[Il 12 dicembre 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame delle disposizioni finali e transitorie.]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'esame della VI norma transitoria di cui era stato rinviato l'esame:

«Si applica all'Assemblea Costituente la disposizione del secondo comma dell'articolo 58 della Costituzione».

Il secondo comma dell'articolo 58 dice, come i colleghi sanno, che i poteri delle Camere sono prorogati sino alla riunione delle nuove Camere.

L'onorevole Targetti, ha presentato il seguente emendamento alla VI norma transitoria:

«In applicazione della norma di cui al secondo comma dell'articolo 58 della Costituzione, i poteri dell'Assemblea Costituente sono prorogati dalla data del 31 dicembre 1947 di cui alla legge costituzionale 17 giugno 1947, n. 2, sino al giorno della elezione delle nuove Camere.

«In tale periodo tutte le Commissioni permanenti restano in carica. Quelle legislative rinviano al Governo con le eventuali osservazioni e proposte di emendamenti i disegni di legge loro trasmessi.

«I deputati possono presentare interrogazioni, chiedendo la risposta scritta.

«L'Assemblea Costituente può, in tale periodo, essere convocata in via straordinaria dal suo Presidente su richiesta o del Governo o di almeno duecento deputati».

Targetti.

Ha facoltà di svolgerlo.

Targetti. Onorevoli colleghi, in un primo tempo noi avevamo presentato un emendamento molto più conciso, col quale si proponeva di aggiungere alla norma contenuta nel testo del progetto di Costituzione anche l'applicazione dell'articolo 59, che, come l'Assemblea sa, stabilisce le modalità e quindi indica i casi di convocazione straordinaria delle due Camere. Abbiamo poi ritenuto opportuno presentare un emendamento più particolareggiato di cui il nostro egregio Presidente ha dato lettura, per meglio indicare le modalità con le quali potrà svolgersi la facoltà che la Costituzione deve attribuire anche all'Assemblea Costituente. I colleghi ricordano il tenore, la portata, il significato dell'articolo 58 che questa Assemblea ha approvato, si può dire, con voto unanime, giacché a proposito di quest'articolo non si manifestò alcun contrasto. Non posso affermare che l'approvazione avvenisse a voto unanime, ma si potrebbe affermarlo senza timore di dire cosa inesatta perché, ripeto, nessuno ebbe a fare obiezioni in proposito. L'articolo non provocò né critiche, né riserve. D'altra parte, la sua portata innovatrice non può sfuggire a nessuno. Tutti sanno che per il passato, dal momento in cui, o per morte naturale, cioè per il compimento del decorso stabilito dalla legge, o per morte che si potrebbe dire violenta, cioè in seguito ad un decreto di scioglimento, la Camera dei deputati veniva a cessare da quel momento, fino a quello nel quale la nuova Camera (allora si parlava di una Camera sola, perché soltanto la Camera dei deputati era elettiva) non fosse stata eletta, vi era un periodo nel quale il potere esecutivo restava sottratto ad ogni controllo ed un potere legislativo non esisteva più. Risorgeva soltanto col nascere della nuova Camera. Contro questo sistema, per gli inconvenienti, i pericoli che presentava, si era pronunziata una corrente notevole nel campo della dottrina. Ed in questo senso, anche nel campo legislativo, ci fu tra noi, se ricordo bene — confesso non già di non aver avuto ma di non aver trovato il tempo di accertarlo — ci fu, anche fra noi, dopo la prima grande guerra, qualche iniziativa parlamentare.

Sia così o sia diversamente, sta il fatto anche più significativo, che in alcune Costituzioni moderne è stato esplicitamente stabilito il principio della proroga dei poteri delle Assemblee elettive anche dopo il decorso del termine naturale della loro durata, anche dopo il loro scioglimento.

L'articolo 58 è chiaro: i poteri delle Camere sono prorogati. Fu detto nel testo dell'articolo «fino alla costituzione delle nuove Assemblee». In sede di coordinamento si dovrà dire: «fino al giorno delle elezioni», perché altrimenti vi sarebbe un periodo, sia pur breve, nel quale — Dio ci salvi da questo pericolo — il numero dei deputati e dei senatori sarebbe il doppio di quello stabilito dalla Costituzione. Avremmo due Camere dei deputati e due Senati. Se invece si dirà «fino al giorno delle elezioni» questo inconveniente sarà evitato.

Onorevoli colleghi, mi dovete scusare se mi dilungo su questo punto. Mi sembra una necessità. Il principio che abbiamo stabilito con parere unanime è dunque questo: che non deve esistere nessuna soluzione di continuità fra la Camera che muore e la Camera che nasce. Badate, l'articolo 58 parla di poteri e non di determinati poteri. E quando si dice che i poteri di un'Assemblea sono prorogati, sarebbe un imprestare al legislatore una volontà che non ha avuta, attribuirgli l'intenzione di una limitazione di poteri, che, se l'avesse avuta, l'avrebbe manifestata specificando i poteri per i quali stabiliva la proroga. La frase generica «i poteri dell'Assemblea» è la più comprensiva che si poteva immaginare. Comprende tutto, non esclude nulla. Significa che tutti i poteri delle Camere sono prorogati fino all'elezione delle Camere nuove. Questo stabilisce la nostra Costituzione, per le future Assemblee legislative. In relazione a questa disposizione la norma transitoria di cui oggi siamo chiamati a discutere, applica il principio della proroga dei poteri anche all'Assemblea Costituente. Mi sembra che questa proposta sia tanto logica, che si dovrebbe dire illogica l'eventuale mancanza di una proposta del genere. Se la nostra Assemblea Costituente è venuta in quest'ordine di idee, se ha riconosciuto la necessità di evitare questa carenza del potere legislativo, e di mantenere la facoltà di controllo anche nel periodo di intervallo tra le vecchie e le nuove Camere, non per la stessa ragione, ma a maggior ragione, questa norma non poteva essere non estesa anche alla Costituente. Quindi, noi affermiamo la necessità di approvare questa che non è una proposta nostra, una proposta di un partito di opposizione, ma una proposta della Commissione dei Settantacinque in cui erano rappresentati tutti i partiti. D'altra parte, perché non ci siano incertezze sopra le modalità dell'esercizio di questa proroga dei poteri, nella particolare situazione della Costituente, abbiamo nel nostro emendamento indicato specificatamente alcuni punti. Noi diciamo: le Commissioni permanenti permangono; le Commissioni legislative permangono. Ma poiché, come l'Assemblea sa bene, le Commissioni legislative hanno tali facoltà che quando una Commissione ritenga che un disegno di legge debba essere portato al Parlamento, il Governo ha l'obbligo di uniformarsi a questo parere, abbiamo ritenuto opportuno limitare questi poteri, pensando anche che si debba con altra disposizione limitare il periodo di tempo nel quale questa disposizione avrà da valere. Badate, onorevoli colleghi, l'Assemblea non avrebbe nessun obbligo né necessità alcuna di venire a questa limitazione. L'Assemblea potrebbe dire: «Si prorogano i poteri come sono». Noi abbiamo invece inteso di limitarli per rendere più largo il consenso verso la nostra proposta. Limitarli in questo senso: che, mentre fino allo scioglimento della Costituente il parere delle Commissioni legislative ha carattere di parere vincolativo, cioè che su deliberazione della Commissione il Governo non può esimersi dal portare al Parlamento il suo disegno di legge, noi diciamo invece che in questo periodo intervallare le Commissioni devono rimandare al Governo i disegni di legge con le loro proposte e coi loro emendamenti; da parere vincolativo il loro diventa un parere consultivo.

Noi siamo convinti che questo sia quanto di meno si possa richiedere come attribuzione di facoltà alle Commissioni stesse.

Infine, abbiamo incluso la facoltà dei deputati di presentare interrogazioni, chiedendo la risposta scritta.

Non siamo ingenui, al punto da non riconoscere la portata, molto modesta di questo diritto. Ma in realtà è sempre un diritto al quale corrisponde un dovere che sarà adempiuto più o meno bene, secondo lo scrupolo e la sensibilità politica del Ministro interrogato, che non potrà, certo, rimandare la risposta a dopo le elezioni, cioè a quando, forse, non sarà più Ministro, senza esporsi alle critiche più severe dell'opinione pubblica.

Infine, non sarebbe una grande astuzia, ma una vera ingenuità passar sopra, fingendo di ignorarlo, nasconderci, quello che può essere il punto di maggiore dissenso, cioè il modo di convocazione dell'Assemblea, in questo periodo.

Noi avevamo, in un primo tempo, cioè nella prima dizione del nostro emendamento, richiamato senz'altro l'articolo 59. Orbene ricordo ai colleghi che l'articolo 59 stabilisce che basta la richiesta di un terzo dei componenti di ciascuna Camera, cioè della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica (lo ricordo in special modo ai presentatori della richiesta della metà più uno dei componenti dell'Assemblea), per ottenerne la convocazione. Ma noi, non per eccessiva arrendevolezza, ma per obbedire sempre a quello che ci sembra un onesto ed anche doveroso proposito, di cercare, finché possibile, un punto di accordo e di intesa, per evitare quello che riteniamo in materia costituzionale essere un danno e per chi vince e per chi perde, il vedere cioè una norma approvata a maggioranza di pochi voti, proprio per questo convincimento e questo scopo veniamo incontro ai proponenti la metà più uno, dicendo; rinunziamo alla richiesta di un terzo e chiediamo un minimo di 200 deputati, pur essendo persuasi che il terzo, fissato dall'articolo 59, non meriterebbe di essere elevato.

Onorevoli colleghi, io non voglio allungare la discussione, e per questo mi astengo da tutto quello che potrebbe essere utile addurre a sostegno della nostra tesi, limitandomi a quanto ritengo strettamente necessario non dimenticare. Ora, chiunque voglia stabilire il numero minimo di richiedenti, necessario per ottenere la convocazione dell'Assemblea non può, se vuol dare un giudizio sereno, prescindere dalla presente situazione parlamentare, giacché è di quest'Assemblea che si parla.

Quando voi, onorevoli colleghi della Democrazia cristiana, riconoscete l'Assemblea Costituente e le volete dare la facoltà di autoconvocarsi (la convocazione, è utile dirlo subito, avverrà sempre da parte del Presidente dell'Assemblea Costituente), ma dite che per ottenerne la convocazione occorre la richiesta della metà, o della metà più uno dei componenti dell'Assemblea stessa, diciamo la verità onorevoli colleghi, voi concedete una facoltà che non potrà mai esser esercitata. Voi mi insegnate che questa facoltà è una facoltà stabilita a difesa dei diritti delle minoranze: questo è il motivo — e non occorrono molte parole per dimostrarlo — che ha ispirato una simile norma transitoria, come ha inspirato quella dell'articolo 59. Se però voi subordinate l'esercizio di questo diritto ad una condizione, che le minoranze non saranno mai in grado di rispettare e di assolvere, allora tanto varrebbe, con maggior franchezza e sincerità, dire: tutto sta bene, fuori che la convocazione dell'Assemblea. (Commenti al centro).

Se si vuole ammettere questo diritto di convocarsi, bisogna assicurare la possibilità di ottenere la convocazione; sento il collega Grilli dire che anche duecento deputati sono troppi. Io accetto ben volentieri questo rilievo, poiché costituisce una conferma, della modestia, della timidezza delle nostre richieste. Se non abbiamo, nella speranza di guadagnare alla nostra proposta consensi più larghi, insistito sul terzo, è stato per evitare l'obiezione che, con l'accordo di due Gruppi dell'Assemblea, il nostro è quello comunista, e con l'adesione di qualche altro deputato di altro partito (ce ne vorrebbe sempre almeno una ventina), sarebbe raggiunto il numero sufficiente per ottenere la convocazione dell'Assemblea. Ed abbiamo proposto di portare il minimo a duecento. E forse abbiamo esagerato. Elevarlo ancora ci sembrerebbe chiudere gli occhi dinanzi alla realtà. Senza uscire dal tema, senza toccare un argomento un po' scottante, mi limito a ricordare che in quest'Assemblea, la maggioranza che è costituita dal partito dominante, la Democrazia cristiana, e dai rappresentanti di altri partiti minori, sta per allargarsi. Si sta parlando da tanto tempo di un rimpasto ministeriale. Non entro nel merito, ma osservo che per dichiarazione dello stesso onorevole De Gasperi i rappresentanti del Partito socialista dei lavoratori italiani sarebbero lì lì per concludere l'accordo e, pensando all'antica immagine della diligenza ministeriale, modernizzandola col sostituire alla diligenza l'autopullman, si può dire che quei nostri colleghi impazienti hanno già un piede sulla pedana. I repubblicani, invece, non hanno ancor fatto quest'atto, perché pare che vogliano avere una qualche ingerenza anche nella direzione della marcia, mentre l'onorevole De Gasperi non vedrebbe nessuna ragione per non restarne l'arbitro (Rumori e commenti al centro). E può anche non aver torto. Non è il momento di discuterne. Ma, nella probabile ipotesi che questi due Gruppi salgano tutti e due sull'autopullman ministeriale, verrà a costituirsi una maggioranza tale che, qualora si elevasse il minimo dei deputati occorrenti per chiedere la convocazione della nostra Assemblea, questa si convocherebbe soltanto all'indomani delle elezioni.

Queste le ragioni che giustificano il nostro emendamento. (Vivi applausi a sinistra).

Presidente Terracini. Gli onorevoli Mortati, Moro, Tosato, Grassi, Mastino Gesumino, Bettiol hanno presentato il seguente emendamento:

«L'Assemblea Costituente, agli effetti di cui al primo comma del presente articolo, è convocata dal suo Presidente su richiesta motivata del Governo o della metà più uno dei componenti dell'Assemblea stessa.

«Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere l'Assemblea Costituente potrà essere riconvocata quando vi sia necessità di deliberare nelle materie attribuite alla sua competenza dall'articolo 2, primo e secondo comma, e dall'articolo 3, primo e secondo comma, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98.

«In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge ad esse presentati con le eventuali osservazioni e proposte di emendamenti.

«I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richiesta di risposta scritta.

L'onorevole Mortati ha facoltà di svolgerlo.

Mortati. Penso che sia opportuno far precedere una breve premessa alla illustrazione dei singoli punti del mio emendamento: una premessa di ordine generale intorno alla natura e finalità dell'istituto della prorogatio che abbiamo accolto nell'articolo 58 della Costituzione e che ora si propone di applicare all'Assemblea Costituente. Mi pare opportuno (visto che l'onorevole Targetti, nel dare una sua interpretazione dell'articolo citato, si è riferito alla pura e semplice dizione letterale «sono prorogati i poteri», per argomentare che con essa si sia inteso fare riferimento a tutte le attribuzioni proprie delle Camere) mettere in rilievo che le disposizioni di legge non si possono applicare sulla sola base della loro lettera, ma vanno inquadrate nell'insieme dei principî generali regolanti gli istituti. Se si richiede che le leggi siano interpretate dai giuristi, ciò avviene perché occorre una determinata informazione delle norme di ermeneutica necessarie per intendere l'esatto significato delle parole della legge.

Così, quando l'articolo 58 stabilisce che i poteri delle Camere sono prorogati, bisogna, per determinare l'estensione di tali poteri, riferirsi alla natura della prorogatio, intesa come istituto di carattere generale, che trova numerose applicazioni, anche nel campo del diritto amministrativo; poiché è ovvio che la speciale attuazione fatta nella fattispecie non può discostarsi dai principî regolatori dell'istituto stesso. La prorogatio serve in sostanza ad assicurare, nell'intervallo fra la cessazione della carica del titolare di un organo e il subentrare del successore, la continuità dei servizi dell'organo stesso. Ora il fatto stesso che sia scaduto il periodo normale di durata della carica, determina come un depotenziamento dei poteri normalmente attribuiti al titolare, ed è pacificamente ritenuto che i poteri durante il periodo di proroga siano solo quelli attinenti alla ordinaria amministrazione.

Questa è la funzione caratteristica della prorogatio. Ora, nei riguardi delle Camere legislative, si potrebbe osservare che per esse non sia possibile un'attività che si possa classificare dell'ordinaria amministrazione e che quindi non vi sia luogo ad estendere ad esse la prorogatio.

Una voce a sinistra. Purtroppo, è una ordinaria amministrazione politica.

Mortati. Se in alcune delle costituzioni moderne si è introdotto pel funzionamento del Parlamento tale istituto, ciò è avvenuto in via principale per provvedere ai casi in cui vi sia necessità urgente di legiferare durante il periodo lo scioglimento delle Camere e la riunione delle successive. Anche per noi la ragione che ha indotto la Commissione prima e l'Assemblea poi a seguire questa via è stata appunto quella di provvedere a tali casi. La norma dell'articolo 58 trova la sua esplicazione in quella del successivo articolo 74-bis, con cui si è disposto che, nel caso di emanazione di decreti legge, le Camere devono essere convocale entro cinque giorni, anche se sciolte. La vera ragion d'essere di questo istituto sta pertanto nel controllare il Governo nell'esercizio dell'attività legislativa, durante il periodo di intervallo fra una legislatura e l'altra successiva.

Le Camere prorogate possono essere utilizzate anche per scopi di sindacato politico, ma questo sindacato non può che svolgersi in un tono minore e con efficacia diversa da quella ordinaria. Sembra evidente che esso non possa giungere fino al punto di provocare un voto di fiducia, o di determinare una crisi ministeriale. Ciò per l'ovvia ragione che in regime parlamentare il voto di sfiducia, la crisi, devono avere avanti a loro, come sbocco possibile, l'appello al popolo. Ora, quando le elezioni sono indette, quando i comizi sono già convocati, quando c'è già in atto l'arbitro delle eventuali controversie fra Governo e Parlamento, non si manifesta la possibilità di un voto di sfiducia, con le conseguenze proprie di esso, appunto perché il giudizio sul contrasto che si manifesta fra i due poteri trova la sua sede nella consultazione popolare, e deve desumere da essa la sua diretta soluzione. In questa fase, il sindacato politico da parte di un'Assemblea scaduta nei suoi poteri e interinalmente mantenuto in vita, non può avere altro effetto se non quello di una denuncia all'opinione pubblica di eventuali inadempienze governative. Una crisi ministeriale in periodo di proroga non è pertanto concepibile, perché ripugna alla indole stessa dell'istituto ed è in contrasto con le finalità del congegno parlamentare, in cui la crisi, ed il voto di sfiducia che la precede, devono inserirsi.

Queste considerazioni generali sembrano a me ineccepibili e sembrano comprovate, oltre che dall'analogo funzionamento dell'istituto in parola in altre costituzioni, dello stesso articolo 58, che considera a parte il caso della proroga delle Camere per legge, proroga che ha come risultato di prolungare nel tempo le Assemblee nella pienezza di tutti i loro poteri. Ciò premesso, è da chiedersi se per la Costituente possano valere le ragioni indicate come giustificative della prorogatio delle Camere ordinarie, e se vi sia luogo ad ammettere nell'affermativa, un funzionamento di essa diverso da quello indicato.

È da osservare che per la Costituente vi sono notevoli elementi di differenziazione rispetto alla fattispecie prima considerata. Anzitutto, la scadenza del termine segna non solo la fine del mandato dei suoi membri, ma della stessa sua esistenza, trattandosi di un organo continuativo. Con il 31 dicembre viene a cessare, quindi, non solo il titolare dell'organo, ma l'organo stesso. In secondo luogo, a differenza delle Camere ordinarie, la Costituente non è fornita di potere legislativo, che, a tenore dell'articolo 3 del decreto n. 98 del 16 marzo 1946 resta delegato al Governo fino alla Convocazione del nuovo Parlamento.

Quindi è pacifico che non vige la ragione peculiare della permanenza in vita dell'Assemblea legislativa ordinaria, e sembrerebbe in conseguenza che venga meno la ragione della proroga della Costituente. Tuttavia si può osservare che l'articolo 3 della legge n. 98 del 16 marzo, mentre ha attribuito al Governo il potere legislativo ordinario, nel periodo di intervallo fino alla Convocazione delle nuove Assemblee, ha conservato all'Assemblea Costituente per lo stesso periodo il potere di intervenire con competenza esclusiva nella materia costituzionale e nella materia di approvazione dei trattati. Quella in materia elettorale deve ritenersi esaurita. Ed inoltre ha riservato all'Assemblea stessa il potere di procedere alla nomina del Capo dello Stato. Ora, per quanto sia da prevedere che gli interventi a tali scopi dell'Assemblea rivestono carattere assolutamente eccezionale, sembra tuttavia non inopportuno prevedere la possibilità di una riconvocazione dell'Assemblea a questi fini limitati che sono stati espressamente indicati nel mio emendamento.

Per quanto riguarda l'intervento delle Commissioni nell'esercizio del potere legislativo ordinario ed altresì per il diritto di presentare interrogazioni con richieste di risposta scritta, l'emendamento concorda in tutto con quello dell'onorevole Targetti.

La differenza sorge nei confronti della possibilità di convocazione per altri oggetti che non siano questi ben determinati e che la legge istitutiva ha affidato alla competenza propria dell'Assemblea Costituente. Si tratta del potere di sindacato politico sul Governo, rispetto al quale sono da richiamare le considerazioni precedentemente fatte, che limitano, per necessità di cose, il sindacato stesso alla semplice denuncia al Paese degli eventuali abusi del Governo. È ovvio che, se tali abusi si concretassero nell'emanazione di norme incostituzionali, sorgerebbe la competenza esclusiva dell'Assemblea ed il relativo diritto di convocazione. Per altri abusi l'unica possibilità di convocazione dell'Assemblea sarebbe quella di denunciarli al Paese: ciò che trova il mezzo nell'esercizio del diritto di interrogazione.

Estendere ulteriormente i casi di convocazione del plenum non risponderebbe ad esigenze concrete, e sarebbe in contrasto con le finalità della prorogatio.

Rimane l'altra questione circa il quorum necessario per l'autoconvocazione. Si è detto che la metà più uno è una determinazione eccessiva ed arbitraria. Osservo che la proposta da me formulata è poggiata su un testo positivo, cioè da quello stesso Regolamento della Camera dei deputati che regola i nostri lavori. Noi abbiamo adottato per disciplinare la nostra attività, il Regolamento della Camera dei deputati; ora, precisamente l'articolo 10 delle aggiunte apportate nel 1920 a questo regolamento stabilisce che durante gli aggiornamenti della Camera è precisamente la metà più uno dei deputati che può chiederne la convocazione, e stabilisce che questa sia da effettuare entro 15 giorni dalla richiesta.

Quindi, essendovi una legge regolativa della nostra attività, che disciplina il caso, sembra opportuno richiamarsi ad essa, perché è l'unico testo che può essere invocato per questa ipotesi.

Queste sono le considerazioni che chiariscono la portata del mio emendamento.

Presidente Terracini. L'onorevole Capua ha proposto il seguente emendamento:

«Sostituire alle parole: Sino al giorno delle elezioni, le altre: sino al giorno della proclamazione dei nuovi eletti».

Questo emendamento può riferirsi soltanto alla proposta dell'onorevole Targetti.

L'onorevole Giannini ha proposto che un terzo dei deputati può chiedere la convocazione dell'Assemblea.

D'altra parte, nel testo dell'onorevole Targetti, essendo considerato il numero di 200 deputati, si viene approssimativamente alla sua proposta, onorevole Giannini.

Comunque ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

Giannini. Non v'è bisogno di fare un lungo discorso. Noi chiediamo il terzo dei deputati, perché pensiamo che sia meglio dare ad un più ristretto numero di deputati la facoltà di autoconvocare l'Assemblea. In sostanza, noi temiamo queste parole difficili e straniere, prorogatio...

Una voce al centro. È latino, non è un termine straniero.

Giannini. Comunque, si capisce poco; noi siamo abituati ad essere imbrogliati in latino. Preferiamo che si parli in italiano. Questa prorogatio non si capisce bene cos'è. L'impressione della gente che il latino non sa è che il Governo governi senza controllo.

Ora è bene, essendoci un'Assemblea, che sia data la possibilità ad un certo numero di deputati di autoconvocarla in caso di necessità. Il numero di un terzo non mi sembra tanto piccolo dato che nessun partito raggruppa un terzo di deputati; sarà sempre necessaria un'alleanza tra più partiti.

Quindi, io insisto, onorevole Presidente, per il terzo, perché non mi fido né della prorogatio né delle 200 firme.

Condorelli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Condorelli. Ho chiesto di parlare per rilevare brevemente come l'emendamento proposto dall'onorevole Mortati, attraverso una serie di citazioni e di commi, tenda ad escludere sostanzialmente il terzo comma dell'articolo 3 della legge 25 giugno 1944, che sarebbe appunto quello che sancisce la responsabilità del Governo nei confronti dell'Assemblea.

In questi tre mesi, o quattro, o cinque — non so quanti saranno per essere nella mente di chi dovrà decidere il giorno della convocazione dei comizî elettorali — noi avremmo un Governo che non sarebbe più responsabile verso l'Assemblea, ma sarebbe responsabile soltanto verso il Capo dello Stato. Mi pare quindi che con l'esclusione di questo terzo comma si venga a creare un regime costituzionale veramente eccezionale in questo periodo.

Mi pare pertanto sia preferibile la formulazione proposta dall'onorevole Targetti che, nulla dicendo su questo punto, introduce quel temperamento che l'Assemblea si possa convocare dietro richiesta di un certo numero di deputati. Io non porterei poi questo numero alla metà, perché ciò condurrebbe alla pratica impossibilità di convocazione dell'Assemblea, ma vorrei stabilire un numero relativamente minore, senza però arrivare alla proposta dell'onorevole Giannini.

Escludere tuttavia completamente il terzo comma significherebbe voler introdurre un diritto costituzionale di eccezione, proprio mentre abbiamo approvato una Costituzione che è intesa essenzialmente a commettere ogni potere della vita costituzionale del nostro Paese al Parlamento elettivo (Approvazioni).

Lussu. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. L'onorevole Mortati, nello svolgere il suo emendamento, ha osservato che, presentandosi il Governo domani eventualmente di fronte all'Assemblea eccezionalmente riunita, beneficerebbe sempre di una posizione di assoluta preminenza, direi quasi di infrangibilità, per cui l'Assemblea non sarebbe mai in grado di creare una crisi governativa.

L'onorevole Mortati ha anche addotto alcune argomentazioni a sostegno di questa sua tesi. Ora, io mi permetto di dissentire su questo punto dall'onorevole Mortati; a me pare infatti che le considerazioni da lui fatte al riguardo non siano esatte. Il principio, io penso, è sempre unico, è sempre lo stesso: è il principio democratico per cui la minoranza può diventare maggioranza e quindi sostituirsi al Governo che precedentemente deteneva il potere.

Si tratta del periodo preelettorale? Va bene, ma per quale ragione l'Assemblea non potrebbe mettere in minoranza il governo ed esprimere dal suo seno un altro governo? Mi permetto di far osservare che se noi negassimo tale possibilità, l'Assemblea si troverebbe di fronte ad un governo il quale rimarrebbe di certo imperturbabile di fronte a qualunque evenienza, di fronte a qualunque attacco.

È questo, onorevoli colleghi, il sindacato parlamentare: attraverso l'interrogazione scritta, che può anche non bastare, attraverso l'interpellanza, che può anche non bastare e diventare anche mozione, si può, rispettando la prassi voluta dal Regolamento, porre il governo in minoranza. Se si toglie questa possibilità, io mi domando con quale dignità e autorità si riunirebbe l'Assemblea domani, sia pure in modo eccezionale.

Io ritengo che questa sia una questione puramente teorica, perché è quasi impossibile che questa eventualità si presenti in pratica. Tuttavia noi dobbiamo contemplare anche questo caso. Perciò credo che si debba respingere per questa parte l'emendamento del collega Mortati.

Circa la questione del numero, io trovo poi che i duecento proposti dall'onorevole Targetti sono troppi, e mi pare ragionevole la proposta di un terzo fatta dall'onorevole Giannini.

Il collega Mortati ha detto: noi sosteniamo la metà più uno, facendo riferimento al Regolamento della Camera. Sta bene, ma il Regolamento della Camera è previsto per un periodo normale; questo, invece, è un periodo eccezionale. Io credo che corrisponda allo spirito democratico il conservare ad una minoranza abbastanza forte, cioè un terzo, la possibilità di convocare l'Assemblea.

Credo che questa sia una richiesta che risponda al più elementare concetto di democrazia, e che vada quindi rispettata.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti