[Il 7 novembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulla famiglia.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 29 per il testo completo della seduta.]

Il Presidente Tupini dà lettura del seguente articolo formulato dai relatori onorevoli Corsanego e Iotti, con la partecipazione dell'onorevole Moro, facendo però notare che l'accordo è intervenuto soltanto sulla prima parte:

«Il matrimonio è basato sul principio dell'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ai quali spettano il diritto e il dovere di alimentare, istruire ed educare la prole. Lo Stato sorveglia e, occorrendo, integra l'adempimento di tale compito.

«La legge regola la condizione giuridica dei coniugi, allo scopo di garantire l'unità della famiglia».

[...]

Il Presidente Tupini desidera dai relatori qualche chiarimento in ordine alla proposizione in cui si stabilisce che lo Stato sorveglia e, occorrendo, integra l'adempimento del compito familiare. Tale espressione gli ricorda analogo articolo del Codice civile del tempo fascista, secondo il quale lo Stato si arrogava il diritto di interferire nell'educazione della prole entro l'ambito della famiglia. Apposito decreto legislativo, da lui stesso elaborato quando era Ministro Guardasigilli, ne sancì l'abolizione. Non vorrebbe quindi che la nuova Costituzione rimettesse in onore certi principî.

Grassi si dichiara d'accordo col Presidente nel ritenere che l'espressione può effettivamente prestarsi a una interpretazione che richiami la situazione precedente creata dal fascismo, in cui lo Stato interferiva nella famiglia. Sarebbe, pertanto, favorevole alla sua soppressione.

Moro, pur condividendo le preoccupazioni manifestate dal Presidente e dall'onorevole Grassi, relativamente alle possibili ingerenze dello Stato nell'ambito della vita familiare, osserva che vi possono essere dei casi-limite in cui è necessario fare riferimento ad un eventuale intervento dello Stato per ragioni economiche e morali, come ad esempio nel caso di famiglie che abbandonino la loro prole in mezzo alla strada. Riconosce il valore delle iniziative caritative private in questo campo, ma non ritiene sufficiente fare affidamento solo su di esse, togliendo allo Stato la facoltà di intervenire per sostituire i genitori, quando questi non possano o non vogliano provvedere adeguatamente all'educazione dei propri figliuoli. Per questo motivo ha dato la sua adesione alla formula proposta.

La Pira, di fronte alla preoccupazione del Presidente e dell'onorevole Grassi ed alle argomentazioni dell'onorevole Moro, pensa che sarebbe opportuno trovare una formula la quale, mentre contempli specificamente quei casi-limite cui ha accennato l'onorevole Moro, salvaguardi del pari l'autonomia della famiglia.

Iotti Leonilde, Relatrice, dichiara che, nel proporre la formula in discussione, intendeva appunto riferirsi a quei casi-limite su cui ha richiamato l'attenzione l'onorevole Moro. Cita, ad esempio, l'ipotesi di un bambino, divenuto orfano improvvisamente, nei cui riguardi lo Stato intervenga sostituendosi ai genitori per provvedere alla sua alimentazione ed educazione.

Il Presidente Tupini ritiene che le esigenze d'ordine economico, alle quali hanno fatto richiamo l'onorevole Moro e la onorevole Iotti possano essere egualmente soddisfatte con l'articolo approvato nella seduta precedente, secondo il quale lo Stato prende appropriate misure per facilitare il matrimonio e per agevolare l'adempimento degli oneri familiari. Se invece le esigenze che si vogliono soddisfare non sono solamente di ordine economico, alle sue preoccupazioni si deve riconoscere un notevole fondamento.

Moro esprime l'avviso che non si tratta di soddisfare esigenze soltanto di carattere economico, ma anche di carattere morale, come nel caso di genitori che, essendo dediti al vizio o alla vita delittuosa, non sono in condizioni morali tali da poter educare convenientemente la prole. Sarebbe disposto ad accettare la soppressione della proposizione, se con una esplicita dichiarazione si autorizzasse lo Stato a surrogare la famiglia nei suoi compiti, quando questa per ragioni morali o economiche non potesse adempierli.

Il Presidente Tupini richiama l'attenzione della Commissione sul successivo articolo proposto dai relatori:

«Lo Stato provvederà ad una adeguata protezione morale e materiale della maternità, dell'infanzia e della gioventù, istituendo gli organismi necessari a tale scopo».

Ritiene che la formulazione di tale articolo potrebbe soddisfare anche le esigenze di indole morale cui alludeva l'onorevole Moro, mentre invece affermando che lo Stato sorveglia e, occorrendo, integra i compiti che spettano alla famiglia, si adotta una formula che potrebbe vulnerare seriamente l'autonomia e la libertà della famiglia.

Mastrojanni considera innanzi tutto dannosa l'espressione in discussione, perché non solo non risponde alle finalità che i relatori si sono proposti di assolvere, ma può pregiudicare la libertà della famiglia. Tale espressione è inoltre pleonastica, perché, essendosi affermato nel periodo precedente il dovere dei coniugi di alimentare, istruire ed educare la prole, si viene contemporaneamente ad ammettere il diritto dello Stato di intervenire in caso di inadempienza; altrimenti la parola: «dovere», non avrebbe alcun significato pratico.

Merlin Umberto riconosce la serietà e la fondatezza delle preoccupazioni del Presidente, ma, in relazione anche a quanto è stato affermato dall'onorevole Moro, ritiene che lo Stato non possa non preoccuparsi di particolari casi, come quello, abbastanza comune per effetto della guerra, della prole lasciata abbandonata a se stessa. Propone, pertanto, la seguente formulazione, che, a suo avviso, non tocca la sostanza della prima parte, su cui tutti sono d'accordo:

«Solo nei casi in cui i genitori vengano meno a questo loro obbligo, lo Stato può ad essi sostituirsi provvedendo all'educazione e all'istruzione dei figli».

Basso ritiene errata la conclusione a cui è giunto l'onorevole Mastrojanni, in quanto, proprio come conseguenza del dovere dei coniugi, affermato nella prima proposizione, bisogna che nella seconda si dia allo Stato la possibilità di potersi sostituire ai genitori, nel caso in cui quel dovere non sia adempiuto.

Non ritiene d'altra parte che possa farsi riferimento all'articolo successivo il cui contenuto si inserisce nel quadro generale dell'educazione morale dei fanciulli affidati alle famiglie, mentre la proposizione in esame si riferisce ai casi in cui le famiglie, moralmente o economicamente, non siano in condizioni di poter provvedere all'alimentazione e all'educazione della prole.

Dichiara perciò che non avrebbe alcuna difficoltà ad accettare la formula dell'onorevole Merlin, purché venisse mantenuta allo Stato la facoltà di intervenire, altrimenti l'affermazione di principio della prima proposizione non avrebbe alcun valore.

Corsanego, Relatore, dichiara di poter accettare il concetto, ma non la formulazione dell'onorevole Merlin, che gli sembra inadatta per una Costituzione. Lo stesso risultato potrebbe ottenersi, a suo avviso, aggiungendo al successivo articolo la seguente espressione: «con particolare riguardo a quei ragazzi per i quali i genitori non sono capaci di esercitare la funzione della patria potestà».

Iotti Leonilde, Relatrice, non ritiene che le preoccupazioni del Presidente e di altri Commissari siano giustificate, perché lo spirito a cui si ispira l'articolo in discussione è completamente diverso da quello che animava il soppresso articolo del codice fascista.

Si dichiara anche contraria alla proposta dell'onorevole Corsanego, ritenendo che la sede più adatta per sancire la potestà dello Stato di intervenire in particolari casi ed anche sostituirsi ai genitori, sia l'articolo che tratta del dovere e del diritto dei coniugi di istruire ed educare la prole.

Mastrojanni richiama l'attenzione sul fatto che le libertà individuali hanno un valore che non può essere trascurato per ragioni né economiche né sociali, ma che deve essere tenuto nella massima considerazione, specialmente nel campo della famiglia. Stabilire che lo Stato possa sostituirsi ai genitori in caso di incapacità economica o morale, vorrebbe dire, a suo avviso, mettere il cittadino, senza alcuna garanzia, sotto l'arbitrio dello Stato stesso, il quale, con i suoi poteri discrezionali, potrebbe sottrarre i figli al loro naturale ambiente, quando ritenesse, in seguito ad un suo esclusivo giudizio, eventualmente ispirato da motivi politici, che la moralità e la potenzialità economica della famiglia non sia sufficiente per una retta e sana educazione.

Esprime, invece, il parere che quando, per incapacità morale od economica dei genitori di educare ed istruire la prole, lo Stato fosse costretto ad intervenire, dovrebbe affidare l'educazione dei figli a consigli di famiglia, nominati dal giudice delle tutele.

Il Presidente Tupini è convinto che il pensiero di ognuno sia ben lungi dall'idea di voler determinare da parte dello Stato un intervento che possa ledere in qualsiasi modo l'autonomia dei genitori. D'altra parte è stata anche espressa la preoccupazione di prevedere l'ipotesi di un intervento superiore, al fine di integrare una constatata incapacità morale e materiale dei coniugi all'adempimento degli obblighi verso la loro prole. Proporrebbe, perciò, la seguente formula che ritiene potrebbe essere approvata dalle due diverse tendenze: «La legge provvede all'eventuale integrazione di tali compiti per i casi di provata incapacità morale e materiale dei coniugi».

Mastrojanni dichiara che sarebbe favorevole all'emendamento proposto dal Presidente, purché venisse integrato nel modo seguente: «La legge provvede, per mezzo dei consigli di famiglia e del giudice delle tutele, all'eventuale integrazione di tali compiti per i casi di provata incapacità morale o materiale dei coniugi».

In tale modo, potrebbe ovviarsi, a suo giudizio, al pericolo che lo Stato possa servirsi delle disavventure dei due coniugi per inserirsi nell'ambito della famiglia.

De Vita si dichiara d'accordo con l'onorevole Mastrojanni sull'opportunità di sopprimere il secondo periodo del primo comma limitando l'articolo in esame alla prima proposizione, senza altra aggiunta.

Moro desidera fare osservare all'onorevole Mastrojanni che i casi per i quali lo Stato dovrà intervenire nell'ambito della famiglia sono solamente quelli limite, nei quali, sia dal punto di vista economico che morale, le famiglie non abbiano più consistenza. Non vede come sarebbe possibile in questi casi fare ricorso ai consigli di famiglia. Invece, facendo riferimento alla legge, nulla vieta che essa possa provvedere, sia a mezzo dei consigli di famiglia, sia intervenendo direttamente.

Crede, poi che la preoccupazione dell'onorevole Mastrojanni parta da una preconcetta diffidenza verso lo Stato, mentre la nuova Costituzione deve ispirarsi alla ipotesi di uno Stato nel quale si possa avere fiducia.

De Vita ricorda di essersi pronunciato, in una precedente riunione, contro lo Stato-scuola e lo Stato-educatore. Si dichiara perciò contrario alla formula proposta, perché gli sembra che si apra la via all'intervento dello Stato nell'educazione della prole, in quanto esso sarebbe l'unico giudice della maggiore o minore educazione familiare.

Merlin Umberto dichiara di aderire alla formula del Presidente, la quale, a suo parere, è più chiara e migliore di quella che egli stesso ha proposta.

Per persuadere l'onorevole Mastrojanni a non insistere nel suo emendamento, cita l'esempio dei cosiddetti «sciuscià» nei riguardi dei quali, se si adottasse l'emendamento da lui proposto, relativo ai consigli di famiglia ed al giudice di tutela, non sarebbe possibile intervenire e provvedere d'urgenza, magari per mezzo della pubblica sicurezza, essendo essi privi di qualsiasi familiare.

Mastrojanni fa rilevare all'onorevole Merlin che il caso dei ragazzi privi di famiglia e senza fissa dimora è previsto già dalla legge di pubblica sicurezza, che provvede in modo tassativo a prevenire e a regolare d'urgenza quanto turba l'equilibrio sociale.

Poiché non si tratta di provvedere a casi di urgenza, ma di risolvere situazioni definitive, non vede perché non si debba fissare nella Costituzione il sistema per sottrarre alla famiglia i figli in particolari circostanze. Ad ogni modo, per ovviare agli inconvenienti accennati dagli onorevoli Moro e Merlin, integrerebbe la sua formula nel modo seguente:

«La legge provvede con i consigli di famiglia e di patronato, presieduti dal giudice tutelare, all'eventuale integrazione di tali compiti per i casi di provata incapacità morale e materiale dei coniugi».

Il Presidente Tupini, a richiesta di alcuni Commissari, mette ai voti la chiusura della discussione.

(È approvata).

Mette ai voti la prima proposizione dell'articolo così formulata:

«Il matrimonio è basato sul principio della eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ai quali spettano il diritto e il dovere di alimentare, istruire ed educare la prole».

La Pira dichiara di votare a favore della formula, ma ripete che il principio dell'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, che egli accoglie, va integrato con l'altro principio che fa del pater familias il primus inter pares, responsabile del gruppo familiare.

Corsanego, Relatore, si associa alla dichiarazione dell'onorevole La Pira.

Iotti Leonilde, Relatrice, si dichiara contraria all'integrazione proposta dall'onorevole La Pira.

(La prima proposizione dell'articolo è approvata all'unanimità).

Il Presidente Tupini dà lettura della seguente formula concordata tra gli onorevoli Iotti, Corsanego e Moro, sostitutiva della seconda parte del primo comma:

«Nei casi di provata incapacità morale ed economica dei coniugi, lo Stato provvede in modo da assicurare l'adempimento di tali compiti».

In relazione alla sua precedente proposta, invece che allo «Stato» preferirebbe fare riferimento alla «legge», formulando così la proposizione:

«Nei casi di provata incapacità morale ed economica dei coniugi, la legge detta le norme per assicurare l'adempimento di tali obblighi».

Domanda all'onorevole Mastrojanni se insiste nella sua proposta.

Mastrojanni in linea principale sostiene la soppressione della seconda proposizione; in linea subordinata, se dovesse approvarsi una delle nuove formule proposte, insisterebbe per l'approvazione del suo emendamento.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta dell'onorevole Mastrojanni che è quella che si discosta di più sia dal suo testo che da quello concordato tra i relatori.

Merlin Umberto dichiara di essere contrario alla formula proposta dall'onorevole Mastrojanni, non perché non apprezzi il pensiero ed i concetti che la informano, ma perché essa pone dei limiti a quelle che potranno essere le più ampie facoltà del legislatore.

Moro dichiara che voterà contro l'emendamento, perché eccessivamente limitativo, in quanto impone una procedura che in alcuni casi potrebbe essere insufficiente allo scopo.

(L'emendamento è respinto con 1 voto favorevole e 10 contrari).

Il Presidente Tupini domanda alla onorevole Iotti se accetta che alla parola «lo Stato» sia sostituita la parola «la legge».

Iotti Leonilde, Relatrice, dichiara di preferire la formula concordata.

La Pira osserva che si tratta di due formule sostanzialmente identiche.

Grassi ritiene che la proposta del Presidente dovrebbe avere la precedenza nella discussione, dovendo considerarsi come un emendamento del testo concordato dai relatori.

Moro osserva che se può essere d'accordo circa la procedura da seguire nella discussione, non può essere d'accordo circa il concetto, perché con la parola «Stato» si intende insieme «Stato legislatore ed esecutore» e non soltanto «Stato esecutore».

Mastrojanni si dichiara contrario alla dizione proposta dal Presidente, perché in una materia tanto grave si lascerebbe alla legge di statuire in tema di libertà individuale, senza garantire le modalità di esecuzione.

Il Presidente Tupini mette ai voti la formula da lui proposta.

(È respinta con 3 voti favorevoli e 8 contrari).

Pone in votazione la proposta concordata dagli onorevoli Iotti, Corsanego e Moro.

(È approvata con 8 voti favorevoli, 1 contrario e 2 astenuti).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti