[L'8 ottobre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento». È in discussione l'articolo 55 del progetto di Costituzione.

Vengono qui riportate solo le parti relative al tema in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 58 per il testo completo della discussione.]

Mortati. Desidero ricordare che, a proposito della Camera dei deputati, si è ritenuto, di comune accordo, che l'affermazione circa il modo di composizione non fosse materia costituzionale e si è appunto a questo scopo trasformato l'emendamento Giolitti, circa la composizione proporzionale della Camera stessa, in ordine del giorno, ritenendosi che l'affermazione concreta del principio ed i modi specifici del suo svolgimento dovessero trovare il loro luogo più proprio nella legge elettorale. A me pare che lo stesso orientamento debba farsi valere per il Senato e che pertanto la sua composizione, per quanto riguarda il metodo di elezione, non debba essere oggetto di statuizione costituzionale, bensì di regolamentazione per opera della legge elettorale. L'affermazione pertanto contenuta nell'ordine del giorno approvato può valere come indicazione del proposito dell'Assemblea, che sarà tenuto presente in sede di elaborazione della legge elettorale da parte dell'Assemblea stessa. Così decidendo, l'ultimo comma dell'articolo 55 potrebbe essere soppresso, o, al massimo, sempre per analogia con il criterio adottato nell'articolo 53, dedicato alla Camera dei deputati, potrebbe limitarsi a disporre che l'elezione del Senato debba avvenire con suffragio universale e diretto.

Lucifero. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. A me pare che le osservazioni fatte dall'onorevole Mortati vadano un po' in là nella loro portata, anche perché, mentre l'ordine del giorno dell'onorevole Giolitti fu votato a conclusione di una discussione, l'ordine del giorno dell'onorevole Nitti è stato invece votato come pregiudiziale ad una discussione. Ad ogni modo, nell'ultimo capoverso dell'articolo 55 vi sono due parti: una cade automaticamente ed è quella relativa alla parte eletta dai membri del Consiglio regionale, perché l'ordine del giorno approvato lo esclude; resta però la questione degli elettori, cioè della loro età. Io penso che è su questo punto che noi dobbiamo deliberare. L'altra è caduta automaticamente. Non possiamo accettare il concetto dell'onorevole Mortati, che l'ordine del giorno che abbiamo votato come pregiudiziale a tutta la nostra discussione sia come una specie di raccomandazione. È invece una chiara deliberazione delle nostre intenzioni in campo costituzionale, cioè del modo con il quale vogliamo differenziare le due Camere. Una delle ragioni per cui abbiamo votato un sistema contrario all'altro è proprio questo, che noi vogliamo stabilire il criterio con il quale intendiamo differenziare una Camera rispetto all'altra.

Moro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Vorrei osservare, intorno al dissidio manifestatosi tra le posizioni dell'onorevole Mortati e dell'onorevole Lucifero, che veramente è questo un punto da considerare con attenzione. Non mi sembra che le ragioni addotte dall'onorevole Lucifero provino la necessità che la norma, la quale stabilisce che il Senato debba essere eletto col sistema uninominale, faccia parte integrante della Costituzione.

Se si ritiene che sia il sistema elettorale che serva a differenziare una Camera dall'altra, è evidente che non si può fare un diverso trattamento tra Senato e Camera dei deputati. Bisogna cioè che per l'una e per l'altra Camera sia indicato nella Costituzione quell'elemento differenziale che serva per distinguere l'una Camera dall'altra. Se invece si segue un diverso avviso e si ritiene che attraverso l'indicazione generica dell'ordine del giorno le due Camere siano sufficientemente differenziate, ancora una volta non si può fare un trattamento diverso e l'ordine del giorno che è stato votato ieri da questa Assemblea non può restare, come l'ordine del giorno Giolitti, se non come un'indicazione generica.

Non vale che sia stato votato quest'ordine del giorno prima o dopo la discussione, perché la sostanza delle cose è identica nell'un caso e nell'altro.

Ma mi sembra che vi sia una questione pregiudiziale, di fronte alla quale questo dibattito può essere accantonato, ed è il problema nato dalle affermazioni dell'onorevole Presidente che io, in verità, non mi sento di condividere. L'ordine del giorno che è stato votato ieri dall'Assemblea, è un'indicazione di carattere generale, non è una norma di legge. Esso deve essere completato attraverso una precisa votazione, alla stessa stregua di tutte le altre disposizioni che nella giornata di oggi noi abbiamo votato, allo scopo di determinare altri caratteri propri del Senato. Quindi, a me sembra indispensabile che si proceda ad una nuova votazione. (Commenti a sinistra).

Né può chiedere a noi di mutare opinione e di votare a favore.

[...]

Costantini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Costantini. Sono perfettamente dell'opinione del collega che mi ha preceduto, onorevole Bozzi. Io mi devo chiedere se le deliberazioni dell'Assemblea, che sono intervenute a seguito di votazione, abbiano o non abbiano valore vincolante. L'Assemblea è sovrana e come tale pronunzia le sue decisioni. Si è detto all'inizio che non era materia da inserirsi nella Costituzione il sistema di votazione della Camera dei deputati e quindi successivamente di quella dei senatori. Ed allora si è trovato che con un ordine del giorno sarebbe stato opportuno indicare, per le Assemblee legislative, quale sarebbe stato il metodo di elezione dei deputati, e l'Assemblea ha votato l'ordine del giorno del collega Giolitti, se non erro. Adesso, superata la questione della nomina indiretta dei senatori attraverso il rigetto dell'ordine del giorno Perassi e l'approvazione dell'ordine dei giorno Nitti, si ripresenta il problema per l'elezione della seconda Camera. Allora, viene fatto di chiederci se le deliberazioni che abbiamo preso a mezzo di ordini del giorno, abbiano valore indicativo o di norme veramente costituzionali, da considerare inserite, cioè, nella Costituzione, per le Assemblee future. Perché da questo dipende tutto lo svolgersi della procedura attraverso la quale il Paese nominerà i suoi rappresentanti. Ed allora se l'ordine del giorno ha un valore semplicemente platonico, era inutile intrattenere l'Assemblea con discussioni e votazioni.

Io penso che l'ordine del giorno, pur essendo fuori, per una ragione formale più che sostanziale, dal testo della Costituzione, deve ritenersi vincolante per le Assemblee legislative future. Se invece si volesse, con un gioco di formalismo, annullare la sostanza delle nostre deliberazioni, allora è doveroso assumere la responsabilità di inserire specificatamente nel testo costituzionale che la Camera dei Deputati deve essere nominata col sistema proporzionale, e che il Senato dovrà essere nominato col sistema del collegio uninominale. È un dovere di lealtà di fronte agli altri ed a noi stessi, perché, diciamolo pure francamente, è difficile che qualcuno, qui dentro, possa nascondere la verità ad un altro. Quindi esprimiamo il nostro pensiero, avendo il coraggio della franchezza affermandolo apertamente, senza ritenere che qualcuno cada in quei tranelli che sono fatti in altri ambienti. Questo almeno io mi auguro. (Applausi).

[...]

Moro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Poche parole soltanto, onorevoli colleghi, per dissipare un equivoco che è sorto intorno al mio pensiero. Su questo punto, che cioè un ordine del giorno non possa costituire una norma di legge, una norma costituzionale, non mi pare ci possa esser dubbio, e mi meraviglio che l'onorevole Rubilli possa averne avanzato e anzi — quel che è peggio — possa avere addirittura parlato di violazione delle garanzie costituzionali.

Si potrà quindi ritenere che, per quanto riguarda la determinazione del sistema elettorale, si tenga per il Senato lo stesso atteggiamento che si è tenuto a proposito della Camera dei Deputati. Al sistema elettorale si farà allora richiamo soltanto in un ordine del giorno, il quale non dovrà essere di necessità tradotto in una norma di legge.

[...]

Lussu. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. A mio nome, a titolo cioè puramente personale, debbo dire che mi pare doveroso esprimere su questa questione il mio pensiero. Quando l'Assemblea ha votato l'ordine del giorno dell'onorevole Nitti, io ho inghiottito un rospo: però, in coscienza, sento che non c'è niente da fare. Ora, è chiaro che, se noi giudichiamo con criteri rigorosamente giuridici, dobbiamo concludere che questo non è un articolo costituzionale e, quindi, non è nemmeno una vera affermazione a carattere normativo; tuttavia serve a dirigere i nostri lavori. In coscienza sento che mi farebbe piacere se si potesse, in modo serio e coerente, buttare per aria il collegio uninominale, ma riconosco che l'ordine del giorno Nitti ci obbliga ad inserire il collegio uninominale nell'articolo 55.

Avendo noi votato che ogni duecentomila elettori eleggeranno un senatore, ciò significa che vi saranno tante circoscrizioni elettoriali senatoriali quanto volte i duecentomila abitanti sono inseribili in una Regione.

Questo a me pare che si debba lealmente riconoscere.

Quindi, è una questione di dizione, di redazione; è una raccomandazione al Comitato di redazione, perché trovi il modo migliore di inserire nell'articolo 55 il collegio uninominale. Ma è chiaro che noi, una volta approvato l'ordine del giorno Nitti, non possiamo più discutere del collegio uninominale. (Applausi a sinistra).

[...]

Nobili Tito Oro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobili Tito Oro. Bisogna riconoscere onestamente che questa discussione sta diventando mortificante. (Approvazioni a sinistra).

Io ebbi occasione di esprimere ieri il mio pensiero sulle preclusioni che investono ormai le varie parti dell'articolo 55 e quando la seduta si sciolse, l'onorevole Presidente aveva già prese e comunicate le risoluzioni di sua competenza. Come è possibile ritornarvi sopra?

L'Assemblea ha votato l'ordine del giorno Nitti in forma deliberativa e perentoria...

Moro. Che cosa vuol dire?

Nobili Tito Oro. ...non ha espresso una opinione, una raccomandazione, un voto, ma ha affermata solennemente una volontà recisa, ha statuito affermando che «il Senato sarà eletto a suffragio universale e diretto, col sistema del collegio uninominale».

Eccolo il sostitutivo del terzo comma dell'articolo 55 che affida l'elezione di una parte dei senatori ai Consigli regionali! E pertanto l'onorevole Presidente, quando, procedendo al completamento dell'esame dell'articolo, incontrerà questo terzo comma, che ha una portata completamente diversa e contrastante coll'ordine del giorno Nitti votato ieri, non dovrà fare altro che riconoscere e dare atto che il terzo comma è completamente assorbito e sostituito dalla formula chiara e precisa già votata con quell'ordine del giorno; formula che non dobbiamo compilare o ricostruire noi, ma è già nell'ordine del giorno Nitti dal quale può essere qui trasferita di peso: «Il Senato sarà eletto a suffragio universale e diretto, col sistema del collegio uninominale».

[...]

Lami Starnuti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lami Starnuti. Io ho votato contro l'ordine del giorno Nitti. Ciononostante credo di poter dire anch'io — come ha detto per sé l'amico onorevole Lussu — una parola obiettiva, quantunque le mie conclusioni siano diverse da quelle a cui è giunto l'onorevole Lussu.

Io vorrei richiamare all'attenzione dei colleghi, specialmente dei compagni di questa parte della Camera, i precedenti della nostra discussione e delle nostre decisioni.

Quando cominciammo a discutere l'articolo 55 ed io svolsi il mio emendamento in favore del sistema proporzionale, dichiarai subito che avrei trasformato l'emendamento in ordine del giorno perché, a simiglianza di quanto era stato fatto per la Camera dei Deputati, a simiglianza di quanto era stato proposto dall'onorevole Giolitti con suo ordine del giorno, ritenevo acquisito che nella Costituzione non dovesse trovar luogo...

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Benissimo!

Lami Starnuti. ...il sistema elettorale di formazione delle Assemblee legislative.

Tanto queste mie osservazioni parvero esatte che, dietro di me, gli altri presentatori di emendamenti si affrettarono a trasformare subito i loro emendamenti in ordini del giorno. L'onorevole Nitti, che aveva presentato un emendamento per il collegio uninominale, propose allora il suo ordine del giorno; e la stessa cosa fece l'onorevole Perassi trasformando anch'egli in ordine del giorno il suo emendamento, che non era né per il collegio uninominale, né per la rappresentanza proporzionale, ma per una elezione di secondo grado.

Tutto questo concorso di attività e di idee confermava quello che era stato detto all'inizio della discussione, cioè che l'Assemblea non intendeva porre tra le norme costituzionali il modo di elezione della seconda Camera.

E allora, se questi sono i precedenti, perché si dice, come fanno gli onorevoli Bozzi, Rubilli, Costantini, Nobili, che l'ordine del giorno dell'onorevole Nitti votato ieri vincola in sede costituzionale l'Assemblea?

Rubilli. Già è stato dimezzato!

Lami Starnuti. Che cosa è stato dimezzato? Il concetto dell'onorevole Nitti è l'affermazione del collegio uninominale. Se noi mettessimo il principio del collegio uninominale nella Carta costituzionale, andremmo incontro a quegli inconvenienti lamentati fin da quando discutemmo la formazione della Camera dei Deputati, cioè, innanzi tutto, l'inconveniente di non poter eventualmente modificare con legge normale un determinato sistema elettorale quando la pratica avesse dimostrato gli inconvenienti o gli errori di quel sistema.

E allora, a mio avviso, l'ordine del giorno ha un valore che non è normativo. Tanto meno ha un valore costituzionale. (Interruzioni Commenti).

Ha un valore politico, un valore impegnativo, ma in sede di legge elettorale, non in sede di formazione delle norme costituzionali.

Nella Costituzione, a mio giudizio, deve essere posto soltanto il principio prevalso nell'Assemblea, che l'elezione del Senato avverrà non in forma indiretta, ma col suffragio universale diretto e segreto.

Vi è una parte degli emendamenti (Interruzioni) e cioè l'emendamento nostro, e quello degli onorevoli Targetti, Amadei ed altri, i quali nella loro prima parte suonano in modo identico dicendo che il Senato della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto.

Questa parte delle proposte fatte all'Assemblea può essere trasferita nella Carta costituzionale. Ma, ripeto, sarebbe a mio giudizio un eccesso se andassimo oltre e se ritenessimo senz'altro che l'ordine del giorno Nitti ha il valore di norma costituzionale e come tale debba essere inserito nella nostra Carta fondamentale. (Applausi al centro).

Targetti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Targetti. Ho domandato la parola per muovere due sole obiezioni agli egregi colleghi Dominedò e Lami Starnuti.

Si è detto dall'onorevole Dominedò che qui siamo in un caso perfettamente analogo a quello nel quale ci trovammo a proposito del sistema elettorale della prima Camera.

Là si ebbe un ordine del giorno dell'onorevole Giolitti, qui abbiamo un ordine del giorno dell'onorevole Nitti.

Mi permetto di richiamare l'attenzione della Camera sul tenore sostanzialmente diverso e, per dir meglio, sulla portata sostanzialmente diversa dei due ordini del giorno. Io non mi imbarcherò — perché farei certamente naufragio — in una discussione di diritto costituzionale, ma mi limiterò a ricordare all'Assemblea che mentre l'ordine del giorno Giolitti, relativo al sistema col quale deve essere eletta la prima Camera, diceva: «L'Assemblea Costituente ritiene che l'elezione dei membri della prima Camera debba avvenire col sistema proporzionale» (è inutile mettere in rilievo il significato della parola «ritiene»), l'ordine del giorno dell'onorevole Nitti, invece, è imperativo: «L'Assemblea Costituente «afferma» che il Senato sarà eletto con suffragio universale diretto e col sistema del collegio uninominale».

L'Assemblea Costituente ha deciso che una cosa avverrà. E qual è la cosa che avverrà? L'elezione del Senato con suffragio universale diretto e con collegio uninominale. Che m'importa (siamo nel campo politico) di fare una discussione sul valore normativo e non normativo dell'ordine del giorno? La maggioranza ha deliberato che il Senato sarà eletto con un determinato sistema elettorale.

[...]

Ma, badate, ad essere sinceri come tutti noi cerchiamo di essere, qui siamo in una ipotesi nella quale il sistema elettorale ha un'importanza che non si può paragonare a quella che ha per l'elezione della prima Camera.

Uberti. Perché? È la stessa cosa.

Targetti. Il perché l'avrei detto senza la sua sollecitazione, onorevole Uberti. Il perché è questo: che la composizione, la finalità, la funzione della prima Camera è la stessa qualunque sia il sistema col quale viene eletta.

Invece per la seconda Camera, fino dal periodo di elaborazione del progetto, la fatica a cui tutti i costituenti sono stati sottoposti è stata quella di trovare una differenziazione fra le due Camere, ammesso il principio della bicameralità. Trovare il modo di differenziare una Camera dall'altra per evitare che la seconda fosse un duplicato della prima. Ora, il sistema migliore, la via più diritta e più sicura per ottenere questa differenziazione molti di noi l'hanno ravvisata nel sistema di elezione della stessa Camera.

Tutti quelli che, come noi, sono decisamente contrari a quel catalogo di condizioni per l'eleggibilità dei senatori, condizioni che oltre a tutto mettono i componenti della prima Camera in una condizione di inferiorità perché vogliono dire: «Badate, chi appartiene a queste categorie può avere l'onore di far parte del Senato della Repubblica; chi non vi appartiene faccia pur parte della prima Camera»; tutti quelli che sono anche per altre ragioni contrari a subordinare a determinate condizioni, che non siano quelle dell'età, l'eleggibilità dei senatori, trovano in questo diverso modo di elezione la caratteristica differenziale della composizione delle due Camere. Ecco perché, proprio per l'elezione del Senato della Repubblica riteniamo che il sistema elettorale faccia parte integrante della sua costituzione.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Ho l'impressione che ci sia in questo momento un'atmosfera di sospetto forse ingiustificata. Penso che possiamo parlare con una certa serenità e che in tutti gli interventi vi siano elementi ragionevoli che devono essere presi in considerazione.

Mi pare anche, che vi sia un punto sul quale tutti dobbiamo essere d'accordo: il fatto che l'Assemblea ha già preso una decisione. Il fatto poi che essa abbia adottato una procedura, invece che un'altra, per deliberare, non comporta una menomazione dell'atto di volontà dell'Assemblea, che è arbitra di decidere che una deliberazione figuri o meno nella Carta costituzionale senza pregiudicare il valore che deriva ai suoi atti dal potere costituente di cui le è rimesso l'esercizio.

Indubbiamente, ammesso questo, sorge la questione: è opportuno o no inserire questa deliberazione nella Costituzione? C'è un precedente, ed è il precedente che richiamava poco fa l'onorevole Lami Starnuti. Per quanto riguardava il sistema proporzionale l'Assemblea non ha creduto inserirlo nella Costituzione. Questo precedente vale anche oggi? Io credo che questo sia discutibile. Oggi il sistema di elezione, come giustamente rilevava l'onorevole Targetti poco fa, è diventato qualche cosa di diverso, e cioè è diventato un criterio di differenziazione fra le due Camere. Quindi la questione che indubbiamente non aveva un rilievo costituzionale nel primo caso, lo ha forse acquistato nel secondo.

Comunque, è una cosa evidente che su questo punto l'Assemblea non ha preso una deliberazione; mentre è evidente che nella sostanza l'Assemblea ha deliberato, è evidente che non ha deliberato sull'inserimento o meno nella Costituzione, inserimento o meno che è soltanto una questione di opportunità. Perché il fatto che l'Assemblea abbia deliberato, attraverso l'una o l'altra forma, non muta il valore dell'atto dell'Assemblea. Quindi, in sostanza, l'inserimento o meno nella Carta costituzionale significa soltanto scegliere l'uno o l'altro sistema per formulare la norma, ma non cambia niente. (Commenti al centro).

Ritengo che, in sostanza, si tratti unicamente di una questione di opportunità. Chi deve valutare questa opportunità? Io credo che sarebbe inutile e forse dannoso, se fossimo noi, in questo momento, a valutare questa opportunità. Noi abbiamo creato un Comitato di coordinamento, col compito di risolvere queste questioni, di valutare queste opportunità. Per quale ragione non ci rimettiamo al Comitato di coordinamento? Esso può meglio valutare la questione nel suo complesso; perché è evidente che, se si ritiene di dover introdurre il collegio uninominale per la seconda Camera, si dovrà indubbiamente reintrodurre anche il criterio della proporzionale per la prima, in modo che la differenziazione abbia rilievo e risulti dalla Carta costituzionale.

Ma noi non possiamo ora riprendere in esame la questione del sistema proporzionale e discuterne l'inserimento o meno in relazione a questo secondo sistema. Mi pare, pertanto, che, dato che si tratta solo di questione di opportunità, potremmo rimetterla al Comitato.

So che osterà contro questa proposta la convinzione di un certo numero di colleghi, da una parte e dall'altra, che la questione in discussione possa avere rilievo sostanziale; cioè, che, attraverso un espediente di procedura, si possa rimetter in discussione la sostanza di quello che l'Assemblea ha votato. Vorrei che tanto da una parte che dall'altra ci si persuadesse che questo sospetto è infondato, in quanto che la deliberazione presa dall'Assemblea, sia pure attraverso un ordine del giorno, è deliberazione di un'Assemblea che esercita il potere costituente e come tale ha sempre valore costituzionale.

Reale Vito. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Reale Vito. [...] Si tratta adesso di sapere se l'articolo 55 debba essere sostituito con l'ordine del giorno Nitti, il quale contiene tutte le condizioni per sostituire questo comma. Ed in effetti, a chi lo avesse dimenticato giova ricordare che l'ordine del giorno Nitti è del seguente tenore: «Il Senato sarà eletto con suffragio universale e diretto, con il sistema del collegio uninominale». Questa è norma costituzionale.

Gronchi. Neanche per sogno!

Reale Vito. Quando con tanta esattezza sia in forma diretta che in forma indiretta si è votato dall'Assemblea, è evidente che non è possibile che il contrario possa essere rimesso in votazione. Resta — e in questo sono d'accordo con l'onorevole Laconi — una questione di opportunità: se completare, con queste precise affermazioni dell'Assemblea, l'articolo 55, o lasciarlo semplicemente come una norma precisa ed inderogabile da essere applicata in sede di legge elettorale. Questa è l'unica questione che si può presentare; ma presentare il quesito che l'ultimo comma dell'articolo 55 possa essere oggetto di una nuova votazione, quando così esplicitamente e categoricamente è stato rigettato, mi pare questione fuor d'opera che tocca soprattutto la dignità dell'Assemblea. (Approvazioni a sinistra).

Gronchi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gronchi. Qualche volta pare impossibile che questioni le quali sono sufficientemente chiare per se stesse, durante una discussione arrivino, invece che ad un chiarimento progressivo, ad una involuzione. Di che si tratta? Si tratta di stabilire se una norma che definisce il sistema elettorale possa diventare, anzi sia utile che diventi, una norma costituzionale, cioè vincolativa, non solo per questa Assemblea, ma anche per le successive, pena una revisione della Costituzione; oppure se convenga per il sistema elettorale, adottare una norma che sia vincolativa per noi, ma che possa essere modificata dalle Camere legislative successive senza incomodare la Costituzione, il che esige una procedura di molto maggiore complicatezza e difficoltà.

Quelli che, come noi, pensano che gli ordini del giorno Nitti e Giolitti siano vincolativi soltanto per questa Assemblea, e cioè che le elezioni, rispettivamente per la Camera dei Deputati e per la Camera dei Senatori, debbano avvenire l'una col sistema proporzionale, l'altra col sistema uninominale, sostengono il principio che non sia utile includere né l'una norma del sistema proporzionale né l'altra del sistema uninominale nella Costituzione. Gli altri che sostengono di introdurre nella Costituzione le due norme, pensano che si debba costringere le future Camere ad una revisione della Costituzione in sede di pura e semplice discussione della legge elettorale. La questione è così: non ci sono né truffe, né retropensieri, né altre diavolerie che durante la discussione sono apparse come fantasmi contro cui si combatte con la stessa illusione con la quale Don Chisciotte combatteva contro i molini a vento. Questa è la questione, la quale andrebbe mantenuta puramente e semplicemente nei suoi termini che sono così chiari. (Approvazioni al centro).

Fabbri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fabbri. Volevo fare una proposta che avevo pensato potesse risultare estremamente conciliativa, ma purtroppo le ultime conclusioni dell'onorevole Gronchi mi tolgono questa illusione e mi fanno vedere che forse la mia proposta è soltanto del tutto ingenua. In ogni modo confesso questa ingenuità e chiarisco il mio pensiero. Dal momento che tutti dichiarano di ritenere che sia reciprocamente vincolativo l'uno e l'altro ordine del giorno, quello del sistema proporzionale per la Camera dei Deputati e quello del sistema a scrutinio uninominale per il Senato, poteva essere opportuno autorizzare il Comitato di coordinamento a inserire nel testo di Costituzione un articolo aggiuntivo a contenuto puramente dichiarativo. Non pensavo di richiedere di mettere senz'altro in votazione un testo formulato ex novo, ma di richiedere, se vi era la unanimità dei consensi, un'autorizzazione pel Comitato di redazione che facesse sparire questa differenza di indole puramente tecnica onde relativamente al sistema elettorale della Camera dei Deputati non si è inserita l'enunciazione del sistema di elezione nella Costituzione, mentre adesso appariva opportuno inserirlo per il Senato della Repubblica. Con questa doppia enunciazione di contenuto puramente dichiarativo di fronte ad una situazione che lealmente e moralmente io ritenevo vincolante e pacifica per tutti, la soluzione da me vagheggiata poteva rimettere tutto a posto, in modo che non se ne parlasse più.

Ma, certamente, le dichiarazioni finali fatte dall'onorevole Gronchi possono creare una difficoltà all'adesione a questa mia proposta che, come dico, escludeva una votazione a contenuto di merito, ma tendeva a provocare soltanto, secondo la mia illusione, una dichiarazione spontanea e sincera che i due ordini del giorno avevano lo stesso valore e che erano stati votati sul serio, non per perdere tempo o suscitare delle riprese di discussioni di merito su questioni superate.

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, mi pare che tutta la discussione non si sarebbe fatta se la proposta iniziale dell'onorevole Moro fosse stata del tenore delle ultime considerazioni dell'onorevole Gronchi. Ma, a quanto mi è parso di sentire, l'onorevole Moro aveva invece fatto la proposta che si rivotasse sopra le affermazioni singole contenute nell'ordine del giorno Nitti. Ed è attorno a questa proposta Moro, che era stata già accompagnata da una espressa dichiarazione di voto, che si è venuta sviluppando tutta la discussione. È evidente che se non si fosse così messa in dubbio la validità della decisione presa dall'Assemblea Costituente con la votazione dell'ordine del giorno Nitti, nessuno avrebbe parlato; solo la preoccupazione che si pensasse, forse da parte di ciascuno, di rimettere in votazione cose che non possono essere più votate, ha portato innanzi tutta questa discussione.

Onorevoli colleghi, l'ordine del giorno che cosa è? È evidente che non è affermazione che vincola i terzi al di fuori di questa Assemblea, non è una legge, nel senso giuridico del termine, che è fatta dal Parlamento per tutti i cittadini; ma gli ordini del giorno, mi pare, sono leggi che l'Assemblea dà a sé stessa, oppure un ordine — mi si consenta la parola — che l'Assemblea dà al Governo, che trae dall'Assemblea stessa i propri poteri.

In questo senso mi pare che gli ordini del giorno, che noi siamo venuti votando, hanno avuto questo doppio valore: hanno significato l'impegno dell'Assemblea di attenersi ad una certa decisione ed hanno significato l'ordine — ripeto la parola — al Governo, perché, nei limiti nei quali esso deve tradurre in atto una decisione dell'Assemblea, in quel senso si muova e non in altro senso.

Così, per le leggi elettorali: quando l'Assemblea ha votato che la prima Camera dovrà essere eletta sulla base della proporzionale, ciò ha semplicemente significato che il Ministro dell'interno, competente a redigere il progetto di legge che dev'essere presentato a questa Assemblea, deve redigerlo sul sistema della proporzionale, e che l'Assemblea stessa, per quanto possa modificare i particolari del progetto presentato, non può modificarlo in tal modo da mutare il sistema proporzionale nel sistema uninominale.

La stessa considerazione vale per l'ordine del giorno votato in rapporto al Senato della Repubblica.

Non per polemizzare, onorevoli colleghi, ma io penso che non dovremmo creare degli ostacoli nuovi ad un più rapido ritmo dei nostri lavori, dimenticando come si è giunti a votare l'ordine del giorno Nitti e cosa significassero gli altri ordini del giorno che insieme a quello Nitti sono stati presentati al voto e respinti.

Io la pregherei, onorevole Moro, di dirmi schiettamente: se fosse stato approvato l'ordine del giorno Perassi, forse che non si sarebbe ritenuto da tutti e anche da lei senza altro acquisito al testo costituzionale il suo contenuto concreto?

Moro. È arbitrario.

Presidente Terracini. Permetta, sarebbe stata sì o no acquisita al testo costituzionale la disposizione a tenore della quale i senatori avrebbero dovuto essere eletti nel numero di 3 per ogni Regione dal Consiglio regionale e per il resto da delegati eletti a suffragio universale, ecc.?

Io almeno, nella mia semplicità, penso che se si fosse approvato quell'ordine del giorno queste due norme sarebbero entrate nella Costituzione. Comunque ho fatto questa ipotesi, soltanto per trarne la considerazione che occorre tenere presente non semplicemente i risultati alcune volte non graditi delle votazioni; ma anche il modo col quale vi ci si è giunti. Ogni votazione comporta due possibilità: la prescelta da ogni votante e la decisa dalla maggioranza. Se si era pronti ad accettare la prima, evidentemente si doveva essere pronti ad accettare anche la seconda. Ad ogni modo credo che la questione si possa risolvere in questi termini: nell'ordine del giorno Nitti si afferma che il Senato sarà eletto col suffragio universale diretto e col sistema del collegio uninominale. Analogamente a quanto abbiamo fatto per l'elezione della Camera, porremo però nell'articolo costituzionale soltanto l'affermazione che il Senato sarà eletto col suffragio universale diretto, mentre invece continueremo a considerare ordine del giorno a sé stante l'affermazione che impegna a valersi del collegio uninominale, ordine del giorno nel senso che indicavo prima, cioè che la legge che verrà depositata in questa Assemblea per l'elezione del Senato della Repubblica, deve essere una legge basata sul sistema del collegio uninominale.

Ora, mi pareva, che l'onorevole Moro chiedesse che si ripetesse la votazione sia sul carattere universale come sul carattere diretto del suffragio richiesto per l'elezione del Senato e poi anche sopra la questione del collegio uninominale. Non si rifarà nessuna di queste votazioni. Ma ciò che nell'ordine del giorno Nitti è simile alle proposte dell'articolo 55, verrà incluso nel testo definitivo dell'articolo stesso; mentre non vi includeremo ciò che non vi trova rispondenza, analogamente alla procedura seguita nel rapporto fra l'ordine del giorno Giolitti e l'articolo 53. Onorevoli colleghi, dovrebbe essere chiaro che le votazioni che si fanno hanno un valore definitivo. Ma per quanto si riferisce alla loro materia, il modo di disporla è sempre una cosa lasciata al criterio di opportunità, a cui si richiamava anche l'onorevole Laconi, e direi anche, alle esigenze di simmetria del testo costituzionale.

[...]

Moro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Solo per un chiarimento, onorevole Presidente.

Se è vero che nell'atto di porre questa questione che stiamo dibattendo c'è in me lo stato d'animo di colui che ha vista sopraffatta una tesi che gli era cara, io dichiaro con la più grande sincerità che questa questione è stata sollevata per una ragione di principio.

Noi siamo stati battuti nell'Assemblea Costituente un'altra volta, su un punto che era estremamente importante per noi, quello della indissolubilità del matrimonio. Ebbene, nessuno di noi ha sollevato, in quel caso, delle obiezioni.

Se obiezioni sono state sollevate in questa sede, è perché veramente noi riteniamo che la soluzione che si cerca di dare a questo problema non è una soluzione esatta, corrispondente alle norme di Regolamento e alle norme di legge.

Io sin da principio ho dichiarato che, a mio parere e a parere dei miei amici — e su questo punto credo che prenderà la parola, con la competenza tecnica che lo distingue, l'onorevole Mortati — l'ordine del giorno che è stato votato è un ordine del giorno che non sostituisce una norma di legge: è un ordine del giorno che vincola l'Assemblea, ma non supplisce le necessarie formali votazioni, attraverso le quali si crea una norma di legge.

Ora, il punto delicato di tale controversia era costituito dalla eventuale votazione da ripetere sul sistema elettorale, sul collegio uninominale. Ma poiché su questo punto io mi associo alle dichiarazioni dell'onorevole Gronchi, e prendo atto con soddisfazione che l'onorevole Presidente ha creduto anch'egli di accedere alla tesi di fare uguale trattamento all'indicazione dei sistemi elettorali, sia per la Camera dei deputati, sia per il Senato, evidentemente il punto politicamente più delicato è fuori discussione. Se dunque non si torna a votare sul sistema di elezione, possiamo serenamente riaffermare i principî i quali impongono, senza alcun pericolo di ordine politico, che si voti sulla struttura del Senato con l'indicazione della espressione «a suffragio universale diretto e segreto».

[...]

Presidente Terracini. [...] Credo pertanto di poter concludere così, come prima: che, per quanto si riferisce all'ultimo comma dell'articolo 55, l'Assemblea ha già deliberato, decidendo che il Senato sia eletto mediante suffragio diretto ed universale; mentre non si includerà nel testo costituzionale la parte dell'ordine del giorno che si riferisce al sistema del collegio uninominale, in armonia a quanto l'Assemblea ha fatto per il sistema di elezione della Camera.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti