazione di voto. Io voterò a favore della soppressione di tutto il comma, in quanto l'acqua pubblica non può diventare energia, se non attraverso l'atto di concessione, ed è necessario che l'atto di concessione sia ispirato a criteri assolutamente nazionali, perché appena un chilowatt è prodotto, questo chilowatt è una delle merci più fungibili che esistano attualmente, ed è suscettibile di utilizzazione nel punto più remoto dalla sua produzione. Quindi, una produzione di energia che avvenga in una centrale del Piemonte, può servire anche per la Basilicata attraverso elettrodotti ed attraverso una rete di interesse nazionale. Questa utilizzazione e questa destinazione, che fin dalle origini può essere preveduta e regolata, è spesso contenuta negli oneri dell'atto di concessione.

Quindi, dire acque pubbliche ed energia elettrica, significa dimenticare l'atto amministrativo di concessione che deve essere ispirato a criteri di utilità generale nazionale perché è regolativo della produzione e della destinazione di questa produzione, la quale è potenzialmente a disposizione di tutta la rete nazionale. Basta, come dicevo, che vi sia la possibilità di un allacciamento e qualunque servizio pubblico può, con gli opportuni accorgimenti tecnici, utilizzare l'energia più disparata e più diversa. A questo servono le convenzioni di elettrodotto, per cui una società si serve di una rete piuttosto che di un'altra o viceversa; e quindi è un controsenso dire: produzione di energia elettrica in quanto non incida sull'interesse nazionale o su quello di altre Regioni, perché il chilowatt, appena è prodotto, vi incide ed è virtualmente a disposizione di tutta l'economia nazionale.

Bozzi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bozzi. Io voterò per la soppressione di questo alinea, anche nella formulazione dell'onorevole Uberti, la quale non mi sembra diversa da quella originaria. Infatti, dire: «in quanto la disciplina non contrasti col regolamento statale e coll'interesse delle altre Regioni», significa richiamare un principio di ordine generale che deve essere limitativo di tutta la potestà normativa della Regione. L'attività normativa della Regione incontra sempre queste barriere: essa non deve essere in contrasto col regolamento dello Stato e con l'interesse delle altre Regioni. Richiamare questo principio specificatamente nella regolamentazione legislativa delle acque pubbliche significa, sia pure indirettamente, che, per altre materie, questo vincolo non sussiste o sussiste in modo affievolito. Mi sembra che le ragioni esposte dagli onorevoli Einaudi, Nitti e da altri colleghi, siano decisive. Vi è la necessità impellente di disciplinare in modo unitario questa materia: gli interessi particolari dei Comuni, delle Province e delle Regioni potranno e dovranno essere tenuti in conto, ma sempre nel quadro della valutazione unitaria. Io credo — e richiamo su ciò l'attenzione dell'Assemblea — che inserire questa materia costituirebbe un grave pericolo per l'economia nazionale.

Einaudi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Onorevole Einaudi, ella ha già espresso il suo pensiero; comunque parli pure.

Einaudi. Vorrei pregare l'onorevole Uberti di ritirare il suo emendamento. L'emendamento stesso, come ha già in parte osservato l'onorevole Bozzi, significa far sorgere un contrasto, il quale è inesistente, perché non può esistere contrasto fra l'interesse nazionale e l'interesse regionale.

Lo scopo di tutti noi quale è? È quello di cercare quella utilizzazione delle acque pubbliche la quale dia il massimo rendimento. Ed è soltanto una questa utilizzazione: quella che dando il massimo rendimento nazionale dia la possibilità, altresì, di ottenere il massimo vantaggio per le singole Regioni e per i singoli Comuni.

Io accetterei l'emendamento Uberti, non come emendamento, ma come raccomandazione al legislatore; raccomandazione che del resto si potrebbe ritenere superflua. Ricordo all'Assemblea il fatto che la nostra legislazione sulle acque è la migliore legislazione che esista al mondo. Non esiste nessuna legislazione sulle acque la quale abbia tenuto tanto conto degli interessi nazionali e di quelli locali. Già questa legislazione nazionale, dando un certo privilegio per l'uso dell'acqua ai Comuni rivieraschi, ha affermato il concetto della tutela degli interessi regionali. Lo si potrà in seguito, ma sempre nella legislazione nazionale, affermare ancora meglio. Io non avrei nessuna obiezione a che nella legislazione nazionale si sancisse anche il principio — e nella Commissione per il regolamento della Regione tridentina ho anche fatto mio questo principio — che lo Stato invece di incamerare tutto il canone pagato dai concessionari potrà cedere, a vantaggio della Regione e dei singoli Comuni rivieraschi, anche il 90, anche il 99 per cento del canone stesso. Quello che importa, dal punto di vista nazionale, è che vi sia la massima utilizzazione. Ottenendo questa massima utilizzazione, diamo pure ai Comuni l'intero canone, e riserviamo allo Stato anche solo un diritto nominale allo scopo di affermare il principio della demanialità delle acque. Non è il vantaggio pecuniario ciò che massimamente interessa. Interessa il vantaggio della massima utilizzazione razionale, ed in questa legislazione nazionale potrà anche essere ammesso che non solo i Comuni rivieraschi, ma anche le Regioni, possano avanzare un certo diritto di avere una quota nell'uso delle acque.

Ma questo è affare non della Regione, ma della legislazione nazionale, la quale dovrà curare, nel tempo stesso, tanto l'interesse nazionale quanto quello regionale. (Approvazioni).

Pallastrelli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Pallastrelli. Desidero richiamare l'attenzione dell'Assemblea su una questione molto importante, prima che si decida come votare. L'onorevole Einaudi, con la sua competenza, ha parlato di utilizzazione delle acque. Io mi domando: quale utilizzazione si intende? Oggi, a questo riguardo, il problema più importante per la Nazione non è tanto quello preso isolatamente della utilizzazione delle acque per la produzione dell'energia elettrica, quanto quello, in armonia con esso, della utilizzazione migliore delle acque per l'irrigazione. Se noi vogliamo sul serio che l'Italia possa bastare a se stessa, bisogna ricordarsi che, se non il primo problema, certo uno dei più importanti è quello delle acque per l'irrigazione.

Un maestro in materia, il Petrocchi, scriveva recentemente, a proposito di derivazioni di acque e di interessi nazionali che bisogna stare attenti a queste derivazioni di acque fatte unicamente a scopo di produrre energia elettrica, perché l'agricoltura italiana, se vogliamo vederla prosperare, dovrà avere sempre più a disposizione una efficiente irrigazione: agricoltura oggi vuol dire particolarmente: acqua, acqua e acqua; altrimenti sarà vano ogni miglioramento, ogni riforma agraria, ogni speranza di incrementare la produzione foraggera per avere direttamente carne e indirettamente maggiore quantità di grano. (Commenti).

Dugoni. Questo è un argomento a favore della utilizzazione nazionale.

Pallastrelli. Fino ad un certo punto, quando per le acque ci fermiamo al campo nazionale. Circa i bisogni e i diritti locali, dico questo per una dolorosa esperienza acquistata nella mia Provincia, ad esempio, vi è una Regione che ha un versante dell'Appennino che permette di facilitare, con la deviazione delle acque verso il suo territorio, la costruzione di serbatoi con salti maggiori e perciò più facilmente produttori di maggior quantità di energia elettrica. Questo dal punto di vista dell'energia elettrica può sembrare più importante di quanto non si possa ottenere nell'altro versante che può essere la Valle Padana. Così si corre il rischio di togliere tutta l'acqua che spetta per le stesse ragioni naturali ad una Provincia o Regione e che è indispensabile per dare fertilità al terreno.

Queste osservazioni possono valere per la provincia di Piacenza. Si tratta di un grosso problema che non è solo di oggi, ma è una questione che si dibatte oramai da un secolo e di tanto in tanto gli interessi industriali cercano di soffocare il sacrosanto diritto di una Regione che ha bisogno di acqua di irrigazione.

Le brevi considerazioni che ho esposte confermano la necessità che, specialmente in questo momento, si debbano tener presenti gli interessi ricordati della Regione e perciò si deve dare voce e forza alla Regione per difendere l'agricoltura. (Approvazioni al centro).

Paris. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Paris. Io dichiaro di votare per l'emendamento presentato dall'onorevole Uberti per una considerazione: che gli interessi regionali vengono sempre sopraffatti dagli interessi delle grandi società idroelettriche. Concessioni date da 25 anni fa non vengono ancora sfruttate. Vi sono anche gli interessi dell'agricoltura da considerare: noi corriamo il pericolo di vedere spopolate le vallate montane. Che cosa succede con l'attuale sistema di deviare interi corsi di acqua con la traforazione di montagne, di lasciare cioè intere vallate senza irrigazione per l'agricoltura? Si provoca, necessariamente un impoverimento della terra e conseguentemente la spopolazione della vallata. Per queste considerazioni voterò in favore dell'emendamento Uberti.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. È inutile che io dica che il Comitato non è tutt'uno; si vota anche in esso diversamente gli uni e gli altri. Vi sono state, su questo argomento, due correnti, con diversità pur in seno ad uno stesso partito. Il riflesso che domina nella divergenza è un riflesso tecnico di opportunità. La corrente che ha (contro il mio voto) prevalso ed il cui testo vedete scritto qui, ha fatto dichiarazioni di cui avete sentito anche qui una eco nella voce dell'onorevole Uberti.

Sono grato all'onorevole Einaudi che lo ha ripetuto, ma tutti sanno che il problema idraulico ha tale unità che, volerla in qualche modo togliere dalla disciplina dello Stato sarebbe un assurdo economico. Vi dovranno essere piani regolatori nazionali; scambi di energia, ed in sostanza una rete unica in tutto lo Stato. Ciò tanto più in un momento come questo, in cui bisogna utilizzare l'ultima oncia di energia, il minimo chilowatt, anche termico; ed occorre una disciplina unitaria. È una esigenza che la stessa corrente vincitrice non ha negato.

Un altro punto essa ha dichiarato, ed ha molta importanza: che le concessioni devono essere fatte dallo Stato. Su questi due punti vi è unanimità di pensiero.

La corrente dominante, che non è la mia, ha ritenuto che, fermi i due principî accennati, vi possano essere campi in cui la Regione può utilmente dettare norme. Ad esempio, i pozzi artesiani potrebbero essere lasciati alla disciplina della Regione. Vi è poi tutta la materia su cui l'onorevole Uberti ha insistito; alla Regione dovrebbe essere garantita una quota di acque o di energia sulle concessioni dello Stato, per poter provvedere ai bisogni locali.

La corrente che non ha vinto, e che si opponeva all'attuale dizione, riteneva che questa dizione lascerebbe ben maggiori possibilità all'ingerenza della Regione, senza garantire i due punti unitari, dell'unità e della concessione di Stato, riconosciuti anche dai vincitori.

Arrivati a questo punto, l'onorevole Uberti ha proposto un emendamento, cercando di esprimere le necessità comuni che la sua stessa corrente aveva ammesso. Ma anche la dizione da lui proposta non toglie — a mio avviso — il dubbio, perché stabilire che la regolazione della Regione non deve contrastare con la regolazione dello Stato equivale a dire ciò che è già messo nel cappello generale del primo alinea e non risolve, d'altro lato, i dubbi contrapposti.

Questa mattina in Comitato si è delineata un'altra possibilità, che poi è naufragata; ma io la devo accennare: che cioè l'Assemblea, come ha fatto in altre occasioni, stabilisse con un ordine del giorno il principio che ha ammesso anche l'onorevole Einaudi, che si debba rivedere la legislazione idraulica, tenendo conto della opportunità che nelle concessioni vengano assicurate quote alla Regione, sia di acqua che di energia, per provvedere ai bisogni locali. Il problema non è tanto di leggi regionali, quanto di leggi nazionali che devono essere modificate.

Vi ho esposto obiettivamente quali sono le due correnti. Esprimo una opinione personale, ma interpreto il pensiero dei membri del Comitato che mi seggono vicini: l'emendamento Uberti non toglie le difficoltà e i dubbi che si possono sollevare. Quindi, se non si trova altra via, l'Assemblea voti sul testo proposto dalla maggioranza della Commissione. Io voterò contro.

Se, poi, fosse possibile con un ordine del giorno concordare le tesi Uberti ed Einaudi, affermando il principio che la legislazione sulle acque sia ritoccata tenendo conto delle esigenze regionali, io personalmente non ho nessuna difficoltà da opporre.

Presidente Terracini. Onorevole Uberti, mantiene il suo emendamento?

Uberti. Lo mantengo e dichiaro che con esso si lascia allo Stato il diritto di concessione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma bisognerebbe formularlo diversamente.

Presidente Terracini. Per la votazione dell'alinea in esame è stato chiesto l'appello nominale dagli onorevoli Nitti, Abozzi, Venditti, Rodi, Rognoni, Colitto, Miccolis, Zappelli, Nobile, Russo Perez, Villabruna, Grilli, Canepa, Capua, Crispo, Einaudi, Morelli Renato, Preti, Tremelloni. Poiché dobbiamo procedere alla votazione dell'emendamento dell'onorevole Uberti, chiedo se la richiesta di appello nominale debba trasferirsi alla votazione di questo emendamento Uberti.

Nitti. Sì.

Uberti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Uberti. Di fronte alla richiesta di appello nominale, che dà un tono di battaglia al mio emendamento, mentre io ritenevo di presentare una proposta conciliativa, lo ritiro.

Presidente Terracini. Sta bene. La votazione per appello nominale avverrà allora sul testo della Commissione.

Chiedo all'onorevole Colitto se intende mantenere il suo emendamento.

Colitto. Sì.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'emendamento dell'onorevole Colitto, secondo me, non può essere accolto né dalla prima, né dalla seconda tendenza, perché affida interamente alla Regione la regolamentazione delle acque, senza nessun intervento da parte dello Stato.

Presidente Terracini. Vi è una richiesta di soppressione totale di questo alinea presentata dagli onorevoli Nobile e Preti. È evidente pertanto che, se questa proposta fosse accettata, non sarebbe possibile procedere ad una votazione parziale. Procediamo, dunque, alla votazione sulla proposta di soppressione totale dell'alinea. Qualora essa venisse respinta, voteremo la soppressione parziale proposta dall'onorevole Colitto.

Piccioni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Piccioni. Mi pare che ieri si sia seguita una prassi diversa di fronte alle proposte soppressive avanzate dall'onorevole Nobile, innumerevoli, in verità.

L'onorevole Presidente ha avvertito l'Assemblea che coloro i quali erano dell'opinione dell'onorevole Nobile avrebbero votato contro il testo posto in votazione.

Questo, evidentemente, anche per guadagnare tempo, perché altrimenti procediamo per voti negativi e dobbiamo poi ripetere la votazione per acquisire qualche cosa di positivo al testo che stiamo deliberando.

Perciò chiederei che fosse seguito il criterio che è stato ripetutamente seguito nella seduta di ieri.

Presidente Terracini. Il problema è facilmente risolvibile — credo anche con sua soddisfazione, onorevole Piccioni — disponendo che nell'appello nominale coloro che rispondono «sì», confermano la conservazione del testo.

È da tener presente che l'onorevole Colitto ha diritto che sia votato il suo emendamento che è di soppressione parziale. Col sistema che ho proposto io, resta salvaguardato questo diritto dell'onorevole Colitto, qualora l'Assemblea non si sia pronunciata nella sua maggioranza per la soppressione dell'intero alinea.

Piccioni. La soppressione parziale può essere posta ai voti preliminarmente.

Presidente Terracini. Non è possibile, onorevole Piccioni; poiché è evidente che — e ciò appare da tutta la discussione svolta — che una formula di questo genere sarebbe insoddisfacente per numerosi colleghi, i quali non potrebbero pronunciarsi.

Piccioni. Non insisto nelle mie osservazioni.

Presidente Terracini. Passiamo allora alla votazione sulla proposta di soppressione totale dell'alinea.

L'onorevole Nobile ha chiesto su questa votazione l'appello nominale.

Domando se la sua domanda è appoggiata.

(È appoggiata).

Procediamo allora alla votazione nominale, restando così intesi: coloro che accettano la soppressione totale dell'alinea rispondono «sì»; coloro che accettano che l'alinea sia conservato, indipendentemente dalla modificazione proposta dall'onorevole Colitto, rispondono «no».

Presidente Terracini. Indico la votazione nominale sulla proposta di soppressione dell'alinea tredicesimo: «Acque pubbliche ed energia elettrica in quanto la loro regolamentazione non incida sull'interesse nazionale o su quello di altre Regioni».

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

La chiama comincerà dall'onorevole Del Curto.

Si faccia la chiama.

Presidenza del Vicepresidente Bosco Lucarelli

Amadei, Segretario. Fa la chiama.

Rispondono sì:

Abozzi, Adonnino, Allegato, Amadei, Assennato.

Baldassari, Barbareschi, Bardini, Barontini Anelito, Barontini Ilio, Basile, Bassano, Bei Adele, Benedetti, Benedettini, Bergamini, Bernamonti, Bernini Ferdinando, Bianchi Bianca, Bianchi Bruno, Bibolotti, Binni, Bocconi, Bonomelli, Bosi, Bozzi, Bulloni Pietro.

Cacciatore, Calamandrei, Candela, Canevari, Cannizzo, Caporali, Caprani, Carpano Maglioli, Cartia, Cavallari, Cerreti, Cianca, Cifaldi, Codignola, Colitto, Colonna di Paliano, Colonnetti, Condorelli, Coppa Ezio, Corbi, Corbino, Cremaschi Olindo, Crispo.

D'Aragona, De Caro Raffaele, De Filpo, De Michelis Paolo, Di Vittorio, D'Onofrio, Dugoni.

Einaudi.

Fabbri, Fantuzzi, Faralli, Farina Giovanni, Farini Carlo, Fedeli Armando, Ferrari Giacomo, Fietta, Fiore, Fogagnolo, Fornara, Fresa, Fuschini.

Gallico Spano Nadia, Gasparotto, Gervasi, Giacometti, Giannini, Giolitti, Giua, Gorreri, Grassi, Grazia Verenin, Grieco, Grilli, Gullo Fausto.

Imperiale, Iotti Nilde.

Jacometti.

Laconi, La Gravinese Nicola, La Gravinese Pasquale, Lami Starnuti, La Rocca, Li Causi, Lombardi Carlo, Longo, Lopardi, Lozza.

Maffi, Magnani, Malagugini, Maltagliati, Mancini, Mariani Enrico, Marinaro, Massini, Massola, Merighi, Merlin Angelina, Mezzadra, Miccolis, Minella Angiola, Minio, Molè, Molinelli, Momigliano, Montagnana Rita, Montemartini, Morandi, Moranino, Morelli Renato, Musolino.

Nasi, Negro, Nenni, Nitti, Nobile Umberto, Nobili Tito Oro, Novella.

Pajetta Giuliano, Paratore, Parri, Pastore Raffaele, Persico, Pesenti, Pignatari, Platone, Pollastrini Elettra, Porzio, Pratolongo, Pressinotti, Preti, Preziosi, Priolo, Pucci.

Reale Eugenio, Ricci Giuseppe, Rodi, Rodinò Mario, Rognoni, Rossi Giuseppe, Rossi Maria Maddalena, Rossi Paolo, Roveda, Ruggeri Luigi, Ruini.

Saccenti, Scarpa, Schiavetti, Scoccimarro, Scotti Francesco, Sereni, Silipo, Silone, Stampacchia.

Tega, Tieri Vincenzo, Togliatti, Tonello, Tonetti, Tremelloni, Treves.

Valiani, Vallone, Venditti, Vernocchi, Veroni, Vigna, Vischioni.

Zanardi, Zappelli.

Rispondono no:

Alberti, Aldisio, Ambrosini, Andreotti, Angelini, Angelucci, Arcaini, Arcangeli, Avanzini, Azzi.

Bacciconi, Balduzzi, Baracco, Bastianetto, Bellato, Bellusci, Belotti, Bertola, Bertone, Bettiol, Biagioni, Bianchini Laura, Bonomi Paolo, Bosco Lucarelli, Bovetti, Braschi, Brusasca, Bubbio, Burato.

Caiati, Camangi, Campilli, Camposarcuno, Cappa Paolo, Cappi Giuseppe, Cappugi, Carbonari, Carboni Enrica, Carignani, Caristia, Caso, Cassiani, Castelli Edgardo, Castelli Avolio, Cavalli, Chatrian, Chieffi, Chiostergi, Ciampitti, Ciccolungo, Cingolani Mario, Clerici, Coccia, Colombo Emilio, Conci Elisabetta, Conti, Coppi Alessandro, Corsanego, Corsi, Cotellessa, Cremaschi Carlo.

D'Amico Diego, De Caro Gerardo, Del Curto, Della Seta, De Martino, De Mercurio, De Michele Luigi, De Palma, De Unterrichter Maria, De Vita, Dominedò.

Ermini.

Fabriani, Fanfani, Fantoni, Ferrarese, Ferreri, Finocchiaro Aprile, Foresi, Franceschini, Froggio.

Gabrieli, Galati, Germano, Geuna, Giacchero, Giordani, Gonella, Gotelli Angela, Gronchi, Guerrieri Emanuele, Guerrieri Filippo, Guidi Cingolani Angela.

Jacini, Jervolino.

La Malfa, La Pira, Lazzati, Lettieri, Lizier, Longhena.

Magrini, Malvestiti, Mannironi, Marazza, Marconi, Martinelli, Martino Gaetano, Marzarotto, Mastino Gesumino, Mattarella, Meda Luigi, Medi Enrico, Mentasti, Micheli, Monterisi, Monticelli, Montini, Moro, Mortati.

Nicotra Maria, Numeroso.

Orlando Camillo.

Pallastrelli, Paolucci, Paris, Pastore Giulio, Pat, Pecorari, Petrilli, Piccioni, Piemonte, Pignedoli, Ponti.

Quarello, Quintieri Adolfo.

Rapelli, Recca, Rescigno, Restagno, Riccio Stefano, Rivera, Rodinò Ugo, Romano, Roselli.

Saggin, Salizzoni, Salvatore, Sampietro, Scelba, Schiratti, Scotti Alessandro, Spallicci, Spataro, Storchi, Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli, Taviani, Terranova, Tessitori, Titomanlio Vittoria, Togni, Tosato, Tosi, Tozzi Condivi, Trimarchi, Tupini, Turco.

Uberti.

Valenti, Valmarana, Vicentini, Vigo, Volpe.

Zaccagnini, Zerbi, Zotta, Zuccarini.

Sono in congedo:

Arata.

Bellavista.

Caldera, Carratelli, Cimenti, Costa.

D'Amico Michele.

Fedeli Aldo, Ferrario Celestino.

Galioto, Garlato, Gortani, Gullo Rocco.

Lombardo Ivan Matteo, Lussu.

Marchesi, Mastino Pietro, Matteotti Matteo, Moscatelli.

Pera.

Raimondi, Ravagnan, Reale Vito.

Saragat.

Villani.

Presidenza del Presidente Terracini

Presidente Terracini. Dichiaro chiusa la votazione nominale ed invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli Segretari procedono al computo dei voti).

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione nominale:

Presenti e votanti............ 358
Maggioranza.............. 180
Hanno risposto ....... 180
Hanno risposto no..... 178

(L'emendamento soppressivo dell'alinea 13 è approvato).

Malagugini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. A che titolo?

Malagugini. Per proporre un ordine del giorno sull'oggetto della votazione testé conclusa.

Presidente Terracini. L'articolo 92 del Regolamento dice: «A fronte sia di uno, sia di più emendamenti, non è ammessa la questione pregiudiziale o sospensiva, né l'ordine del giorno puro e semplice, né alcun altro ordine del giorno che non costituisca un emendamento, salvo il caso previsto dall'articolo 89».

Io non so a quale proposito lei, essendo stata eseguita una votazione largamente preceduta da una discussione che ne ha chiarito tutto il valore, voglia adesso presentare un ordine del giorno.

Malagugini. Siccome è stata votata la parte negativa...

Presidente Terracini. È stato deciso che l'oggetto non figuri nel testo della Costituzione.

Malagugini. Era per un atto di lealtà. Se non lo posso compiere, mi rassegno.

Presidente Terracini. Rediga l'ordine del giorno, lo mandi alla Presidenza; e così si potrà capire che cosa chiede.

Passiamo al quattordicesimo alinea: «Acque minerali e termali».

Ne hanno proposto la soppressione gli onorevoli Merighi e Fornara; e poi gli onorevoli Nobile e Preti.

Merighi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Come presentatore di emendamento, lei non ha più ragione di giustificare il proprio voto. Comunque parli.

Merighi. Noi, di questa parte, combattiamo anche dopo morti. Ma non è la questione di parte che dovrebbe essere considerata, ma puramente e semplicemente la questione di tecnica.

Dal punto di vista tecnico, noi pensiamo che la questione delle acque minerali e termali sia essenzialmente nazionale; il patrimonio idrico è un bene nazionale, che deve essere devoluto a tutta la collettività.

Per questo siamo contrari alla assegnazione alla Regione delle acque minerali e termali.

La questione delle acque minerali e termali può avere riflessi su altre questioni sostanziali, di interesse nazionale, come il turismo.

Ho voluto semplicemente richiamare l'attenzione sul lato tecnico della questione ed invitare ad una considerazione molto severa della nostra proposta di soppressione.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la proposta della Commissione

«Acque minerali e termali».

Si intende che chi ritiene di votare a favore dell'emendamento soppressivo voterà contro la proposta.

(È approvata).

Passiamo al quindicesimo alinea: «Cave e torbiere». L'onorevole Nobile ne ha proposto la soppressione. Gli onorevoli Medi, Martino Gaetano e Dominedò hanno proposto di sostituirlo col seguente: «Giacimenti minerari, cave e torbiere».

Medi. Chiedo di parlare per chiarire l'aggiunta da noi proposta.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Medi. Togliere alla Regione la competenza sui giacimenti minerari vuol dire togliere quello che le spetta di diritto.

Miccolis. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Miccolis. Voterò contro l'inclusione dei giacimenti minerari, perché essi si cercano e si trovano con un'organizzazione e un'attrezzatura che la Regione non è capace di reggere.

Medi. Che non è mai esistita.

Presidente Terracini. L'onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Il Comitato non può che confermare la decisione presa dalla Commissione dei Settantacinque ad unanimità, di non assegnare le miniere alla competenza delle regioni; si farebbe una cosa di gravità eccezionale.

Quindi, il Comitato respinge la proposta.

Medi. È molto importante.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione è stata unanime ed è composta anche di elementi competenti del suo partito, onorevole Medi.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la proposta della Commissione:

«Cave e torbiere».

(È approvata).

Pongo in votazione l'emendamento aggiuntivo Medi, non accettato dalla Commissione:

«Giacimenti minerari».

(Non è approvato).

Passiamo al sedicesimo alinea: «Caccia».

Gasparotto. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gasparotto. Non intendo frapporre difficoltà. Voterò anche questa voce, che stava per passare inosservata, ma con questa chiarificazione. Non vorrei che, senza l'interpretazione autentica che richiedo al Presidente della Commissione, venisse a dimenticarsi quella legge unica sulla caccia, che fu fatica legislativa di 50 anni, perché è risaputo che prima della legge proposta dal Ministro Angelo Mauri, accettata dal Ministro De Capitani e diventata testo legislativo nel 1924, la legislazione della caccia era frammentaria; cioè si riportava alle ordinanze degli antichi Stati comprese, per il Veneto e la Lombardia, le ordinanze di Napoleone e del principe Beauharnais, viceré d'Italia.

La scienza ed i cacciatori reclamarono a gran voce una legge unica, e attraverso sudati tentativi, attraverso quello del Peruzzi, del Baccelli, del Raineri e tanti altri, si è giunti nel 1924 all'auspicata e giustificata unificazione. Auspicata e giustificata perché? Perché la caccia si distingue in caccia alla selvaggina stanziale che si può dire che non esista quasi più, salvo quella di allevamento, che può essere attribuita alla regolamentazione regionale o provinciale; e in caccia alla selvaggina emigratoria che attraversa la penisola italiana da nord-est a sud-ovest e che appartiene a tutti e a nessuno e interessa l'intero territorio del Paese.

Ora, nei riguardi di questa caccia (alla selvaggina cioè migratoria), il provvedimento non può essere che generale per tutto il Paese, in quanto, altrimenti, verrebbe a crearsi una concorrenza fra Regione e Regione, fra Provincia e Provincia, al fine di ottenere il maggiore sfruttamento particolare.

Per esempio, la legge unificata proibisce, in massima, la caccia primaverile. Se noi abbandonassimo alla legislazione regionale questa materia, avverrebbe che per ragioni di egoismo locale potrebbe ritornare in onore quella caccia primaverile che è realmente distruttrice della selvaggina, e, come tale, dovrebbe essere abolita in tutto lo Stato.

Di conseguenza approvo la voce «Caccia», in quanto che il primo comma dell'articolo si richiama ai principî generali delle leggi nazionali e quindi dico e domando al Presidente se intenda con questo di rispettare nei principî suoi fondamentali quella legislazione unica che è stata, come dissi, fatica e conquista legislativa di 50 anni.

Presidente Terracini. L'onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il pensiero della Commissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. All'onorevole Gasparotto che domanda una interpretazione autentica, io posso dichiarare soltanto che siccome è la legge dello Stato a stabilire i principî fondamentali in base ai quali l'attività legislativa della Regione dovrà esplicarsi, si potrà tener conto — agli effetti di una certa uniformità — di quel complesso di motivi che ha portato alla unificazione legislativa soprattutto per impedire la devastazione della selvaggina.

Presidente Terracini. Pongo in votazione il sedicesimo alinea:

«Caccia».

(È approvato).

Passiamo al diciassettesimo alinea. «Pesca nelle acque interne».

Gli onorevoli Caronia, Dominedò ed altri hanno proposto di aggiungere le parole: «e territoriali».

Qual è il pensiero della Commissione?

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Il Comitato non può accogliere la proposta di emendamento dell'onorevole Caronia, perché aggiungendo le acque territoriali si ammette che la pesca marittima sia regolata dalla Regione. Una parte importante della pesca si svolge appunto nelle acque territoriali, e quindi il Comitato respinge l'emendamento.

Presidente Terracini. Non essendo presente nessuno dei firmatari dell'emendamento, si intende che vi abbiano rinunciato.

Pongo in votazione la formula della Commissione:

«Pesca nelle acque interne».

(È approvata).

Passiamo al diciottesimo alinea: «Agricoltura e foreste».

Togliatti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Togliatti. Data la gravità e l'importanza del tema dell'agricoltura, non sarebbe meglio rinviarne la discussione alla seduta di domani?

Presidente Terracini. Onorevole Togliatti, lei fa proposta formale?

Togliatti. Sì.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la proposta dell'onorevole Togliatti di rinviare a domani la discussione.

(È approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti