[Il 21 aprile 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo secondo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti etico-sociali».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Della Seta. [...] Riconosciuta allo Stato la suprema direzione della educazione nazionale, riconosciuta, sulle altre scuole, la preminenza alla scuola di Stato, riconosciuta, salvo le debite garanzie, la libertà della scuola, cioè il diritto di aprire scuole private, non rimaneva alla Costituzione che sancire le norme che, in rapporto alla scuola, sono proprie di un vero regime democratico.

La scuola è aperta al popolo, dice il primo comma dell'articolo 28. Questo comma, forse, è pleonastico, dato che poi si accenna, giustamente, alla obbligatorietà e alla gratuità dell'insegnamento inferiore impartito almeno per otto anni. Non sarebbe stato inopportuno invece uno speciale accenno all'interessamento che lo Stato dovrà avere per talune scuole popolari, come le scuole professionali, le scuole di artigianato, le scuole rurali, ecc.

Ma la Costituzione se aveva, contro la libertà dell'ignoranza, giustamente affermata la obbligatorietà dell'insegnamento inferiore, non poteva a questo insegnamento limitare la gratuità, facendo della scuola media e superiore un privilegio degli abbienti. Bene ha fatto, quindi, l'articolo 28 ad accennare alle provvidenze, onde lo Stato si propone di aiutare i capaci e i meritevoli affinché, anche se privi di mezzi, essi possano raggiungere i gradi più alti dell'insegnamento.

Ad evitare equivoci, la dizione dell'articolo dovrebbe però essere più precisa. Così come formulata sembra che gli incapaci e gli immeritevoli possano, se non privi di mezzi, raggiungere i gradi più alti dell'insegnamento. Bisogna dire invece: solo i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti dell'insegnamento.

Non è questione qui, ben si comprende, di semplici parole. È andare alla radice del problema della scuola. Si sono avute riforme e controriforme; mentre la soluzione del grande problema sta in un'opera di selezione che, attraverso esami severi, severissimi, dovrebbe iniziarsi dalla scuola media, onde siano avviati ad altri campi di attività quelli che non rivelano capacità, né amore per gli studi alti e severi. Oggi, purtroppo, si ha una pletora impressionante di giovani che affollano le nostre Università alla caccia di un titolo che dovrebbe documentare la perizia in una scienza che non posseggono. Se c'è una piaga sociale, è quella appunto di questi giovani che escono dalle Università, pavoneggiandosi del titolo di «dottori», ma ben più ignoranti di quando iniziarono il corso dei loro studi. (Applausi).

[...]

Codignola. [...] Quali sono i principî fondamentali, i pochi principî su cui si poteva sperare di trovare un accordo con relativa facilità? Libertà di insegnamento: dirò fra poco come anche questo principio sia giudicato ed interpretato dalle varie correnti politiche in modo estremamente vario; tuttavia nessuna corrente politica avrebbe potuto opporsi in modo aperto ad una dichiarazione esplicita sulla libertà di insegnamento. Egualmente, nessuno poteva opporsi al principio del controllo dello Stato sull'insegnamento, al principio, cioè, che il rilascio dei titoli di studio spetta esclusivamente alla competenza dello Stato. E, infine, credo che fosse nella unanimità dei desideri delle varie correnti politiche qui rappresentate che si facesse un concreto passo in avanti dal punto di vista sociale, si stabilisse cioè il principio della gratuità dell'insegnamento fino al 14° anno di età.

[...]

E l'ultimo punto riguarda la scuola del popolo. Io qui vorrei rivolgermi piuttosto agli amici di sinistra. Credo che il problema dell'estensione dell'istruzione alle classi lavoratrici sia veramente il problema fondamentale, uno dei problemi fondamentali della società moderna. Ma facciamo attenzione a non promettere ciò che non si può mantenere; l'impegno che noi assumiamo oggi nella Costituzione di garantire l'insegnamento gratuito fino ai quattordici anni — vi sono delle Costituzioni che garantiscono molto di più — è già però un impegno gravosissimo per il nostro bilancio. Questo però, impegna la politica scolastica del Paese ad una svolta decisiva, poiché è inutile pensare che si possa sul serio mettere in atto questo articolo fondamentale, se continueremo a lesinare sopra il bilancio dell'istruzione, come se si trattasse del bilancio di un'azienda commerciale. È stato detto giustamente che il bilancio dell'istruzione deve essere passivo, deve essere in grande passivo; e, tanto più esso è passivo, tanto più uno Stato è civile e si avvia alla conquista della civiltà moderna.

E allora, egregi colleghi, non basta oggi votare perché sia stabilito il principio della gratuità dell'insegnamento, il principio delle sovvenzioni ai poveri che hanno il diritto e il dovere di fronte alla società di essere istruiti; non basta; ma bisogna che la politica delle sinistre sia tale da consentire che praticamente questo principio sia attuato. Bisogna che ci decidiamo finalmente a tagliare i bilanci militari che rappresentano una cancrena nel corpo della Nazione e che questi bilanci militari noi li trasferiamo su un altro capitolo di spesa, un capitolo che non rende dal punto di vista della contabilità immediata, ma rende dall'unico punto di vista che deve essere considerato dallo Stato, quello della educazione delle generazioni future.

Solo in questo caso avremo fatto una cosa seria, e avremo rispettato la nostra coscienza. (Applausi a sinistra — Congratulazioni).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti