[Il 7 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del progetto di Costituzione della Repubblica italiana. — Presidenza del Vicepresidente Tupini.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Capua. [...] Nei riguardi dell'indipendenza della Magistratura e del suo auto-governo e nei riguardi della Corte costituzionale, emerge qui dal progetto lo sforzo convergente per determinare, sia nell'una che nell'altra, ingerenze politiche, e non poche. Alcuni colleghi della estrema sinistra ben ricordano quanto sia stata esiziale e riprovevole l'ingerenza della influenza politica sulla Magistratura e, alla luce di quella esperienza, essi oggi avrebbero dovuto essere fra i più intransigenti sostenitori della indipendenza assoluta della Magistratura. Ma, indubbiamente, poiché oggi presumono o sperano di poter diventare una maggioranza, ora optano per l'ingerenza politica. Tanto è vero che — accettino questo come uno scherzo e non come una provocazione — al dicastero della giustizia loro, repubblicani, hanno ripetuto una frase monarchica: «Ci siamo e ci resteremo!».

Nella Corte costituzionale i giudici sono nominati per tre quarti dall'Assemblea nazionale. Ma, onorevoli colleghi, l'Assemblea ha un colore politico e quindi, anche di riflesso, i giudici potranno avere un colore politico. Questa Corte, secondo la nostra concezione, avrebbe dovuto essere una specie di tempio, nel quale uomini anziani, profondamente saggi, liberi da ogni influenza e da ogni bisogno, avrebbero dovuto, alla maniera delle antiche vestali, essere i custodi del libro della Costituzione. Si sarebbe dovuto accedere a tale tempio per diritto automaticamente acquisito, attraverso una vita intera di prove, direi, lontano dalla politica. Solo così avremmo visto in quei giudici una superiore garanzia, un'àncora di salvezza contro ogni tempesta e solo così forse sarebbe tornata fra noi la fiducia, perché oggi, forse, il fondamentale, il primo di ogni male è che voi diffidate di noi e noi diffidiamo di voi, perché nella legge non c'è nessuna garanzia reciproca.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti