[Il 7 novembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato. — Presidenza del Deputato Perassi.]

Il Presidente Perassi. [...] Pone il problema, lasciato precedentemente in sospeso, se sia opportuno stabilire nella Costituzione il principio che le elezioni devono farsi seguendo un metodo che potrà essere fissato in un secondo tempo, o se invece non sia preferibile rinviare la decisione di tale questione alla legge elettorale.

Nobile è del parere che tale concetto debba inserirsi nella Costituzione.

Fabbri è invece favorevole al criterio di non includere nella Carta costituzionale la determinazione del sistema elettorale, sia in considerazione del fatto che il progetto che si sta elaborando è quello di una Costituzione rigida, sia perché personalmente non è favorevole al sistema proporzionale.

Calamandrei crede anch'egli che non siano da includere nella Carta costituzionale norme che determinino il sistema elettorale. Riterrebbe però opportuno che fosse preliminarmente deciso quale sia il sistema che si intende sia adottato per le elezioni, perché non si può scindere il problema costituzionale da quello del sistema elettorale: bisogna conoscere quale sarà questo sistema per poter affrontare i problemi costituzionali.

Bozzi crede che la questione debba essere impostata in modo diverso da quello accennato dall'onorevole Calamandrei; e che — tenendo presente il voto già espresso in precedenza di inserire nella Costituzione soltanto ciò che è essenziale — ci si debba porre la domanda se l'indicazione di un determinato sistema elettorale nella Carta costituzionale sia opportuna, o se invece, pur trattandosi di questione importante, ma meno intimamente collegata alla struttura della Costituzione, convenga non farne parola.

Fatti presenti gli inconvenienti che si avrebbero, se si ponesse la Carta costituzionale in stretta dipendenza da sistema elettorale, dichiara di essere favorevole all'inclusione nello Statuto di norme tali che consentano che la rappresentanza possa essere eletta così con un sistema come con un altro. In una Costituzione rigida, come quella che si sta elaborando, pensa che si debbano fissare norme adattabili all'evolversi della situazione, in modo che, se l'esperienza dimostrerà che il sistema elettorale scelto non è il migliore, sia possibile al Parlamento legiferare in questa materia senza necessità di modificare il testo della Costituzione.

Mortati, Relatore, rispondendo all'onorevole Calamandrei, fa presente la necessità di inserire nella Costituzione quei principî che condizionano il funzionamento di determinati organismi costituzionali; onde si tratta di vedere se e in quanto i principî elettorali influiscano sui funzionamento della Costituzione.

Le ragioni che, a suo parere, consiglierebbero di affermare il principio della rappresentanza proporzionale nella Costituzione sono le seguenti: anzitutto che questo è diverso dagli altri sistemi elettorali, appunto in quanto rappresenta, più che altro, un modo di organizzazione dello Stato; poi che la proporzionale costituisce un freno allo strapotere della maggioranza ed influisce anche, in senso positivo, sulla stabilità governativa; infine che sussiste l'esigenza di coordinare le norme per l'elezione della prima e della seconda Camera, così da armonizzare le due rappresentanze.

Cappi osserva che la finalità di assicurare alle Camere legislative una fisionomia di proporzionale rappresentanza delle forze politiche della Nazione non deve far dimenticare che essa può raggiungersi soprattutto con un determinato sistema elettorale, che è appunto quello dello scrutinio di lista con rappresentanza proporzionale. Ma dubita della opportunità di inserire nella Costituzione una norma che renda obbligatorio fare le elezioni con detto sistema elettorale, e rinvierebbe invece questa determinazione alla legge elettorale.

Non nasconde poi la sua perplessità circa le osservazioni fatte dall'onorevole Calamandrei, anche perché questi non ha specificato i casi concreti di interdipendenza fra il sistema elettorale e i rapporti fra i poteri dello Stato.

Mortati, Relatore, fa notare che se alle Camere legislative verrà affidato il compito della elezione del Capo dello Stato, anche questa nomina potrà essere influenzata dal sistema elettorale prescelto per la formazione delle due Camere.

Calamandrei precisa che, secondo il suo avviso, la determinazione del sistema elettorale è una premessa indispensabile per poter poi, con cognizione di causa, scegliere i congegni costituzionali. Questa premessa, secondo quanto ha detto l'onorevole Mortati, dovrebbe portare a concludere che il sistema elettorale prescelto debba essere indicato nella Costituzione. Su questo punto però dichiara di rimettersi alle decisioni che la Sottocommissione vorrà adottare.

Insiste, invece, sulla considerazione che vi sono taluni problemi costituzionali, i quali non si possono risolvere con aderenza alla realtà politica se non conoscendo a priori il sistema in base al quale verranno fatte le elezioni. Non si nasconde la necessità di andare cauti nella scelta del sistema elettorale, dal quale dipende, in massima parte, la creazione di un Governo che governi, cioè di un Governo stabile. Osserva in proposito che lo scrutinio di lista con rappresentanza proporzionale, in quanto assicura una rappresentanza anche ai partiti più piccoli, non porta ad un Governo di maggioranza, ma ad un Governo di coalizione, il quale ultimo — come è noto — non dà garanzia di stabilità.

Laconi osserva che la Costituzione che si sta elaborando non potrà essere un documento eterno, ma un documento riferentesi al periodo storico che si sta attraversando. E poiché il sistema elettorale che meglio risponde alle esigenze storiche del momento è quello dello scrutinio di lista con rappresentanza proporzionale, al quale si accompagna lo sviluppo della moderna democrazia italiana, ritiene non dubbio che nella Costituzione questo debba essere indicato come il normale sistema elettorale.

Considera le osservazioni dell'onorevole Calamandrei di natura più politica che giuridica, in quanto la formazione di un Governo di maggioranza o di coalizione dipende, assai più che dal sistema elettorale, dalla situazione politica contingente.

Nobile ha avuto occasione in passato di occuparsi di problemi relativi ai vari sistemi elettorali e crede, perciò, utile esprimere la sua opinione intorno alla questione che ora si discute.

È evidente che, se si vuole che le assemblee da eleggere rispecchino numericamente la proporzione delle forze politiche agenti nel Paese, e soprattutto se si vuole che siano rappresentati tutti i partiti minori, si deve ricorrere al sistema proporzionale.

Non attenendosi a questo sistema, non solo si correrebbe il rischio di alterare profondamente ed arbitrariamente il rapporto numerico dei rappresentanti delle forze politiche, ma anche potrebbero venir esclusi dalla rappresentanza i piccoli partiti. Questo avverrebbe, ad esempio, qualora si adottasse il sistema maggioritario plurinominale, anche se, con l'intendimento di assicurare un posto alle minoranze, il sistema venisse temperato dal voto limitato ai 3/4 od ai 4/5 dei seggi da coprire.

Col sistema plurinominale, anche a voto limitato, i tre grandi partiti oggi esistenti in Italia conquisterebbero da soli quasi tutti i seggi e i piccoli partiti, salvo qualche eccezione, rimarrebbero fuori delle assemblee, compreso il partito repubblicano, le cui forze nel Paese, pur essendo notevoli, non sono sufficientemente concentrate. Ha voluto farsi una idea concreta dei risultati che si sarebbero ottenuti nelle elezioni per la Costituente, qualora si fosse adottato il sistema maggioritario, votando solo i 4/5 dei deputati da eleggere, ed è giunto, con una indagine sommaria, alla conclusione che sarebbero stati eletti 144 socialcomunisti e 207 democristiani. Come si vede, la fisionomia politica dell'Assemblea Costituente, che invece conta 219 socialcomunisti e 207 democristiani, ne sarebbe stata profondamente alterata.

Il sistema maggioritario, plurinominale, anche a voto limitato, va dunque scartato. Resta a vedersi se possa convenire adottare quello uninominale.

Certamente, il collegio uninominale rende possibile ad un gruppo, che è minoranza in un grande collegio, ma maggioranza in un collegio ristretto, di essere rappresentato; e perciò è meno sfavorevole del precedente ai partiti di minoranza. Tuttavia i partiti più piccoli, come quelli azionista e demolaburista, che, pur avendo nel complesso una certa forza numerica, hanno questa forza sparpagliata in tutta Italia e non concentrata in alcun posto, risulterebbero egualmente esclusi dalla rappresentanza. Lo stesso avverrebbe di altri piccoli gruppi politici, che oggi hanno nell'Assemblea Costituente uno o due rappresentanti. Del resto, è da notare che l'intensificarsi delle comunicazioni fra le singole parti del Paese, porta, come naturale conseguenza, ad una distribuzione sempre più diffusa delle forze politiche, e quindi il sistema uninominale tenda a concentrare sempre più tutta la rappresentanza politica nel partito numericamente prevalente nel Paese.

Oltre a ciò, devesi tener presente un altro argomento addotto contro il collegio uninominale, cioè che esso, con abili manipolazioni, può dar luogo ad una menomazione artificiosa della rappresentanza delle minoranze, ricorrendo, ad esempio, alla tecnica che in America fu chiamata dell'elettorato geometrico, consistente nell'assegnare ai collegi elettorali tali circoscrizioni, da assicurare dei seggi ad un dato partito con piccole maggioranze.

Che questa eventualità, anche da noi, non sia così remota come si potrebbe pensare, si desume dal grande numero di minuscole frazioni che vanno oggi erigendosi in comuni autonomi, pur non contando talvolta più di duecento o trecento abitanti, e distando dal comune dal quale vengono distaccate solo qualche centinaio di metri.

Ma, prescindendo da quest'ultima eventualità, il collegio uninominale, data l'attuale distribuzione in Italia delle forze dei partiti di massa, non altererebbe sensibilmente la proporzione delle loro rappresentanze, ma ridurrebbe di molto, o sopprimerebbe, la rappresentanza dei partiti minori. Il problema, quindi, concerne oggi soprattutto questi ultimi: sono essi che hanno il maggior interesse ad opporsi alla adozione del collegio uninominale.

I fautori di questo mettono avanti l'argomento che esso consente un contatto più stretto tra il candidato ed il corpo elettorale. Questo è vero, ed obbligherebbe, perciò, i partiti a fare una scelta più accurata dei propri candidati nei singoli collegi. Ma, d'altra parte, a favore del sistema proporzionale, quale è stato adottato nelle elezioni della Costituente, sta il vantaggio che l'elettore, esercitando il diritto di preferenza, può scegliere tra le varie persone che ciascun partito presenta al suo suffragio.

Non può, dunque, esservi alcun dubbio che, per assicurare la rappresentanza di tutti i partiti minori, convenga adottare il sistema proporzionale. Resta a vedere quale particolare metodo di proporzionale sia da scegliere fra i trecento diversi metodi che fin'oggi sono stati proposti. Ma questa, evidentemente, è materia di competenza della legge elettorale. Tuttavia, può interessare alla Sottocommissione di conoscere che il particolare sistema, che fu adottato nelle elezioni per la Costituente, non portò ad una rappresentanza dei vari partiti esattamente proporzionale al totale dei voti da essi ottenuti; ragione per cui i partiti Socialista, Comunista, Repubblicano, Azionista ed Unionista perdettero complessivamente nove seggi a beneficio della Democrazia Cristiana e dell'Unione Democratica Nazionale. Questo risultato fu dovuto alla grande variabilità dei quozienti elettorali che si applicarono nelle varie circoscrizioni. Essi oscillarono tra un minimo di 30.700 per la Calabria ed un massimo di 46.200 per la Toscana, e portarono alla conseguenza che, laddove il quoziente fu più basso per la minore affluenza degli elettori alle urne, bastò un minor numero di elettori ad eleggere un deputato, giungendo così alla conclusione strana che, con lo stesso numero di voti validi, i corpi elettorali più pigri, quali quelli del Sud, finirono con l'eleggere un numero di deputati superiore a quello dei corpi elettorali più zelanti.

Egli ha indicato un modo assai semplice per rimediare a questo inconveniente, consistente nello stabilire un quoziente unico per tutte le circoscrizioni, quoziente da calcolarsi dall'ufficio centrale elettorale non appena gli fossero pervenuti dalle singole circoscrizioni i totali dei voti validi. Dividendo il totale generale di questi per il numero totale dei deputati da eleggere, si ha un quoziente nazionale, che, comunicato alle circoscrizioni, permetterebbe di stabilire gli eletti delle singole liste.

Con questo metodo avverrebbe esattamente il contrario di ciò che si è avuto con i quozienti circoscrizionali: verrebbero cioè premiati i corpi elettorali che affluiscono più numerosi alle urne, o che votano con più diligenza, facendo annullare un minor numero di voti: essi, infatti, riuscirebbero ad eleggere un maggior numero di deputati. D'altra parte, la rappresentanza dei vari partiti risulterebbe meglio corrispondente alle loro forze effettive, con vantaggio specialmente dei piccoli partiti, i quali non verrebbero, per così dire, defraudati, a beneficio dei maggiori, di una parte notevole dei seggi loro spettanti.

Il Presidente Perassi, pur riconoscendo che la esposizione dell'onorevole Nobile è stata sommamente interessante, rileva che essa è entrata nel merito del problema — che sarà discusso in seguito — concernente la determinazione di un sistema di elezione, mentre invece ora si tratta di decidere, in via pregiudiziale, circa l'opportunità o meno di inserire nella Costituzione una norma che fissi il sistema elettorale, senza dire quale esso sia.

Uberti, non solo per il criterio organicistico esposto dall'onorevole Mortati e non solo per le ragioni di una necessariamente diversa organizzazione degli organi dello Stato, a seconda che si accolga un sistema maggioritario o proporzionale, esposte dall'onorevole Calamandrei, ma anche per il valore intrinseco di superiore giustizia e per il progresso che rappresenta come espressione della volontà popolare il sistema proporzionale, ritiene che la scelta o meno di questo sistema elettorale abbia rilevanza costituzionale.

Il Presidente Perassi fa constatare che la Sottocommissione non è in numero legale e quindi non è possibile procedere ad una votazione.

Propone perciò che — dichiarata chiusa la discussione generale — si rinvii alla seduta di domani la decisione di questa importante questione.

(Così rimane stabilito).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti