[Il 21 dicembre 1946, nella seduta pomeridiana, la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul coordinamento degli articoli sul potere legislativo.]

Il Presidente Terracini. [...] Pone in discussione un articolo 37-bis proposto dall'onorevole Mortati:

«Il Capo dello Stato ha facoltà di richiedere che una proposta di legge rigettata da una delle Camere sia esaminata e messa ai voti dall'altra».

A suo parere tale facoltà, concessa al Presidente della Repubblica, può facilmente far sorgere dei conflitti fra le due Camere. Si domanda, infatti, quale situazione si verrebbe a creare nell'ipotesi che l'altra Camera approvasse il provvedimento rigettato dalla prima.

Mortati spiega che con la sua proposta egli tende a dare al Capo dello Stato la possibilità di sentire l'avviso di ambedue le Camere su di una determinata questione; e che nella ipotesi prospettata dal Presidente si verificherebbe la situazione che è prevista dall'articolo 38 con i rimedi ivi stabiliti. Propone anzi, data la connessione esistente tra i due articoli, di esaminarli contemporaneamente.

Il Presidente Terracini consente e dà lettura dell'articolo 38 nella nuova formulazione proposta dall'onorevole Mortati:

«Nel caso che una Camera rigetti o approvi con emendamenti un progetto di legge approvato dall'altra, oppure non deliberi su di esso nel termine fissato dall'articolo 27, il Capo dello Stato può richiedere, trascorsi tre mesi dalla precedente deliberazione o dalla scadenza del termine di cui al predetto articolo 27, che la Camera stessa si pronunci di nuovo sul progetto o prenda la deliberazione prima omessa. Ove la nuova pronuncia confermi la precedente, oppure non si proceda all'esame, il Capo dello Stato potrà indire il referendum sul progetto, oppure sciogliere le Camere (o anche una sola)».

Fabbri ritiene preferibile non parlare di tale questione, che si risolve o con la presentazione del medesimo progetto nella legislatura successiva o con la presentazione, nella medesima legislatura, dello stesso progetto lievemente modificato in modo da apparire un progetto nuovo. Ricorda come l'istituto della chiusura della sessione avesse precisamente lo scopo di togliere di mezzo quei progetti che rappresentavano un ingombro nello svolgimento normale della vita parlamentare.

Tosato osserva che l'articolo 38, nella sua ultima edizione proposta dall'onorevole Mortati, è in fondo conseguente alle proposte che sono state ora respinte. Propone quindi di prendere senz'altro in esame l'articolo 38 nel testo originario, che gli sembra perfettamente conseguente con il sistema parlamentare e che rileva essere stato tolto di sana pianta dall'articolo 47 della Costituzione sovietica.

Grieco premette che i riferimenti ad una Costituzione straniera dovrebbero farsi o spesso o mai, e rileva che nel caso in esame ci si trova di fronte ad un istituto nuovo; cioè ad una Commissione mista delle due Camere che è al di fuori del regime parlamentare, secondo il quale ogni Camera decide separatamente. Per queste considerazioni dichiara di essere d'accordo con l'onorevole Fabbri.

Il Presidente Terracini è del parere che, anche se si entrasse nelle idee dell'onorevole Tosato, converrebbe in ogni modo sgombrare prima il terreno dall'articolo 37-bis. Lo pone ai voti.

(Non è approvato).

Mortati, Relatore, accede alla proposta dell'onorevole Tosato, in quanto la nuova formulazione dell'articolo 38 da lui proposta, presuppone un istituto che non è stato approvato in una precedente votazione, e quindi sarebbe inutile discutere di ciò che non ha incontrato l'approvazione della maggioranza della Commissione.

Il Presidente Terracini dà lettura dell'articolo 38 nel testo del Comitato di coordinamento;

«Nel caso di rigetto da parte di una Camera di un progetto di legge approvato dall'altra, o di mancata deliberazione della prima nel termine fissato dall'articolo 27, il Governo può richiedere che il progetto sia riesaminato da una Commissione mista formata ai sensi dell'articolo 28. Se il dissenso fra le Camere persiste, il Presidente della Repubblica può indire il referendum sui punti controversi oppure sciogliere le Camere».

Grieco, in merito al richiamo all'articolo 28, osserva che non è esatto, perché in quello si parla di una Commissione interna di ciascuna Camera, mentre nell'articolo in esame è prevista l'ipotesi di una Commissione mista.

Mortati, Relatore, rileva che la Commissione di cui all'articolo 38 si forma nel momento nel quale sorge il conflitto: si tratta quindi di un'ipotesi diversa da quella considerata all'articolo 28. Perciò, in caso di contrasti, prima di ricorrere al sistema drastico dello scioglimento delle Camere, crede sarebbe opportuno, e senza offesa al principio della bicameralità, ammettere questa possibilità di una discussione comune in una Commissione che fosse quasi delegata dalle due Camere a cercare una linea di conciliazione. Osserva, del resto, che entrambe le Camere sono rappresentanti della sovranità popolare e quindi non devono essere sempre raffigurate in una posizione di antitesi. D'altra parte fa presente che il contrasto potrà anche sorgere su punti non sostanziali ed essere facilmente risolto attraverso questo contatto immediato.

Bulloni è del parere che, in luogo di fissare fin d'ora dei temperamenti che suonino sfiducia verso i componenti delle due Camere, si debba fare affidamento sul loro senso di responsabilità, affinché sia evitato un conflitto per questioni di scarso rilievo. Se poi si avranno contrasti su questioni rilevanti, questi potranno essere risolti mediante il potere di scioglimento delle due Camere riservato al Presidente della Repubblica.

Mannironi propone il seguente emendamento:

«Quando la seconda Camera non si pronuncia nel termine dell'articolo precedente sopra un disegno di legge approvato dalla prima Camera e questa l'approva nuovamente, il disegno può essere promulgato quale legge.

«Se la seconda Camera respinge il progetto o vi introduce emendamenti che la prima Camera non accetta, occorre che la nuova approvazione avvenga a maggioranza assoluta dei componenti e di due terzi dei presenti della prima Camera.

«Ove non sia raggiunta tale maggioranza qualificata, la prima Camera o il Presidente della Repubblica possono chiedere che il disegno di legge, nei termini da esso approvati, sia sottoposto a referendum».

Dichiara che lo presenta in linea subordinata, per il caso, cioè, che non venga approvato il testo proposto dal Comitato.

Fabbri osserva, innanzi tutto, che la mancata pronunzia da parte di una delle due Camere entro il termine fissato è, a suo avviso, una chiara manifestazione di dissenso, espressa nella forma più anodina e politicamente meno violenta. Non ritiene attuabile l'ipotesi dell'articolo 38 che, in caso di rigetto, la Commissione debba essere rafforzata con i Commissari dell'altra Camera; ma che prospettare tale eventualità può essere utile perché, oltre a suscitare una discussione nel Paese, potrà determinare, sia la ripresentazione da parte del Governo del progetto che fu rigettato, sia lo scioglimento della Camera e quindi nuove elezioni generali, con la conseguenza del riesame del progetto nella legislatura successiva.

Non comprende perché per il solo fatto che un progetto di legge sia stato presentato, debba sboccare sempre in una conclusione positiva; rileva, anzi, che il fatto che il corso normale di un progetto di legge possa arrestarsi ad un punto morto, e quindi non perfezionarsi, è un fenomeno costante nella vita parlamentare di tutti i paesi democratici: non è necessario che tutto il ciclo della procedura parlamentare si esaurisca nella breve vita di una legislatura.

Einaudi si associa a quanto ha dichiarato l'onorevole Fabbri. Ritiene che sia una delle principali funzioni del Parlamento quella di vagliare i disegni di legge e far sì che soltanto una quota-parte di essi — augurabilmente piccola — diventi legge. È suo vivo desiderio che il sistema parlamentare torni a funzionare come in passato per evitare la pletora delle leggi redatte frettolosamente e malamente congegnate. Non vede quindi la necessità di creare un meccanismo complicato per impedire al Parlamento di assolvere ad uno dei suoi compiti essenziali.

Fuschini fa presente che nell'articolo 38 originario non è contemplata l'ipotesi, pur frequentissima, che il disegno di legge sia approvato in una Camera con degli emendamenti, mentre tale caso era considerato nell'articolo 38 proposto dall'onorevole Mortati: vorrebbe che questa ipotesi fosse anche considerata.

Mannironi, premesso che il demandare la controversia ad una Commissione mista parlamentare riproduce il sistema adottato pei casi di divergenza tra le decisioni dell'Assemblea regionale ed il Governo, osserva che, se non si vuole accettare la soluzione proposta dall'onorevole Mortati, non si può sfuggire alla soluzione di rimandare il progetto, respinto o emendato dalla seconda Camera, alla prima Camera che potrà di nuovo discuterlo e approvarlo. Lasciar cadere del tutto un progetto sol perché è mancato l'accordo delle due Camere a un primo esame può servire, a suo giudizio, a incoraggiare un'abitudine dannosa, a eliminare inutilmente ogni possibilità d'accordo fra le due Camere su questioni, proposte e progetti su cui tale accordo sarebbe reso possibile ad un riesame. Infine è necessario prevedere il modo con cui sia possibile arrivare alla soluzione di un contrasto fra le due Camere: gli sembra eccessivo decidere che, in caso di contrasto, manchi qualsiasi sanatoria e che perciò il progetto sia destinato a cadere.

Il Presidente Terracini dichiara di non essere favorevole all'istituzione di una Commissione mista, della quale in ogni caso dovrebbero essere specificati i poteri, le funzioni, e il valore delle decisioni. Aggiunge che, se si tratta di un semplice tentativo di avvicinamento, questo sarà sempre riservato all'iniziativa dei Presidenti delle due Camere; ma non ritiene che sia sempre il caso di tentarlo, sia per la modestia della legge in questione, sia per la constatata difficoltà a priori di riuscire ad ottenere un accordo.

Mortati, Relatore, replica che il Governo è giudice della situazione politica e dell'importanza del provvedimento. Aggiunge che le decisioni di tale Commissione non hanno affatto carattere vincolante; essa ha il compito di cercare una via di uscita, sulla quale si possano accordare i componenti delle due Camere e le sue decisioni non vincolano nessuno, perché ad essa sono deferiti i poteri normali delle Commissioni, cioè quelli semplicemente di fare proposte.

Il Presidente Terracini pone ai voti il principio che sia opportuno stabilire nella Costituzione questa particolare procedura di conciliazione tra le due Camere affidata ad una Commissione mista.

(Non è approvato).

Apre ora la discussione sulla proposta sostitutiva presentata, in via subordinata, dall'onorevole Mannironi, della quale ha già dato lettura ed avverte che le espressioni «prima Camera» e «seconda Camera» non significano rispettivamente Camera dei Deputati e Senato, ma devono intendersi nel senso della successione, cioè di Camera che per prima o per seconda ha esaminato il disegno di legge.

Mortati, Relatore, vi è contrario, perché ritiene trattarsi di un emendamento che compromette il corretto funzionamento del sistema bicamerale.

Mannironi fa rilevare che la minaccia di superare la seconda Camera la quale si disinteressa, con la prima che approvi un progetto con maggioranza qualificata spingerà la seconda ad interessarsi dei progetti ed a tentare di raggiungere l'accordo sui punti controversi. La soluzione proposta, gli sembra, non solo non vulnera il sistema bicamerale, ma ne mette in risalto l'utilità. Osserva infine che le soluzioni da lui proposte sono accolte anche in altre Costituzioni e hanno avuto il consenso di altri parlamentari molto autorevoli.

Il Presidente Terracini fa presente che la proposta Mannironi, la quale deferisce ad una sola Camera tutto il potere legislativo, appare quasi come la sanzione contro la carenza dell'altra. Riconosce che sarebbe stato preferibile trovare una disposizione che obbligasse ogni Camera ad assumere sempre le responsabilità delle proprie azioni, dichiarando sempre apertamente il suo parere su una legge, piuttosto che consentire la possibilità di ricorrere a questi tentativi di impedirne il passaggio col silenzio o con l'inerzia.

Pone ai voti la prima parte dell'emendamento proposto dall'onorevole Mannironi, in cui si fa l'ipotesi che la seconda Camera non si pronunzi affatto nei termini consentiti.

(Non è approvata).

Fa rilevare che l'onorevole Mannironi ha previsto nel suo emendamento una seconda ipotesi con una seconda soluzione: «se la seconda Camera respinge il progetto o introduce emendamenti che la prima Camera non ammetta, occorre che la nuova approvazione avvenga a maggioranza assoluta dei componenti e dei due terzi dei presenti della prima».

Nobile rileva che, se non si riesce a trovare un rimedio, la seconda Camera potrebbe, volendo, ostacolare tutte le leggi approvate dalla prima.

Fabbri replica che il rimedio è quello delle elezioni generali.

Rossi Paolo ricorda che questi problemi sono stati molto dibattuti in seno al Comitato. Riconosce che se si accordano alle due Camere i medesimi poteri, può avvenire che l'una assuma sistematicamente il metodo di respingere le proposte dell'altra. Osserva, a questo proposito, che tutte le Costituzioni nelle quali è stabilito che un progetto approvato da una Camera e respinto dall'altra ritorna alla prima, che può votarlo con una maggioranza qualificata o semplice, presuppongono l'esistenza di una certa differenza gerarchica; pensa quindi che sia impossibile trovare una soluzione diversa da quella adottata dal Comitato, cioè non dir nulla.

Il Presidente Terracini riconosce che una costruzione di questo genere può permettere sia all'una che all'altra Camera di arrestare reciprocamente i lavori parlamentari, e ritiene che l'unica soluzione sarebbe quella di dare alla prima una posizione di preminenza.

Osserva che, con la formulazione proposta, si stabilisce una priorità mutevole permanente perché la Camera che ha votato per prima un progetto di legge acquista, nei confronti di quel progetto, una posizione di preminenza, e ritiene inaccettabile il lasciare al caso la determinazione di questa posizione.

Fuschini replica che non è lasciata al caso, bensì all'intuito del Governo.

Il Presidente Terracini pone in votazione la seconda proposta contenuta nell'emendamento dell'onorevole Mannironi, che prevede l'ipotesi dell'opposizione al progetto o dell'introduzione di emendamenti.

(Non è approvata).

Ricorda che si deve ancora votare sull'ultima parte dell'articolo 38 così formulata:

«Se il dissenso delle Camere persiste, il Presidente della Repubblica può indire il referendum sui punti controversi oppure sciogliere le Camere».

Fa notare che a questa formula corrisponde l'ultima parte dell'emendamento dell'onorevole Mannironi:

«Ove non sia raggiunta la maggioranza qualificata — di cui al comma precedente — la prima Camera o il Presidente della Repubblica possono chiedere che il disegno di legge nei termini approvati sia sottoposto a referendum».

Osserva che, a suo avviso, l'unica ipotesi che si dovrebbe porre sarebbe quella del referendum, perché la facoltà di sciogliere le Camere è una delle prerogative del Capo dello Stato.

Tosato crede sia bene indicare anche questo caso, perché potrebbe essere uno di quelli tipici in cui il Capo dello Stato può sciogliere le Camere.

Il Presidente Terracini osserva che è piuttosto da considerare caso tipico la facoltà di indire il referendum.

Mortati, Relatore, obietta che, per giudicare dell'opportunità di questo atto del Presidente, bisognerebbe sapere se saranno precisati i casi di scioglimento delle Camere, perché quello in esame potrebbe essere uno dei casi per addivenire a tale scioglimento.

Fabbri fa l'ipotesi che una delle Camere, ritenendo opportuno un provvedimento da essa approvato e che l'altra invece ostacola, richieda il referendum: in tal caso, questo dovrebbe avere l'efficacia di convertire in legge la norma approvata da una delle due Camere.

Mannironi ritiene eccessivo ammettere, per un semplice dissenso su un progetto anche non importante, la possibilità di un referendum e lo scioglimento della Camera, mentre ci si dovrebbe preoccupare di creare un meccanismo che consentisse la possibilità di un accordo fra le due Camere.

Bulloni è del parere che non debba essere snaturato l'istituto del referendum, che è essenzialmente d'iniziativa popolare; cioè, che il referendum si possa indire non su richiesta del Capo dello Stato, ma soltanto su richiesta popolare e in determinati casi. Aggiunge che, in caso di dissenso tra le due Camere, deciderà la saggezza del Capo dello Stato, il quale potrà sciogliere le due Camere se riterrà che il dissenso sia tale da rendere necessarie le nuove elezioni.

Mannironi afferma, che, a suo avviso, sarebbe meglio indire il referendum, senza arrivare allo scioglimento delle due Camere.

Rossi Paolo fa presente che, se il referendum indetto su un disegno di legge a causa di dissenso fra i due rami del Parlamento manifesterà un'opinione pubblica contraria a quella di una delle due Camere, si dovrà necessariamente sciogliere la Camera che non aveva preso una deliberazione conforme all'opinione pubblica e si dovranno pertanto indire nuove elezioni. Aggiunge che in ogni caso non si arriverà al referendum per una legge di scarsa importanza, ma solo per leggi veramente essenziali.

Il Presidente Terracini mette in votazione la prima parte dell'ultimo periodo dell'articolo 38:

«In caso di dissenso delle Camere il Presidente della Repubblica può indire il referendum sui punti controversi».

(Con 7 voti favorevoli e 13 contrari non è approvata).

Dichiara che, a seguito di questa votazione, decade anche l'ultima parte dell'emendamento dell'onorevole Mannironi.

Fabbri, quanto all'ultima proposizione dell'articolo 38 («oppure scioglierà le Camere»), dichiara di essere contrario, non perché intenda di negare tale facoltà al Capo dello Stato, ma perché ritiene che essa rientri tra le prerogative del Presidente della Repubblica.

Bulloni aderisce alla dichiarazione dell'onorevole Fabbri.

Il Presidente Terracini ritiene che anche quest'ultimo inciso «oppure scioglierà lo Camere» possa considerarsi respinto.

Rileva quindi che l'intero articolo 38 non è stato approvato.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti