[Il 25 settembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento». È in discussione l'articolo 55 del progetto di Costituzione.

Vengono qui riportate solo le parti relative alla disposizione in esame, mentre si rimanda alle appendici del Titolo primo della Parte seconda per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. [...] Ieri sera avevo accennato all'opportunità o meno di attendere, per l'esame degli emendamenti i quali propongono certe norme particolari per la formazione del primo Senato della Repubblica fino a che non giungeremo all'esame di tutte le norme transitorie; ma alcuni colleghi hanno fatto presente il desiderio di poterli senz'altro svolgere, perché può essere che ciò che essi direbbero in argomento abbia un riflesso sulle decisioni relative alla formazione permanente del Senato della Repubblica. Do perciò la parola ai presentatori dei due ultimi emendamenti, salvo a decidere il momento nel quale saranno posti in votazione.

Il primo emendamento porta la firma degli onorevoli Leone Giovanni, Avanzini, Rossi Paolo, Pignatari, Cifaldi, Villabruna, Candela, Alberti, Preziosi, Corbino, Condorelli, Costantini, Martinelli, Arcaini, Castelli Avolio, Adonnino. Sarà svolto dall'onorevole Avanzini ed è del seguente tenore:

«Per la prima elezione del Senato, sono nominati senatori di diritto con decreto del Capo dello Stato: i deputati all'Assemblea Costituente che abbiano fatto parte del disciolto Senato, o che siano stati Presidenti del Consiglio o di Assemblea, o che abbiano avuto almeno tre elezioni, compresa quella all'Assemblea Costituente.

«A tale diritto si può rinunciare, ma la rinuncia deve essere fatta prima della firma del decreto di nomina».

L'onorevole Avanzini ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Avanzini. Onorevoli colleghi, l'emendamento da noi presentato riguarda non la costituzione permanente ma unicamente la prima elezione del Senato.

Per questa prima elezione del Senato noi proponiamo che siano nominati senatori di diritto, con decreto del Capo dello Stato, i deputati all'Assemblea Costituente che abbiano fatto parte del disciolto Senato, o che siano stati Presidenti del Consiglio o di Assemblea, o che abbiano avuto almeno tre elezioni, compresa quella all'Assemblea Costituente. Quindi, si potrà obiettare, ancora una volta, nomina dall'alto. Ieri, l'onorevole Alberti ha combattuto questa obiezione con sicura efficacia e sarebbe da parte mia di pessimo gusto ripetere le sue ragioni.

D'altro canto, questa obiezione non ha ragione d'essere, di fronte all'emendamento che noi proponiamo. Infatti questo emendamento non consente una scelta affidata alla libera volontà del Capo dello Stato. Gli eligendi sono individuati in una norma obiettiva, definitivamente limitata. Non si tratta di scegliere gli eligendi, ma solo di esaminare se abbiano i requisiti per essere eletti, requisiti precisati dalla norma. Infatti, nell'emendamento si propone che entrino a far parte del primo Senato i deputati all'Assemblea Costituente che abbiano fatto parte del disciolto Senato o che siano stati Presidenti del Consiglio o di Assemblea. Non è il caso che mi soffermi ad illustrare questo punto dell'emendamento, in quanto esso si riferisce a nomi che sono presenti nel nostro spirito e al nostro ricordo: nomi meritevolissimi di far parte del nuovo consesso. Ma l'emendamento consente anche di varcare la soglia del Senato a quei deputati all'Assemblea Costituente che abbiano avuto almeno tre elezioni, compresa quella all'Assemblea Costituente.

Faccio notare che condizione imprescindibile di eleggibilità, in virtù di questo emendamento, è l'avvenuta elezione in seno all'Assemblea Costituente, e ciò per ovvie ragioni: innanzi tutto per evitare che la soglia del Parlamento possa essere varcata da chi, vantando un numero superiore a tre legislature, quale fascista abbia partecipato a passate legislature del regime. È una preoccupazione di cui non sembra abbia tenuto conto l'emendamento dell'onorevole Nitti.

C'è di più: l'elezione alla Costituente, evidentemente sta a significare una consacrazione, significa il riconoscimento di una dignità mantenuta pura attraverso la sofferenza; e, a mio modestissimo avviso, significa anche che l'avvenuta elezione all'Assemblea Costituente è l'espressione della volontà popolare. Questo emendamento, in definitiva, rispetta in pieno il principio democratico dell'elezione. Infatti questi uomini, entrando nel primo Senato, continueranno ad essere, in fondo, i rappresentanti della volontà popolare. Ma soprattutto sembra che l'emendamento si imponga per una ragione di opportunità e di tecnica parlamentare. Non vi è dubbio che il primo Senato — il nuovo Senato — sarà un'Assemblea nuova, quanto meno composta di gente nuova.

È una impressione che domani potrà anche essere smentita, ma io penso, per esempio, che pochi dei membri di quest'Assemblea pensino oggi con preferenza al Senato piuttosto che alla prossima Camera dei deputati. Forse noi siamo un po' servi del passato, ma è certo che questa prima Camera dei deputati appare più rigogliosa, più fresca, più feconda, un'arena di ardente battaglia dove di getto si foggia la vita politica italiana con una perenne ansia verso un domani migliore. E allora, fuori di qui andremo a cercare i membri di questo primo Senato? Ma dove trovarli, quando il ventennio ha disperso e cancellato tante vite, tanta saggezza e tante esperienze? Ecco quindi la necessità che nel primo Senato almeno entri un nerbo di uomini esperti, di uomini provati, attraverso dura ed amara esperienza, provati alla vita politica, perché questo nerbo di uomini crei attorno a sé la necessaria organizzazione della nuova Assemblea.

Ecco perché noi pensiamo che questo emendamento potrebbe trovare il favore dell'Assemblea. Non ci mosse in proposito alcuno spirito di parte, perché entreranno nel Senato uomini di diversi partiti, avvicinati da nuovi compiti. Sono stati alieni da ogni spirito di parte i diversi firmatari, i quali avrebbero meglio di me illustrato questo emendamento, ma tutti insieme vi ripetono un'aspirazione sola con voce alta e fervida: che il primo Senato, il nuovo Senato possa rispondere alle esigenze della rinnovata vita politica italiana. (Applausi al centro).

Presidente Terracini. Gli onorevoli Martino Gaetano, Morelli Renato, Villabruna, Cifaldi, Bonino, Colitto, Perrone Capano, Condorelli, Colonna, Mazza, Rodinò Mario hanno presentato la proposta del seguente articolo 55-bis:

«Per la prima elezione del Senato, sono nominati Senatori con decreto del Capo dello Stato:

a) i deputati al Parlamento dichiarati decaduti nella seduta del novembre 1926 e quelli che non furono dichiarati decaduti, ma esercitarono la funzione di oppositori nell'aula, purché non eletti nella cosiddetta lista nazionale;

b) i deputati all'Assemblea Costituente che sono stati Presidenti del Consiglio o di Assemblea;

c) coloro che siano stati membri del disciolto Senato ed abbiano mantenuto atteggiamento di costante opposizione al regime fascista dopo il 3 gennaio 1925».

L'onorevole Martino Gaetano ha facoltà di svolgerla.

Martino Gaetano. Dopo quanto ha detto l'onorevole Avanzini, potrei anche rinunziare a svolgere il mio emendamento, tanto sono evidenti le ragioni che lo hanno ispirato.

Si vuole da molti che nel primo Senato della Repubblica italiana non manchino vecchi parlamentari, i quali rappresentino quasi una garanzia, per noi, di un efficace funzionamento democratico di questa Assemblea legislativa. E se questo è lo scopo, io penso che non bisogna tanto guardare al numero delle legislature di questi ex parlamentari, quanto, invece, all'attività politica da essi svolta nel passato. In altri termini, ad un criterio quantitativo di valutazione occorre, a parer mio, sostituire un criterio qualitativo.

Per quanto si faccia per cercare di dimenticarlo, è certo che pesa ancora e peserà, io penso, per lungo tempo nella vita politica italiana il ricordo del recente passato. Noi crediamo che una garanzia di efficace funzionamento democratico di quella Assemblea potrà essere offerta soltanto da quegli ex parlamentari che mostrarono, nei tempi più oscuri della dittatura, di volere difendere la democrazia, di volere salvare la libertà.

Che vale il numero delle legislature? Forse questo numero aggiunge qualcosa all'attività politica che in un determinato momento questi uomini svolsero? O forse la mancanza di questo numero è fattore di svalutazione di quella attività politica?

Sono questi gli uomini che noi vorremmo vedere entrare di diritto nel primo Senato della Repubblica italiana; i provati nemici della dittatura, gli amici provati della libertà. E questi sono, come dice il mio emendamento: primo, coloro che furono estromessi da quest'Aula nella seduta del 26 novembre 1926 col voto di una maggioranza di Assemblea (pensate: questi erano i soli deputati, in quel tempo, che possiamo considerare davvero liberamente eletti dal popolo italiano, perché gli altri, quelli che costituivano la maggioranza, non erano espressione vera della libera scelta del popolo italiano, essendo qui pervenuti attraverso un artificio elettorale, per mezzo della cosiddetta lista nazionale); secondo, gli oppositori nell'Aula: nell'Aula di Montecitorio ed in quella di Palazzo Madama.

Si è cercato di fare una valutazione storica dell'attività politica di questi uomini. Credo che questo sia prematuro. La storia dirà più tardi se l'azione che essi svolsero sia stata opportuna od inopportuna, se possiamo considerare un errore, o non dobbiamo considerarla tale, la tattica che essi seguirono in quel determinato momento politico. Ma è certo, a mio parere, che qualunque sia la valutazione che la storia farà della loro attività politica, questa attività politica resterà sempre come una delle pagine più nobili scritte da una parte del popolo italiano nei tempi più oscuri della dittatura fascista. Così come, qualunque sia questa valutazione della tattica parlamentare seguita da questi uomini, nulla potrà impedire che nel cuore degli italiani resti perenne la commossa riconoscenza per uno di costoro che, se fosse vivo, noi vorremmo vedere entrare per primo nel nuovo Senato italiano: Giovanni Amendola. (Applausi).

[...]

Presidente Terracini. [...] L'onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione su gli emendamenti presentati.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. [...] Avrei finito, se non vi fosse un'appendice di emendamenti, che concernono un numero di senatori designati — al di fuori del sistema elettorale — per diritto o per scelta del Capo dello Stato. Una combinazione del criterio elettivo con designazioni di questo genere non è sconosciuto ad altre Costituzioni.

Vi sono due ordini di emendamenti. Uno è per norme permanenti; l'altro per norme transitorie.

[...]

Vi sono poi le proposte d'ordine transitorio. Quella dell'onorevole Leone, Avanzini ed altri suggerisce di fare entrare di diritto (ma con possibilità di rinuncia) nel primo Senato alcuni elementi dei precedenti Parlamenti. Condizione, per tutti, dovrebbe essere di aver fatto parte della Costituente; così che si eliminerebbero i possibili residuati del tempo fascista. Oltre a detta condizione, sarebbero titoli per diventar senatori l'esser stati Presidenti di un Consiglio dei Ministri o di un'Assemblea, senatori o deputati per almeno tre legislature, compresa la Costituente. L'onorevole Nitti porta le legislature a cinque, ma ha detto nel suo intervento che si riserva di riesaminare e fissare altrimenti il numero.

Nel Comitato si sono manifestate diverse opinioni.

[...]

In quanto alla norma transitoria avete sentito qui esporre con tanta vivezza argomenti a favore, che sono, fra gli altri, di serbare al primo Senato repubblicano elementi sicuri e provetti, che altrimenti, per la loro età, non affronterebbero il disagio della lotta elettorale; la nomina, una volta tanto, per una sola legislatura, riempirebbe in parte il vano lasciato, per la prima immediata elezione del Senato, dalla non partecipazione della quota di senatori attribuita ai Consigli regionali, che non sarebbero a tempo costituiti.

La obiezione che con nomine di siffatto genere, a base non elettiva, si spezzerebbe la linea strutturale del Senato, è superata o almeno attenuata dal fatto che tali nomine avverrebbero per una sola volta, in via di assoluta eccezione. Si tratta di vedere se, dato il carattere transitorio di tale norma, la decisione su di essa sia da prendersi ora o da rinviarsi al momento in cui la Costituente formulerà le disposizioni transitorie della Costituzione.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti