[Il 13 dicembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulle autonomie locali.]

Il Presidente Terracini riapre la discussione sull'articolo 19, ricordando che si è già deciso di esaminare partitamente il controllo sugli atti delle Regioni e quello sugli atti dei Comuni e degli altri enti locali. Per quanto concerne gli atti delle Regioni, si è giunti alla conclusione di ammettere un controllo di legittimità, e non un controllo di merito, e che l'organo incaricato di esercitarlo fosse esterno alle Regioni stesse. Si è quindi posta la questione del referendum e l'onorevole Mortati ha fatto presente il suo punto di vista che l'istituto dovesse avere una configurazione propria ed essere disciplinato in un'altra parte del progetto, e precisamente là dove si tratta della formazione delle leggi regionali.

[La discussione prosegue trattando prima il tema del referendum, per il quale si rimanda al commento all'articolo 123, poi il tema del controllo di legittimità e di merito sulle Regioni, per il quale si rimanda al commento all'articolo 125.]

Il Presidente Terracini. [...] Passando al controllo sugli atti dei Comuni e degli enti locali, pone ai voti la proposta che sugli stessi venga esercitato un controllo di legittimità.

(È approvata).

Apre la discussione sulla opportunità o meno di ammettere anche un controllo di merito sugli atti dei Comuni e degli enti locali.

Codacci Pisanelli, benché sia stato escluso il controllo di merito sugli atti delle Regioni, desidera richiamare l'attenzione della Sottocommissione sulla opportunità di ammettere un controllo di merito almeno per gli atti dei Comuni. Ciò non significa che vorrebbe vederlo esercitato in ogni caso, bensì limitatamente a quei casi particolari che potranno essere determinati. La pratica dimostra quanto l'abolizione del controllo di merito possa essere pericolosa.

Aggiunge che il conferimento ad un organo della potestà di controllo non implica che l'organo stesso si sostituisca al Comune. Il controllo può essere ammesso anche come semplice possibilità di annullamento dell'atto, con rinvio all'autorità che precedentemente lo aveva emanato, di modo che l'atto stesso rimanga proprio dell'autorità che lo ha emanato.

Lami Starnuti si richiama a quanto ebbe a dire nella seduta precedente in relazione al controllo di merito sulle Regioni. È, cioè, contrario ad ammettere anche nei riguardi degli atti amministrativi dei Comuni un qualsiasi controllo di merito, in quanto offenderebbe la libertà della vita amministrativa dei Comuni. Tutta la tradizione democratica e liberale italiana è contraria all'assoggettamento degli enti locali a questa forma di controllo. Si richiama alle proposte che ha avanzato nella seduta precedente, le quali, scartate per le Regioni, potrebbero forse essere riprese in considerazione per i Comuni.

A suo parere lo stesso organo di vigilanza sugli atti della Regione (senza creare un duplicato) dovrebbe essere investito della facoltà di chiedere all'autorità deliberante del Comune il riesame nel merito della deliberazione.

Ravagnan si associa all'onorevole Lami Starnuti e chiede ai sostenitori del controllo di merito sugli atti amministrativi dei Comuni di citare esempi di casi in cui gli atti stessi dovrebbero essere assoggettati al controllo. Dichiara che personalmente non saprebbe indicarne.

Solleva quindi un'altra obiezione di ordine pratico. Premesso che l'organismo che dovrebbe esercitare il controllo sui Comuni dovrebbe essere un organismo regionale, rileva che vi sono delle Regioni che hanno più di 500 Comuni. Il controllo di merito sui loro atti amministrativi comporterebbe una tale remora al loro funzionamento da paralizzare l'attività comunale.

Fabbri chiarisce che, ad esempio, un atto del Comune da assoggettare a controllo, dovrebbe essere la deliberazione relativa al taglio di boschi.

Conti cita l'esempio di un Comune il quale dal 1925 non presenta il proprio bilancio alle autorità competenti.

Bozzi dichiara che, per le ragioni già esposte nella seduta precedente, ritiene che la questione dovrebbe essere risolta stabilendo un controllo di legittimità su tutti gli atti dei Comuni e un controllo di merito in casi stabiliti dalla legge. Aggiunge che, se l'onorevole Ravagnan desidera degli esempi, non è difficile trovarne: contratti di locazione eccedenti una certa cifra, taglio di boschi, ecc. Quanto poi alla struttura del controllo, crede che potrebbe consistere nell'obbligo per il Comune di sottoporre le proprie deliberazioni ad un parere non vincolante. Questo criterio, respinto nella seduta precedente quasi a parità di voti, per gli atti della Regione, potrebbe essere ripreso in esame per gli atti dei Comuni.

Per quanto attiene all'organo che deve esercitare il controllo, dissente dall'opinione espressa dall'onorevole Lami Starnuti. L'organo di controllo sui Comuni e sugli enti locali non può essere, a suo avviso, lo stesso organo statale a carattere in maggioranza elettivo, che esercita il suo controllo sugli atti della Regione, ma deve essere un organo regionale, appunto per il carattere di enti autarchici che viene giustamente riconosciuto nel nuovo ordinamento regionale e in vista dei fini pubblici che la Regione persegue. Non condivide inoltre l'opinione di coloro i quali temono che, in questo modo, si venga a determinare un accentramento regionale. Nulla vieta che si possano decentrare anche queste forme di controllo.

Lami Starnuti spiega che la sua proposta di creare un solo organo di controllo, sia per la legittimità che per il merito, è ispirato a ragioni di economia di lavoro. Non è concepibile che l'amministrazione locale stabilisca da sé quali sono le deliberazioni da inviare all'esame, perché ogni deliberazione può essere contraria alla legge. Quindi è necessario che l'organo che esercita la funzione di vigilanza riceva tutte le deliberazioni senza alcuna esclusione; e allora, se le deve esaminare sotto il profilo della legittimità, le potrà esaminare anche sotto quello del merito.

Bozzi precisa che intendeva dire che l'organo di controllo sui Comuni deve essere diverso da quello di controllo sulle Regioni.

Il Presidente Terracini, dovendo assentarsi, prega, col consenso della Sottocommissione, l'onorevole Perassi di sostituirlo.

Presidenza dell'onorevole Perassi

Il Presidente Perassi ritiene che, per proseguire con ordine nella discussione, sia necessario separare i problemi. Per il momento conviene discutere unicamente dell'opportunità di un controllo di merito; successivamente sarà esaminato il problema dell'organo che dovrà esercitare il controllo di legittimità, ed eventualmente quello di merito.

Lussu non dubita che vi siano dei casi in cui è indispensabile che sia esercitato sugli atti dei Comuni un controllo di merito. Ad esempio, un caso in cui si impone può essere quello di un Comune il quale voglia spendere una cifra elevata per fare un acquedotto di suo uso esclusivo, mentre vi è tutta un'organizzazione di Comuni finitimi che intendono costituire un consorzio e quindi compiere un'opera di portata più vasta, ripartendo la spesa e realizzando così un'economia.

Dichiara di aderire, pertanto, all'opinione dell'onorevole Codacci Pisanelli di ammettere il controllo di merito relativamente ad alcuni atti bene specificati dei Comuni, soprattutto in quanto molti piccoli Comuni debbono ancora formarsi un'esperienza nel campo amministrativo e sarebbe eccessivo rinunciare senz'altro ad un controllo di merito.

Esprime infine la sua sorpresa di fronte alla proposta dell'onorevole Lami Starnuti di una forma di controllo consultivo esercitato dallo stesso organismo di vigilanza sugli atti delle Regioni, il quale — come è noto — avrebbe un carattere esterno alle Regioni stesse, cioè statale. A suo avviso, per evitare lungaggini burocratiche, il controllo in parola non dovrebbe essere esercitato se non da un organismo regionale.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti