[Il 15 gennaio 1947 la seconda Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulla Suprema Corte costituzionale.]

Laconi solleva una questione pregiudiziale, nel senso che da parte sua e del suo gruppo non si ritiene possibile votare sull'argomento in discussione, se prima non si è deliberato sulla composizione dell'organo.

Il Presidente Conti non ha nulla in contrario ad esaminare subito la questione della composizione della Suprema Corte. Dà lettura dell'articolo 34 del progetto Calamandrei:

«Composizione della Suprema Corte costituzionale. — La Suprema Corte costituzionale ha sede in....., ed è composta di 24 giudici, di 3 Presidenti di Sezione e di un Primo Presidente; è divisa in 3 Sezioni, a ciascuna delle quali sono assegnati 8 giudici, ed un Presidente di Sezione.

«Le Sezioni siedono costituite in collegio di 7 componenti, compreso il Presidente della Sezione; le Sezioni unite siedono costituite in collegio di 19 componenti, compreso il Primo Presidente e i tre Presidenti di Sezione.

«L'ufficio di Pubblico Ministero presso la Suprema Corte costituzionale è tenuto dal Procuratore generale Commissario della giustizia, coadiuvato da un numero sufficiente di sostituti.

«I giudici della Suprema Corte costituzionale sono scelti per metà tra i magistrati di grado non inferiore a quello di consigliere di Cassazione, eletti dalla stessa Magistratura; per metà tra i professori ordinari di materie giuridiche nelle Università e tra gli avvocati esercenti da più di 20 anni, eletti, su elenchi proposti dalle Università o dai Consigli dell'Ordine, dalla Camera dei Deputati. Il Primo Presidente e i Presidenti di Sezione sono scelti dal Presidente della Repubblica in una delle suddette categorie.

«La nomina dei giudici e dei presidenti è fatta con decreto del Presidente della Repubblica; essi durano in carica 5 anni e alla scadenza sono rieleggibili»;

e dell'articolo 3 del progetto Leone:

«La Corte di giustizia costituzionale è composta di:

un presidente;

otto membri ordinari;

quattro supplenti.

«La Corte giudica con la composizione di 9 membri.

«Tre dei membri devono essere scelti tra i magistrati con funzioni non inferiori a consiglieri di Cassazione equiparati, escluso il Primo Presidente della Cassazione.

«Due membri della Corte di giustizia costituzionale devono essere scelti tra i professori ordinari di materia giuridica delle Università che abbiano non meno di 10 anni di insegnamento di ordinario.

«I magistrati ed i professori universitari cessano dalle funzioni e dall'impiego.

«Gli altri membri devono possedere i requisiti di eleggibilità a Deputato.

«Il Presidente ed i membri ordinari e supplenti sono eletti dai due rami del Parlamento e dai Capi delle Deputazioni regionali, riuniti in Assemblea Nazionale, col sistema della votazione segreta e con la maggioranza dei due terzi. In caso di tre votazioni, da tenersi ciascuna a distanza di due giorni, che non raggiungano la predetta maggioranza, si procede ad una quarta votazione segreta con maggioranza semplice.

«Per i giudici della Corte di giustizia costituzionale non vigono limiti di età.

«Il Presidente ed i giudici durano in carica 10 anni e sono rieleggibili. Possono, tuttavia, venir dispensati dalle funzioni in caso di malattia che ne comprometta il libero esercizio, su richiesta del Capo dello Stato o del Governo o di un quarto dei Deputati o dei Senatori. La dispensa viene pronunciata dalla medesima Corte di giustizia costituzionale».

Leone Giovanni, Relatore, data la vastità dei compiti della Corte costituzionale, aderisce alla divisione in sezioni proposta dall'onorevole Calamandrei, aumentando il numero dei componenti.

Il Presidente Conti precisa che bisogna risolvere tre fondamentali questioni di principio, cioè: 1°) chi devono essere gli elettori; 2°) le categorie degli eleggibili; 3°) la proporzione tra di esse. Pone in discussione la prima questione.

Leone Giovanni, Relatore, poiché la Suprema Corte dovrà occuparsi, forse precipuamente, anche della costituzionalità degli atti delle Regioni, tra gli elettori prevederebbe anche i capi delle Deputazioni regionali.

Ravagnan è contrario a questa proposta.

Laconi fa presente che le Regioni sono già rappresentate dal Senato.

Leone Giovanni, Relatore, non insiste.

Ambrosini dichiara di attenersi completamente al sistema dell'onorevole Calamandrei. La metà almeno dei giudici della Corte costituzionale dovrebbe essere formata da magistrati, eletti dalla stessa Magistratura, e non dal Parlamento.

Leone Giovanni, Relatore, come è previsto nel suo sistema, ritiene che la Suprema Corte non dovrebbe essere formata esclusivamente di magistrati e professori universitari. Trattandosi, infatti, di un organo avente carattere tecnico e politico, bisogna che esso rispecchi anche nella sua composizione questa duplicità di carattere. Crede, perciò, che tutti possano essere d'accordo che i membri della Suprema Corte, salvo stabilire le proporzioni, siano tecnici (ossia magistrati, professori universitari, avvocati) e non tecnici (ossia elementi tratti da un ambiente non qualificato tecnicamente), il che, peraltro, non significa che tali elementi debbano essere scelti senza alcun criterio direttivo, dovendo trattarsi di persone, le quali, benché sfornite di particolare qualificazione tecnica, siano tuttavia fornite di larga esperienza e di capacità di giudicare le importanti questioni sottoposte alla Corte.

Per quanto riguarda la questione del corpo elettorale, si dichiara disposto ad accedere al principio che l'elezione dei professori universitari ed avvocati venga riservata alle due Camere, con il limite della designazione dei corpi, per evitare che si nomini il professore universitario meno preparato o l'avvocato meno qualificato per competenza. Per quanto concerne invece i magistrati, esiste tra il suo progetto e quello dell'onorevole Calamandrei un parziale dissenso, se, cioè debbano essere eletti dall'Assemblea Nazionale o dalla stessa Magistratura. Ora, mentre si rifiuta categoricamente di comporre la Corte Suprema di membri del Parlamento, ritiene che possa essere accettato il principio che i suoi componenti, anche se magistrati, siano nominati dal Parlamento.

Ambrosini non è d'accordo sul sistema di deferire l'elezione di tutti i membri della Corte costituzionale alla Camera dei Deputati o all'Assemblea Nazionale. Insiste perché venga accettato il progetto Calamandrei, che si dichiara pronto a far suo. Poiché la Corte costituzionale deve essere investita di una funzione di controllo sulle leggi votate dal Parlamento, non gli sembra opportuno che tutti i suoi componenti vengano eletti dallo stesso organo che deve essere controllato. Insiste nel mettere in rilievo che la metà almeno dei componenti della Suprema Corte costituzionale dovrebbe essere costituita da magistrati eletti da tutto il corpo giudiziario.

Calamandrei, Relatore, ritiene che il controllo sulla costituzionalità delle leggi, pur essendo prevalentemente giuridico, abbia però degli aspetti politici che hanno maggiore importanza in una Costituzione in cui, come l'attuale, sono contenute direttive politiche. Nel suo progetto crede, però, di avere ovviato anche a qualsiasi preoccupazione di carattere politico, perché, contrariamente a quello che avviene per la Suprema Corte costituzionale degli Stati Uniti — la quale, essendo composta di magistrati nominati a vita, costituisce un ostacolo di carattere conservatore contro talune leggi cosiddette di carattere progressivo — ha previsto che i componenti della Corte siano solo per la metà di provenienza dalla Magistratura e durino in carica solo per cinque anni. Si tratta, quindi, di un organo che si rinnova continuamente ed i cui membri, aspirando ad essere rieletti, probabilmente non avranno quella rigidezza conservatrice che si manifesta negli Stati Uniti, dove sono nominati a vita.

Il Presidente Conti pone ai voti il principio che elettori dei magistrati che faranno parte dell'Alta Corte costituzionale debbano essere i magistrati stessi.

(Non è approvato).

Pone allora ai voti il principio che tutti i componenti della Corte costituzionale debbano essere eletti dall'Assemblea Nazionale.

(È approvato).

Leone Giovanni, Relatore, per quanto concerne la proporzione degli eleggibili, desidererebbe che per un terzo i membri della Corte fossero nominati tra i professori universitari, dando la possibilità di scegliere anche tra uomini di pensiero.

Targetti proporrebbe: un terzo magistrati, un terzo avvocati ed un terzo non tecnici, che abbiano i requisiti per la nomina a Deputato.

Bulloni propone che le nomine da parte dell'Assemblea avvengano in tre categorie; magistrati, designati dal Consiglio Superiore della Magistratura; avvocati, indicati dal Consiglio Superiore forense; professori universitari, indicati dai Consigli accademici; tutti designati, si intende, in numero maggiore degli eleggibili, in modo che vi sia la possibilità di una scelta.

Ravagnan, a nome del suo partito, dichiara di essere contrario alle designazioni; pertanto, oltre i magistrati, anche i non magistrati dovrebbero essere nominati dall'Assemblea Nazionale, senza che fossero fissate le categorie in cui i membri dovranno essere scelti. Circa la proporzione, propone che la Suprema Corta sia formata per un terzo di magistrati e per due terzi di non magistrati, senza determinazione di categorie.

Uberti non includerebbe nella Suprema Corte elementi non tecnici, perché, trattandosi essenzialmente di valutazioni giuridiche, è necessario che tutti siano persone competenti.

Ambrosini integrerebbe la proposta dell'onorevole Calamandrei, aggiungendo ai professori e agli avvocati, le «persone specialmente qualificate per i loro studi».

Calamandrei, Relatore, direbbe «cultori insigni di materie giuridiche».

Ambrosini preciserebbe di «materie giuridiche e politiche».

Bozzi teme che, limitando troppo le categorie, si tolga valore alla elettività. Prevederebbe le seguenti categorie: magistrati, professori universitari, avvocati e cultori di scienze giuridiche; e aggiungerebbe la categoria dei politici.

Bulloni completa la sua proposta in questo senso: professori universitari e cultori di scienze giuridiche, indicati dal Consiglio Superiore della pubblica istruzione. La designazione costituirebbe una garanzia di selezione.

Farini si associa all'onorevole Bozzi, nel senso di dare la massima latitudine possibile all'Assemblea Nazionale nella scelta degli elementi adatti per questa altissima funzione. È indiscutibile che essa sceglierà uomini competenti in materie giuridiche.

Ritiene, quindi, che la formula proposta dall'onorevole Ravagnan sia la più giusta: «magistrati e non magistrati», lasciando al Parlamento la più ampia libertà di scelta. Demandare agli organi professionali la designazione gli sembra che sia già una limitazione della facoltà di scelta del Parlamento.

Laconi crede anch'egli che predeterminare rigorosamente le categorie significhi immiserire un organo che si sta concependo come il massimo del Paese. L'indicazione delle categorie dovrebbe essere perciò ampia e solenne, in modo da corrispondere alla dignità di questo organo, come per esempio «magistrati e cultori di materie giuridiche».

Leone Giovanni, Relatore, escluderebbe la categoria degli insigni cultori di diritto, per evitare che, in momenti di disfacimento della dignità dei corpi elettorali, avvenisse quello che è avvenuto col fascismo nei riguardi dei professori nominati per chiara fama e delle lauree ad honorem. Ribadisce, quindi, la necessità di tre categorie: magistrati, professori universitari, entro certi limiti di anzianità, e avvocati; una terza categoria indiscriminata, della quale potrebbero far parte uomini che, se non sono insigni dal punto di vista della preparazione giuridica, possono però portare alla Corte costituzionale un profondo contributo, come per esempio, vecchi uomini politici, o ex capi dello Stato.

Proporrebbe, pertanto, le seguenti categorie e proporzioni: «metà magistrati, un quarto professori universitari ed avvocati, un quarto cittadini che abbiano l'eleggibilità a Deputati».

Bozzi invece della eleggibilità a Deputato, prevederebbe quella a Senatore, in relazione alla quale è previsto un limite di età di 35 anni.

Cappi, per la terza categoria, parlerebbe soltanto di elettori politici.

Mannironi dichiara di aderire alla proposta dell'onorevole Leone; ma desidererebbe che nella dizione «magistrati» fossero compresi anche gli ex-magistrati.

Il Presidente Conti per la terza categoria prevederebbe un minimo di quaranta anni di età. Crede che la Suprema Corte possa essere composta per la metà di magistrati; per un quarto di avvocati e professori universitari e per un quarto di elettori politici aventi almeno 40 anni.

Bozzi domanda se fra gli elettori politici debbano comprendersi anche le donne.

Il Presidente Conti risponde affermativamente. Pone ai voti l'espressione:

«metà magistrati».

(È approvata).

Pone ai voti:

«un quarto avvocati e professori universitari».

(È approvata).

Pone ai voti:

«e un quarto elettori politici aventi almeno 40 anni».

(È approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti