[Il 12 settembre 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo I «Il Parlamento», Titolo II «Il Capo dello Stato», Titolo III «Il Governo».

Vengono qui riportate solo le parti relative al tema in esame, mentre si rimanda alle appendici alla Parte seconda per il testo completo della discussione.]

La Rocca. [...] Cominciamo dall'esame della struttura, delle funzioni, dei poteri del Parlamento.

Esso si compone di due Camere: la Camera dei deputati e la Camera dei senatori, che, sebbene non sorgano nel medesimo modo sulla medesima base e presentino, più che una differenza, addirittura una sproporzione nel numero dei loro membri, sono poste dal Progetto sullo stesso piano.

Considerate ognuna in sé e per sé, adempiono allo stesso compito, esercitano la stessa funzione, ristrette ad essere due rami dell'attività legislativa, e sono fornite dello stesso potere, quanto alla formazione delle leggi, con uno stridore manifesto, che si risolve in un danno d'imprevedibile portata per il ritmo della vita nazionale.

Infatti, — le due Camere avendo parità di poteri, — ove un disegno di legge, approvato dall'una Camera, sia rigettato o non accolto dall'altra, il disegno resta lettera morta, cioè la funzione legislativa è colpita dalla paralisi, è praticamente annientata, distrutta, con la facoltà al Presidente della Repubblica di rinviare la decisione sul conflitto fra le due Camere al giudizio popolare, con un referendum sul disegno non approvato.

In altri termini, da un lato, una sosta, che potrebbe anche somigliare alla morte, nella elaborazione delle leggi e, dall'altro, un'arma tremenda, rilasciata, con una cambiale in bianco, al Capo dello Stato, di indire, in caso di contrasto fra le due Camere, il referendum e provocare continui disordini, gittare il Paese in convulsioni e agitazioni periodiche, che fischiano di mettere, ogni volta tutto in discussione e in gioco.

E, se l'urto fra i due rami del Parlamento nasce da una questione di secondaria importanza, il male che ne risulta può essere contenuto entro certi limiti.

Ma se il contrasto si afferma sopra argomenti e materia che rappresentano interessi vitali della Nazione, quali conseguenze ne derivano?

Ne deriva, ad esempio, che le riforme di struttura, dettate dalla necessità della marcia progressiva del nostro popolo, sono relegate in soffitta; che l'organizzazione dell'industria, della produzione, del lavoro rimane allo statu quo, con i complessi monopolistici e la ricchezza concentrati nelle mani di una cricca di plutocrati, che si servono del privilegio economico per stabilire la loro egemonia sulla vita del Paese, per farsi ancora una volta arbitri della vita della Nazione: per continuare, da una parte, a opprimere, a sfruttare, ad asservire; per creare, dall'altra, le premesse, economiche e politiche, della rinascita di un passato di miseria e di lutti, con regimi tirannici all'interno e con una politica di brigantaggio nel campo internazionale: passato che dev'essere seppellito, nella fossa comune della storia, senza speranza di resurrezione.

[...]

Per la compiutezza dell'esposizione, oltre una critica dettagliata al procedimento per la formazione e l'applicazione delle leggi, pieno d'intoppi, di soste, d'intralci, con proposte e rigetti, con studi di Commissioni e possibilità di dissensi fra le due Camere, con rinvii al popolo e sospensive da parte del popolo, ecc., sarebbe necessario parlare dell'iniziativa legislativa, attribuita, forse, a troppe fonti, come nota l'onorevole Orlando, e dell'istituto del referendum, nuovo nella vita costituzionale italiana, destinato ad aprir la via a una manifestazione diretta della sovranità popolare come base dell'edificio democratico, a dar modo al popolo di funzionare nel sistema quale ultima istanza; ma di cui non è opportuno abusare, perché il referendum, da misura democratica, non rischi di convertirsi in una misura antidemocratica, permettendo anche a una minoranza esigua di adoperare quest'arma o d'inforcare questo cavallo, per attraversare, ritardare o impedire in parte l'attività legislativa, come osservò l'onorevole Togliatti in sede di Commissione.

Ma di tali argomenti si potrà discorrere particolarmente quando si passerà all'approvazione dei singoli articoli, con proposte di emendamenti.

[...]

E, di là da questo, che non sa di decorazione soltanto, il Capo dello Stato tiene nelle sue mani un potere immenso, che si esplica in quattro attribuzioni, costituzionalmente determinate e sostanziali, vitali, decisive.

[...]

Seconda: in caso di dissenso fra le due Camere per l'approvazione di un disegno di legge, il Presidente della Repubblica ha facoltà d'indire un referendum popolare, di chiamare, cioè, tutto il Paese a dirimere la controversia, con consultazioni generali che possono seguirsi anche a brevi intervalli ed essere il lievito di gravi perturbamenti e scoppi di passioni.

[...]

Il Capo dello Stato non è, dunque, «esautorato».

È vero il contrario. E con le funzioni attribuite dalla Costituzione al Presidente della Repubblica, il figlio spirituale di qualche Boulanger, anche senza i galloni di generale, avrebbe modo di preparare brutti giorni al Paese e gittarlo in pericolose avventure.

[...]

Di Gloria. [...] L'articolo 68 riconosce anche al popolo il potere di iniziativa legislativa.

Non si può essere contrari, in linea di massima, a tale articolo; però conviene sottolineare, sia pure per incidenza, che il potere di iniziativa legislativa popolare può essere un'arma pericolosa, se si tiene conto della scarsa maturità politica del nostro popolo e della scarsissima tradizione costituzionale del medesimo.

Un referendum abrogativo, se si vuole, è più consigliabile del potere di iniziativa legislativa popolare, se è vero, come è vero, che è molto facile individuare gli errori compiuti e distruggere il mal fatto, specialmente quando le conseguenze dell'errore sono cadute sulle nostre spalle, e che è molto difficile sostituire ad essi e ad esso qualcosa di meglio e di bene architettato.

Ma se il referendum abrogativo è comunque preferibile al potere di iniziativa legislativa popolare, noi siamo del parere di non seguire il sistema svizzero in materia di conflitto tra le due Camere ma piuttosto quello francese. Anziché ricorrere al referendum, con tutta la perdita di tempo inevitabile perché necessaria, sul disegno di legge non approvato da una Camera, sarebbe meglio risolvere i conflitti deferendoli all'Assemblea nazionale, ossia al Parlamento che funziona a Camere riunite.

La nuova maggioranza, formata da senatori e deputati, sarebbe decisiva per la formazione o meno della legge, in caso di controversia, ed il popolo non patirebbe nessun affronto ai suoi diritti originari essendo l'Assemblea nazionale rappresentativa di tutto il popolo. Non si avrebbe, seguendo questo sistema, nessuna interruzione nella vita dello Stato e le due Camere eviterebbero in un certo qual modo una loro diminutio capitis o una loro, sia pure relativa, vacatio operis.

[...]

In conclusione, noi affermiamo i seguenti punti: 1°) necessità di ammettere a far parte di diritto del nuovo Senato i deputati all'Assemblea Costituente, che abbiano l'anzianità di almeno tre legislature; 2°) demandare all'Assemblea Nazionale i conflitti delle due Camere su disegni di legge non approvati; 3°) elezioni per suffragio universale diretto di tutto il Senato, eccezion fatta per quei deputati all'Assemblea Costituente che abbiano almeno tre legislature, i quali vi dovrebbero far parte di diritto in base a disposizioni transitorie; 4°) porre maggiori misure limitative al diritto di referendum e di iniziativa legislativa popolare in conformità di quanto abbiamo osservato precedentemente.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti