[Il 27 maggio 1947 l'Assemblea Costituente inizia la discussione generale del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Preti. [...] Il particolarismo anti-unitario di cui inevitabilmente, se non tutte, almeno moltissime regioni (e forse proprio le meno progredite) darebbero prova per effetto dell'introduzione di una qualunque potestà legislativa si rivelerebbe deleterio, sopratutto nel campo economico. Quando io penso, ad esempio, che l'Emilia lunense, così cara all'onorevole Micheli, reclama il porto della Spezia per avere uno sbocco al mare e che la stessa provincia della Spezia in questi giorni ha inviato a noi deputati addirittura quattro opuscoli per sostenere la medesima tesi; quando leggo nello Statuto siciliano che la Sicilia riserva ai propri usi le valute estere ricavate dalle proprie esportazioni e si esonera dai diritti di dogana in materia di determinate importazioni; quando leggo in giornali d'informazione economica, come ad esempio Il Globo, che già in regime di alto commissariato la Sicilia e la Sardegna sono riuscite ad imporre certi divieti d'importazione e di esportazione che contrastano addirittura con lo spirito dell'articolo 113 del progetto; allora io non posso fare a meno di pensare che l'introduzione della regione potrebbe farci andare a ritroso nel campo economico. Mentre vediamo che perfino i governi cantonali della Federazione Svizzera (e parlo della Svizzera!) abdicano progressivamente ad ogni potere di regolamentazione nel campo economico a favore dello Stato, posto che l'allargarsi dei mercati e la maggiore frequenza delle comunicazioni postulano oggi unità territoriali sempre più vaste.

Il mondo marcia verso una sempre più uniforme legislazione, specie per ciò che riflette il campo economico; e noi in questo momento rischieremmo di procedere in senso inverso. Né si dirà che, quando alla Regione si riconosce da un lato la potestà legislativa e dall'altro lato l'autonomia finanziaria (perché anche di questa parla il progetto), questi timori siano infondati!

L'autonomia finanziaria costituisce il secondo fondamentale errore. E chi abbia fatto solo un esame dello Statuto siciliano può facilmente rendersi conto dove essa ci possa portare in materia di particolarismo. Con l'autonomia finanziaria prevista dall'articolo 113 accadrebbe in particolare che una minima aliquota del reddito delle regioni più ricche andrebbe a beneficio delle regioni più povere, onde lo squilibrio tra nord e sud tenderebbe ad aumentare, venendosi con ciò automaticamente ad ostacolare la soluzione del problema meridionale. In questa materia le cose infatti stanno assai diversamente da come crede qualche siciliano o qualche sardo, i quali ritengono che le loro terre dall'unificazione in poi siano state sfruttate dai settentrionali. Che il Governo dell'Italia unificata abbia avuto il grave torto di lasciare insoluto il problema meridionale è fuori discussione; ma ciò non toglie che in 80 e più anni di vita unitaria i contribuenti delle più ricche regioni del nord abbiano sostenuto la massima parte dell'onere delle imposte statali, e perciò abbiano pagato, in parte, anche per le regioni più povere dell'Italia.

Si parla nel progetto di Costituzione di ripartizione dei tributi; cioè si afferma che, per assolvere le loro funzioni essenziali, le regioni più povere avrebbero il diritto di chiedere allo Stato delle sovvenzioni, onde praticamente le regioni più ricche dovrebbero dare allo Stato e lo Stato a sua volta dare alle regioni più povere. Io credo che in questa maniera si creerebbero dei pericoli gravissimi; e veramente vedremmo sorgere quella acuta rivalità fra certe regioni del nord ed altre regioni del sud che, praticamente, fino ad oggi è sempre rimasta sopita.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti