[Il 3 giugno 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Colitto. [...] Prima osservazione. Il progetto di Costituzione — come ho già detto — mira alla creazione di un ente, che si chiama Regione, ma contemporaneamente distrugge l'ente che si chiama provincia.

Ora a me pare evidente che, se, a seguito della costituzione delle Regioni, dovranno essere trasportati nel capoluogo della stessa tutti, o in gran parte, gli attuali uffici provinciali, si attuerà una forma non di decentramento, ma di accentramento, con inconvenienti che è superfluo indicare. A ciò solo in parte si ovvierebbe facendo della provincia una circoscrizione amministrativa di decentramento, non solo statale ma anche regionale, perché non è a dubitare che innumeri pratiche, che attualmente possono essere disbrigate nel capoluogo della provincia, cioè alla periferia, dovrebbero essere disbrigate, una volta costituite le Regioni, nel capoluogo della Regione, cioè al centro. L'articolo 120 del progetto dispone che «la Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative a mezzo di uffici nelle circoscrizioni provinciali». «Normalmente» dunque. Restano le eccezioni. Ora per queste almeno non parmi dubbio che bisogna nella proposta riforma vedere la fonte — sembra strano, ma è così — non di un decentramento, ma di un accentramento, che da tutti gli interessati — è inutile sottolinearlo — sarebbe quanto mai deprecato.

[...]

Terza osservazione. La situazione, onorevoli colleghi, si complica, se all'Assemblea, alla quale ho l'onore di parlare, parrà opportuno accogliere il grido di dolore che si leva da ogni parte d'Italia per le province, accogliere il voto, che da tutte le province d'Italia si è levato, che nel nuovo ordinamento della Repubblica italiana sia conservata la provincia quale ente autarchico.

Parliamo con franchezza. Se si vuole creare l'ente Regione, bisognerebbe abolire l'ente provincia. È noto che il provvedimento col quale venne estesa al territorio nazionale la legge Rattazzi del 1859, a seguito di che l'Italia fu coperta, d'improvviso, dalla veste amministrativa delle province, ebbe questo significato storico: segnare — respingendo i progetti regionalistici — la conversione di un problema politico (quello del vecchio federalismo) in un problema amministrativo.

Si vuole ora operare la conversione del problema amministrativo in problema politico ed istituire le Regioni? Allora bisogna sopprimere la provincia.

Ma chi avrà questo coraggio? Chi saprà resistere alle sollecitazioni, alle premure e — sarei per dire — alle minacce che ci vengono da ogni parte d'Italia?

Ho qui sotto gli occhi un ordine del giorno del Sindacato dipendenti di una Amministrazione provinciale. Sentite. Si legge in esso: «Solo chi non conosce la vita e l'attività che esplica questa Amministrazione provinciale può pensare alla sua soppressione. Pensate, onorevoli costituenti, ciò che avvenne a Caserta, quando il regime, che ancora dominava la nostra Patria, abolì quella provincia. Oltre che chiudersi in lutto, i cittadini di quel capoluogo bruciarono gli emblemi del fascismo e ne maledirono il capo!» (Commenti).

Nessuno di noi, penso, vorrà essere oggetto di maledizioni né essere bruciato neppure in effigie. Anche perché, onorevoli colleghi, bisogna riconoscere due cose: che la provincia, la quale ha ormai un secolo quasi di vita, è stata, bene o male, un elemento essenziale della nostra organizzazione amministrativa e politica, e che fra le province esistono ormai tali differenze, per cui non è opportuno che ne siano soppressi i confini.

Resti pure, quindi, la provincia.

[...]

Abozzi. [...] L'articolo 107 del progetto di Costituzione dice chiaramente che la provincia è mantenuta: ma di nome; di fatto non c'è più; e così, con nove parole, si distrugge una tradizione: perché, parliamoci chiaro, o la provincia ha un suo bilancio, una sua assemblea, un suo patrimonio e allora è qualche cosa giuridicamente; o non ha assemblea, non ha patrimonio, non ha bilancio, e non è nulla. Non può essere certo quella Giunta, di cui parla l'articolo 120, a dar vita ad un cadavere che la Commissione ha già composto nella bara. Le province hanno un patrimonio che vogliono amministrare da sé. La mia provincia, relativamente all'estrema miseria della Sardegna, ha un patrimonio cospicuo e vuole amministrarselo da sé. Le questioni teoriche sulla provincia sono confinate nei trattati di diritto amministrativo, perché la pratica degli interessi reali della provincia si è affermata. Ho parlato d'interessi reali, e voglio citare un solo esempio. Si può veramente credere che le Assemblee regionali possano tutelare gli interessi delle comunicazioni, che sono così importanti per le province? Ci sono i rappresentanti provinciali anche nell'Assemblea regionale, ma la maggioranza dell'Assemblea regionale si curerà e sentirà i problemi della viabilità delle zone vicine al centro non di quelli della lontana Gallura. L'onorevole Lussu, in un discorso alla Consulta sarda, disse che la provincia aveva tre soli compiti: curare i pazzi, eleggersi un presidente e provvedere alle strade. Io ritenni inesatta allora quest'affermazione dell'onorevole Lussu e la ritengo inesatta adesso. Non starò ad elencare i numerosi compiti della provincia: dico soltanto che essi dovrebbero anche aumentare perché le molte funzioni che sono ora della Prefettura, se le Prefetture verranno soppresse, passeranno alla provincia: cito ad esempio le funzioni del veterinario e del medico provinciale. Una domanda io faccio all'onorevole Lussu: come mai egli possa aver dimenticato che la provincia provvede anche ai tubercolosi, ai tracomatosi ed ai malarici: malaria, tracoma e — in provincia di Sassari — tubercolosi sono tre piaghe della Sardegna.

Lussu. Io sono stato consigliere provinciale parecchi anni; ho amministrato e so di che si tratta.

In quella seduta, alla quale il collega ha fatto già riferimento, egli ha esaltato la mia azione politica ed autonomistica ed ha reso omaggio...

Abozzi. Ho reso omaggio ad altra tua qualità, che nessuno ti può contestare e alla tua tenacia nel difendere le idee che sono le tue e non le mie.

Lussu. L'onorevole Abozzi teme che Sassari non sia più capoluogo di provincia.

Abozzi. Esattissimo. Ebbene?

Una voce al centro. Campanilismo.

Abozzi. Campanilismo giusto. E molti democristiani non sono forse favorevolissimi alla provincia? Sono per questo campanilisti?

Russo Perez. È forse parola di offesa «campanilismo»?

Abozzi. Onorevole Lussu, mi meraviglia come si possa sorridere del problema delle strade, quando si sa che il problema sardo è anche problema di strade. (Interruzione dell'onorevole Lussu).

E c'è, onorevoli colleghi, un'altra ragione per mantenere la provincia, una ragione di psicologia: il medico deve intendere le variazioni del polso dei suoi malati, il politico deve intendere le variazioni delle coscienze. Non bisogna fare nascere dissensi tra capoluogo e province spodestate; dissensi che certamente nascerebbero con la formazione dell'ente Regione.

E d'altra parte, anche a mettermi dal punto di vista regionale — rispondo all'onorevole collega che mi interrompe — non capisco in che cosa la provincia possa turbare l'ordinamento regionale. Come la regione vive nell'orbita dell'ordinamento giuridico dello Stato, così la provincia può vivere nell'orbita dell'ordinamento giuridico della regione.

Una prova generale dell'ente Regione è in atto in Sardegna. C'è l'Alto Commissario e la Consulta. Quali i risultati della prova? Questi: che le province di Sassari e di Nuoro hanno fatto vivere la Regione. È noto infatti che le attività del bilancio regionale sono dovute al concorso dello Stato ed ai fondi derivanti dai permessi di esportazione. L'olio, i formaggi, il bestiame provengono in massima parte dalle province di Sassari e di Nuoro, in pochissima parte dalla provincia di Cagliari e in nulla dalla città di Cagliari. Sassari, da una parte, ha contribuito grandemente al mantenimento della Regione e, dall'altra, continua a perder milioni per l'obbligo del conferimento del suo olio agli ammassi. La prova generale non promette una buona rappresentazione: togliere a Sassari la provincia peggiorerebbe — e di molto — la non lieta situazione.

Se l'istituzione dell'ente Regione sarà approvata, ebbene, dirò che Dio vuole quel che il popolo vuole, e non se ne parli più.

A me non resterà che la santa virtù della rassegnazione; manteniamo, però, la provincia come ente autarchico territoriale.

L'Italia ha bisogno di spiriti concordi; non creiamo figli e figliastri; e se figliastri ci hanno da essere, sia la natura a crearli, non la volontà degli uomini, non la legge improvvida. (Applausi a destra).

[...]

Bubbio. [...] L'ora tarda mi impedisce di trattare della provincia e del circondario, che taluni avversano, sostenendo piuttosto l'incremento delle funzioni del comune, come abbiamo sentito dall'onorevole Sullo e dall'onorevole Cifaldi, dimentichi forse che, accanto agli interessi strettamente locali e comunali, vi sono interessi che toccano la plaga e la regione in senso generale e collettivo. Va da sé che ritengo assolutamente necessaria la conservazione della provincia, quale ente autarchico, come pure ritengo necessaria la ricostituzione dei circondari, soppressi dal fascismo, e che attuavano un utile decentramento delle funzioni governative. Quindi non è da dubitarsi che in questi due punti sarà raggiunta l'unanimità dei consensi.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti