[Il 6 maggio 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo terzo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti economici».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Cairo. [...] Dell'articolo 31 non posso che osservare questo: è bene affermare il diritto ed il dovere del lavoro, questo duplice aspetto di un unico precetto etico e sociale. Solamente, là dove si dice: «ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attività od una funzione che concorra allo sviluppo materiale o spirituale della società, conformemente alle proprie possibilità e alla propria scelta», parrebbe a me (lo dò come suggerimento alla Commissione) che fosse più utile usare la parola «attitudine» piuttosto che «possibilità»; poiché mentre in «possibilità» c'è qualche cosa di soggettivo e di potestativo — un giudizio che il cittadino dà delle proprie possibilità — «nelle attitudini» c'è qualcosa di obiettivo, di più efficace e di reale.

Nell'articolo 31 c'è un principio sul quale noi siamo perfettamente consenzienti. È un principio nuovo: quello che subordina l'esercizio dei diritti politici all'adempimento del dovere di lavorare. Nessuna riserva in linea generale ed astratta su questo principio da parte nostra, se non per quanto attiene all'articolo 45. È una questione di coordinamento. Voi sapete che l'articolo 45, nel trattare dei rapporti politici, dice: l'esercizio è dovere civile e morale e non può essere stabilita nessuna eccezione al diritto di voto. Se noi stabiliremo in questo capoverso qualche opportuna eccezione, sarà bene.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti