[Il 4 luglio 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 117 per il testo completo della discussione.]

Nitti. Sono dolente di non essermi trovato presente ieri sera alla fine della seduta. Devo ora soltanto chiedere all'onorevole Relatore, Presidente della Commissione, dovendo addentrarci nell'esame di questo sviluppo di argomenti complicatissimi in cui è necessario decidere seriamente, che mi si dica se la Commissione, che si è trovata di fronte a questi complessi problemi, si è messo davanti il problema dell'esecuzione. Ha un programma? Ha idea dei mezzi necessari?

Il Relatore Presidente, ha nella sua relazione parole di melanconia. Comincia con il dire che a spingere verso le Regioni vi è stato non un ragionamento ma una valanga di sentimenti e di passioni. Contrariamente a quello che fu nel Risorgimento, queste passioni hanno agito nel senso opposto.

In realtà il movimento dei nostri grandi uomini del Risorgimento fu uno sforzo di coesione e di unione nazionale. Dopo tanti anni di tirannia e tante guerre perdute, si è manifestato ora uno spirito di dissoluzione. Le autonomie che sono state chieste, senza che nessuno ne avesse prima mai parlato, sono la negazione alla generale tendenza del mondo moderno che va, attraverso le grandi unità, verso il rinsaldamento dei vincoli nazionali. Nessun paese che sia libero della sua volontà ha manifestato dopo la guerra le tendenze di discordia dell'Italia.

L'onorevole Ruini ha detto che il movimento per le autonomie si è prodotto quasi irresistibilmente. Io ho la convinzione che si tratti di un equivoco. Il fascismo aveva tutto statizzato e accentrato: vi è stata reazione per tornare verso la normalità, non mai verso quella forma di disgregazione che è rappresentata ora dal tentativo di Regioni autonome, con poteri legislativi.

Vi sono i sogni e vi è la realtà. Quando diciamo che sarà dato alla Regione di occuparsi anche con poteri legislativi di una materia, dobbiamo ammettere che vi siano i mezzi per poterlo fare. Ora non vi sono mezzi per nulla e in gran parte si può prevedere che non vi saranno. Il Presidente della Commissione fa una malinconica constatazione: dopo aver notato come questo movimento è stato generale ed imposto, si direbbe, da un'opinione generale della Commissione, non si ferma a dire se la Commissione si è posto mai il problema dei mezzi. Egli stesso anche ora non solo non si pone il problema, ma accennandolo, non solo lo rinvia, ma ha quasi un accento di tristezza nel dire che in questa materia è assai difficile provvedere ai mezzi di esecuzione.

Ed invece di precisare quelle che dovrebbero essere le condizioni finanziarie che sono necessarie, non solo sembra volere rinviare di occuparsene, ma poi le trascura. La convinzione che io ho, dall'esame dei disordinati progetti sulla Regione, è che prima di tutto si dovrà costituire una massa enorme di nuovi impiegati e di nuovi uffici. Non è una ipotesi, è una certezza. Il Presidente-Relatore difficilmente potrà negarlo. Nuovi disordinati e incomposti uffici e come una elefantiasi di nuovi funzionari dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni. Non solo non vi sarà semplificazione, ma vi sarà un aumento enorme di funzionari. Questa non è soltanto un'impressione, ma è anche, purtroppo, la constatazione di una realtà. Come si può provvedere, quando si parla di uno di questi argomenti, ad esempio agricoltura e foreste? Piccolo argomento pare, ma se non è semplice burla, bisognerà creare numerosi uffici speciali e speciali tecnici di ognuna di queste cose, che nelle attuali Province non sono rappresentati. Ogni Regione domanderà nuovi uffici di tecnici e di funzionari. Personale tecnico, personale amministrativo, personale di esecuzione specializzato come quello delle foreste. Gran parte del personale come sarà formato? Molti servizi che si vuole regionalizzare non possono funzionare seriamente, se non con mezzi e forme nazionali. Tutti i servizi tecnici, anche nei più grandi paesi, sono nazionali.

L'onorevole Ruini ci mette in imbarazzo quando nella sua relazione constata nell'ultima parte che bisognerà occuparsi anche di questo argomento, cioè dei mezzi e ne dice le difficoltà. Egli scrive testualmente: «Nell'atto di dare il via a così rilevante forma strutturale della vita italiana, la Commissione non si è celata la complessità e le difficoltà di pratica attuazione». Basta pensare all'autonomia finanziaria, non agevole a congegnarsi «ma che pur bisogna prospettarsi», e che non potrà fare a meno di un riparto delle imposte che implichi un contributo di solidarietà delle Regioni provviste di maggiori mezzi a quelle che con le proprie risorse, non sarebbero in grado di adempiere i loro servizi essenziali. Pericolo da evitare è che, mentre si tende ad un alleggerimento della macchina amministrativa, il decentramento non dia origine ad una nuova moltiplicazione di burocrazia nelle Regioni senza toccare quella centrale.

Vi è grande pericolo che con questa riforma delle Regioni non si verrà a diminuire la burocrazia centrale, ma ad aumentarla, e nello stesso tempo si formerà una numerosissima burocrazia locale. Io credo sarà enorme, perché la Regione rimane, la Provincia rimane, i Comuni non solo rimangono ma, essendo autonomi, vorranno avere maggiore larghezza. Si accenna anche a servizi che possono rendere i circondari. E perché non i mandamenti?

Noi avremo presto un ordinamento assurdo che sarà l'elefantiasi della burocrazia, una massa enorme di impiegati. Al milione e 600 mila impiegati che vi sono attualmente, tra Stato ed enti locali, corrisponderà un aumento più grande, tanto per gli impiegati dello Stato, quanto per gli impiegati di enti di nuova creazione. Ora si riesce a pagarli con difficoltà, si riescirà ancor meno o non si riescirà. In definitiva tutto cadrà sullo Stato che è già, con le integrazioni, base della finanza locale. Lo Stato deve pagare ciò che gli enti locali non possono: e lo Stato si avvia a non poter più pagare.

Quale sarà la finanza dell'ordinamento regionale? È un argomento questo che non si tocca e che il Presidente-Relatore, pur così esperto in materia di finanza, non ama toccare. Forse si troverebbe egli stesso, con la sua intelligenza e la sua perspicacia, in un tale groviglio di difficoltà che non potrebbe rispondere. E allora si rinvia. Si rinvia a quando? Io dico che queste difficoltà ce le dobbiamo porre fin da ora. Non si può fare una nuova pesante e costosa istituzione senza denaro. Chi darà i mezzi? Io spero di non annoiarvi obbligandovi a riflettere sulle attuali disastrose condizioni della nostra finanza di Stato. Ora, col pretesto di una lotta all'accentramento burocratico attuale, lotta che non si farà, vogliamo creare nuovi organi e nuove funzioni di Stato e locali? Ma io vorrei veder funzionare le ventidue Regioni come piccoli Stati più o meno seri, più o meno efficienti, più o meno inutili, ma certamente costosi. Non sono eccessivo se desidero sapere almeno in linea generale a quale forma di finanza ricorreranno questi nuovi organi politici e amministrativi. Il Relatore parla di imposte nuove e di imposte addizionali, ma quali? e come concepite e regolate? Poi che tutti vogliono essere autonomi come sarà regolata questa finanza autonoma? Si instaura la Regione costosa e disordinatrice ma rimane la Provincia, rimane il Comune, tutti autonomi. Anche altri enti autonomi sorgeranno. Vi è lavoro per tutti oppure ozio per tutti. Più cresce il numero degli impiegati, più cresce la loro inefficienza e più diminuisce il loro rendimento. Si può anche non pretendere che lavorino, ma si può pretendere di non pagarli? Chi pagherà? Questo disgraziato contribuente italiano, che non sa oramai fra quali difficoltà deve dibattersi, lo mettiamo di fronte a un fatto nuovo, ad una nuova elefantiasi amministrativa; e nuove formazioni, leghe, coalizioni di impiegati.

Io vi prego di riflettere. Nel dare nuove funzioni, delle quali parliamo con tanta facilità, si crea sempre una nuova burocrazia. E non vi è fatuità o sciocchezza cui non si pensi per ingrandire quelle Regioni cui nessuno pensava e che sono destinate, se anche sorgono, a disordinare l'Italia e alla sterilità. Si parla con tanta facilità perfino del controllo del credito e della previdenza. Ora queste sono cose veramente assurde per la vita locale, perché questa è una vera funzione di Stato. E sono anche stupidità. Molte materie che si vuole trasferire alle Regioni non si possono senza danno della Nazione intera (come le acque pubbliche, ad esempio). Ognuna delle funzioni che si vogliono dare alla Regione dovrebbe essere studiata seriamente e ponderata e sono sicuro che non sarà nemmeno materia di riflessione. Tutto diventa materia di partito. Vi sono partiti che sono impegnati nelle Regioni. Le voteranno senza considerare, per il prestigio del partito. E prepareranno una serie di fallimenti nazionali per soddisfare l'equivoco e la vanità regionale.

La mia preoccupazione è che si ottenga l'effetto contrario a quello che si vuole ottenere. Un vero decentramento si poteva fare molto facilmente, dando alle Province diversi indirizzi, dando ad esse la possibilità di una maggiore agilità ed arrivando a fare, dove era necessario, unioni di Province di carattere generale e permanente o solo consorzi per scopi determinati.

La Provincia, che ha organizzazione e tradizione, sarebbe stata base di azione più economica ed efficace. Non si è potuto abolirla e non si sa perché rimanga se non si fa a meno della Regione. Per avere la Regione dobbiamo creare un Governo alla cui organizzazione non si è ancora pensato. Come si formerà e come sarà organizzato? Da quali funzionari sarà formato? Si utilizzeranno impiegati attuali dello Stato? Si inventerà una burocrazia nuova? Tutto in questa materia è stato pensato con leggerezza e sarà fatto con disordine.

Ora ci sono gli impiegati delle Province e dei Comuni. Vi sono poi tutti gli impiegati dello Stato, che non toglierete, prima di tutto perché ci debbono essere al centro; anche per la coordinazione. Nelle Regioni voi creerete Parlamenti per ridere e Ministeri embrionali. Se volete piccoli Parlamenti dovete avere anche piccoli Ministeri e prima o dopo i Capi delle Regioni si considereranno veri Ministri e dovranno anche essi essere pagati. Non vi viene il dubbio che non avrete i mezzi? Riservandomi su qualcuno dei singoli argomenti della Regione di parlare in seguito, se sarà il caso, io mi limito per ora a queste poche e semplici considerazioni.

Il Presidente-Relatore ci dovrà pure dire prima di esaurire questo argomento a quali fonti di entrate intende riferirsi, e dovrà pur dire se ha fatto un calcolo, almeno approssimativo, di ciò che verranno a costare questi meccanismi inutili, che io credo saranno enormi ed ingombranti. Io attendo da lui una risposta rassicurante a questo proposito e non è questa richiesta indiscreta.

Presidente Terracini. Desidero far presente all'onorevole Nitti che la materia alla quale egli ha accennato sarà esaminata quando l'Assemblea sarà chiamata ad intrattenersi sull'articolo 113 che tratta dei problemi finanziari riguardanti la Regione, e sulla VIII disposizione transitoria relativa ai funzionari e ai dipendenti dello Stato.

Micheli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Micheli. Io debbo ringraziare il Presidente di avere con questa sua osservazione detto per la maggior parte quanto intendevo osservare io all'onorevole Nitti. In questo momento non siamo ancora arrivati al punto di stabilire quale debba essere la finanza della Regione.

La finanza della Regione sarà certamente coordinata a quelle che saranno le sue funzioni, perché allora solo si potrà vedere quali dovranno esserne le spese, e proporzionare ad esse le entrate.

Comunque, non siamo giunti ancora all'articolo relativo e così anche per quanto si riferisce agli impiegati ed alla organizzazione degli uffici e ad altri argomenti similari dovremo discutere a proposito di altri articoli.

Io, come modesto fautore della Regione, desidero avvertire l'onorevole Nitti che, spiacente di trovarmi in contrasto con il suo pensiero, il concetto della Regione che egli ha è un po' diverso dal nostro, specialmente per quanto si riferisce alle spese e quindi anche alle entrate. Noi in questa nuova forma di organizzazione cercheremo di avere spese il meno possibile, e provvederemo a dividere le entrate opportunamente. È ovvio che una parte dei redditi andranno alla Provincia, che si è conservata. Ma anche questo è troppo presto stabilirlo ora, perché non sappiamo ancora quali siano le competenze che noi affidiamo alla Regione, quelle che aggiungeremo eventualmente alle Province e non sappiamo ancora in quanti rami dovrà la Regione esplicare la sua attività. Siamo evidentemente in anticipo.

Quanto agli impiegati, siccome io penso, ad esempio — e dichiaro di parlare per mio conto personale — che la Regione è soprattutto la forma di sburocratizzazione del centralismo che incombe ancora sopra tutte le attività dello Stato italiano, è evidente che se noi insistiamo a voler concretare una nuova forma di organizzazione statale, lo facciamo per diminuire l'aggravio che il sistema impiegatizio burocratico viene a portare sul bilancio e quindi sul sacrificio dei contribuenti.

Per eliminare ogni equivoco io devo avvertire il mio illustre contraddittore che noi intendiamo espressamente, attraverso la Regione, arrivare alla diminuzione dei carichi, in quanto vogliamo che le grandi impalcature burocratiche dello Stato siano snellite e diminuite, non solamente per ciò che ha riguardo alle competenze, ma anche pel numero di coloro ai quali viene affidata l'esplicazione di esse e l'organizzazione degli uffici.

Ora, non è possibile che noi continuiamo nello stato attuale; l'aggravio che ne deriva è troppo grande e l'onorevole Nitti può essere certo che in questa parte egli avrà noi suoi alleati, perché noi vogliamo la Regione anche per diminuire le spese, il che si potrà fare solamente eliminando tutto il peso formidabile che la burocrazia ci porta oggi. E soprattutto, non possiamo condividere l'accenno alla tristezza con cui egli ha cominciato il suo discorso; noi speriamo invece che il sorgere di questa nuova forma di organizzazione statale sarà accompagnata dalla lieta serenità di questo nostro popolo, illuminato e confortato da essa nella lunga via che per la sua rinascita deve percorrere. (Applausi al centro).

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Sarò molto breve nel rispondere all'onorevole Nitti.

Ammiro, anzitutto, la grande freschezza e tenacia con cui egli difende le sue idee. In realtà, nell'intervento di oggi, è ritornata l'idea fondamentale che la Regione non si deve istituire. Ma ormai la questione è stata decisa; l'Assemblea Costituente ha deliberato che la Regione esista; e di fronte ad una deliberazione come questa mi pare che sia democratico non discutere più inutilmente su una deliberazione già adottata, ma cercare, invece, di superare le difficoltà che sorgono dalla istituzione della Regione. Vi possono essere delle riforme necessarie, che presentano delle difficoltà. Quando si parla di difficoltà, non significa che una riforma debba essere respinta; bisogna superare le difficoltà che porta con sé.

Bisognerebbe essere ciechi per non vedere le difficoltà inerenti alla creazione dell'ente Regione, ma difficoltà non è impossibilità; né si può ritornare sopra un principio acquisito. La Regione c'è ormai nella Costituzione; e c'è in quella maniera che abbiamo deliberato ieri.

Io, ripeto, sono contento che sia venuto oggi dagli onorevoli Tosato e Perassi un chiarimento e che si sia confermato lo sforzo degli ultimi tempi del Comitato di trovare una formulazione, sui poteri normativi della Regione, nei limiti che lo Stato può, legge per legge, stabilire, così che anche per questo aspetto vi è la maggiore elasticità; e ciò rientra nel criterio generale del Comitato e dell'Assemblea, che sia consentito all'esperienza ed alla realtà pratica di graduare la vita ed il funzionamento della nuova istituzione che abbiamo fondata.

Con questo criterio realistico e sperimentale affronteremo anche le difficoltà che si presentano. L'onorevole Nitti vorrebbe che tutte le difficoltà fossero risolte a priori. Egli ha, tutti lo ricordiamo, impersonato finora la tendenza che voleva rimandare tutto ciò che riguarda il funzionamento della Regione a leggi future. Ora invece sembra che voglia non solo stabilire con precisione quali devono essere tutte le attribuzioni, ma anche dettagliatamente, gli uffici ed i mezzi, coi quali la Regione potrà, passo per passo, funzionare.

L'onorevole Nitti ha espressamente indicato due punti di precisazione; che, come ha già e benissimo risposto il Presidente dell'Assemblea, saranno esaminati al loro luogo. Il primo punto è quello dell'elefantiasi burocratica che, a suo avviso, si determinerà nella Regione. Un pericolo, se anche in proporzioni non così gravi, l'abbiamo visto, e ne abbiamo parlato anche noi, perché non siamo ciechi, onorevole Nitti. Se stabiliamo un nuovo gradino, dobbiamo preoccuparci che non venga a costituire un elemento di ulteriore pesantezza, ed un aggravio burocratico. Abbiamo cercato di prevenire il pericolo in un articolo transitorio, l'VIII, nel quale è detto che «Leggi della Repubblica regolano per ogni ramo della pubblica amministrazione il trapasso delle funzioni statali attribuite alle Regioni e quello di funzionari e dipendenti dello Stato, anche centrali, che si renda necessario in conseguenza del nuovo ordinamento. A queste disposizioni potremo dare anche una più estesa espressione. Ne parleremo a suo luogo; in concreto; senza fermarci ad un grido, del resto eccessivo, d'allarme.

Il secondo punto è della finanza. Ho raccolto al riguardo dati, e sono risalito anche ai classici studi dell'onorevole Nitti, di mezzo secolo fa, che adombrano il concetto di sperequazioni fra Regioni e di un necessario equilibrio finanziario. Questi dati sono a disposizione dell'Assemblea; ma ne parleremo al posto adatto; a proposito dell'articolo 113.

Basti ora un cenno al sistema, che è stato adottato dal Comitato ed è questo: ad ogni Regione debbono essere attribuite, come del resto avviene anche per le Province e i Comuni, entrate adeguate ai compiti affidati; e ciò sia come tributi propri, sia come quote di tributi erariali, in modo che col loro gettito complessivo le Regioni potranno adempiere ai loro compiti essenziali. Ma non basta pensare ai compiti essenziali; vi sono per le Regioni altri compiti e scopi determinati, per uno sviluppo ed una elevazione maggiore; — quale potrebbe essere, ad esempio, la lotta contro il latifondo — ed a questi scopi si deve provvedere mediante fondi di solidarietà, col concorso delle altre Regioni, o con speciali contributi dal tesoro dello Stato. Vedremo di determinare, nell'articolo 113[i], il congegno. Ma un sistema c'è; ed io attendo che l'onorevole Nitti lo critichi, dandoci tutto l'apporto della sua competenza; intanto non si può dire che noi non vi abbiamo pensato.

Abbiamo affrontato, con senso di responsabilità le difficoltà che una riforma di tal natura presenta e che sarebbe errore volersi nascondere. Non dobbiamo indugiare sul ritornello che la Regione non deve farsi; dobbiamo cercare di farla nel modo migliore — o almeno, per chi l'ha avversata — meno peggiore possibile. Anche da parte di coloro che erano contrari all'istituzione della Regione, si serve meglio il Paese, inchinandosi democraticamente al volere della maggioranza e cercando, insieme con chi l'abbiano patrocinato, che l'istituto sorga e si sviluppi come meglio si può. Questo è, onorevole Nitti — piuttosto che un'eterna scomunica, o piuttosto che il proposito di fare all'estero una propaganda avversa alla volontà della maggioranza — questo è il compito che si attende da una personalità così alta come la sua: contribuire, anche per la Regione, al bene del Paese.

Romita. Ma non si tratta di idee particolari, onorevole Ruini: si tratta di una preoccupazione patriottica.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Onorevole Romita, io non ho mai detto che chi combatteva la Regione si ispirava ad idee particolari. Ho detto che, una volta che la maggioranza ha deliberato, noi abbiamo tutti il dovere di inchinarci alla sua volontà. (Applausi).


 

[i] Il resoconto stenografico della seduta riporta erroneamente «nell'articolo 110».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti