[Il 16 novembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulle autonomie locali, e nello specifico sulla potestà legislativa delle Regioni. — Presidenza del Vicepresidente Conti.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 117 per il testo completo della discussione.]
Tosato aggiunge che va tenuto presente anche l'articolo 12, relativo all'interferenza dello Stato a tutela dell'interesse delle altre Regioni e della Nazione, così formulato:
«I disegni di legge approvati dall'Assemblea regionale devono essere comunicati al Governo centrale. Essi acquistano valore di legge trascorso il mese da tale comunicazione, salvo il caso in cui il Governo, ritenendo che eccedano dai limiti di competenza della Regione o che contrastino con l'interesse nazionale o di altre Regioni, li rimandi, entro il termine suddetto, all'Assemblea regionale con le sue osservazioni.
«I disegni di legge in questione possono essere ripresi in esame dall'Assemblea regionale e diventano senz'altro leggi, se questa, respingendo le osservazioni governative, li approva nuovamente con un numero di voti che raggiunga la maggioranza assoluta dei suoi componenti.
«Il Governo centrale può in questo caso ricorrere alla Corte costituzionale per chiederne l'annullamento parziale o totale.
«Le leggi della Regione devono essere inserite nella Raccolta Ufficiale delle leggi e decreti dello Stato e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».
[...]
Mortati confessa che, per quanto abbia attentamente esaminato gli articoli 3 e 4, non si è reso conto del loro criterio informatore.
Si trovano in essi quattro diversi tipi di legislazione, riuniti forse un po' confusamente:
1°) una potestà legislativa esclusiva della Regione (articolo 3), dalla quale l'intervento dello Stato in forma normativa sarebbe inibito;
2°) una potestà legislativa di integrazione delle norme direttive statali;
3°) una potestà legislativa di integrazione delle norme generali;
4°) una potestà legislativa per delegazione da parte dello Stato (ultimo comma dell'articolo 4).
Trova non persuasive alcune di queste disposizioni, e anzi tutto non si rende conto — come già l'onorevole Zuccarini — del perché nel primo caso si debba escludere lo Stato da ogni possibilità di intervento normativo. La Regione può fare ciò che vuole; lo Stato può intervenire soltanto ex post, per far annullare le norme che fossero contrarie agli interessi nazionali. Non vi è quindi luogo ad una valutazione integrale, fatta anteriormente, ma ad una valutazione a posteriori, caso per caso, che trova la sua definizione ultima attraverso il giudizio della Corte costituzionale; e tutto ciò può essere dannoso agli interessi dello Stato e agli interessi della Regione.
Dannoso agli interessi dello Stato, perché è evidente che esso — come ha rilevato l'onorevole Zuccarini — potrebbe avere un indirizzo da segnare in queste materie (agricoltura, strade, pesca, ecc.) e le legislazioni particolari dovrebbero essere uniformate ad un criterio d'insieme. Solo così può dirsi che il regionalismo non disintegra l'unità nazionale, ma la rende più concreta ed efficiente.
Dannoso, inoltre, agli interessi delle Regioni, perché esse, pur avendo ampia potestà in certe materie, in realtà si trovano inceppate dal sindacato del potere esecutivo, che può far annullare, caso per caso, tutte le deliberazioni che siano contrarie agli interessi nazionali. Quindi, sotto l'apparenza di una migliore tutela degli interessi regionali, si finisce col pregiudicare gli interessi stessi e metterli alla mercé dell'arbitrio del potere esecutivo, sia pure corretto da un organo giurisdizionale, sul cui intervento però non può farsi eccessivo affidamento. L'esperienza mostra come sia poco efficiente affidare valutazioni di convenienza ad organi giurisdizionali, a meno di non volerne trasformare l'indole facendoli divenire politici.
Ritiene altresì inopportuno considerare unitamente la potestà legislativa di integrazione di norme direttive e quella di integrazione di norme generali così come fa l'articolo 4. A parte il fatto che tecnicamente è inesatto parlare di integrazione di norme direttive, si tratta di due rapporti differenti e bisogna distinguere le norme direttive dalle norme generali, ai fini del sindacato sulla costituzionalità della normazione regionale. Forse il Comitato ha voluto affermare un diritto da parte della Regione, garantito costituzionalmente, a pretendere che la legge dello Stato si limiti semplicemente a dare le direttive, senza entrare nei particolari; ma non si è reso conto del fatto che, parlando promiscuamente di norme direttive e di norme generali e conferendo allo Stato il potere direttivo e il potere di legiferare in via generale, si faceva venir meno la possibilità di far valere la pretesa di limitare l'intervento dello Stato nel senso accennato.
Altra disposizione che trova non sufficientemente chiara è quella dell'ultimo comma dall'articolo 4, a tenore del quale parrebbe che da parte del legislatore ordinario, con legge speciale, si potesse deferire al potere normativo delle regioni qualunque materia. Non resterebbe quindi in alcuna materia la competenza esclusiva dello Stato, su tutte potendo la Regione legiferare in virtù di una delega. Mentre si è ritenuto che la delega legislativa a favore di altri organi dovesse essere limitata in modo tanto rigoroso da annullarne perfino l'efficienza, qui si ammetterebbe che il legislatore potesse dare direttive su qualunque materia, lasciando poi un largo campo di attività normativa delegata alla Regione. Posta, inoltre, questa mancanza di esclusività di competenza dello Stato, diverrebbe difficile decidere con sicurezza anche della presunzione di competenza per i casi non contemplati.
Su tutti questi argomenti chiede delle delucidazioni al relatore.
Ambrosini, Relatore. [...] Quanto all'obiezione che l'articolo 3 verrebbe a configurare una ipotesi dannosa per lo Stato e forse anche per le Regioni, poiché non è concepibile che esistano materie sulle quali la Regione abbia una competenza esclusiva, fa presente che il Comitato partì dal principio che le Regioni dovessero avere un qualche campo — di interesse particolarmente locale — in cui potessero legiferare in modo autonomo; ma che d'altra parte dovesse evitarsi che l'esercizio di questa potestà legislativa esclusiva causasse un qualche nocumento agli interessi generali dello Stato. Fu appunto nel desiderio di conciliare le due esigenze, che il Comitato ritenne, nell'affermare questa competenza esclusiva della Regione in determinate materie, di salvaguardare nel contempo l'interesse generale dello Stato, integrando la disposizione con l'aggiunta che la Regione dovrà esercitare il suo potere normativo «in armonia con la Costituzione e coi principî fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato», nonché «nel rispetto degli interessi nazionali».
Conviene con l'onorevole Mortati che qui si entra in un campo particolarmente delicato, in quanto sarebbe estremamente difficile dare una definizione precisa dell'interesse nazionale. Spiega quindi che il Comitato si rese conto della necessità di regolare la materia in modo da contenere nei giusti limiti la potestà legislativa della Regione. All'uopo indugiò nell'esame dei vari sistemi, che egli, come relatore e come incaricato della redazione del primo progetto, aveva prospettati, proponendo in modo alternativo ben cinque articoli su questo punto. Il Comitato prescelse quello che costituisce l'articolo 12 dell'attuale progetto. Gli altri quattro sono riprodotti come «varianti» alla fine del progetto.
Riservandosi di ritornare sull'argomento quando verrà in discussione l'articolo 12, crede opportuno di avvertire fin d'ora, che — appunto per la considerazione, fatta dall'onorevole Mortati e da altri colleghi, che la valutazione degli «interessi nazionali» porta necessariamente ad un giudizio di merito — egli aveva, in una delle suddette «varianti», distinto il giudizio di legittimità da quello di merito, proponendo di affidare il primo alla Corte costituzionale ed il secondo al Parlamento Nazionale. Il Comitato deliberò a maggioranza di non accogliere questo sistema. Personalmente egli ritiene che sarà opportuno ripigliarlo in considerazione.
[...]
Dichiara infine che non condivide le preoccupazioni manifestate dall'onorevole Mortati riguardo all'ultimo comma dell'articolo 4, giacché è il legislatore che di volta in volta deciderà di attribuire qualche altra materia alla competenza legislativa di integrazione della Regione; e ciò sarà fatto a mezzo di leggi speciali. Bisogna pur concedere al legislatore ordinario la possibilità di muoversi liberamente in questo campo a seconda ritenga opportuno in corrispondenza a sopravvenute necessità. Una eccessiva e pregiudiziale sfiducia nei suoi riguardi non gli sembra opportuna. D'altra parte sarebbe troppo complicato, e per ciò stesso inefficiente, richiedere sempre l'intervento dell'organo costituente.
A cura di Fabrizio Calzaretti