[Il 22 aprile 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo secondo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti etico-sociali». — Presidenza del Vicepresidente Targetti.]

Presidente Targetti. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

È iscritto a parlare l'onorevole Calosso. Ne ha facoltà.

Calosso. I due punti centrali del presente titolo — famiglia e scuola — sono stati trattati in questa Assemblea da grandi giuristi, che con una certa difficoltà abbiamo potuto seguire, data la competenza tecnica specifica di questi oratori, dall'onorevole Calamandrei a parecchi altri. Però io credo che alla Costituente possa aver una voce anche l'opinione modesta dell'uomo della strada. E modestamente vorrei dire qualche cosa, perché a questi due problemi ho portato per lungo tempo una certa passione. Il nostro scopo non è quello di fare delle belle leggi. C'è una regola che quasi non ha eccezioni: che le legislazioni molto belle e complete, sono sempre accompagnate da fenomeni camorristici. È un fatto.

Ho citato altra volta il fenomeno della legislazione borbonica, che essendo della patria del Vico e di tanti altri giuristi e filosofi d'Europa — Napoli è la capitale filosofica e giuridica d'Europa in un certo senso — era perfetta. Quando Gladstone disse che il reame borbonico era la negazione di Dio, gli risposero i giuristi napoletani dicendo giustamente che avevano i migliori codici d'Europa. Tanto poco una legislazione importa al benessere del popolo, se non è accompagnata già da un principio di esecuzione. Questo è un principio da ricordarsi. Mi pare che la legge debba essere quasi come una pezza di vario colore, gialla, rossa; non importa, messa dove c'è un buco; niente altro; ogni cosa che si allontana da questo è un danno di più. Per esempio, l'articolo 2 dice che la bandiera italiana è bianca, rossa e verde: questo è un articolo negativo, come se dicessimo che il Monte Bianco è la più alta montagna italiana: cosa superflua, e quindi dannosa, perché ci abituerebbe a considerare la Costituzione con leggerezza.

Permettetemi di parlare in modo, per dir così, pedestre. Vedo la prima frase del presente «titolo» che dice: «La famiglia è una società naturale». Io ho indovinato, dai discorsi che ho udito, che fra i giuristi ci deve essere una vecchia questione intorno a ciò, anche forse delle vecchie ruggini, che non ho bene afferrato in che cosa consistano.

Ho ad ogni modo compreso che c'è, comunque, un lato della famiglia che è uguale a quello del regno animale; che è uguale, per esempio, a quello dei colombi che fanno all'amore in modo così tenero, che hanno abolito il divorzio (Si ride); o a quello dei gatti, dei conigli, ecc. Ho visto una volta una gatta che era un'educatrice meravigliosa; essa allevava i suoi figli, giocava con loro, li scompaginava improvvisamente, poi ritornava riservata come al solito e si ritirava nei suoi appartamenti.

Certo, anche il regno animale è una cosa importante; ma non sono riuscito a comprendere tanto entusiasmo da parte democristiana per questa formula animale.

Contro questa formula stanno quelli che vorrebbero il predominio dello Stato: e sono le sinistre. Ed anche questo mi ha meravigliato, perché, da questa parte, noi socialisti, noi cioè che amiamo Marx perché lo riteniamo una pietra miliare nella storia del socialismo, siamo, come egli era, antistatalisti al cento per cento: Marx pensava infatti che lo Stato sia un male che un giorno si dovrà eliminare.

Comunque, come dobbiamo impostare il problema? Questo è il quesito. Sperimentalmente, grossolanamente, la dittatura fascista, cioè quella che abbiamo avuto fra i piedi, quali tare ha messo in luce nella famiglia italiana praticamente? Questo è tutto.

Ora, mi pare evidente, il fascismo ha fatto la campagna demografica, ha ridotto la famiglia a conigliera, ha messo la donna in cucina, ha cercato di dare dei poteri di primato ai duci domestici, a noi uomini cioè che sostiamo dopo il pranzo con lo stuzzicadenti in bocca e che fascisticamente, per le strade, con passo imperatorio che tutto il mondo ci invidia, seguiamo le donne, siamo l'unico popolo europeo civile che faccia questo. La gelosia, noi siamo, con gli spagnoli, i soli ad averla in questo grado; anche negli ammazzamenti di donne siamo famosi e siamo così appassionati che ci dimentichiamo di uccidere prima noi stessi: perché l'uomo appassionato dovrebbe prima uccidere se stesso e poi sua moglie. (Si ride).

E poi chi uccide dice: assolvetemi, perché sono un uomo appassionato. Io invece, se ci fosse la forca, la darei a uomini simili.

Ma questo lato della nostra famiglia, che tutto il mondo critica — e noi non ne abbiamo sentore perché in Italia non si proiettano i film americani che mettono in luce questo lato di cui siamo tristemente famosi — è stato precisamente il lato che il fascismo ha sottolineato, conferendogli anzi un senso di orgoglio patriottico. Come rimediare a questo fatto? C'è il rimedio reale che non può essere dato che da una riforma sociale, che tolga la miseria. Ma non è questo il punto in questa discussione. Non possiamo fare una rivoluzione per decreto.

Rimaniamo nel campo politico e giuridico in cui si muove la Costituzione.

Che cosa si può fare? Un oratore democristiano, l'onorevole Avanzini, molto bene ieri disse: «Per omaggio ai socialisti e alla sinistra, io tratterò il problema non da un punto di vista cristiano, ma solo da un punto di vista civile». Io tendo ugualmente, per un atto di omaggio, a mettere il problema in termini cristiani, anziché socialisti.

Noi socialisti abbiamo detto tante volte: siamo disposti a rimanere nei limiti di un cattolicesimo manzoniano, sia quelli di noi che sono cattolici, sia quelli che non hanno una fede positiva e non credono nel Dio trascendente. Se per caso mi scappasse dalle labbra qualche cosa che non è nei limiti di un cattolicesimo manzoniano, vi prego di avvertirmi ed io subito tacerò. Non ho capito perché voi, amici democristiani, di questo senso di familiarità conigliesca, che il fascismo ha esagerato e che abbiamo un po' nel sangue, non ne avete abbastanza. Non è vero che le cose buone, esagerandole, rimangano buone. L'abate Muratori ha scritto un libro contro il culto esagerato di Maria Vergine, perché non si deve esagerare nulla. Così per la maternità. Le esagerazioni del senso della maternità hanno per effetto una degenerazione della maternità.

Non riesco a capire come voi non ne abbiate abbastanza di questo senso familiare conigliesco che il fascismo ha messo in auge, quasi come se noi avessimo in questo campo un primato. Non è vero! Tutti e tre i popoli alleati che abbiamo avuto in casa, sono immensamente superiori a noi in questo punto. Gli Americani e gli Inglesi hanno una moralità famigliare freschissima, l'adulterio è guardato con rigore, la donna rispettata. Anche i Russi. Guardate il popolo russo che molti credono un popolo degenerato. Ora, da testimonianze assolutamente obiettive, come quella di Lord Webb e di sua moglie, che ha scritto un libro in materia, sul modo di essere della famiglia e dell'amore in Russia, si potrebbe dire che là esiste una vita quasi puritana.

Dice Lord Webb che in Russia la libertà dei contatti fra i sessi è meravigliosa. Il severo contegno, che è naturalmente connesso con la libertà, la onesta fraternità dei giovani che vanno al lavoro e quella fra gli studenti, costituiscono un bellissimo quadro. Questo secondo il resoconto di individui che non sono affatto dei filocomunisti. Qualcuno potrebbe credere che in Arabia, dove si chiudono le donne, la famiglia vada meglio, perché si è sicuri della fedeltà, essendo le donne chiuse a chiave.

Non credo che sia questo ciò a cui vogliamo arrivare. Che cosa si può fare, anziché insistere in questo senso esagerato della famiglia, per cui persino la Santa Trinità in Italia è stata quasi dimenticata e sostituita con un'altra Trinità, che è la Sacra Famiglia? Che cosa si può fare? I rimedi decisivi sarebbero quelli economici e sociali. Ma fin d'ora io direi che sarebbe bene dare molta importanza alla donna e alla famiglia, come ha detto ieri molto bene nel suo discorso la signorina onorevole Rossi. Dare importanza alla donna, perché — ella ha detto una ragione giustissima — l'esperienza ci dimostra che quando la madre vive ed il padre è morto, la famiglia rimane in piedi lo stesso; mentre quando l'uomo rimane vedovo tutto va a catafascio. D'altra parte, chi di noi può negare che, in media, la donna è più virtuosa di noi e più coraggiosa? È un fatto che la donna è più coraggiosa. In casa, quando noi abbiamo un malore, un mal di denti, un mal di capo — almeno a me succede così — diamo noia a tutti, vogliamo essere coccolati; invece la donna sopporta questi mali senza farsene accorgere. Perché? Perché è più coraggiosa. Vi è chi dice che la donna sia meno coraggiosa perché non ama fare la guerra. Questo è un atto di intelligenza e non di poco coraggio. La donna non vuole rischiare la vita e soprattutto farla rischiare ai suoi figliuoli per avere tutto distrutto. Ma quando deve rischiare la vita per creare un'altra vita, il coraggio non le manca. Credo che la Provvidenza abbia fatto molto bene ad assegnare a lei questo compito, perché se lo avesse assegnato a noi l'umanità sarebbe finita.

Anche la donna frivola è in genere più seria dell'uomo. Non credo che la donna più frivola abbia mai dato un pizzicotto in tranvai ad un uomo. Anche la donna delinquente è spesso più nobile dell'uomo delinquente; guardate Maria Pasquinelli: ha commesso un grave delitto, per cui giustamente è stata condannata a morte. Ha ucciso un uomo, così, in un'atmosfera di nazionalismo esasperato. Fintanto che si è trovata in un'atmosfera esasperata di uomini che rimpiangono di non poter fare in Jugoslavia quello che gli jugoslavi stanno facendo a noi, lei si è eccitata ed ha sparato. Ha colpito purtroppo proprio l'individuo che probabilmente era un grande amico dell'Italia, perché suo padre era morto sul fronte italiano, e noi a Londra abbiamo visto che il gruppo degli inglesi che ci difendeva, e sui giornali e nelle riunioni pubbliche, era proprio questa tribù degli ex combattenti in Italia. Ma appena è stata sola, appena non è stata più avvolta dai gruppi di uomini nazionalisti, si è trovata solo donna ed ha tenuto un contegno meraviglioso di forza: non ha voluto chiedere né la grazia, né l'appello. È chiaro che, pur esecrando il suo delitto, una donna simile si imponga alla nostra riverenza.

Non riesco a vedere perché la donna sia inferiore all'uomo, anzi per quello che ho detto mi parrebbe che sia superiore. Non in tutto, è vero: nel campo filosofico, per esempio, non è certo eguale all'uomo. Ma la donna è superiore all'uomo nella vita pratica e morale. A noi qui poco interessa che la donna non sia fatta per la filosofia. Ma in campo pratico, dato che la donna in Italia è stata sempre ritenuta inferiore, non sarebbe poi male se, dovendo creare un primus inter pares, si creasse una prima inter pares.

C'è un articolo, non so se in questo Titolo o in un altro, che dice che la donna è essenzialmente dedicata alla funzione familiare. Ma perché «essenzialmente»? Non riesco a capirlo.

È ancora da questa parte (Accenna al centro) che viene questa tendenza poco cortese verso la donna. Ora, il Cristianesimo — amici miei, ho detto che voglio mettermi dalla vostra, pur essendo incredulo nella religione positiva — che cosa è stato? Ha preso la donna ritenuta inferiore ed ha rivelato che è pari all'uomo perché ha una coscienza. Ha dato alla famiglia importanza, ma non suprema, e ha detto al momento opportuno: io sono venuto a separare marito da moglie, madre da figlio. Questo è il messaggio cristiano, cioè la coscienza prima della famiglia.

In pratica quelle vergini, quelle martiri che si adorano...

Una voce al centro. Si venerano!

Calosso. Bene, si venerano. Ho detto si adorano? Mi sono sbagliato, perché in certe cerimonie vi sono delle abitudini popolari che mi sembrano di adorazione. Ricordo che al mio paese c'era un Sant'Espedito, al quale si faceva onore in modi che mi avevano dato l'impressione della vera adorazione. Ma evidentemente anche i fedeli che agiscono in quel modo non adorano: ne prendo atto. Quello che ho visto io non era adorazione. (Interruzioni).

Dicevo che in pratica, queste vergini, queste martiri che si venerano, non erano mica dei colli torti: erano le fondatrici di cellule dei primi secoli (Interruzioni); erano delle partigiane di quell'epoca; erano delle donne forti che si mangerebbero in insalata duecento arcivescovi moderni. (Interruzioni).

Donne forti dunque, donne come ci sono in quest'aula, dove abbondano: questa è la realtà.

Il messaggio cristiano dice che è meglio non sposarsi. Il matrimonio è un'ottima cosa, ma non è cosa che tenga il primo posto: prima c'è la coscienza.

L'onorevole Merlin, che non so se sia ora presente, fece tra l'altro l'elogio della famiglia romana. Roma a suo parere decadde quando perse il senso della famiglia, quando trascurò il culto dei penati.

Manzoni è contro questa tesi. C'è una pagina del Manzoni nelle così dette Opere inedite, dove commenta la storia romana di un francese, il gesuita Rollin. Manzoni non amava molto i gesuiti e scrisse contro di loro una durissima lettera, dove disse con spavento che in Francia c'erano non so quante case dei Gesuiti, e altrove aborrì la confusione fra politica e religione. Io sono d'accordo col Manzoni. Il buon Rollin, gesuita, naturalmente pensa che il senso della famiglia dei romani era una buona cosa: la famiglia, i penati; ma dimentica una sola piccola cosa, che c'è stata la rivoluzione cristiana che ha sgominato questi sentimenti pagani, e allora il Manzoni commenta negando la famiglia e la legge romana.

Se la legge romana è buona, il magistrato, che legalmente condannò i martiri, era buono. Tutto il pensiero del Manzoni è questo, che ciò che di meglio c'è in Roma antica è cattivo: l'ateo era migliore del buon credente pagano, perché l'ateo era più vicino alla conversione.

A suo parere nel paganesimo romano tutto è cattivo, Cincinnato non meno di Cesare. Anche i Cincinnati e i Fabrizi sono gente che si astiene dai vizi e dalla crapula soltanto per orgoglio.

L'onorevole Merlin è cristiano: non ho capito quello che poteva ricavare dall'esaltazione della famiglia romana, almeno manzonianamente.

E verso i figli, lo stesso. Cosa deve fare la legislazione? Dove deve tendere la Costituente? Una lenta azione, non solo con le leggi, ma anche con tutto il costume; ed anche i nostri discorsi qui dentro devono seguire la nuova strada.

A cosa si deve portare il figliolo? Non a stare addossato alla madre, ma a dargli maggior autonomia. A questo si deve tendere in un Paese dove questa autonomia è poco sentita, dove il padre tende a mettere le manacce sul figlio e la madre tende al coccolamento.

Io domando al medico onorevole Marconi, che è buon cristiano: quale è il primo atto della maternità? È un atto di distacco ombelicale (Si ride). Questo è simbolico. Tutto il sistema dell'educazione della famiglia deve tendere a dare al figlio una autonomia; deve propugnare un rispetto reciproco fra figlio e madre, concetto che è poco chiaro nella nostra educazione. L'affetto spesso agisce come ricatto.

L'ideale dovrebbe essere di portare il rapporto fra madre e figlio a quel tipo di amicizia obiettiva, che c'è tra figlio e padre; se no, nascono quelle forme morbose e quei complessi freudiani, che portano al disastro il carattere italiano. Questa è la verità; nessuno può negarla; tutti lo sappiamo; eppure, una forma di ipocrisia, ci conduce a trattare il problema famigliare senza castità e senza pudore.

Passiamo a parlare dell'articolo sui figli illegittimi, che noi socialisti vogliamo aiutare e parificare ai legittimi.

Farei una proposta ai nostri amici opponenti democristiani.

Ho sperimentato che non c'è problema morale, per quanto difficile, minuto e moderno, che non abbia nel Vangelo un punto in cui è trattato in modo supremo.

Se mi convertirò alla religione positiva — il che è difficile, perché sono immanentista — sarà in base, a questa esperienza.

Io ho pensato: possibile che il Vangelo non parli di questa questione dei figli illegittimi?

Ricordo che Gesù è uomo perfetto. Lo credete anche voi, immagino; il vero Uomo perfetto ed anche il Ragazzo perfetto. Egli nasce in una stalla, da proletario; vediamolo da ragazzo, verso i dodici anni. Sappiamo una cosa sola: che Egli cresce col rispetto verso il padre e verso la madre. Il Vangelo ci dà un solo esempio: Gesù scappa di casa senza avvertire la madre e il padre. (Interruzioni).

Amici miei, non posso pensare, come vedo dal sorriso incredulo di qualcuno, che non crediate alla rivelazione.

Ma io ritengo che questo esempio evangelico per un credente indichi che Gesù ha previsto questa mia discussione di quest'oggi. (Si ride).

È la verità.

Guerrieri Filippo. Onorevole Calosso, anche senza credere, si potrebbe parlare con maggiore riguardo e rispetto.

Calosso. Immagino che il mio interruttore sia un democristiano. Però non capisco perché egli riduca un problema religioso a un problema di rispetto. Io, parlando di Gesù ragazzo, come modello, credo di parlarne con molta serietà.

Guerrieri Filippo. È da un pezzo che lei prende in giro.

Calosso. Prendo in giro non la fede, ma la sua mancanza di fede.

C'è della sordità in materia, che è insuperabile. In buona fede si crede che io parli scherzosamente; non ho mezzi per convincere del contrario.

Dunque, Gesù da ragazzo scappa di casa e per tre giorni la madre lo cerca fin che lo trova.

Una voce al centro. Non scappa di casa.

Calosso. Abbandona la carovana. Ho tradotto modernamente una frase ebraica. Abbandona la carovana senza dirlo al padre e alla madre, la quale per tre giorni lo cerca affannosamente.

Mi pare che questo sia un grande esempio. Vuol dire che l'educazione deve essere basata sul distacco, sull'autonomia, e che la madre e il padre, per quanto rispettati, vengono in secondo luogo.

Io ho visto educare dei bambini in certi paesi ed ho visto — mi ricordo ora di questo episodio — una bambina di un anno (diceva bene la onorevole Bianchini che si deve incominciare ad educare a tre anni; veramente, io direi ad un anno), una bambina di un anno che si avvicinava a passi traballanti ad una scala pericolosa, e la madre fu avvertita: «Guardate, che la bambina può cadere». La madre rispose: «Non voglio correre troppo presto; deve imparare a risolvere i suoi problemi»...

Io penso che un popolo che faccia in questo modo ha la probabilità di diventare più forte. (Interruzione dell'onorevole Cappi). Non le pare?

Cappi. Personalmente, non lo ammetto con una bambina di un anno.

Calosso. Io ho detto che questa madre non ha voluto correre troppo presto; non ho detto che voleva che la bambina precipitasse. Effettivamente, la bambina si fermò e tornò indietro. Se le nostre scuole riuscissero ad insegnare alle nostre madri questo metodo, ritengo che saremmo più forti. Questa è la mia impressione.

Certo è che questi problemi non sono solubili completamente in questa società, perché questi mali — che l'uomo in Italia tende a battere la moglie e che il bambino è tenuto troppo attaccato alla madre — si devono al fatto economico essenzialmente, perché se ci fosse un sufficiente livello di vita, una quantità di queste cose finirebbero. Qui è la soluzione del problema. Ma, poiché ciò è impossibile, ora, non voglio trattare questo problema.

Anche il matrimonio ed i suoi problemi sarebbero risolti in gran parte se cambiasse il tipo di società. Che differenza c'è, per esempio, fra la prostituzione ed il matrimonio d'interesse? È una vendita, in fondo. Quante volte noi vediamo che un vecchione ricco sposa una ragazza giovane! Non chiamo matrimonio una cosa di questo genere. Ora, quali provvedimenti pensiamo di prendere nella Costituente? Nessuno si è posto il problema. La prostituzione non esiste più in nessun Paese alleato, almeno nella forma più deprimente delle case di tolleranza, non esiste in Russia, non esiste in America, né in Inghilterra, ed i democristiani francesi hanno impostato questo problema in Francia; ma a noi questo problema non ha interessato affatto. Purché si possano tener legati in un sacco un cane e un gatto sposati, a noi è bastato. Non abbiamo allargato il nostro panorama fino alla lotta contro la prostituzione. Potremmo fare qualcosa fin da adesso. Perché non si potrebbero creare dei centri di lavoro liberi per queste donne, come hanno fatto nella Russia? Non ci siamo neanche posti il problema. Ci attira il divorzio, perché è un fatto legale. Il divorzio è un problema che non mi interessa e che non sento molto, perché non ne ho pratica; non mi sono mai divorziato ed anche intorno a me non ho mai visto molta gente divorziare. Forse, in questo momento, riesco a ricordare una sola persona divorziata. Quindi, non so come potrei parlare molto del divorzio.

Anche qui siamo in questa situazione: il divorzio è un problema inattuale, è un problema che, dovendo legiferare, non possiamo aggravare con una speciale legge. Invece, con la mia esperienza di uomo di 51 anni, posso dire che mi sono spesso incontrato nella vita con lo spettacolo dell'adulterio. L'adulterio invece non vi interessa. Non ho sentito un democristiano che dicesse: vediamo cosa si può fare per limitare l'adulterio. Questo è un problema politico. Il Vangelo dice che il divorzio è adulterio, cioè peccato; non che l'uno sia più peccato dell'altro perché c'è il sacramento. Non c'è ragione perché l'adulterio dobbiamo riguardarlo con carità cristiana e invece il divorzio no. Una volta un tale, divorziato, che si era confessato ebbe per risposta: vade retro, Satana; quando disse che aveva commesso sette o otto adulteri, all'ora gli venne detto: vedi di emendarti, figliuolo. (Interruzione dell'onorevole Coccia).

È incredibile che in un'Assemblea dove il partito più importante si chiama cristiano, un problema così evidente, come quello del gran numero di adulteri che ci circonda, non abbia interessato nessuno. Hanno creduto forse che non ci sia soluzione. Però, quelli che hanno proposto il divorzio, hanno tenuto conto che se ci fosse il divorzio diminuirebbe il numero degli adulteri. Questo è il compito dei politici, è il nostro terreno. È vero che qui nessuno di noi socialisti ha proposto il divorzio, ma quelli che pensano che il divorzio sarebbe bene che ci fosse, vorrebbero semplicemente diminuire il numero degli adulteri. Ma io vedo i vostri sorrisi e penso che voi non dite tutto quello che pensate. (Commenti). Diciamo soprattutto che quelli che sorridevano sentono che voi ve ne infischiate altamente di questo. Oggi avete un risentimento contro di noi, perché vi siete attaccati alla lotta contro il divorzio come ad un pretesto giuridico in linea generale, anzi che trattare un problema sostanziale.

Non va confusa questa questione con quella del libero amore, al quale credo che noi tutti qui di sinistra siamo contrari. Lenin scrisse una pagina rimasta celebre contro il libero amore. Cosa è poi questo libero amore? La frase è equivoca, perché certo chiunque vuole la libertà dell'amore; ma il libero amore, nel senso comune, è una cosa grottesca, pazzesca e criminale, oltre che noiosa. Ora domando: che cosa è il libero amore? Il matrimonio è molto più interessante e avventuroso, perché l'amore, tutti sappiamo come va a finire. Il matrimonio invece finisce con la grande avventura della morte, al di là della quale c'è il mistero.

Quindi vi preghiamo una volta per sempre: non accusateci di delitti che non abbiamo. Ho visto che un giornale mi fece un giorno gridare: viva il libero amore. Noi invece siamo contrarissimi al libero amore. Quello che non possiamo capire è questa testardaggine legislativa. Noi non vogliamo porre il problema del divorzio, pur essendo divorzisti. Perché volete esagerare e farlo mettere addirittura nella Costituzione?

Capisco una legge che dicesse: è proibito ai cattolici di divorziare, poiché il matrimonio è un sacramento. Ma perché volete che non divorzino i mussulmani, gli increduli, gli ebrei, i protestanti che stanno fra noi? Volete imporre loro un sacramento dall'esterno? Non contano niente questi sacramenti, neanche per l'amico Giannini che ne ha preso recentemente addirittura quattro in una volta. I sacramenti messi dall'esterno, non è che salvino nessuno. Ora tutta l'Europa, meno l'Italia e la Spagna franchista, ha il divorzio. La Chiesa cattolica negli altri paesi ha lasciato entrare i deputati cattolici in tutti i partiti divorzisti, senza dir niente. È una questione individuale. In Inghilterra, dove la maggioranza dei cattolici, altre i quattro quinti, ha votato per i socialisti, che sono divorzisti, come tutti i partiti, nessun vescovo della Chiesa cattolica ha detto che fanno male. Cioè, non hanno impostato il problema politicamente e hanno detto: «Siamo forti abbastanza per far della propaganda religiosa, senza aver bisogno della legge per questo».

E voi, che vi trovate in questa situazione di privilegio, che avete una sinistra che è venuta incontro a voi, che ha cambiato da vent'anni il suo atteggiamento verso la Chiesa, la quale allora era contraria all'unità d'Italia, che ha lacerato il vecchio anticlericalismo, che vi dà la mano per risolvere una volta per sempre il problema dei paesi latini, cioè di abolire l'anticlericalismo, di levare la religione dal campo della polemica politica, non avete saputo cogliere la palla ai balzo. La legge! Ancora la legge! Questo è un atteggiamento che mi disgusta, francamente. Avete visto la possibilità di risolvere il problema religioso in Italia, come in tutti i paesi latini, e l'avete rigettata. Vi attaccate alle minuzie, perfino al problemino dei figli illegittimi, dove il cristiano per istinto dovrebbe fare magari un errore in favore del figlio illegittimo. Vi vorrei più coraggiosi, capaci di fare un errore per gli sventurati illegittimi anziché contro di loro.

Pensando al problema dei figli illegittimi, mi venne in mente di pensare: vediamo se il Vangelo ha detto una parola su ciò. La più grande prova della divinità del Vangelo — ve la regalo come motivo apologetico — è che esso ha sempre una risposta ai problemi morali anche più moderni; e io mi sono accorto che il Vangelo ha parlato del problema dei figli illegittimi: Gesù è un figlio illegittimo. (InterruzioniVivaci proteste al centro Commenti).

Tupini. Basta! Basta!

Una voce al centro. Sono bestemmie. Ne ha dette già abbastanza. (Interruzioni — Rumori — Apostrofi).

Presidente Targetti. La Presidenza deve dichiarare che non è edotta dell'origine dell'incidente, perché, data l'infelice acustica dell'aula, non sempre si riesce a udir bene l'oratore. (Commenti al centro Alcuni deputati democristiani abbandonano l'Aula).

Non posso fare nessuna ipotesi in materia; ma se anche dalle labbra dell'oratore fosse uscita una frase che possa aver colpito il sentimento religioso di una parte dell'Assemblea, non mi sembra questa sia una ragione da legittimare un esodo, tanto più che con ciò si darebbe un'importanza eccessiva ad un episodio che tale importanza non può avere. (Commenti Proteste, al centro Rumori).

Onorevoli colleghi, abbiano la compiacenza di ascoltare.

Chiedo dunque all'onorevole Calosso di precisare il suo pensiero, che può non essere stato ben compreso. (Proteste vivissime al centro).

Onorevoli colleghi, permettano all'onorevole Calosso di parlare.

Calosso. Io trovo naturale che i gridatori siano usciti e mi ha fatto piacere che siano usciti coloro che, a differenza di San Tommaso, non amano udire il parere avverso dei loro colleghi. (Interruzioni Rumori). Vi prego di stare a sentire.

Presidente Targetti. Onorevole Calosso, non raccolga le interruzioni e spieghi il suo concetto.

Calosso. Desidero esprimere il mio pensiero ed essere giudicato dopo, non prima, dalla geniale mente dei mugghianti gridatori. (Commenti). Sono costretto ad alzare la voce, e me ne dispiace.

Affermo che è capitato a Gesù Cristo questo inconveniente, che è definito scandaloso dallo stesso testo sacro: l'inconveniente cioè di diventare uomo non nella veste di un Deputato alla Costituente, o di un banchiere, o di un industriale, o di un capitalista, ma — vi voglio scandalizzare — l'inconveniente di nascere nei panni del bambino più povero che esistesse e di fare la morte del criminale più criminale che esistesse. (Commenti).

Tupini. E che cosa c'entra questo con la Costituzione?

Colonnetti. Ma basta!

Calosso. Lei, onorevole Colonnetti, non dirige la discussione (Rumori). Io sto dimostrando un punto preciso, che cioè ho detto una cosa di venerazione per Gesù Cristo; lasciate dunque che parli e lo dimostri; dopo mi fucilerete, dopo mi impiccherete.

Troverei naturale, vi dicevo, che Gesù Cristo si fosse incarnato anche nel bambino più reietto, più disgraziato; ma, a farlo apposta, a parte il fatto che San Giuseppe, come dice lo stesso Vangelo, aveva creduto che la Madonna era rimasta incinta non da lui, e pertanto sospettasse il figlio come adulterino, tanto che voleva rimandare Maria — era un sospetto di San Giuseppe non mio, — a parte tutto questo, era proprio un figlio illegittimo Gesù, perché anche nel Vangelo... (Interruzione dell'onorevole Colonnetti Rumori). Mi lasci finire, onorevole Colonnetti; poi esporrà la sua tesi.

Presidente Targetti. Non raccolga le interruzioni onorevole Calosso.

Calosso. Mi accusano di bestemmia. Devo dimostrare che non è così. Ora è chiaro che, dal punto di vista della legge umana, chi non è figlio del matrimonio legittimo, è figlio di qualche altra cosa. È così semplice. Perché il vostro scandalo? Perché voi siete increduli. Voi credete nella legge, non nella fede. Ma c'è una lettera, che fa parte del libro del Nuovo Testamento, scritta addirittura ai Romani, dove San Paolo fa tutta una tirata contro la legge. Leggetela, per piacere, ed allora non vi scandalizzerete. Ed io posso dire giustamente che Gesù Cristo morì come un maledetto, morì come un criminale, e fu un illegittimo; era un illegittimo, e ciò non invano, perché si è messo dalla parte dei reietti. Perciò quando l'onorevole Merlin disse che gli illegittimi sono appena uno su mille, io gli risposi: oportet ut unus homo moriatur pro populo, «è giusto che un solo individuo sia sacrificato per la maggioranza», cioè gli ricordai il testo della sentenza di morte di Gesù Cristo, negai che nelle cose morali uno sia meno importante di mille, e trovo che anche se vi fosse un solo illegittimo in Italia, bisognerebbe difenderlo. Potrebbe essere Gesù. Lo è. Per noi il solo figlio illegittimo che c'è è Gesù Cristo, perché disse: in ogni povero ed infelice io sono là. (Applausi a sinistra). Per chi ha fede, Gesù Cristo è illegittimo.

Tupini. Per chi ha fede, Gesù Cristo è figlio di Dio, e lei non deve insultare la fede della maggioranza italiana.

Calosso. Lei parla eccitato come chi ha torto.

Ho dimostrato fino adesso che ho esaltato la fede. Ho sempre sostenuto il pensiero di un Dio che diventa umile, bastardo, maledetto, brutto (lo dice il Testo Sacro), infelice, proletario, nato nella stalla, impiccato come un malfattore. Questa è la nostra superiorità cristiana. Lei la prende per un insulto, perché lei è un musulmano che ha bisogno d'un Dio forte e assoluto, non incarnato, non sofferente: lei non è un cristiano. È questa la verità. Ora se questa è la mia bestemmia, io l'accetto in pieno. Ho preso la vostra parte e l'ho esaltata.

Ho cercato di spiegare questa tesi a coloro che sono scappati fuori, ai musulmani che sono scappati fuori. (Interruzioni al centro).

Passo dal problema della famiglia, che ritengo di aver trattato nei limiti accettabili da tutti in quest'aula...

Colonnetti. Si è visto come è accettabile!

Calosso. Ho preso l'impegno di rimanere nei limiti cristiani, e trovo naturale che i non cristiani non abbiano capito.

Passo al problema della scuola. Mi pare che sia stato impostato troppo giuridicamente. Non che sia sbagliato, ma non è elegante la nostra impostazione: scuola privata, scuola di Stato. Diciamo pure: scuola cattolica e scuola di Stato. Ora io posso accettare questa impostazione, ma la trovo superficiale. Abbiamo discusso fino adesso e, salvo eccezioni, come quella di ieri data dal meraviglioso discorso dell'onorevole democristiana Bianchini Laura, discorso intelligente e potente, non abbiamo parlato dell'educazione del Paese, dopo un disastro morale, oltre che bellico. Cosa curiosa! È avvenuto che i cattolici, compresi quelli di denominazione musulmana, hanno sostenuto la libertà della scuola, e ciò era imprevedibile, a dire il vero, perché quando hanno avuto in mano lo Stato confessionale — qui, a Roma, c'è stato per secoli lo Stato della Chiesa — questa libertà non c'è stata e questo Stato era il più malgovernato di Europa, aveva la più alta percentuale di omicidi e di briganti, ed il più alto grado di corruzione. Perché? Se fossi cristiano positivo direi che Gesù Cristo avendo detto di dividere i due poteri e di non avere uno Stato della Chiesa, ha voluto provare il suo detto facendo dello Stato della Chiesa il più mal governato d'Europa: Ora quando i cattolici politici hanno avuto in mano lo Stato non hanno dato la libertà della scuola.

D'altra parte, è strana anche la tesi nostra, la tesi delle sinistre a favore della scuola di Stato, perché il marxismo è violentemente antistatalista. Esso pensa addirittura che lo Stato un giorno finirà, sarà abolito, e quindi fin da oggi è una cosa che va almeno sospettata. Lo Stato può essere soltanto un male necessario, ma usato per fini precisissimi. Per esempio, se vogliamo fare una socializzazione per mezzo di Enti autonomi, adoperiamo, ma malvolentieri, la forza dello Stato. Ma per compensare a questo diamo allora più che possiamo tutte le libertà. Invece voi quasi pensate che la libertà della scuola sia un vostro patrimonio. È mal posta la questione. Perché? Qui non si riesce a parlare perché abbiamo un'aula più ampia della Scala, mentre a me pare che sarebbe più logico sacrificare gli scanni e i banchi, stare in un'aula molto più piccola, e riuscire a parlare. È il nostro spirito giuridico, in certo senso, che ci porta a questi errori, il cui sottinteso è sempre l'eccesso di spirito giuridico e formale che ci guida.

Che cosa dovrebbe essere al centro della discussione? Il problema educativo. Non scuola di Stato o scuola — come dire? — scuola dei preti, come si dice in termini volgari. La nostra impostazione generale è stata sbagliata. Faccio eccezione, per qualcuno che io posso non aver sentito, e certamente per il meraviglioso discorso di ieri della onorevole Bianchini, sotto la cui egida vorrei mettere tutti i democristiani presenti e specialmente quelli di fuori (non so se vi sia offesa dicendo questo). È buona la scuola di Stato? È buona la scuola cattolica? Questo è il punto fondamentale, perché se avessimo una cattiva scuola di Stato, o una cattiva scuola cattolica, dovremmo abolirla. Non possiamo sostenere una cattiva scuola di Stato o una cattiva scuola cattolica. In realtà, in Italia, le due scuole sono molto cattive.

Scuola di Stato: guardate un po' che strana scuola!

Io sono stato insegnante a lungo, e mi sono appassionato all'insegnamento. Osservo che il corpo insegnante italiano, specialmente i professori della scuola media, che devono provvedere all'educazione di ragazzi che si trovano in una età critica, non escono da una scuola apposita di educazione. Uno sa insegnare la consecutio temporum, un altro sa insegnare i logaritmi, un altro è versatissimo in geografia; ma è chiaro che questi uomini saranno sempre mediocri davanti ai ragazzi se non sapranno veramente eccellere in un punto, il punto educativo: superiorità che i ragazzi capiscono d'istinto. Per ottenere la fiducia dei ragazzi, gli insegnanti devono essere anzitutto degli educatori. C'è un tecnicismo dell'educazione che deve necessariamente uscire da un magistero tecnico dell'educazione.

I tecnici dell'educazione devono portare i ragazzi alla conquista di un proprio carattere, di una propria autonomia personale. Ora gli insegnanti, non soltanto non escono da un magistero tecnico dell'educazione, ma neanche studiano materie del genere. Solo i maestri elementari studiano la pedagogia, ma è uno studio che rientra nella filosofia e non ha niente a che fare con l'educazione pratica e nemmeno con la didattica.

Si tratta, dunque, di un problema pratico: come educare il bambino e come avere un corpo insegnante efficiente e ben retribuito. Soltanto risolvendo questo problema avremo uno strumento per rialzare il carattere degli italiani dopo la rovinosa batosta della guerra. Bisognerebbe riformare la scuola magistrale, abolire la pedagogia, abolire lo studio dell'«io» e del «non io». Ricordo una ragazza che studiava da maestra e non capiva come si volesse fare di lei un'educatrice ponendole il problema dell'«io» e del «non io», del cavallo che è io, dell'io che sono il cavallo, ecc. (Si ride). Occorre una scuola magistrale in cui si insegni soprattutto come arrivare alla personalità del bambino, come educarlo ad avere il suo carattere e la sua autonomia. E non è che non lo si possa fare. Basta essere vissuti un poco a contatto con chi sa educare, e ci sono interi popoli che sanno educare.

Ricordo un esempio. In una scuola italiana all'estero una insegnante, scontenta che i suoi ragazzi fossero troppo eccitabili, ebbe un'idea. Lesse e dettò loro per tre volte i versi di Dante su Farinata: «...non mutò aspetto, Né mosse collo, né piegò sua costa». Spiegò loro che questo tipo di uomo dantesco è il tipo dell'uomo italiano, che dimostra la sua vitalità nella forza contenuta e nella calma senza gesti. Evidentemente questo era il contrario di quello che insegnava il duce. Spiegò che l'eccitazione non è da forti. Trovandosi in un ambiente straniero, dove non era piacevole avere dei ragazzi eccitabili, questa insegnante parlò dunque di Farinata come dell'esempio da imitare. Naturalmente l'insegnante era antifascista, e fece capire come nel tipo dell'italiano diverso da Farinata c'era un po' del duce. Poi ogni sabato nominava il Farinata della classe, il più forte, il più energico, il più calmo, e gli dava in regalo una torta di farinata. Un'idea semplice, come vedete. Consiglio al Ministro dell'istruzione, se trova una maestra di questo genere, di farla ispettrice, e — perché no? — di lasciarle il posto di Ministro dell'Istruzione, perché la donna che ha inventato questa piccola cosa è un genio nel campo educativo.

Un giorno, due anni fa, al Ministero dell'istruzione domandai: «C'è qualcuno qui che si interessa di questi problemi?» Mi si rispose: «Qui siamo tutti giuristi».

Ed io credevo che al Ministero anche il portiere fosse un appassionato dei problemi dell'educazione!

Ho sentito con gran piacere la onorevole Bianchini, che è un'appassionata dell'educazione, il che non è un delitto, nemmeno per quei colleghi del centro che mi hanno spesso interrotto... (Interruzioni — Rumori — Scambio di vivaci apostrofi fra l'onorevole Giacchero e l'onorevole Calosso).

Presidente Targetti. Onorevoli colleghi, prego di moderare le espressioni.

Calosso. Io quando usai delle espressioni forti, lo feci contro quelli che uscivano senza avermi ascoltato.

Chi mi apostrofa non è colpevole di insulto, ma di sordità a questi problemi.

Giacchero. Sono lieto di essere sordo a quello che lei dice.

Calosso. Dicevo, dunque, che l'onorevole Bianchini si è interessata a questo problema, che potrebbe essere risolto anche senza soldi.

Se noi desideriamo che i maestri studino «educazione» in questo senso, ci vorrebbe un piano studiato da sette o otto uomini che se ne intendano.

I professori potrebbero venire da un magistero; non sarebbe cosa impossibile, la si potrebbe attuare anche subito. Per esempio, i professori giovani potrebbero essere reclutati, esigendo che siano anche degli sportivi, che sappiano giocare al calcio o altro coi loro allievi; e sarebbe cosa facile da farsi. Naturalmente, giovani dotati di vocazione educativa.

I maestri potrebbero venire da una scuola magistrale educativa; sarebbe fattibile.

Di questo nessuno si è interessato. Spero che la Costituente — e l'onorevole Bianchini ci aiuterà — faccia qualcosa in questo senso.

Una voce. Rifacciamo la Farnesina.

Calosso. Io ho parlato di Farinata degli Uberti. Lei ha mai visto una cosa simile in regime fascista?

Nella scuola di Stato il problema educativo è ignorato. Nelle mie esperienze, ho avuto ottimi professori; erano capacissimi in storia o altro, ma spesso sordi al problema educativo e comunque non allenati. Mi sono trovato all'esame di Stato, a quell'esame di stato che l'onorevole Longhena giustamente ha attaccato.

Pensate cosa è l'esame di Stato: tutto lo scibile umano, tutta la letteratura italiana, greca, latina, tutte le date della storia umana, compreso Bernabò Visconti; tutta la fisica, l'elettricità, ecc. Un ragazzo a 18 anni deve spifferare tutto questo.

Si rovina il carattere con la troppa sapienza; lo diceva il Vico. L'Emilio di Rousseau non dice che questo, proponendo che fino ai venti anni il giovane non legga che un solo libro: il Robinson Crusoé.

I nostri programmi dovrebbero essere ridotti ad un terzo.

Tutti da noi studiano latino, ma nessuno, neppure tra i professori, lo sa parlare. Ho visto in Inghilterra dei ragazzi che studiano un quarto di quello che studiamo noi. E tuttavia un premier, Baldwin, parlando ogni anno alla radio ai ragazzi della licenza media, disse queste parole: «Ringrazio la Provvidenza perché benedisse il ragazzo inglese con una impermeabilità all'apprendere». E noi mandiamo in giro gli ispettori perché si accertino che si è svolto tutto il programma, tutto quell'enorme programma! Noi dovremmo mandare in giro degli ispettori, siccome dobbiamo tirare la vetta dell'albero in senso contrario, dovremmo mandare per un anno o due degli ispettori per vedere quali parti del programma i geniali insegnanti hanno deciso di non insegnare. Questa è la verità.

Queste riforme sono fattibili subito, senza soldi. Se noi volessimo venire incontro alla scuola elementare e alla scuola media, potremmo avere già il bilancio pronto, qualora dicessimo che le spese scolastiche non possono essere mai inferiori a quelle militari. Con questo non diciamo niente di male delle spese militari. Se noi ancorassimo le spese militari alle spese scolastiche — è una cosa che si potrebbe fare oggi dopo la lezione avuta, e se non la prendiamo sul serio questa lezione è perché siamo uomini poco vivi — se noi decidessimo che le spese scolastiche devono essere uguali a quelle militari, faremmo una cosa veramente interessante. E questo lo proporrà il Partito socialista dei lavoratori italiani a un altro «Titolo» della Costituzione.

Questa è la scuola di Stato, assolutamente negativa. Quando ero esaminatore di Stato, mi arriva un giorno all'esame una ragazza che, siccome aveva dovuto studiare Bernabò Visconti, H2 SO4, e quelle altre cose infinite, era bianca in viso. Aveva dovuto studiare tutta la notte per non dimenticare la formula dell'acido nitrico, ecc. Era pallida come una morta ed io le dissi: «Signorina, lei ha dato già prova di conoscere la difficoltà dell'esame. Lei secondo Socrate è già sapiente. Le garantisco il sei. Non avrà meno di sei e tutto quello che dirà sarà per aumentarle il sei». Ella rifiorì subito in volto e fece un bellissimo esame. Disgraziatamente, poi arrivò al professore di storia che le chiese chi era Bernabò Visconti. Lei non ricordava, nell'universo delle cose che doveva conoscere, chi era Bernabò Visconti. Non lo sapeva. E fu rimandata perché non sapeva chi era Bernabò Visconti!

Questa è la scuola di Stato! Perciò, quando l'onorevole Longhena suggerisce di eliminare l'esame di Stato, ha ragione. È vero che il ragazzo deve essere interrogato con esattezza e durezza, ma su un piccolo programma e da colui che lo conosce, cioè dal suo professore. Invece lo facciamo giudicare da quelli che non lo conoscono. Ora, non si può improvvisare un giudizio su un ragazzo che non si conosce; quindi, dovrebbe essere interrogato dai suoi professori. Sono d'accordo con l'onorevole Longhena.

Ora viene la scuola cattolica.

Si dice scuola privata, ma si pensa alla scuola cattolica, perché se la scuola privata l'avessero altri enti non ci sarebbe questa reazione. Questa è la verità. Ora, questa scuola cattolica quale è? In fondo, è giusto che si voti contro una scuola che serve a preparare dei voti ad un partito; così avviene da quando l'«Azione cattolica» ha preso posizione per un partito, e ha detto di votare per un partito.

A parte questo che è secondario — chiudiamo un occhio anche su questo — c'è da domandarsi: sono buone o cattive queste scuole? Il giudizio non è facile, e vi sono da fare delle eccezioni; per esempio la scuola salesiana, che è stata creata cento anni fa, alla vigilia del sorgere della grande industria a Torino. È una scuola che fu fatta quando la città aveva perso la sua corte e stava per trasformarsi in città industriale; è sorta per merito del genio di Don Bosco. Ho visto nel resoconto sommario che mi si fa gridare una interruzione contro Don Bosco. Non so più dove siamo! Se si può, se non è contro a qualche legge, mi si faccia il piacere di far correggere il resoconto sommario, nel quale si dice che ho fatto un'interruzione alla onorevole Bianchini contro Don Bosco. Don Bosco è un genio tra gli educatori. Lasciamo andare la storiella, a cui non tutti possono credere, del suo sacchettino da cui estraeva castagne in perpetuo per gettarle ai ragazzi: questo però per lo meno è un simbolo, come la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Don Bosco era un educatore nato, ed ha realizzato questa grande idea di creare una scuola di lavoro in una città che, dopo poco, si sarebbe trasformata in una grande città industriale. Perciò la scuola salesiana ci dà l'idea della scuola di lavoro. Noi abbiamo trascurato il lavoro nella nostra Costituzione.

Questo, dunque, è un tipo di scuola benemerita. Io non posso parlare di tutte le scuole cattoliche perché non le conosco, ma di quelle che conosco. Dai nove ai dieci anni fui in una cattiva scuola di preti, ma presto mi cacciarono via. Ricordo bene come ciò avvenne, ma non voglio farvi delle confessioni e non ne parlo.

Queste scuole, dunque, sanno che devono educare e in questo sono migliori delle scuole di Stato; ma educano male.

In fondo il tipo medio delle scuole cattoliche italiane è il tipo tradizionale gesuitico, al quale il Manzoni era contrario e lo disse in prosa e in versi. «La fetente mangiatoia» chiama il collegio in cui fu educato ed usa frasi anche più gravi. Manzoni fu uno scolaro ribelle. Ora questa scuola ha come ideale, diciamo così, San Luigi Gonzaga (Commenti). Aspettate un momento, perché non offendo quelli che coltivano San Luigi Gonzaga; intendo non il San Luigi Gonzaga storico, di famiglia guerriera di Mantova, quindi probabilmente un temperamento di guerriero, ma quel falso San Luigi Gonzaga che ho sentito pregare da ragazzo e che è portato dal gesuitismo come l'ideale di un collo torto — che veramente in effetti non era — del quale ho sentito dire che per vedere la Madonna in Paradiso come prima donna vista, non voleva guardare ad altre donne, neanche a sua madre. C'è un complesso freudiano in tutto ciò. Nella scuola cattolica questo San Luigi Gonzaga, così come è predicato, porta un complesso freudiano, un complesso d'ipocrisia, di collo torto; è qualche cosa di antitetico a quello che l'abate Parini ci ha annunciato nell'Educazione, poesia che fu scritta precisamente in antitesi a questo tipo di scuola. Era un abate anche lui: noi non l'abbiamo contro i religiosi, l'abbiamo contro alcuni di essi. Ora queste scuole depotenziano il Paese, mancano di sincerità, hanno il collo torto e non possiamo quindi vedere bene queste scuole. Siamo quindi di fronte a due scuole cattive, quella dei preti e quella di Stato.

Dominedò. Ricordi gli uomini usciti dalla scuola dei gesuiti.

Calosso. In tanti secoli di monopolio gesuitico delle scuole medie in mezza Europa, ne uscì un solo uomo di fama universale; e questo uomo fu Voltaire. Comunque, il problema sarebbe un altro. Non troverei niente di straordinario se, come hanno fatto i socialisti inglesi, si finanziassero tutte le scuole buone. Ho visto qui a Roma una piccola scuola Montessori, una scuoletta nella quale c'era una calma assoluta in tutti quei piccoli ragazzi, che non erano né timidi né sfacciati. Ho subito detto: questa scuola è riuscita, è il miracolo di questa calma senza debolezza: occhi limpidi che guardano senza sfacciataggine e senza umiltà.

Quindi giudichiamole una per una le scuole. Non avrei niente in contrario che si dicesse che si finanziano tutte le scuole buone, non quelle cattive. Siccome ci vogliono i soldi del contribuente, il contribuente, cioè lo Stato, come è adesso, deve giudicare se la scuola è buona o cattiva. Ci sarà una legge dello Stato e le scuole cattive saranno chiuse. Quasi tutte probabilmente. Se c'è una scuola cattolica buona, si daranno i denari: ai Salesiani, per esempio. Mi pare che questa dovrebbe essere la soluzione. Ma noi non abbiamo, mi pare, affrontato il problema dal suo angolo giusto, e quindi è molto difficile tornare indietro: quello che è stato, è stato.

C'era nel Manzoni uno schema di critica al tipo di scuola che io chiamerei — non so come, chiamarla — «clericale». Nella brutta copia dei Promessi Sposi che si chiama Gli Sposi Promessi, si parla dell'educazione di Geltrude, e si mostra come essa fosse stata educata male in un collegio di monache, perché — dice lui — non si muovevano abbastanza, facevano poco sport. Non sono parole mie; nelle scuole cattoliche moderne questo non succede più, probabilmente. Pregavano in una lingua incompresa — dice il Manzoni — per cui non vivevano la vita della Chiesa. Ed aggiunge diversi altri punti per dimostrare che questa scuola non funzionava.

Penso che dovremmo orientarci nella pratica senza troppe teorie; dovremmo provare, in fondo, un sentimento negativo verso due tipi di scuole cattive e soprattutto e qui è il punto centrale che la onorevole Bianchini ha trattato con tanta intensità — cercare l'attitudine educativa. Questa non si trova necessariamente in chi è uscito da una scuola: la si può trovare dappertutto, diceva la onorevole Bianchini. Io stesso so che al mio paese c'è una vecchia donna — e con questo finisco — una buona cristiana a cui era morto il marito, credo; le era venuta una specie di mania religiosa contro cui reagiva il parroco del paese; pregava sempre in piedi e ogni tanto, mentre pregava, quando alzavano l'Ostia, diceva di sentirsi sollevare un paio di dita dal suolo. Trattandosi di poche dita, io non lo voglio escludere; ma il buon parroco diceva che non era vero ed io ero il solo a difenderla. Questa donna, non ostante questa innocente piccola mania religiosa, sviluppò un'attitudine organizzativa straordinaria, insieme a qualche piccola taumaturgia medica; sapeva anche come si trattano i morti: cosa difficile; noi non lo sappiamo, per esempio. Questa donna aveva messa su una scuoletta — lei che non sapeva quasi né leggere né scrivere; aveva fatto, mi pare, la terza elementare — che funzionava.

Era cioè una donna che aveva attitudini educative. Che cosa facciamo noi di questa donna in questo benedetto Stato? Perché non la facciamo insegnare senza diploma?

Io vorrei che tutti ci accordassimo — come ci siamo accordati io e la onorevole Bianchini, democristiana — nell'apprezzare questa umile donna. (Applausi a sinistra. Congratulazioni).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti