[Il 15 novembre 1947 l'Assemblea Costituente inizia la votazione degli ordini del giorno sui seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. L'onorevole Zotta ha presentato il seguente ordine del giorno:

«L'Assemblea Costituente, considerato che la Corte costituzionale è un organo giurisdizionale, poiché esplica ed esaurisce la sua attività nella funzione di giudice; che per tale natura rientra nella sfera del potere giurisdizionale, il quale perciò viene ad essere costituito dalla giurisdizione ordinaria, dalla giurisdizione amministrativa e dalla giurisdizione costituzionale; delibera che i conflitti di giurisdizione siano risoluti, alla pari dei conflitti di attribuzione, dalla Corte costituzionale, la quale è l'organo supremo di giustizia, destinato perciò ad assumere il ruolo di suprema Corte regolatrice».

Ha facoltà di svolgerlo.

Zotta. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, devo trattare una questione di natura delicatamente costituzionale, che non è stata neanche sfiorata in questa dura discussione: parlo dei conflitti di giurisdizione.

L'istituzione della Corte Costituzionale, con i poteri che il progetto le ha attribuito, pone in una nuova luce la questione dei poteri dello Stato, e suggerisce aspetti giuridici che qualche volta nel progetto non sono trattati con quella armonia, con quella conseguenzialità di effetti, che le premesse stesse esigono.

La funzione di giudicare fino ad oggi ha assunto due aspetti fondamentali: giustizia amministrativa e giustizia ordinaria. Il progetto ne aggiunge una terza: giustizia costituzionale.

Noi oggi, dunque, abbiamo tre ordini giurisdizionali: la giurisdizione ordinaria, la giurisdizione amministrativa, la giurisdizione costituzionale.

La prima fa capo alla Cassazione, la seconda al Consiglio di Stato, la terza alla Corte Costituzionale.

Ora, la Corte Costituzionale, che noi andiamo a istituire, fa parte del potere giurisdizionale o giudiziario, come fino ad oggi si è detto, oppure è qualcosa che resta al di fuori, costituisce un super-potere?

Io pongo la questione non per una dissertazione teorica, ma per trarne conseguenze immediate e pratiche.

E bisogna, anzitutto, stabilire cosa si intende per potere giudiziario.

Perché, se noi stiamo alla nozione, che prima si aveva della divisione dei poteri, allora la funzione del giudice si riduce a dirimere liti fra i cittadini ed a erogare pene contro i delinquenti. Ma, se noi superiamo questa visione e consideriamo che l'evoluzione degli istituti giuridici e democratici ha portato alla istituzione del giudice amministrativo, per la tutela del cittadino contro gli abusi dello Stato amministratore, e poi, oggi, alla istituzione del giudice costituzionale, per la tutela dei cittadini contro lo Stato legislatore, allora noi dobbiamo concludere che il potere giudiziario o giurisdizionale non comprende soltanto la funzione del giudice ordinario, ma anche quella del giudice amministrativo e del giudice costituzionale.

Sicché, si pone questa questione: quali rapporti intercorrono fra i vari ordini giurisdizionali? E nel caso in cui avvengano dei conflitti fra di essi, chi ne è il giudice?

Ecco la questione, sulla quale io intendo richiamare l'attenzione.

Essa è stata risolta finora dalla nostra legislazione, deferendo il controllo e la risoluzione dei conflitti alla Corte di cassazione. Ma oggi, che sorge una Corte Costituzionale definita come organo supremo di giustizia, dobbiamo ancora insistere nel ritenere la Corte di cassazione la suprema Corte regolatrice?

Dobbiamo ancora oggi ritenere che una delle parti in causa debba assumere il ruolo, nella decisione del conflitto che sorge tra il giudice ordinario e il giudice amministrativo? Ecco il punto sul quale mi pare che il progetto non si sia neppure fermato, perché il progetto ha attribuito i conflitti di attribuzione alla Corte costituzionale, ma dei conflitti di giurisdizione non ha neppure parlato. Questo è l'aspetto più delicato del principio della divisione dei poteri. Il progetto ha solo fissato un articolo, l'articolo 102, il quale stabilisce la possibilità del ricorso contro tutte le decisioni degli organi giurisdizionali generali e speciali alla Corte di cassazione nelle forme volute dalla legge; ha voluto con ciò che siano devoluti alla Corte di cassazione anche i conflitti di giurisdizione? Se ha voluto intender questo, con esso, secondo me, ha commesso un errore, perché non vi è coerenza logica tra la disposizione che attribuisce i conflitti di attribuzione alla Corte costituzionale e questa che attribuisce i conflitti di giurisdizione alla Corte di cassazione. Non vi è coerenza logica e nemmeno ragione sostanziale, che possa giustificare questo provvedimento. Anzitutto non è conforme ai principî di giustizia che in una lite una delle parti assuma il ruolo di giudice. Se vi è un conflitto tra il giudice ordinario ed il giudice amministrativo, il giudice deve essere al disopra delle parti in contesa, non deve essere assolutamente una delle parti, tanto è vero che finora è stato vivissimo il disagio, della dottrina e della prassi per la mancanza di un giudice che fosse al di fuori ed al disopra del conflitto, di quel giudice che invece in Francia, con criterio scientifico e con una sensibilità giuridica che direi, su questo punto, più raffinata, è stato riscontrato nel Tribunale dei Diritti. Ma, oltre a questa, vi è un'altra ragione: la soluzione adottata contrasta con le esigenze che il principio di gerarchia impone.

Il concetto di gerarchia è un'esigenza del nostro spirito, prima che una necessità di sistematica e di ordine e di armonia. Ora esiste una gerarchia delle giurisdizioni, come esiste una gerarchia delle norme giuridiche. Ebbene, in questa necessità di struttura gerarchica la Corte costituzionale, fra i tre ordini giurisdizionali esistenti, costituisce indubbiamente l'apice ed il vertice, perché è il supremo organo di giustizia. Quindi dobbiamo configurare oggi questa Corte costituzionale come la suprema corte regolatrice, perché, se finora si giustificava il fatto che la Corte di cassazione potesse essere considerata la suprema corte regolatrice, in quanto mancava un terzo giudice neutro, oggi, che noi istituiamo la Corte costituzionale, dobbiamo ravvisare in questa il giudice che sia al difuori e al disopra delle parti in contesa. E tanto è questo ragionamento, che se voi esaminate attentamente le conseguenze che derivano dalla posizione presa nel progetto, vi trovate subito dinanzi ad un assurdo, in quanto nel progetto è stabilito, all'articolo 102, che vi è la possibilità di ricorrere contro le decisioni di tutti gli organi giurisdizionali. Ora, applicando questa disposizione, noi ci troveremo di fronte a questa conseguenza strana, aberrante. La Corte costituzionale è indubbiamente un organo giurisdizionale, perché esaurisce la sua attività nella funzione di giudicare, ed allora in base all'articolo 102 sarebbe ammesso il ricorso in Cassazione contro le decisioni della Corte costituzionale!

Dominedò. Questo è eccessivo!

Zotta. Non è eccessivo, perché se voi date la vera fisionomia a quest'organismo che istituite, voi non potete prescindere dal denominarlo organo giurisdizionale, e poiché all'articolo 102 avete detto che le decisioni degli organi giurisdizionali sono suscettibili di ricorso alla Corte di cassazione, contro le decisioni della Corte costituzionale, stando a questo progetto, voi potete ricorrere alla Cassazione. Il che significa dire che la Cassazione ha la possibilità di riesaminare, di rivedere i pronunciati della Corte costituzionale in materia di costituzionalità delle leggi, sulla soluzione di conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato e fra le varie Regioni, finanche sulle decisioni di responsabilità nei confronti del Presidente della Repubblica e dei Ministri che sono accusati, come dice il progetto, a norma della Costituzione. Se voi volete sfuggire a questa conseguenza, dovete approvare un articolo in cui si stabilisca precisamente una eccezione al principio, e si dica che le decisioni di questo organo giurisdizionale, che è la Corte costituzionale, non sono passibili di ricorso per Cassazione.

Ora, si potrebbe dire che solo in questo modo si sfuggirebbe a questa argomentazione, e cioè dicendo che la Corte costituzionale non è un organo giurisdizionale. Ed allora, che cosa è? È un potere che è al di fuori della triplice categoria della divisione dei poteri? Che cosa è questa Corte costituzionale? Questo bisogna precisare, perché noi abbiamo un pilastro fondamentale, che è la divisione dei poteri, ed è un errore volerne uscire, perché esso costituisce una base dello Stato di diritto e di ogni reggimento democratico, perché non si può pensare che in un organismo sociale, giuridicamente costituito, l'attività umana si possa spiegare diversamente da quella che è la sua triplice caratteristica manifestazione: o ordinare, o eseguire, o giudicare. In ogni organismo sociale o politico, il grado di libertà o di democrazia, è dato precisamente dalla misura in cui questi concetti sono tenuti divisi, oppure si sovrappongono, oppure si oppongono. Ora, in un regime democratico, quale è il nostro, l'ordinare spetta alla legge attraverso il potere legislativo, l'eseguire spetta all'amministrazione attraverso il potere esecutivo, il giudicare spetta alla decisione attraverso il potere giurisdizionale. E questo si manifesta oggi in una triplice Magistratura: Magistratura ordinaria, Magistratura amministrativa, Magistratura costituzionale. Ecco come l'elemento costituzionale-giurisdizionale non sfugge da quella necessità di inserimento in uno dei tre poteri, e precisamente nel potere giudiziario, che ora, con maggiore proprietà, potremmo chiamare potere giurisdizionale, essendo nell'uso la parola «giudici» designata per indicare precisamente la funzione del giudice ordinario.

È inutile parlare poi di una tesi assurda, che sia un superpotere, perché il superpotere non esiste se non nella volontà popolare, che è la fonte di ogni potere, e solo nei rispetti di questa è possibile parlare di un super-potere come di una forza irresistibile, che supera ogni potere costituito.

Una voce a sinistra. La pratica porterà poi al superpotere.

Zotta. Sarà questione anche di disciplina dell'organismo. Ora parliamo di questo organismo nella sua fisionomia: è un organismo che giudica, e questo è essenziale ai fini della dimostrazione che io propongo. Mi si potrebbe dire semmai questo: ma voi ammettete l'esistenza di tre ordini giurisdizionali, in questa maniera: voi vedete la necessità della difficoltà della unicità di giurisdizione. Su questo punto di vista sono stati accennati degli orientamenti in questa Assemblea. Vi sono preoccupazioni che questo principio della unità venga ad essere leso. Io su questa dirò qualche cosa che può sembrare anche strana: la unità di giurisdizione, onorevoli colleghi, non è una garanzia, oggi, allo stato attuale del nostro diritto pubblico; non è una garanzia di libertà e di democrazia, perché la esistenza di un giudice amministrativo e l'esistenza di un giudice costituzionale accanto al giudice ordinario rappresenta sicura guarentigia della difesa dei diritti e degli interessi del cittadino di fronte allo Stato amministratore e di fronte allo Stato legislatore. Sopprimerli o assorbirli: sono queste le tesi varie che sono state prospettate in questa Assemblea. Sopprimerli o assorbirli? Significa però togliere queste garanzie al cittadino.

Ed intanto bisogna considerare questo: che lo Stato deve sottomettersi al diritto. Lo Stato è un uomo onesto, si diceva in Francia. Sottomissione, quindi, al diritto ed alla legge, e questa si può avere soltanto quando vi sia uno strumento idoneo, e questo strumento è dato appunto dal giudice amministrativo e dal giudice costituzionale.

Noi parliamo di questa questione proprio ora che istituiamo una Costituzione, che ha un carattere rigido: la necessità della istituzione della Corte costituzionale si impone, perché noi abbiamo delle norme che sono emanate da una volontà superiore, norme che fissano principî essenziali per la vita sociale, che delimitano i poteri dello Stato, norme che di per sé stesse non possono essere modificate, se non da un procedimento straordinario di legislazione. Ora, chi veglierà sulla osservanza di queste norme? Chi sarà il giudice in caso di disapplicazione?

Si immagini, per esempio, che le Camere domani approvino una legge costituzionale, senza seguire la prescritta procedura della doppia lettura, del numero legale ecc.; che lo Stato emetta leggi su materia riservata alla capacità normativa delle Regioni, o, viceversa, che le Regioni emettano leggi, norme, che non siano in armonia con gli interessi della Nazione o delle altre Regioni. Si possono configurare tutti i vizi dell'atto legislativo, sotto la specie dell'incompetenza, dell'eccesso di potere, della violazione di legge, e in riferimento all'organo che l'ha emanato e in riferimento alla volontà, alla manifestazione di volontà, al contenuto. Chi sarà il giudice in questi casi?

Quando si consideri che alla Costituzione albertina sono state apportate con leggi ordinarie, come sappiamo, molte e gravi modifiche, non si può non porre l'interrogativo.

Ora, il rispetto riverenziale e tradizionale per la forma dello Statuto ha fatto sì, che queste innovazioni abbiano assunto un carattere indiretto, perché formalmente si è lasciata immutata la norma statutaria, ma s'è tradito troppo spesso il contenuto. Ora, un giudice amministrativo adusato a questa specie di vizi nella formazione della volontà, non avrebbe consentito questa specie di eccesso di potere; e noi lo vediamo l'eccesso di potere legislativo in tal caso, quell'eccesso di potere che può essere elaborato soltanto da una giurisprudenza idonea e congrua, quell'eccesso di potere che può essere elaborato soltanto da una giurisprudenza, la quale è formata da magistrati tecnici e da magistrati che abbiano una penetrazione profonda nella vita sociale e politica del Paese. Quell'eccesso di potere, che ha avuto la sua elaborazione nel campo amministrativo, avrebbe la sua elaborazione nel campo legislativo e, se quel giudice costituzionale vi fosse stato per il passato, indubbiamente noi non avremmo avuto quella alterazione completa delle norme statutarie, che garantivano la saldezza delle istituzioni democratiche.

Ora, si dice: attribuiamo tutta la materia al giudice ordinario. Ma attribuire tutta la materia amministrativa e costituzionale al giudice ordinario significa andare incontro a gravi obiezioni.

Noi ci siamo preoccupati in quest'Aula della formazione di una casta chiusa; noi abbiamo, anzi, creduto di ravvisare una valvola di sicurezza con l'inserimento di elementi laici nel Consiglio Superiore della Magistratura.

Ora, a parte ogni giudizio sull'idoneità e sull'efficacia di questa misura, vi è, di fatto, questo: che attribuire al giudice ordinario — che ha competenza piena — la conoscenza, il sindacato della discrezionalità amministrativa, e quindi la possibilità di annullare l'atto impugnato, attribuire al giudice ordinario la conoscenza e quindi il sindacato dell'attività legislativa, dell'attività costituzionale, significa consentire al giudice ordinario di invadere la sfera del potere esecutivo e del potere legislativo, significa davvero allora costituire una casta chiusa, uno Stato nello Stato.

Ma c'è un altro argomento, un argomento che chiamerei di competenza. Il magistrato ordinario ha delle qualità di primissimo ordine nel campo intellettuale e culturale, ma qui il suo compito non è quello di interpretare e di applicare la legge; egli, nel campo amministrativo, deve procedere a valutazioni molto delicate dell'interesse pubblico, che richiedono una vasta, una profonda conoscenza della vita amministrativa; nel campo legislativo, deve avere altrettanta penetrazione della vita sociale e politica del Paese, qualità che mancano al magistrato ordinario.

E vi è un raffronto da fare, a questo riguardo. Onorevole Presidente, io ho finito: io sono preoccupato del richiamo che lei ha fatto all'inizio del mio discorso e vado quindi molto rapidamente verso la conclusione.

C'è dunque, dicevo, un raffronto, a questo riguardo, che io devo fare tra il giudice amministrativo e il giudice costituzionale. Il giudice costituzionale trova la sua piattaforma nell'esperienza che il giudice amministrativo ha costituito. Noi possiamo aver delineato la giurisprudenza costituzionale di domani, guardando alla giurisprudenza amministrativa di ieri.

Ora, in ordine all'idoneità del giudice a decidere in materia costituzionale, molto giova guardare a quello che è stato fatto nel campo amministrativo, dove appunto fu trovata una felice soluzione del problema, in quanto si è formato un collegio che è costituito da esperti amministratori, i quali provengono dai diversi rami dell'amministrazione e da giuristi specializzati. E bisogna dire che è stata possibile soltanto ad un siffatto collegio la formazione, l'elaborazione dell'eccesso di potere, il quale, in un cinquantennio di vita feconda, ha potuto divenire uno strumento delicato e potente nelle mani del giudice, uno strumento capace di penetrare, di mettere a nudo l'essenza intima, della manifestazione di volontà dell'amministrazione, per iscoprirne le nascoste insidie.

Strumento che non potrebbe affidarsi ad altro magistrato, il quale non riassumesse, appunto, in sé la duplice qualità di giudice e di amministratore. Ora, è il medesimo procedimento che deve suggerire al costituente moderno il criterio di formazione della Corte costituzionale, che deve essere formata — come molto opportunamente il progetto sancisce — da magistrati che applicheranno la legge con il rigoroso criterio dell'accertamento e da uomini che porteranno il soffio sociale e politico del Paese, con l'interpretazione di quello che è appunto il momento giuridico e politico che è nell'atmosfera.

Ed ho finito. Ora, abolire od ostacolare la formazione di un giudice costituzionale significa impedire, porre ostacoli a che in Italia, nel campo legislativo, si formi, parallelamente a quello che è accaduto nel campo amministrativo, quella elaborazione che ha dato dei frutti così preziosi per la tutela degli interessi e dei diritti del cittadino contro i soprusi dello Stato, sia nel campo amministrativo che nel campo costituzionale.

Io ho presentato perciò un ordine del giorno, il quale riassume la questione in questi termini: la Corte costituzionale è un organismo giurisdizionale, perché esplica ed esaurisce la sua attività in una funzione di giudicare.

Essendo organismo giurisdizionale, rientra nel potere giurisdizionale, e come tale, allora, deve essere considerato l'organo supremo di giustizia, e quindi, oggi che la Corte di cassazione ha cessato di assumere questo aspetto, per il subentrare di questo organo che sta al di sopra, deve assumere il ruolo di suprema Corte regolatrice, cui vadano devoluti anche i conflitti di giurisdizione oltre quelli di attribuzione. (Applausi).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti