[Il 10 luglio 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni».]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica Italiana.

Come gli onorevoli colleghi ricordano, la discussione sul diciottesimo alinea dell'articolo 109, «Agricoltura e foreste», è stata ieri sospesa e rinviata ad oggi, per poter trattare l'importante materia con maggior ponderazione.

Sull'alinea sono stati presentati vari emendamenti, tra cui uno nuovo, in questo momento, con le dieci firme prescritte dal Regolamento.

Comunque, per restare agli emendamenti già presentati, e che sono quindi noti a tutti i membri dell'Assemblea, ricordo che vi è quello dell'onorevole Nobile, soppressivo dell'intero alinea.

Vi è poi un emendamento degli onorevoli Perassi, Camangi, Zuccarini, Della Seta, Paolucci, Lussu, Conti, Persico, Bellusci, Pacciardi ed Azzi, in cui si propone di aggiungere le voci «artigianato, industria e commercio» dopo le parole «Agricoltura e foreste».

L'onorevole Caronia, unitamente agli onorevoli Dominedò, Avanzini, Adonnino, Aldisio, Cappi, Geuna, Di Fausto, Romano, De Maria, Borsellino e Codacci Pisanelli, propone di aggiungere: «industria e commercio», mentre l'onorevole Colitto propone di aggiungere: «assunzione e gestione diretta di pubblici servizi».

L'onorevole Zuccarini, oltre a sottoscrivere l'emendamento Perassi sopra accennato, ha presentato un proprio emendamento, tendente a sostituire la dizione dell'alinea con la seguente: «agricoltura e foreste, consorzi, bonifiche e miglioramenti agrari» ed inoltre propone un emendamento tendente ad aggiungere le parole: «industria e commercio, Camere di commercio». Prego pertanto l'onorevole Zuccarini di voler unificare i suoi emendamenti in modo da poterli porre in votazione come un unico alinea.

Zuccarini. Oltre ad aver firmato l'emendamento dell'onorevole Perassi, ho presentato due altri emendamenti. Per quanto riguarda il primo, nel quale si suggerisce la dizione: «agricoltura e foreste, consorzi, bonifiche e miglioramenti agrari», dichiaro che sono disposto a ritirarlo, qualora il Presidente della Commissione voglia darmi qualche chiarimento sulla interpretazione che s'intende dare alle parole generiche «agricoltura e foreste», e dirmi se quelle forme di attività da me aggiunte a titolo di esemplificazione potranno risultare comprese nel testo della Commissione.

Mantengo, comunque, l'emendamento aggiuntivo: «industria e commercio, Camere di commercio».

Presidente Terracini. Sta bene.

Comunico, altresì all'Assemblea che è stato presentato poco fa un altro emendamento a firma degli onorevoli Pallastrelli, Carbonari ed altri, così formulato:

«Dopo agricoltura e foreste, aggiungere: irrigazioni e miglioramenti agrari».

L'onorevole Carbonari ha facoltà di illustrare questo emendamento.

Carbonari. Se nella dizione «agricoltura e foreste» è compreso anche il concetto della irrigazione e dei miglioramenti agrari ritiro il mio emendamento; altrimenti lo mantengo.

Presidente Terracini. Ha facoltà di parlare l'onorevole Ruini.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. In questa materia non vi è stato un consenso completo in seno al Comitato. Una parte dei membri del Comitato ha manifestato dubbi che sia da trasferire alla Regione la potestà legislativa, anche secondaria e nei limiti dei principî delle leggi dello Stato, in materie, come ad esempio quella delle foreste, che interessano molto spesso più Regioni. È prevalsa la corrente che ammette la potestà legislativa per l'agricoltura e per le foreste, restando ben fermo ed inteso — è esplicita dichiarazione anche di tale corrente — che le leggi dello Stato dovranno fissare i principî ed i limiti, entro cui la Regione potrà dettar norme in materie, come questa, che hanno così spiccato profilo di interesse comune e nazionale, e non possono essere lasciate a punti di vista esclusivamente particolaristi. Se il potere legislativo, per così dire primario, dello Stato è per definizione elastico e può avere maggiore intensità e lasciare meno spazio alla legislazione secondaria della Regione in alcune materie, vi è, fra queste ultime, certamente l'agricoltura e le foreste.

Una volta poi che anche tal voce è entrata nell'elenco, non vi è dubbio e resta inteso che, sia pure con possibili graduazioni di interventi legislativi dello Stato, a seconda delle varie forme di esplicazione dell'attività relativa all'agricoltura rientra nella dizione generale.

Zuccarini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Zuccarini. Dopo le dichiarazioni dell'onorevole Ruini sulla interpretazione da dare alla dizione «agricoltura e foreste» ritiro il mio primo emendamento, mentre mantengo quello aggiuntivo: «industria e commercio, Camere di commercio»:

Carbonari. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Carbonari. Dopo le dichiarazioni del Presidente della Commissione, ritiro anch'io il mio emendamento.

Presidente Terracini. Sempre su questo diciottesimo alinea vi è la seguente altra proposta di emendamento, presentata dai colleghi Giua, Jacometti, Amadei, Malagugini e Bernini:

«Sostituire: Agricoltura e foreste e: Altre materie indicate da leggi speciali, col seguente comma:

«La Regione ha pure facoltà di emanare norme integrative delle leggi della Repubblica, per la loro attuazione in conformità delle condizioni locali, in materia di agricoltura e foreste e per le altre materie per le quali le relative leggi speciali lo prevedano».

L'onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione al riguardo.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Credo che il metodo logico di lavori sia questo: chi ha proposto questo emendamento voterà contro la formulazione: «agricoltura e foreste», in quanto essa fa parte dell'elencazione contenuta nel primo comma, e proporrà poi — nel caso che non passi la formulazione del Comitato — la nuova dizione che riguarda anche altre materie e sostituisce tutto l'ultimo comma.

Colitto. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Colitto. Desidererei chiarire che, col mio emendamento, non ho creduto di apportare modifiche all'alinea in discussione, ma ho proposto che si aggiunga all'alinea 18 un alinea 19.

Perassi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Perassi. Anch'io ho inteso che il mio emendamento figuri come un alinea a sé.

Presidente Terracini. Allora, poiché all'alinea diciottesimo non vi è più nessun emendamento, si può passare senz'altro alla votazione sulla formulazione presentata dalla Commissione.

Dugoni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Dugoni. Mi pare che si dovrebbe portare in votazione prima la formulazione degli onorevoli Giua, Jacometti ed altri.

Presidente Terracini. In proposito l'onorevole Ruini ha già espresso il parere.

Dugoni. Sì, ma io dissento da questo parere ed avevo motivo di ritenere che anche Ella, onorevole Presidente, dissentisse.

Presidente Terracini. Onorevole Dugoni, avrebbe dovuto, invece, prevedere che io non avrei potuto dissentire dal Presidente della Commissione per la Costituzione, in quanto la proposta di emendamento dell'onorevole Giua muta profondamente la questione. La muta proprio con le parole «norme integrative»; ed io ho ritenuto che tutto il valore della proposta stesse appunto in questa indicazione.

Ora, siccome i 17 punti precedenti sono stati votati in base ad una disposizione che non parla di norme integrative, è evidente che non si possono mettere sullo stesso piano materie in cui si parla di norme legislative e materie per le quali si propone invece la dizione: «norme integrative».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Domando di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Vorrei aggiungere a quello che così bene ha detto il Presidente all'onorevole Dugoni che, in realtà, la nuova formula viene ad alterare, ed anche in senso non favorevole alle sue idee, quello che è stato il sistema stabilito fino ad ora negli articoli 109,110,111. Che cosa si è fatto in questi articoli? Si sono unificati i tre tipi di legislazione che erano nel testo primitivo della Commissione dei 75. Ora, se creiamo un nuovo tipo — la legislazione integrativa — alteriamo l'unificazione, complichiamo di nuovo tutto il quadro, e rendiamo possibile che, per riflesso, la formula unitaria che abbiamo già approvata, e che resta, possa avere interpretazioni, sia pure non esatte, che le diano una portata maggiore, al di là dell'integrazione che superi i limiti dei principî che abbiamo inteso attribuirle.

Ne parleremo ancora, se credete. Comunque, non si può votare subito.

Dugoni. Se il Presidente è di avviso diverso dal mio...

Presidente Terracini. Non si tratta di questo, onorevole Dugoni; si tratta del fatto che, per giungere all'emendamento a firma Giua ed altri, occorre che precedentemente l'Assemblea abbia respinto la proposta della Commissione di inserire l'agricoltura e le foreste sullo stesso piano delle altre materie su cui la Regione ha il potere di emanare norme legislative. Una volta poi che l'Assemblea abbia eventualmente escluso questa potestà, soltanto allora sarà possibile proporre che alla Regione sia conferita una potestà di altro genere al riguardo, quale quella di emanare norme integrative.

Nitti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nitti. Io dichiaro di non comprendere questa attribuzione alle Regioni dell'agricoltura e delle foreste. Io ho avuto l'onore di essere per lungo tempo a capo di questi servizi che ho contribuito a trasformare, chiamandovi a capo uomini di prim'ordine, e fra essi Antonio Sansone che fu uno dei grandi trasformatori dell'agricoltura italiana e che, con il Bizzozzero, contribuì a renderla più moderna ed attiva in alcune zone che sono ora, dal punto di vista agrario, fra le più progredite d'Italia.

L'agricoltura e le foreste sono poi due cose diversissime e sono servizi di carattere nazionale. Quando infatti si dice «agricoltura», non si intende soltanto di significare la piccola agricoltura locale, ma si intende comprendere tutta l'agricoltura nazionale con tutti i problemi che la riguardano. Anche nei grandi Paesi, e perfino nei grandissimi Paesi agricoli come gli Stati Uniti d'America, l'agricoltura è soprattutto un grande servizio nazionale perché è un campo di sperimentazione e di ricerche che non sono da confondere con i piccoli interessi locali. Quando si dice agricoltura, si intende alludere a tutti i laboratori, a tutte le ricerche, a tutte le trasformazioni, a tutto un particolare indirizzo di studi e di attività.

Ora, che cosa potrà fare, sotto questo aspetto, la Regione? Quali potranno essere le sue capacità? Quali gli uomini di cui potrà disporre? Essa si andrà occupando di piccole questioni locali prive di vero interesse o d'interesse limitato.

Per quello che riguarda poi le foreste, è da osservare che l'Italia ha un piccolissimo numero di foreste; l'Italia è anzi il Paese di Europa che ha meno foreste, anche relativamente al suo territorio. Tutto il servizio delle foreste è, e deve essere, nazionale, anche per il suo personale. Anche adempiendo ai compiti locali e avendo destinazione secondo le loro origini e le loro attitudini, il personale, sopra tutto per i rimboschimenti, deve esser tale da dare affidamento.

La direzione dei servizi forestali esige una specializzazione, una disciplina, un indirizzo. Le foreste, nei paesi moderni, sono considerate non come eredità del passato, spesso non fruttifere o poco fruttifere, ma come una impresa industriale che deve produrre reddito.

Una foresta che sia sempre passiva è sempre minacciata nella sua esistenza. In Germania, come in Svizzera, dove l'economia forestale è molto progredita, principale preoccupazione non è solo la conservazione delle foreste e il loro sviluppo, ma la loro industrializzazione.

Questo significa che le foreste richiedono oltre un personale specializzato, un personale di esecuzione. Essendo per parecchi anni a capo del servizio delle foreste, io cercai di riordinare tutti i servizi. Feci e cominciai ad applicare vasti piani di rimboschimento e creai pure l'insegnamento forestale, anche a scopo di ricerca, con l'Istituto superiore forestale.

Utilizzando il personale delle varie zone quanto più è possibile secondo le sue conoscenze locali, io cercai sempre che la direzione fosse lasciata a uomini competenti non legati a interessi locali.

Devo constatare che quando volevo fare piantar foreste, quando volevo impedire la distruzione di foreste esistenti, è solo localmente che trovavo tutta la resistenza. Se non si ha un corpo forestale, con disciplina nazionale, non si arriva a difendere le foreste né a svilupparle.

Io posso assicurarvi che tutti i tentativi che feci trovarono sempre la più grande resistenza proprio negli interessi locali. Io non mi spiego come si possa mettere sotto una unica disciplina l'agricoltura e le foreste, che sono due cose diversissime. Pretendere poi che si improvvisino tecnici locali è assurdo; vi sono servizi che devono avere in gran parte, soprattutto l'agricoltura, ma anche le foreste, carattere scientifico, con i campi di sperimentazione, ecc. Tutto questo non può essere un servizio locale. Pensate che anche negli Stati Uniti d'America (cioè in un Paese più grande di tutta l'Europa, al di fuori della Russia) i grandi servizi sono centralizzati non solo negli Stati, ma anche nei campi di sperimentazione creati dal Governo centrale. Ora, come volete tutti questi servizi, così diversi e così complessi, di natura scientifica, come volete trasportarli alle Regioni, cioè a enti locali che non hanno visione di quella che è la produzione? L'agricoltura ha oramai trasformato tutte le forme di produzione. L'agricoltura e il bestiame (io ne ho fatto una ragione di studio anche recente) sono oramai, sulla via di una completa modernizzazione per effetto di nuovi metodi scientifici e non fanno che seguire le scoperte scientifiche. Ora, come volete che tutto ciò diventi materia locale? Quali sono le competenze? Vi possono essere per eccezione, e solo in qualche Regione, alcuni uomini preparati da utilizzare in alcuni servizi. Si tratta sempre di casi isolati.

Ma parlare di servizi scientifici, di ricerche, di sperimentazioni agrarie, zootecniche, forestali, da confidare alle Regioni è semplicemente puerile.

Tutto ciò che non è semplice esecuzione in queste materie, tutto ciò che riguarda ricerche e coordinamento di ricerche non può essere competenza della Regione.

Io debbo fare tutte le mie riserve, ed essere diffidente. La semplice definizione «agricoltura e foreste» in unico servizio mi dà una grande tristezza. Vedo che si confondono due cose diverse e che nessuna delle due può essere affidata completamente alla Regione.

Ed è perciò che dichiaro di votare contro.

Pallastrelli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Pallastrelli. Prevedevo che l'onorevole Nitti, con la speciale sua competenza, avrebbe fatto un quadro, che sotto un certo aspetto risponde alla realtà; un quadro, dico, magistrale relativamente ai problemi dell'agricoltura, ma soprattutto contrastante con ciò che stiamo discutendo per la Regione.

Mi permetta l'onorevole Nitti che io, sotto questo aspetto, dissenta da lui. Sono d'accordo che per tutto quello che riguarda i problemi generali e fondamentali dell'agricoltura e delle foreste, debba essere unica la fonte legislativa, unica la direzione, affidata al Ministero dell'agricoltura. Vorrei anzi aggiungere, incidentalmente, a proposito di quanto ha detto l'onorevole Nitti, parlando di sperimentazione agraria, che anche le scuole di agricoltura, come erano ai tempi in cui l'onorevole Nitti fu Ministro dell'agricoltura — magnifico Ministro, ricordato ancora da tutti per l'impronta ch'egli ha lasciato in quel Dicastero — fossero non più alle dipendenze del Ministero della pubblica istruzione, ma del Ministero dell'agricoltura.

Con questo non intendo dire che il Ministero della pubblica istruzione abbia demeritato; tutt'altro; ma esso ha mezzi abbondanti, e, posto il confronto fra ciò che occorre per la sperimentazione agraria e ciò che invece occorre per tutti gli altri istituti di istruzione classica o anche professionale, c'è sempre un contrasto e questo fa sì che si tenda sempre a provvedere insufficientemente a quanto occorre per la sperimentazione agraria, perché a certi profani di detto dicastero sembra anche che questa sia eccessiva, così come la si vorrebbe da chi ne conosce la importanza.

Presidente Terracini. Onorevole Pallastrelli, il problema non è se debba essere il Ministero della pubblica istruzione o quello dell'agricoltura ad aver affidati questi compiti.

Pallastrelli. Scusi, onorevole Presidente, è una piccola ma non inutile digressione.

Presidente Terracini. Rientri in argomento, la prego.

Pallastrelli. Ritorno subito all'argomento. D'accordo, quindi, che in linea generale debba essere il Ministero dell'agricoltura l'organo propulsore di tutto quello che riguarda i problemi dell'agricoltura e i problemi delle foreste. Ma non dimenticate, onorevoli colleghi, che l'Italia si può dire che sia, da Provincia a Provincia e non solo da Regione a Regione, diversa: ciò che può essere necessario nella zona delle bonifiche del Veneto è inutile nella Puglia dell'amico onorevole Raffaele Pastore, ciò che può essere necessario per la Valle del Po è inutile per la Sicilia e viceversa.

Noi dobbiamo — anche tenendo presente che dovremo poi occuparci della riforma agraria — cercare che questa riforma agraria possa adattarsi luogo per luogo, perché — ripeto — come le piante hanno bisogno di un clima, così anche la riforma agraria ha bisogno di trovare il clima adatto per sé.

Inoltre importa (e credo che qui, oggi, dovrebbero essere tutti d'accordo, regionalisti e antiregionalisti) che in agricoltura si facciano delle decentrazioni: si devono decentrare soprattutto certi organi che attualmente sono divenuti degli organi burocratici del Ministero dell'agricoltura, che non rispondono più alle esigenze e non possono più risolvere i compiti che dovrebbero essere loro affidati.

Onorevole Nitti, lei mi ricorda spesso le Cattedre ambulanti di agricoltura; le Cattedre ambulanti lei mi insegna che non erano organi del Ministero. C'entrava sì il Ministero dell'agricoltura perché vi era un consorzio fra Stato, provincia e enti sovvenzionatori, e il Ministero aveva quale suo rappresentante il presidente del consiglio di amministrazione, ma si trattava di un organismo snello, affatto burocratico; il direttore della Cattedra ambulante (chi vi parla lo è stato) era l'amico dei contadini, il loro confidente, era colui che sapeva creare la forza dinamica per aumentare la produzione della terra a vantaggio degli agricoltori, dei lavoratori e dello Stato. Ma non intendo indugiarmi su questo: le Cattedre ambulanti vanno ricordate, in quest'Assemblea, come le vere benemerite del progresso agricolo nazionale. Col decentramento di questi organismi i loro dirigenti non correranno più il rischio, dannoso per loro e per l'agricoltura, di vedersi trasferiti dal Piemonte alla Calabria per motivi politici.

Bisogna decentrare, insisto, e là dove si dice nell'articolo in discussione «agricoltura e foreste» vorrei si aggiungesse una frase che implicasse tale accordo col Ministero dell'agricoltura; ritorneranno così quasi completamente gli organi regionali e provinciali autonomi.

Presidente Terracini. Onorevole Pallastrelli, badi che non siamo in sede di discussione.

Pallastrelli. Ho finito. Scusi Presidente, l'argomento è molto grave; spero ne consentirà. Non si raggiungeranno mai risultati concreti, se non si decentrerà e se per tutti i problemi che riguardano l'agricoltura e le foreste (non parlo di quelle questioni generali trattate dall'onorevole Nitti), non sapremo adattare le disposizioni particolari e gli organi necessari, e ridurre questi ad essere, come una volta, organi propulsori del progresso agricolo, se anche nel campo forestale non sapremo soprattutto smilitarizzare (perché purtroppo ancora la direzione delle foreste, è una caserma (Applausi) come l'aveva voluta un generale fascista; e pure per fortuna il fascismo è morto. Lo credereste? Si parla ancora di comandi forestali, di colonnelli forestali, di maggiori forestali, di capitani forestali e pare quasi si abbia vergogna di dire dottori in scienze agrarie specializzati in materia forestale. Bisogna distruggere questi residuati, occorre decentrare, e bisogna rendere gli organi forestali adattati alle Regioni e alle province.

Non voglio tediarvi di più. L'argomento che mi appassiona, che è la vita della mia vita e per cui ho combattuto per 40 anni, mi porterebbe troppo oltre. Dico soltanto che, se volete salvare l'agricoltura e le foreste, ricordatevi soprattutto di mantenere, sì, l'unità di indirizzo, come ha detto l'onorevole Nitti, nelle mani del Ministero dell'agricoltura, ma di decentrare più che sia possibile anche nei riguardi della riforma agraria, e nei riguardi soprattutto dei lavoratori che soffrono e attendono queste riforme, e per vedere, Regione per Regione, fiorire un'agricoltura adeguata ai nuovi tempi per il bene del nostro Paese. (Applausi).

Corbino. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Io credo che si possa facilmente raggiungere un accordo in questo senso. Noi finora abbiamo parlato di competenza della Regione a emanare norme nei limiti e secondo le direttive delle leggi della Repubblica su argomenti specifici. Introdurre un argomento così generico come l'agricoltura oppure, secondo l'emendamento Zuccarini, l'industria e commercio, mi pare significhi dire alla Regione: «Voi potete fare tutto». Ora io vorrei far rilevare all'Assemblea che immediatamente dopo viene un alinea che dice: «Altre materie indicate da leggi speciali». Ed allora non potremmo togliere tutte queste indicazioni generiche e lasciare al Parlamento futuro di definire volta per volta nelle leggi speciali quali saranno i poteri normativi della Regione? Ecco perché sono contrario alla introduzione della voce «agricoltura e foreste» nell'articolo in discussione, e sono contrario all'emendamento Zuccarini. E credo che anche l'emendamento Giua potrebbe essere assorbito dal significato che ha il penultimo alinea dell'articolo che stiamo discutendo.

Gullo Fausto. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gullo Fausto. Mi associo a quanto ha detto ora l'onorevole Corbino circa la genericità della espressione «agricoltura e foreste». L'onorevole Nitti ha giustamente rilevato come per queste due materie sia necessario avere una disciplina esclusivamente nazionale. Io vorrò, riferendomi soprattutto al Mezzogiorno d'Italia, volgere l'attenzione alle nostre foreste ed affermare senz'altro quello che ogni meridionale sa, ossia che se qualche foresta ancora sopravvive alla rovina che si è abbattuta su di esse, questa foresta è demaniale, è dello Stato. Non ci sono foreste, che non siano dello Stato, le quali non siano abbattute o per una ragione o per un'altra.

Soltanto lo Stato è riuscito a conservarle. Chi va nella mia Sila, per esempio, ha la prova di ciò: le foreste che sopravvivono sono quelle dello Stato, mentre quelle degli enti locali sono totalmente sparite. Dare alla Regione potestà sulle foreste, significa senz'altro alimentare questa distruzione che ha già colpito gran parte delle foreste del Mezzogiorno d'Italia.

Il presidente della Commissione si rifà senz'altro, anche per questo argomento, alla premessa segnata nell'articolo 109, cioè: «La Regione ha potestà di emanare norme legislative nei limiti delle direttive o dei principî generali stabiliti con leggi della Repubblica».

Comincio col notare — e questa mia considerazione non si riferisce solo all'argomento in discussione in questo momento — che può essere prevalente, nella formulazione di questa premessa la parte formale e non la sostanziale. Cosa vuol dire «nei limiti delle direttive e dei principî generali stabiliti con leggi della Repubblica»? Potrebbe essere intesa questa proposizione nel suo aspetto puramente formale o per lo meno prevalentemente formale. Ma, a parte questo, c'è un secondo argomento, più importante: indubbiamente, con la proposta formulazione noi stabiliamo una facoltà esclusiva della Regione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. No, no.

Gullo Fausto. Una volta costituita la Regione, penso anch'io che non è possibile che essa si disinteressi dell'agricoltura e delle foreste.

Noi accogliamo in pieno le osservazioni fatte dall'onorevole Pallastrelli, il quale, evidentemente, mirava ad un decentramento amministrativo funzionale dei vari organi dell'agricoltura e delle foreste; il che non può avere noi contrari; siamo perfettamente d'accordo. Il decentramento amministrativo può riuscire utile e può essere necessario.

La questione è altra. Non mi preoccupo di quello che la Regione può fare sia nel campo dell'agricoltura e delle foreste, sia negli altri campi, che abbiamo attribuiti alla Regione. Io mi preoccupo di ciò che la Regione può non fare, specialmente nel campo dell'agricoltura e delle foreste. Riconosciuta questa facoltà esclusiva alla Regione, noi possiamo trovarci di fronte alla inattività di una Regione, che può corrispondere alla superattività di altra Regione.

Non solo; ma possiamo andare senz'altro incontro a pericolose forme di autarchia; ed avrete questo di più pregiudizievole e dannoso il sorgere, di fronte alla condannata autarchia nazionale, di varie autarchie regionali. Comunque, affidare queste due attività, così vitali, alla Regione può dar luogo al gravissimo inconveniente di legislazioni diverse da Regione a Regione.

Ora, se noi votiamo che la Regione si occuperà anche dell'agricoltura e delle foreste, vogliamo avere fin da ora il quadro delle attività che saranno affidate alla Regione. Cosa vuol dire che la Regione si occuperà legislativamente dell'agricoltura e delle foreste? Potrà anche significare la possibilità di dare un indirizzo all'attività agricola, in una determinata Regione, in contrasto con l'indirizzo generale e nazionale o con l'indirizzo di altre Regioni. Noi non possiamo non prospettarci questo pericolo.

Noi voteremo contro, non perché pensiamo che la Regione non debba occuparsi di questi problemi; una volta creata, a torto o a ragione, la Regione, è intuitivo che essa non può prescindere da essi; ma in che misura se ne deve occupare?

Non solo, ma io sono preoccupato, ripeto, dal pericolo che la Regione non si occupi di questi problemi. (Rumori). E poiché si riconosce una facoltà esclusiva alla Regione stessa, noi potremo avere, in un campo così vitale per la Nazione, una inattività che riuscirebbe sommamente dannosa. (Commenti Interruzione del deputato Conti).

L'amico onorevole Pallastrelli fermava la sua attenzione sull'aspetto tecnico dell'agricoltura e foreste; ma io penso che sia ancora più importante l'aspetto sociale di questa attività agraria-forestale. Ora, intendiamoci bene, nel Mezzogiorno di Italia è vano sperare dalla iniziativa locale quel rinnovamento dell'attività agraria e forestale sia dal punto di vista tecnico, ma più ancora dal punto di vista sociale, quel rinnovamento che noi possiamo avere soltanto da una legislazione di portata nazionale.

È per queste ragioni che noi votiamo contro.

Presidente Terracini. Il problema è troppo importante, perché io, attenendomi strettamente alla norma del Regolamento, non consenta di parlare a tutti coloro che chiedono la parola. Prego però tutti coloro che hanno chiesto la parola, e sono numerosissimi, di non dimenticare completamente a quale punto siamo attualmente della fase dei nostri lavori.

Piemonte. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Piemonte. Onorevoli colleghi, l'onorevole Pallastrelli ha abbreviato di molto quello che io volevo dire e aderisco in pieno alle considerazioni da lui esposte. Ritengo che la formulazione della Commissione «agricoltura e foreste», debba essere mantenuta.

Le condizioni agricole in Italia sono molto diverse. Questa nostra Italia è lunga come la quaresima e presenta tante zone di produzione agraria così diverse, sì che io non vedo in modo chiaro come si possa fare una unica riforma agraria. Se si uscisse da un movimento rivoluzionario la cosa sarebbe facile procedendo alla collettivizzazione della terra; credo che gli stessi colleghi comunisti siano convinti che la riforma agraria non possa essere così profonda. La riforma agraria dovrà adattarsi alle situazioni locali.

Una norma unica non si potrà dare neanche pei contratti di lavoro come è possibile nell'industria. Io farò un solo esempio: la mezzadria è un contratto storico che andava bene in tempi determinati quando effettivamente ci trovavamo in queste condizioni: che l'imprenditore agrario, il proprietario si occupava dei suoi beni assiduamente, era di consiglio al mezzadro, e il mezzadro a sua volta era ignorante, non conosceva il progresso agrario, molte volte era analfabeta.

È evidente che allora una simile collaborazione fra capitale e lavoro poteva determinare una forma di contratto di lavoro agrario che andava bene quale è la mezzadria, forma che per secoli è andata bene e che andrà bene in certe province e luoghi ancora in avvenire. Ma l'aspirazione generale dei contadini qual è? È di avere una maggiore responsabilità nella produzione agraria. Ora, in tante province, il mezzadro ha imparato, a scuola, a leggere e scrivere, si è innamorato, attraverso le cattedre ambulanti di agricoltura, del suo mestiere, legge il suo giornale tecnico e molte volte si è fatto una cultura, anche scientifica, sia pure primordiale, sufficiente perché egli si senta di affrontare più responsabilità e di curare il podere senza l'aiuto del padrone. Ecco quindi che in questo caso una riforma che agevolasse il mezzadro a diventare responsabile dell'intera azienda, a trasformare la mezzadria in affitto novennale, sarebbe utile. Ma ciò che per un luogo andrebbe bene, per un altro sarebbe un danno grave.

Ecco perché la riforma agraria, a mio avviso, è una questione di adattamento locale ad un progresso nuovo dell'agricoltura in cui il lavoro sia messo in una funzione superiore di quella che aveva prima.

Se la riforma agraria dovesse consistere semplicemente nell'occupazione delle terre e poi nella distribuzione di queste terre in piccoli pezzetti ove ognuno fa quello che vuole, con i limitati mezzi che il contadino possiede, evidentemente questa riforma agraria sarebbe destinata al fallimento. L'occupazione delle terre e la loro suddivisione fra i contadini può servire oggi in un momento in cui la necessità di produrre cereali è assoluta, ma non nascondiamoci la verità. La verità è che queste occupazioni di terre, fra uno, due, tre, cinque anni...

Presidente Terracini. Onorevole Piemonte, guardi però che non è in discussione la riforma agraria.

Piemonte. Ho finito. In verità, se a fianco dell'occupazione di terre non sorgeranno piani organici di appoderamento, di irrigazione, di forniture di mezzi meccanici, di concimi, di caseggiati, ebbene l'occupazione delle terre non avrà una lunga vita perché, depauperata la poca fertilità naturale, accumulatasi nei terreni incolti, in breve, come pel passato, il latifondo si ricostituirà. E vengo al secondo punto. Io sono d'accordo con l'onorevole Nitti che il corpo forestale deve essere unico per tutta Italia, la direzione delle foreste deve essere unica, ma la Regione può presiedere a notevoli iniziative locali. Noi avevamo istituito in Alta Italia degli enti di economia montana, avevamo formato delle organizzazioni particolari le quali venivano incontro al montanaro, risolvevano ad un tempo il problema della sua vita e quello della conservazione e miglioramento del patrimonio boschivo. Ora tutta questa attività, questi istituti sono pressoché scomparsi, annullati o assorbiti dallo Stato per volontà del fascismo.

Ha ragione l'onorevole Pallastrelli. Il corpo forestale è diventato una caserma, ma a gerarchia rovesciata.

Io conosco un ispettore provinciale che è capitano ed ha sotto di sé tre maggiori. Questi maggiori non saranno molto contenti della loro situazione. È tempo che tutta questa gente...

Presidente Terracini. Onorevole Piemonte, venga alla questione in discussione.

Piemonte. In aeronautica il valore degli uomini che sono addetti al volo si conta dalle ore di volo da essi fatte e nel Corpo forestale dovrebbero contare, oltre che gli studi tecnici, i giorni passati nei boschi...

Presidente Terracini. Onorevole Piemonte, la prego di concludere.

Piemonte. Concludo. Io credo che le Regioni potranno attuare i principî di una seria riforma agraria e che si servono le foreste molto meglio dandole alle Regioni che non allo Stato, il quale dal 1866 al 1900 non ha impedito che quasi tutto l'Appennino venisse spolpato, denudato e immiserito! (Applausi).

Presidente Terracini. È iscritto a parlare l'onorevole Aldisio. Ne ha facoltà.

Aldisio. A nome del Gruppo parlamentare democristiano, dichiaro che se viene negata l'attività legislativa nella materia agricola alla Regione, noi avremo svuotato l'istituto dell'autonomia. L'autonomia della Regione è stata sempre pensata in funzione della risoluzione in loco dei problemi agricoli. Negate questa attività alla Regione e l'autonomia non avrà alcun contenuto. L'agricoltura italiana per i vari aspetti del nostro territorio è molto difforme, è necessario perciò che i problemi ad essa connessi e che nel passato non è stato possibile risolvere, siano risolti dagli uomini delle Regioni...

Gullo Fausto. Dai baroni siciliani! (Rumori a sinistra e al centro).

Aldisio. Cosa c'entrano i baroni colle riforme effettive a basi popolari che noi postuliamo?

Onorevole Gullo, io debbo una risposta a lei su questo punto. Guardi il suo decreto sulla ripartizione dei prodotti agricoli che era necessariamente un progetto vago, impreciso, una specie di rebus; in Sicilia, se non si fosse emesso un decreto normativo dell'Alto Commissario, onorevole Gullo, il suo non sarebbe stato mai e poi mai attuato. (Rumori a sinistra). Il che vuol dire...

Li Causi. Non viene applicato lo stesso!

Aldisio. No, onorevole Li Causi, è stato applicato! (Interruzione del deputato Gullo Fausto). Mi dispiace di non aver sentito l'onorevole Gullo e di non potere quindi rispondere a questa sua seconda interruzione.

Debbo insistere su questo punto che è fondamentale. Data la varietà e data la difformità della situazione agricola che, come ha detto poco fa l'onorevole Pallastrelli, varia da Provincia a Provincia, non tanto da Regione a Regione, le norme e la soluzione non possono essere che locali. È inutile illudersi, onorevoli colleghi: se vogliamo davvero ben vestire un individuo, il sarto deve fare il vestito direttamente sulla persona; se si ricorre a vestiti di serie essi vestono sempre goffamente. (Approvazioni al centro). È avvenuto per la legislazione agraria in Italia che dal 1860 in poi i legislatori nel formulare ogni disposizione di legge hanno tenuto presente costantemente una sola Regione, tradizionalmente fissa nel loro pensiero: la Pianura Padana, e non si è più usciti da questi schemi, sicché le Province meridionali spesse volte anzi sempre non hanno potuto usufruire delle provvidenze legislative perché in questo quadro esse non riuscivano ad utilizzare le disposizioni di legge.

Occorre che la legislazione sia «locale e questa esigenza noi abbiamo avvertita fin dal 1919-1920, quando, per la risoluzione del complesso problema del latifondo siciliano, domandammo una legge prettamente regionale. Purtroppo allora non si volle addivenire a ciò e qua fu discusso faticosamente un progetto di legge che a forza transazioni, di concessioni, di allargamenti fu radicalmente svisato e anche quando fosse stato approvato dal Senato — e non lo fu — ne sarebbe uscita una legge inefficace e nulla di effetti.

Perciò, noi siamo del parere che la Regione debba avere facoltà legislativa nella materia agricola, e deve avere questa facoltà, perché senza di ciò voi non risolverete nemmeno il problema sociale. Non lo risolverete, perché per 80 anni le forze agrarie si collusero qua dentro con altri interessi per eludere la soluzione del problema del Mezzogiorno d'Italia.

Onorevole Gullo, lei poco fa affermava che nel Mezzogiorno d'Italia non esistono che solo alcune foreste demaniali. Io le ricordo che ancora esistono non pochi boschi comunali tenacemente difesi dai cittadini del luogo. Nessuno impedirebbe tuttavia di creare boschi di demanio regionale. Comunque, per quella che è stata l'attività del Governo centrale in questa materia e per quanto poco potranno fare le Regioni, faranno sempre di più di quello che è stato fatto finora in questo settore nel Mezzogiorno d'Italia.

Ed è per lo meno azzardato affermare che le popolazioni del Mezzogiorno siano abuliche e mancanti d'iniziativa. Svincolatele da tutti i complessi legami del presente e del passato, fate in maniera che non debbano vanamente venire qui a postulare le più modeste risoluzioni, mettetele dinanzi alla responsabilità dell'avvenire e dello sviluppo della loro particolare economia, e vedrete che queste diffamate popolazioni sapranno rispondere alla nuova situazione ed alle nuove esigenze, potenziando la vita della Regione e tutta l'economia nazionale. (Applausi al centro).

Presidente Terracini. È iscritto a parlare l'onorevole Sereni. Ne ha facoltà.

Sereni. Onorevoli colleghi, sono d'accordo con quanto or ora diceva il collega Aldisio: che se vi è, in effetti, una materia per la quale è giustificata l'esigenza regionalistica, questa materia è proprio quella che è data dalle attività agricole.

La discussione intorno a questo punto è senza dubbio tra le più importanti, e penso che dobbiamo affrontarla senza pregiudiziali di carattere regionalistico o antiregionalistico ma con una visione chiara e precisa di quelle che sono le possibilità della Regione in questo campo, dato che la maggioranza dell'Assemblea ha accettato la struttura regionale dello Stato italiano.

L'onorevole Pallastrelli sottolineava poco fa — come altri hanno fatto — la estrema differenziazione dell'agricoltura italiana.

Non può meravigliarci il fatto che proprio nel campo della vita agricola la differenziazione sia spinta, e si facciano sentire con particolare vivacità le esigenze regionalistiche. Proprio nella differenziazione caratteristica dell'agricoltura, e nel particolarismo contadino, anzi, la esigenza regionalistica ha il suo fondamento storico e sociale.

Penso dunque che possiamo essere tutti d'accordo nel dire che qualsiasi provvedimento che riguardi la vita e l'evoluzione agricola della Nazione debba essere differenziato. Non credo vi sia ragione di elevare dei clamori da una parte o dall'altra, quando per esempio il collega Aldisio sottolinea la necessità che decreti, come quelli che ha elaborati l'onorevole Gullo, siano differenziati nella loro applicazione. È un terreno questo sul quale possiamo trovarci tutti d'accordo, senza clamori. Su questo non c'è discussione, giacché anche i più accesi antiregionalisti riconoscono questa necessità.

Si tratta, invece, qui di esaminare in concreto la formulazione che la Commissione ci ha data, e di confrontarla con alcuni emendamenti presentati all'Assemblea.

Cerchiamo di ricondurre la discussione su questo terreno e di vedere se la formulazione della Commissione risponde alle concrete esigenze che tutti sentiamo. La deficienza della formulazione data dalla Commissione va ricercata, a mio avviso, nel fatto che si parla in essa genericamente di agricoltura. Ora, «agricoltura», come «industria e commercio», sono termini estremamente vaghi.

Io penso che noi dobbiamo ricercare una formulazione più esatta, che dia la possibilità di realizzare un decentramento, ma che mantenga anche una linea unitaria nazionale. Bisogna sgombrare il terreno da certe preoccupazioni che si manifestano a volte sia a sinistra che a destra. Io non vedo nessun motivo di preoccupazione, ad esempio, nel fatto che la realizzazione della riforma agraria sia affidata alla Regione. Ciò significa soltanto, dal mio punto di vista, che la riforma agraria potrà trovarsi realizzata in una data Regione in forme più avanzate, mentre in altre potrà dapprima trovarsi ad esser contenuta in limiti più ristretti. Se in Sicilia, ad esempio, in conseguenza di una determinata situazione politica, si dovesse effettuare una riforma agraria di carattere più limitato, non vedo proprio ragione di disperarsi. Vuol dire che dovremo lavorare a spiegare certe cose ai contadini siciliani. E se parleremo loro del latifondo, del feudo del barone X, il contadino siciliano lotterà per una profonda riforma agraria con molto maggior interessamento di quello ch'egli non possa avere per una discussione, necessariamente un po' generica, che si svolga intorno al tema della riforma agraria sul piano nazionale.

Tengo a ripetere, dunque, che non ho nessuna pregiudiziale su questo terreno. Ma il problema è un altro. Mi pare che dobbiamo cercare, proprio mentre sottolineiamo questo valore della funzione regionale nel campo dell'agricoltura, di delimitare questa funzione con una terminologia meno generica. Mi preoccupa il problema delle scuole agrarie, dei consorzi agrari, una serie di altri problemi sui quali una eccessiva differenziazione sul terreno regionale può disorganizzare tutta la vita agricola della nazione.

Non dobbiamo dimenticare nessuno dei due termini di quella delicata dialettica che si svolge tra l'esigenza regionale e l'esigenza unitaria nazionale. Ci sono mille questioni, che riguardano l'esportazione dei prodotti agricoli, la tecnica agricola ecc. per cui sono necessarie organizzazioni, istituti, norme legislative di carattere Nazionale.

Per questa ragione, noi aderiamo all'emendamento presentato dall'onorevole Giua ed altri, e potremmo anche accettare una formulazione più avanzata in senso regionalistico, purché essa delimiti più esattamente il terreno delle funzioni della Regione in questo campo. Proprio in questo settore, che è essenziale, perché in esso si può e deve promuovere un profondo rinnovamento della vita locale, non bisogna compromettere il successo della ricostruzione nazionale. (Approvazioni a sinistra).

Presidente Terracini. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rivera. Ne ha facoltà.

Rivera. L'organizzazione regionale dell'agricoltura può costituire — per quanto possiamo prevedere in questo momento — un fattore favorevole per quel gravissimo problema italiano, che è il problema del basso rendimento agrario, cioè della miseria agricola di talune regioni? Questo è l'interrogativo che io vorrei proporre, sul quale non mi sembra che qui sia stato discusso di proposito e con precisione.

Fino a questo momento noi abbiamo portato avanti l'esperimento, che è durato parecchio, di «governamento» dell'agricoltura dal centro, il quale esperimento, oramai lo dobbiamo riconoscere, è completamente fallito qui in Italia.

Infatti, se un progresso agricolo si è determinato in Italia — particolarmente nell'Italia settentrionale e nell'Italia centrale — esso, per la verità, è stato indipendente dalle direttive emanate dai dirigenti centrali dell'agricoltura italiana dai quali, mi dispiace di dirlo, sono venuti più intralci al progresso agricolo italiano che non aiuti.

Non voglio qui portare gli argomenti di una critica acerba alle direttive centrali dell'agricoltura italiana, contro le quali nel campo tecnico mi sono espresso senza circonlocuzioni dal 1919 in poi. Vedi specialmente i miei libri Il problema agronomico del Mezzogiorno d'Italia (1924), Battaglie per il grano (1925), Oro di Puglia (1928).

È una realtà quella che, mentre paesi tanto più arretrati di noi, quali, ad esempio, tra quelli africani, la Nigeria, il Sud Africa, il Kenia, il Tanganica, hanno risolto in questo cinquantennio i loro problemi fondamentali agricoli, in testa a tutti quello del basso rendimento delle loro terre — nell'Africa del Sud ad esempio è stata introdotta una specie (la Digitaria eriantha) particolarmente adatta al bestiame da latte — e ciò attraverso studi e ricerche sperimentali in Italia ci troviamo per il Mezzogiorno nella situazione di parecchi secoli addietro, tra le spire debilitanti della prevalente coltura granaria!

Questa ha anzi ritrovato qui una singolare valorizzazione politico-economica, durante il fascismo, quando è stata ideata ed indetta la «battaglia del grano». Questa battaglia, bandita dal centro, con criteri antieconomici ed antiagronomici, dimostra quanta sconoscenza si è avuta da quei Governi delle esigenze e capacità agricole del nostro paese.

Quali sono le capacità agricole del nostro Paese? Signori miei, guardate su una carta geografica l'Italia: essa sembra un molo proteso nel mare Mediterraneo prolungantesi per circa nove gradi di latitudine. Questa particolare situazione determina un mosaico di climi, un mosaico di situazioni ambientali, un mosaico di agricolture: sicché, a rigore, non si potrebbe parlare di una agricoltura italiana, ma bisognerebbe riferirsi alle agricolture italiane. È ben vero, onorevoli colleghi, che c'è il mare, lungo il quale una fascia di territorio litoraneo presenta alcune caratteristiche ambientali che in qualche parte si rassomigliano, come si nota, ad esempio, dalla Sicilia sino a Genova: ma dietro ed anche dentro questa fascia vi sono tanti problemi, e tra essi alcuni assolutamente dominanti e sino ad oggi insoluti.

Gullo Fausto. Ma per vedere, lei si deve mettere al di sopra delle Regioni, altrimenti non lo vedrebbe questo mosaico.

Rivera. Ma, onorevole Gullo, il problema particolare si vede meglio da vicino che da lontano. È ben vero che, a loro volta, i problemi delle grandi regioni agricole si suddividono in problemi di piccole regioni, ma rassomiglianze e differenze giuocano nel problema agricolo una partita complessa, in mezzo alla quale si devono discernere le questioni fondamentali.

Io dico solo questo, che la nostra agricoltura è rimasta indietro perché è mancata una direttiva scientifica capace e perché la direttiva centrale, in certi momenti assillata dalla mania autarchica, ha sviato il problema agricolo italiano verso una strada senza uscita, verso quel vecchio male nostro che fu chiamato il «male necessario» esacerbato e giustificato dalla proclamazione di quella battaglia del grano, che ha spinto l'Italia — che è un Paese che coltiva grano in molti territori inadatti e per una superficie tra le più estese d'Europa — ha spinto ancor più l'Italia verso questa miseria agricola. È questo il cerchio che dobbiamo rompere...

Russo Perez. La battaglia del grano è stata nefasta?! Qui è permesso dire tutto...

Rivera. È permesso dire ed è giusto dire che la battaglia del grano è stata l'iniziativa più nefasta che potesse escogitarsi per l'agricoltura italiana.

Russo Perez. Io faccio appello a quelli che mangiavano e ora non mangiano più! (Interruzioni Commenti a sinistra).

Rivera. La battaglia del grano non è capace di darci tutto il pane, se pur ciò fosse economicamente conveniente, in quanto il raccolto è meno dipendente dal nostro volere e più da fattori climatici; e volere il grano non vuol dire averlo.

Voglio dare un piccolo chiarimento su questo argomento. I nostri tecnici si sono affaticati a spiegare in continuazione in quest'ultimo cinquantennio, a quelli che coltivano la terra, che occorre intercalare, per esempio, tra il grano e il granturco una coltura leguminosa. Vale a dire che secondo la tecnica agricola più sicura, in Italia il progresso agricolo è identificato in moltissimi casi con la limitazione della superficie coltivata a grano. Questo è stato il passo attraverso il quale il problema agricolo italiano ha proceduto potentemente verso la sua felice soluzione e questa è stata la chiave attraverso la quale le aziende del Nord e del Centro d'Italia hanno potuto registrare, a cinquant'anni di distanza, un profitto doppio e triplo ed hanno potuto fugare l'antica miseria agricola che le angustiava.

La miseria agricola è rimasta invece nell'Italia meridionale, dove le vie del progresso non sono identiche, a causa dell'ambiente fisico così differente, a quelle che hanno così fortunosamente risollevato il Nord.

L'onorevole Nitti ricordava poc'anzi l'organizzazione tecnica del Nord America, che noi dovremmo imitare, ma egli non ha aggiunto che stazioni agrarie esistono in America in ogni Regione agricola ed operano per proprio conto, beninteso attraverso un coordinamento, che è tanto più necessario quando si studino problemi generali ed in collaborazione.

Mancini. Sì, ma non parliamo della battaglia del grano.

Rivera. Noi ne dobbiamo invece parlare, onorevole Mancini, perché si minaccia da qualche parte di ripetere l'errore di spingere i nostri agricoltori ancora più verso questo «male necessario»: e ciò non per un breve periodo di emergenza, per cui sarebbe accettabile, ma per la condotta normale dell'agricoltura. L'insistenza nella battaglia del grano è una delle cause del perdurare che si lamenta del basso reddito dell'agricoltura del Sud. Noi dobbiamo parlarne perché, se noi riusciremo a far sì che si abbandonino tali errati preconcetti di sfibrarci dietro una coltura poco adatta per una larga parte del nostro territorio, più facilmente e più rapidamente troveremo la strada del progresso agricolo dell'Italia meridionale.

Io vorrei augurarmi che sia finalmente giunta l'epoca in cui tutto il mondo venga a comperare i prodotti tipici dell'agricoltura italiana e particolarmente di quella del Sud, in specie i nostri ortaggi, le nostre frutta, i nostri vini: sarebbe questa una grande nostra fortuna, giacché, come attraverso specialmente la coltivazione delle leguminose da foraggio e l'incremento del bestiame che ne è derivato è scomparsa la miseria nell'Italia Centrale e Settentrionale, attraverso le coltivazioni caratteristiche del clima mediterraneo, che qui in Italia trovano la loro sede prediletta, potremo far scomparire la miseria nelle terre dell'Italia meridionale.

Se pertanto il potere centrale ha dato questa prova di incapacità di non essere stato in grado di risolvere in più che cinquanta anni un problema tecnico come questo, non ci resta che fare l'altro esperimento, quello cioè di consegnare a questa gente appassionata che nel Sud cerca in ogni modo...

Gullo Fausto. Ma qual è questa gente appassionata? L'assenteismo è proprio del Sud.

Rivera. Non è vero, onorevole Gullo, e mi permettano onorevoli colleghi di rispondere subito. Io la prego di andare nelle zone del Sud dove ella è nata, a visitare quelle terre che furono aride e dove un filo di acqua è riuscito a fecondare le colture e lei troverà i prodotti migliori del mondo. (Interruzione del deputato Gullo Fausto). Sa lei, onorevole Gullo, quali sono le terre che più altamente sono state valutate secondo i rigorosi e precisi nostri estimi catastali? I terreni seminatori di Bisceglie (Bari), valutati più dei terreni di prima classe irrigui della provincia di Cremona, perché vi si coltiva pomodoro che va all'estero. Sa lei quali sono le terre dove viene impiegata maggior mano d'opera? Sono, tra gli altri, i territori coltivati a vite esclusiva nell'Italia centrale e meridionale. E sa lei qual è l'acqua che si paga di più? È l'acqua che si impiega ad irrigare le terre di Puglia che costa circa 10 volte l'acqua di irrigazione del Piemonte o dell'Emilia. Non parliamo poi di quanto costi l'acqua irrigua in Calabria o in Sicilia o nella Campania. Lei non può dire, onorevole Gullo, che in queste zone ci sia dell'astensionismo, dell'assenteismo o della pigrizia: in queste zone invece il lavoro è fervido e moltiplicato più che altrove da parte del ceto operaio ed i possidenti azzardano spese d'impianto più importanti di qualunque altra parte d'Italia.

Nella sua stessa regione, onorevole Gullo, e nella regione finitima alla sua, in Calabria e in Sicilia, ella trova uno dei più luminosi esempi di questa abnegazione nei «botteschi» o «miniere d'acqua» o dovunque ammirati come un miracolo dell'ingegneria e dell'agronomia. E questi botteschi portano alla luce acqua che è capace di trasformare nei più begli agrumeti del mondo i coni di deiezione delle fiumare o torrenti, mare desolato di brecciame della sua terra. Attraverso questi ardimenti di lavoro questi assenteisti, come lei li chiama, conquistano ricchezza per sé stessi e per tutti noi.

E così dovunque in Italia, e specialmente nel Mezzogiorno, non appena e là dove sia possibile modificare le condizioni dell'ambiente in favore dell'agricoltura, vedi cambiarsi l'assenteista in fervido interventista e l'inerte o poco solerte in operaio instancabile.

È per questo, onorevoli colleghi, che domandiamo agli antiregionalisti che pongano un poco di vino regionalistico nella loro acqua così come i difensori del regionalismo hanno un po' annacquato il loro vino regionalistico. È il buon senso che finisce con il trionfare in un consesso dove, malgrado alcune apparenze e molte maldicenze, si discute bene.

Orbene, a voi, onorevoli colleghi in gran parte, come me, dubitosi e perplessi su questa incognita che è il regionalismo, io torno a dire che se esiste una ragione per poter stabilire un dominio direttivo della Regione sopra quelli che sono i problemi assillanti propri, se esiste un settore nel quale bisogna dire alla gente che lavora e si ingegna sul posto: «Dovete provvedere da voi stessi a risolvere i vostri problemi», io credo che questo settore sia il settore dell'agricoltura. Beninteso che il coordinamento degli sforzi di ogni Regione deve esser fatto dal Governo centrale e che perciò il Ministero dell'agricoltura non può essere ucciso.

Questa sarà, se la Regione sarà, una delle vittorie che il regionalismo potrà vantare sopra il modo di concepire univoco ed uniforme dei problemi agricoli della Nazione, sopra il comando unico in questo campo, che ha dato sino ad oggi cattiva prova. (Applausi).

Presidente Terracini. Nessun altro chiedendo di parlare, si dovrà ora passare alla votazione dell'alinea.

Colitto. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Colitto. In una telegrafica dichiarazione di voto desidero affermare che aderisco toto corde a quanto, con la loro indiscussa autorità, hanno detto gli onorevoli Nitti, Corbino e Gullo. Gli argomenti chiari e precisi, da essi esposti, sono rimasti fermi, se anche ex adverso si è tentato di sminuirne l'importanza. Ogni tentativo in proposito non poteva, del resto, non riuscire vano, nessuno potendo disconoscere che, a parte ogni rilievo, la dizione della norma è così vaga, così generica, così lata, così indeterminata, da non poter non destare in chiunque grandi perplessità e vive fondate preoccupazioni.

Gli onorevoli colleghi che hanno parlato in favore della norma, si sono espressi con grande passione ed hanno detto cose anche giuste, ma, in sostanza, essi hanno dato la dimostrazione che anche in subjecta materia si sente il bisogno di un decentramento gerarchico; non hanno dato, invece, la dimostrazione della necessità di giungere ad un decentramento politico.

Uberti. È stata data!

Colitto. Ora con la norma in esame è un decentramento politico che si vuole attuare, e non un decentramento gerarchico.

Per queste ragioni dichiaro di votare contro.

Presidente Terracini. Vi è dunque da votare puramente e semplicemente la formulazione dell'alinea proposta dalla Commissione: «Agricoltura e foreste».

Avverto che per la votazione dell'alinea è stato chiesto l'appello nominale dagli onorevoli Moro, Piccioni, Fuschini, Mortati, Tozzi Condivi, De Palma, Murgia, Bastianetto, Ferrarese, Turco, Mastino Gesumino, Fabriani, Cappi, Lazzati, La Pira, Biagioni.

Avverto che vi è poi un'altra richiesta di votazione per appello nominale sulla soppressione dell'alinea. Poiché la decisione è unica, verrà naturalmente presa con un'unica votazione.

Presidente Terracini. Procediamo alla votazione nominale sul testo del diciottesimo alinea della Commissione:

«Agricoltura e foreste».

Chi approva questa formulazione risponderà , chi non approva, risponderà no.

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama comincerà dall'onorevole Fedeli Armando. Si faccia la chiama.

Molinelli, Segretario, fa la chiama.

Presidenza del Vicepresidente Pecorari

Presidente Pecorari. Dichiaro chiusa la votazione nominale e invito gli onorevoli segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Rispondono sì:

Adonnino, Alberti, Aldisio, Ambrosini, Andreotti, Angelini, Angelucci, Arcaini, Arcangeli, Avanzini, Azzi.

Bacciconi, Balduzzi, Bastianetto, Bellato, Bellusci, Belotti, Bernabei, Bertola, Bertone, Biagioni, Bianchini Laura, Bosco Lucarelli, Bovetti, Braschi, Bubbio, Bulloni Pietro, Burato.

Caiati, Calamandrei, Camangi, Campilli, Camposarcuno, Canepa, Canevari, Caporali, Cappelletti, Cappi Giuseppe, Cappugi, Carbonari, Carboni Angelo, Carboni Enrico, Carignani, Caristia, Caroleo, Caronia, Cartia, Caso, Cassiani, Castelli Edgardo, Castelli Avolio, Cavalli, Chatrian, Chieffi, Chiostergi, Cianca, Ciccolungo, Cingolani Mario, Clerici, Coccia, Codacci Pisanelli, Codignola, Colonnetti, Conci Elisabetta, Conti, Coppi Alessandro, Corsanego, Corsi, Cotellessa, Cremaschi Carlo.

D'Amico Diego, De Caro Gerardo, De Gasperi, Del Curto, Della Seta, Delli Castelli Filomena, De Maria, De Martino, De Mercurio, De Michele Luigi, De Palma, De Vita, Di Fausto, Dominedò, Dossetti.

Ermini.

Fabriani, Facchinetti, Fanfani, Fantoni, Federici Maria, Ferrarese, Ferreri, Fietta, Finocchiaro Aprile, Foresi, Franceschini, Froggio, Fuschini.

Gabrieli, Galati, Gallo, Germano, Giacchero, Giordani, Gonella, Gotelli Angela, Grassi, Guariento, Guerrieri Emanuele, Guerrieri Filippo, Gui, Guidi Cingolani Angela.

Jacini, Jervolino.

La Malfa, Lami Starnuti, La Pira, Lazzati, Lizier, Lombardi Riccardo, Longhena, Lussu.

Magrassi, Magrini, Marazza, Martinelli, Marzarotto, Mastino Gesumino, Mattarella, Mazzei, Medi Enrico, Mentasti, Merlin Umberto, Micheli, Montemartini, Monterisi, Monticelli, Montini, Morelli Luigi, Moro, Mortati.

Nicotra Maria, Numeroso.

Orlando Camillo.

Pacciardi, Pallastrelli, Paolucci, Paris, Parri, Pastore Giulio, Pat, Pecorari, Pella, Perassi, Perrone Capano, Petrilli, Piccioni, Piemonte, Pignedoli, Ponti, Proia.

Quarello, Quintieri Adolfo.

Rapelli, Recca, Rescigno, Restagno, Rivera, Romano, Rumor.

Sampietro, Sartor, Scelba, Schiavetti, Schiratti, Scoca, Scotti Alessandro, Simonini, Spallicci, Spataro, Storchi, Sullo Fiorentino.

Taviani, Tessitori, Titomanlio Vittoria, Togni, Tosato, Tosi, Tozzi Condivi, Trimarchi, Turco.

Uberti.

Valenti, Valmarana, Vanoni, Vicentini, Vigo, Volpe.

Zaccagnini, Zerbi, Zotta, Zuccarini.

Rispondono no:

Abozzi, Allegato, Amadei, Amendola, Assennato.

Baldassari, Barbareschi, Bardini, Barontini Anelito, Barontini Ilio, Bassano, Basso, Bei Adele, Bencivenga, Benedetti, Benedettini, Bergamini, Bernamonti, Bernini Ferdinando, Bianchi Bianca, Bianchi Bruno, Bianchi Costantino, Bibolotti, Binni, Bitossi, Bocconi, Bonomelli, Bozzi, Bucci.

Cacciatore, Candela, Caprani, Carpano Maglioli, Cavallari, Cerreti, Cifaldi, Colitto, Colonna di Paliano, Condorelli, Coppa Ezio, Corbi, Corbino, Cortese, Cremaschi Olindo, Crispo.

D'Aragona, De Caro Raffaele, De Filpo, De Michelis Paolo, Di Giovanni, Di Gloria, Di Vittorio, Dugoni.

Fabbri, Fantuzzi, Faralli, Farina Giovanni, Farini Carlo, Fedeli Armando, Ferrari Giacomo, Fiore, Flecchia, Fogagnolo, Fornara.

Gallico Spano Nadia, Gasparotto, Gervasi, Ghidetti, Giacometti, Giannini, Giolitti, Giua, Gorreri, Grazi Enrico, Grazia Verenin, Grieco, Grilli, Gullo Fausto.

Imperiale, Iotti Nilde.

Jacometti.

Laconi, La Gravinese Nicola, Lagravinese Pasquale, Landi, La Rocca, Li Causi, Lombardi Carlo, Longo, Lopardi, Lozza.

Maffi, Maffioli, Magnani, Malagugini, Maltagliati, Mancini, Mariani Enrico, Marinaro, Massini, Massola, Mastrojanni, Mattei Teresa, Merighi, Merlin Angelina, Mezzadra, Miccolis, Minella Angiola, Minio, Molè, Molinelli, Momigliano, Montagnana Rita, Morandi, Moranino, Morelli Renato, Musolino.

Nasi, Negro, Nenni, Nobile Umberto, Nobili Tito Oro, Noce Teresa, Novella.

Paratore, Pastore Raffaele, Perugi, Pesenti, Pignatari, Pistoia, Platone, Pollastrini Elettra, Porzio, Pratolongo, Pressinotti, Preti, Preziosi, Priolo, Pucci, Puoti.

Reale Eugenio, Ricci Giuseppe, Rodi, Rodinò Mario, Rognoni, Rossi Giuseppe, Rossi Maria Maddalena, Rossi Paolo, Roveda, Ruggeri Luigi, Russo Perez.

Saccenti, Sansone, Scarpa, Scoccimarro, Scotti Francesco, Segala, Selvaggi, Sereni, Sicignano, Silipo, Spano, Stampacchia.

Targetti, Tega, Togliatti, Tonello, Tremelloni, Tumminelli.

Valiani, Venditti, Vernocchi, Veroni, Vigna, Villabruna, Vinciguerra.

Zagari, Zanardi, Zappelli.

Sono in congedo:

Arata.

Bellavista.

Caldera, Carratelli, Cimenti, Costa.

D'Amico Michele.

Fedeli Aldo, Ferrario Celestino.

Galioto, Garlato, Gortani, Gullo Rocco.

Lombardo Ivan Matteo.

Marchesi, Mastino Pietro, Matteotti Matteo, Moscatelli, Musotto, Mannironi.

Pera.

Raimondi, Ravagnan.

Saragat.

Villani.

Tomba.

Presidenza del Presidente Terracini

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione per appello nominale sull'alinea «agricoltura e foreste»:

Presenti e votanti............ 382
Maggioranza.............. 192
Hanno risposto ....... 203
Hanno risposto no..... 179

(L'Assemblea approva l'alinea).

Dopo l'esito di questa votazione, si può ritenere superato l'emendamento degli onorevoli Giua, Jacometti ed altri.

Si debbono ora esaminare le proposte di alinea aggiuntivi a quelli elencati dalla Commissione.

Vi è un emendamento dell'onorevole Perassi ed altri che propongono di aggiungere: «Artigianato, industria e commercio».

L'onorevole Zuccarini, da parte sua, propone di aggiungere un alinea così formulato: «Industria e commercio, Camere di commercio».

Vi è infine la proposta dell'onorevole Colitto così concepita:

«Dopo: Agricoltura e foreste, aggiungere: Assunzione e gestione diretta di pubblici servizi».

Gli onorevoli Caronia e Dominedò hanno presentato anche essi un emendamento tendente a sostituire il comma con il seguente: «Agricoltura e foreste, industria e commercio».

Questo emendamento rimane però assorbito negli emendamenti Perassi-Zuccarini, che possono costituire un alinea unico: «Artigianato, industria e commercio e Camere di commercio».

Perassi. Chiedo la votazione per divisione.

Presidente Terracini. Sta bene. Si voterà separatamente le varie voci dell'alinea: Artigianato, industria e commercio, Camere di commercio.

Prego l'onorevole Ruini di esprimere il parere della Commissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Devo dichiarare, a nome del Comitato, che, in tutti i lavori del Comitato stesso e della Commissione, la tesi di mettere fra le materie di competenza legislativa della Regione l'industria e commercio è sempre stata respinta a grande maggioranza. Io personalmente non posso che aderire a tale tesi. Se l'Assemblea ritiene di inserire la voce «Artigianato», il Comitato non si oppone.

Veroni. Che cosa significa artigianato?

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Basta aprire un annuario tecnico, statistico, un'enciclopedia per fanciulli, perché l'artigianato vi abbia la sua configurazione, distinta da quella dell'industria e del commercio. Vi saranno zone di confine; ma, come lineamento e norma generale, non sono cose confondibili.

Presidente Terracini. Pongo allora in votazione prima la voce

«Artigianato»,

votandosi per divisione l'alinea, secondo la richiesta dell'onorevole Perassi. La Commissione ha dichiarato di non opporsi all'inclusione di questa voce.

Moro. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Dichiaro che voteremo in favore.

(La voce «Artigianato» è approvata).

Presidente Terracini. Pongo ora in votazione la voce

«Industria».

L'onorevole Ruini ha dichiarato che la Commissione, a maggioranza, è contraria all'inserimento di questa voce.

(Dopo votazione per alzata e seduta e per divisione, non è approvata — Applausi a sinistra).

Dovrò porre ora in votazione la terza voce dell'emendamento: «Commercio».

Avverto che su questa votazione è stato chiesto l'appello nominale dagli onorevoli Micheli, Cappi, Coccia, Belotti, Schiratti, Monticelli, Morelli Luigi, Piccioni, Fuschini, Vigo, Scotti Alessandro, Caroleo, Tessitori, Angelucci, Pastore Giulio e Tosi.

Rescigno. Vorrei far notare all'Assemblea che l'industria e il commercio sono due attività inscindibili. (Commenti).

Presidente Terracini. Onorevole Rescigno, ella avrebbe dovuto fare questa osservazione nel momento in cui è stata chiesta la votazione per divisione.

Ormai la votazione è cominciata e così deve proseguire.

Presidente Terracini. Procediamo alla votazione per appello nominale sulla voce

«Commercio».

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama comincerà dall'onorevole Fresa.

Si faccia la chiama.

Molinelli, Segretario, fa la chiama.

Presidente Terracini. Dichiaro chiusa la votazione nominale. Invito gli onorevoli segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Rispondono

Adonnino, Alberti, Aldisio, Ambrosini, Andreotti, Angelucci, Arcaini, Azzi.

Balduzzi, Bastianetto, Bellato, Belotti, Bernabei, Bertola, Bertone, Biagioni, Bianchini Laura, Bosco Lucarelli, Bovetti, Braschi, Bubbio, Bulloni Pietro, Burato.

Caiati, Camangi, Camposarcuno, Cappi Giuseppe, Cappugi, Carbonari, Carboni Enrico, Caristia, Caroleo, Caronia, Caso, Cassiani, Castelli Edgardo, Castelli Avolio, Cavalli, Chatrian, Chiostergi, Ciccolungo, Cicerone, Cingolani Mario, Clerici, Coccia, Codacci Pisanelli, Conci Elisabetta, Conti, Coppa Ezio, Coppi Alessandro, Cotellessa, Cremaschi Carlo.

D'Amico Diego, De Caro Gerardo, Del Curto, Della Seta, Delli Castelli Filomena, De Maria, De Martino, De Mercurio, De Michele Luigi, De Palma, De Vita, Di Fausto.

Fabriani, Facchinetti, Fanfani, Fantoni, Federici Maria, Ferrarese, Foresi, Franceschini, Froggio, Fuschini.

Gabrieli, Galati, Germano, Giacchero, Giordani, Gonella, Gotelli Angela, Guariento, Guerrieri Filippo, Guidi Cingolani Angela.

Jacini, Jervolino.

La Malfa, La Pira, Lazzati, Lizier, Lussu.

Maffioli, Magrassi, Marazza, Martinelli, Marzarotto, Mastino Gesumino, Mattarella, Mazzei, Medi Enrico, Mentasti, Merlin Umberto, Micheli, Monterisi, Monticelli, Montini, Morelli Luigi, Moro, Mortati.

Nicotra Maria, Numeroso.

Pallastrelli, Paolucci, Patricolo, Patrissi, Pecorari, Perassi, Perrone Capano, Petrilli, Piemonte, Ponti, Puoti.

Quarello, Quintieri Adolfo.

Rapelli, Recca, Rescigno, Restagno, Rivera, Rodinò Mario, Rognoni, Romano, Rumor, Russo Perez.

Sampietro, Sartor, Scelba, Schiratti, Scotti Alessandro, Spallicci, Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli, Taviani, Tessitori, Titomanlio Vittoria, Togni, Tosi, Tozzi Condivi, Trimarchi, Tumminelli, Tupini, Turco.

Uberti.

Valenti, Valmarana, Vanoni, Vigo, Volpe.

Zaccagnini, Zappelli, Zerbi, Zotta, Zuccarini.

Rispondono no:

Abozzi, Allegato, Amadei, Amendola, Assennato.

Baldassari, Barbareschi, Bardini, Barontini Ilio, Bassano, Basso, Bei Adele, Benedetti, Bergamini, Bernamonti, Bernini Ferdinando, Bianchi Bianca, Bianchi Bruno, Bianchi Costantino, Bibolotti, Binni, Bitossi, Bocconi, Bonomelli, Bosi, Bozzi.

Cacciatore, Calamandrei, Candela, Canepa, Caporali, Caprani, Carboni Angelo, Carpano Maglioli, Cartia, Cavallari, Chieffi, Cifaldi, Codignola, Colitto, Colonnetti, Condorelli, Corbi, Corbino, Corsi, Cortese, Cremaschi Olindo.

D'Aragona, De Caro Raffaele, De Filpo, De Michelis Paolo, Di Giovanni, Di Gloria, Dugoni.

Fabbri, Fantuzzi, Faralli, Farina Giovanni, Farini Carlo, Fedeli Armando, Ferrari Giacomo, Fiore, Fiorentino, Flecchia, Fogagnolo, Fornara.

Gallico Spano Nadia, Gasparotto, Gervasi, Ghidetti, Giacometti, Giolitti, Giua, Gorreri, Grazi Enrico, Grazia Verenin, Grieco.

Imperiale, Iotti Nilde.

Jacometti.

Laconi, Lami Starnuti, Landi, La Rocca, Li Causi, Lombardi Carlo, Lombardi Riccardo, Longo, Lopardi, Lozza.

Maffi, Magnani, Malagugini, Maltagliati, Mancini, Mariani Enrico, Marina Mario, Massini, Massola, Mattei Teresa, Merighi, Mezzadra, Miccolis, Minella Angiola, Minio, Modigliani, Montagnana Rita, Montemartini, Morandi, Moranino, Morelli Renato, Musolino.

Nasi, Nenni, Nobile Umberto, Nobili Tito Oro, Noce Teresa, Novella.

Paratore, Parri, Pesenti, Pistoia, Platone, Pollastrini Elettra, Pratolongo, Pressinotti, Preziosi, Priolo, Proia.

Reale Eugenio, Ricci Giuseppe, Rodi, Romita, Rossi Giuseppe, Rossi Maria Maddalena, Rossi Paolo, Roveda, Ruggeri Luigi, Ruini.

Sansone, Scarpa, Schiavetti, Scoccimarro, Scotti Francesco, Segala, Sereni, Sicignano, Silipo, Simonini, Stampacchia.

Targetti, Tega, Togliatti, Tonello, Tremelloni.

Vallone, Vernocchi, Veroni, Vigna, Villabruna, Vinciguerra.

Zagari, Zanardi, Zappelli.

Sono in congedo:

Arata.

Bellavista.

Caldera, Carratelli, Cimenti, Costa.

D'Amico Michele.

Fedeli Aldo, Ferrario Celestino.

Galioto, Garlato, Gortani, Gullo Rocco

Lombardo Ivan Matteo.

Marchesi, Mastino Pietro, Matteotti Matteo, Moscatelli, Musotto, Mannironi.

Pera.

Raimondi, Ravagnan.

Saragat.

Villani.

Tomba.

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione nominale:

Presenti e votanti............ 344
Maggioranza.............. 173
Hanno risposto ....... 169
Hanno risposto no..... 175

(L'Assemblea non approva l'inclusione della voce «Commercio»).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti