[L'8 maggio 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo terzo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti economici».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'esame dell'articolo 30:

«La Repubblica provvede con le sue leggi alla tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.

«Promuove e favorisce gli accordi internazionali per affermare e regolare i diritti del lavoro».

A questo articolo 30 sono stati presentati vari emendamenti. Il primo è quello dell'onorevole Zotta, che ne propone la soppressione.

L'onorevole Zotta ha facoltà di svolgerlo.

Zotta. È per una ragione di forma che io chiedo la soppressione dell'articolo 30, il quale, così come è concepito, appare a me superfluo. Il primo comma dice che la Repubblica provvede con le sue leggi alla tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, ed esprime perciò un concetto il quale è già contenuto nel primo articolo delle disposizioni generali della Costituzione, ove noi abbiamo detto che la Repubblica democratica è fondata sul lavoro.

Il medesimo concetto poi, è stato ribadito nell'articolo 3, quando si è garantita la partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione economica, politica e giuridica del Paese.

Quando si afferma che una formazione sociale è fondata sul lavoro, si vuole precisamente esprimere il concetto che i singoli consociati sono dei lavoratori, e che l'organismo collettivo che risulta dalla loro riunione ha per fine la tutela del lavoro, dato che ogni collettività persegue fini che sono propri dei membri che la costituiscono.

Il concetto, dicevo, è ribadito anche nell'articolo 3 che abbiamo approvato quando si è enunciato il principio dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Si è fissato allora il principio della partecipazione di tutti i lavoratori alla vita organizzativa del Paese, dalla quale precedentemente alcune categorie per circostanze storiche, sociali, economiche, sono state tenute lontane. Si è inteso valorizzare il lavoro, mettendolo a fondamento della società e rendendo così operativa l'eguaglianza di diritto, che finora appariva soltanto come una vaga aspirazione nella precedente Carta costituzionale. A raggiungere l'intento è stato assegnato alla Repubblica il compito di rimuovere tutti gli ostacoli di ordine economico e sociale. Perché ora si deve affidare ad un nuovo articolo la ripetizione dello stesso concetto?

Opportunamente l'affermazione di principio è stata fatta nei primi articoli delle Disposizioni generali della Costituzione. Nel secolare contrasto tra capitale e lavoro, quest'ultimo ha raggiunto un alto livello nella valutazione sociale degli elementi della produzione, sì da abbattere quella preminenza che finora era toccata al capitale, preminenza economica e sociale, e quindi politica e giuridica. Oggi il lavoro si pone come un problema costituzionale. Questo hanno inteso esprimere l'articolo 1 e l'articolo 3, i quali hanno solennemente dichiarato che il lavoro, fondamento della Repubblica, costituisce l'elemento essenziale della organizzazione sociale del popolo italiano.

Dopo queste ampie assicurazioni, che superano ancora la mera contingenza del rapporto giuridico di lavoro, estrinsecantesi in una disciplina a carattere strettamente economico, e si elevano in un campo superiore ove concorrono elementi economici, etici, sociali e politici, ritornare qui a parlare di tutela del lavoro in una visione ristretta, significa, a parer mio, non tanto cadere in una ripetizione inutile ed ingombrante, quanto rimpicciolire il fenomeno, togliere alle parole il valore, ai principî la serietà, come quando, con insistenze querule e fastidiose, si promette l'azione statale ora in più vasto campo ora in più ristretto, dando l'impressione della fiacchezza dei propositi e del poco convincimento di attuarli.

Il secondo comma potrebbe essere eliminato per la medesima ragione di forma. La Repubblica «promuove e favorisce gli accordi internazionali per affermare e regolare i diritti del lavoro».

Come si può ipotizzare una vita di relazioni con altri Stati quando si prescinde dalla cura di ciò che costituisce l'oggetto, l'essenza della unità organica del Paese, la caratteristica e il fondamento del suo assetto sociale?

Quando noi diciamo «La Repubblica è fondata sul lavoro», mi sembra si sia fatta l'affermazione più solenne, si siano tracciate le linee della politica interna e di quella internazionale, polarizzandole verso il potenziamento dei diritti del lavoro, la emancipazione e l'elevazione dei lavoratori a qualunque categoria appartengano.

È questione, onorevoli colleghi, di aver fiducia di noi stessi, delle parole che pronunciamo, dei propositi che coltiviamo, senza cadere in una specie di inflazione verbale che ci obbliga ad usare cento parole nel campo delle relazioni politiche e giuridiche mentre sarebbe preferibile l'affermazione di un solo concetto sicuro. È un'inflazione più pericolosa dell'inflazione monetaria, perché scuote le fondamenta stesse della vita sociale, togliendo all'ordinamento giuridico, che in esso si concreta, carattere di fermezza e di serietà. (Applausi al centro).

Presidente Terracini. Segue l'emendamento, già svolto, dell'onorevole Colitto:

«Sostituirlo col seguente e collocarlo dopo l'articolo 37:

«Lo Stato favorisce gli accordi internazionali per la regolamentazione del lavoro italiano all'estero».

Segue l'emendamento degli onorevoli Bozzi e Grassi:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme».

Non essendo presenti i proponenti, l'emendamento si intende decaduto. Segue l'emendamento, già svolto, dell'onorevole Medi:

«Al primo comma, dopo le parole: con le sue leggi, aggiungere: mediante l'assistenza e la previdenza».

Segue l'emendamento dell'onorevole Gabrieli:

«Al primo comma, alla parola: lavoro, aggiungere le parole: e del risparmio».

L'onorevole Gabrieli ha facoltà di svolgerlo.

Gabrieli. Avevo presentato l'emendamento diretto a fare inserire la parola «risparmio» accanto alla parola «lavoro», ritenendo che il risparmio è il frutto diretto del lavoro, specificatamente nelle sue forme più umili. Ma questo concetto che ho voluto inserire all'articolo 30 è già espresso in maniera chiara e precisa nell'articolo 44, onde non insisto.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento, già svolto, della onorevole Guidi Cingolani Angela:

«Al secondo comma, dopo la parola: accordi, aggiungere: ed organizzazioni».

Gli onorevoli Foa, Mazzei, Valiani e Tremelloni hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere al secondo comma le parole: e il diritto alla libera circolazione internazionale dei lavoratori.

«Aggiungere come terzo comma:

«Tutela il lavoro italiano all'estero».

L'onorevole Foa ha facoltà di svolgerlo.

Foa. Ho presentato questo emendamento, perché ritengo opportuno che la Costituzione italiana contenga, oltre l'impegno per la Repubblica di favorire e promuovere accordi internazionali nel campo del lavoro, una esplicita menzione per quello che riguarda la libera circolazione dei lavoratori. Vorrei spiegare molto brevemente le ragioni di carattere economico che suggeriscono, sopratutto in questa fase storica, una esplicita menzione di questo argomento, non solo come impegno e garanzia di carattere interno per l'emigrazione ma anche come impegno di carattere internazionale.

Sono noti a tutti i colleghi i tentativi di accordi economici internazionali che si vanno facendo in tutto il mondo, soprattutto ad iniziativa degli Stati Uniti d'America. Sono tentativi orientati a dare alla società economica internazionale un carattere diverso da quello che essa ha avuto finora, in modo da arrivare non tanto attraverso forme di libertà assoluta, quanto attraverso forme concordate e graduate nel tempo, ad una abolizione progressiva del restrizionismo in materia di movimento di merci e in materia di movimento di capitali.

Gli Stati Uniti perseguono questa politica con vari mezzi, attraverso organizzazioni internazionali, per esempio la W.T.O., l'Organizzazione commerciale internazionale, attraverso la Conferenza internazionale del commercio ed occupazione, attraverso gli istituti internazionali monetari e creditizi ed anche attraverso pressioni politiche dirette, cioè collegando i prestiti concessi, ad esempio alla Gran Bretagna e alla Francia, con impegni politici di abolizione delle restrizioni. Ora vi è un fatto significativo e inquietante ed è questo: che questi indirizzi economici di iniziativa americana sono pericolosamente unilaterali e mentre prevedono nettamente, apertamente, una politica di abolizione di controlli e di vincoli per il movimento di capitali e per il movimento di merci, essi non prevedono abolizioni di vincoli per il movimento del lavoro.

Dirò qualcosa di più: nei progetti elaborati dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna per una organizzazione economica del commercio internazionale ed una conferenza del commercio ed occupazione, non soltanto non si parla di emigrazione, ma si stabilisce una clausola che impegna i singoli Stati aderenti alla organizzazione ad attuare una politica di piena occupazione nell'ambito della economia statale, cioè fissando implicitamente un criterio di immobilizzazione della mano d'opera.

Ora credo sia chiaro a chiunque, che, in queste condizioni, se questi piani fossero attuati alla lettera, i paesi in cui è più bassa la concentrazione industriale e più basso il rendimento del lavoro sarebbero gravemente danneggiati perché l'immobilizzazione del lavoro si tradurrebbe in un momento di rigidezza economica interna tale da esporre questi paesi passivamente al dominio dei paesi i quali sono possessori di capitali o hanno un diverso ritmo di concentrazione industriale. Per questo, mi pare essenziale che lo Stato italiano, che si trova in questa sfavorevole situazione, esprima pubblicamente questo impegno ed affronti il problema economico nella sua unità.

Vorrei ricordare che un nostro collega, l'onorevole Tremelloni, quando era membro del Governo, sostenne in sede internazionale questo principio. Ma questa iniziativa, che era buonissima, rimase — come succede a quasi tutte le buone iniziative — quasi clandestina in mezzo a noi.

Io credo che questa sia materia costituzionale, come credo pure che, non dovendoci fare illusioni sulla pratica, immediata attuazione di un comma di questo genere, debba essere consentito ai rappresentanti della Repubblica italiana, quando si recheranno alle conferenze internazionali e si sentiranno dire tante bellissime frasi, tante belle parole sulla cooperazione economica internazionale, sull'obbligo di abbattere queste o quelle barriere, di presentare i problemi nella loro concretezza ed unità, e non semplicemente lasciar prospettare quei problemi che fanno comodo agli altri e non avvantaggiano noi.

Come dico, non dobbiamo farci grandi illusioni, perché in questo momento questa materia, internazionalmente, presenta prospettive poco favorevoli: da una parte assistiamo ai trasferimenti coattivi di intere popolazioni, e dall'altro al chiuso isolazionismo demografico e ai divieti di immigrazione. Credo però che noi non dobbiamo disperare, ma dire apertamente il nostro pensiero, fondando sulle iniziative che, a mio giudizio, potranno venire solo da parte delle classi lavoratrici, anche di quelle classi lavoratrici che oggi sono ancora inclini ad una politica di chiusura e di protezionismo operaio. Vediamo in tanti altri campi, per esempio nell'organizzazione internazionale del lavoro, le classi lavoratrici andar via via ampliando la sfera del loro interessamento dal campo sindacale a quello produttivo — sorgono in campo internazionale apposite sezioni per la risoluzione di problemi della produzione — e sono convinto che in questa materia verrà il momento in cui le classi lavoratrici, portandosi sul terreno della responsabilità internazionale, prospetteranno questo problema del movimento internazionale dei lavoratori in una luce concreta che sia favorevole anche ai popoli poveri.

Per queste ragioni prego l'Assemblea di accettare questo emendamento. (Applausi a sinistra).

Presidente Terracini. Gli onorevoli Tremelloni e Cairo hanno presentato il Seguente emendamento:

«Aggiungere il seguente terzo comma:

«La Repubblica riconosce i principî affermati dalla «Dichiarazione di Filadelfia» dell'Organizzazione internazionale del lavoro».

Non essendo presenti, l'emendamento si intende decaduto.

Segue l'emendamento, già svolto, dell'onorevole Dominedò.

«Al secondo comma dell'articolo 10 del Titolo I, da inserire nel Titolo III, eventualmente come terzo comma all'articolo 30, sostituire:

«L'emigrazione è libera, salvi gli obblighi stabiliti dalla legge per motivi di interesse generale».

Con ciò abbiamo esaminato tutti gli emendamenti proposti all'articolo 30. Pregherei pertanto l'onorevole Ghidini di esprimere l'avviso della Commissione sugli emendamenti stessi.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. Per quanto riguarda l'emendamento soppressivo proposto dall'onorevole Zotta, la Commissione nella sua maggioranza dichiara che non lo accetta. È esatto il richiamo che egli fa agli articoli 1 e 3 delle Disposizioni generali, ma questo non toglie che una specifica disposizione del progetto non sia opportuna.

La prima parte dell'articolo 30 dice: «La Repubblica provvede con le sue leggi alla tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni».

Per quanto riguarda le «applicazioni», c'era un emendamento soppressivo della parola; ma è decaduto e non se ne deve più parlare. Quindi l'articolo resta come proposto. Esso è una dichiarazione di principio o di ordine generale che non costituisce una vana ripetizione — come sostiene l'onorevole Zotta — dell'articolo 1, ove è detto che la Repubblica ha per fondamento il lavoro. Il concetto è indubbiamente diverso. Qui si tratta di provvedere a dare al lavoro quel posto di sicura preminenza che gli compete nell'assetto sociale. Sta di fatto che nel testo, agli articoli 32, 33, 34, 35, 36 e 43, sono consacrati gli istituti e le forme attraverso i quali si attua la tutela del lavoro; ma non sono tassativi e nessuno può escludere che domani sorga l'opportunità, o addirittura la necessità di altri istituti e di altre forme. Per questa ragione, una disposizione di carattere generale, che consenta al legislatore di domani altre forme di tutela, non ci sembra inutile o superflua. Né va trascurato il fatto che la disposizione è in armonia anche formale con tutto il resto della Costituzione perché ad ogni titolo è sempre premessa una disposizione di carattere generale. Per quanto poi riguarda la seconda parte: «Promuove e favorisce gli accordi internazionali per affermare e regolare i diritti del lavoro», devo dire che essa non costituisce affatto la ripetizione che lamenta l'onorevole Zotta, trattandosi di una specificazione importantissima nel campo della tutela del lavoro.

Per queste ragioni la Commissione non accetta l'emendamento proposto dall'onorevole Zotta né l'altro consimile (limitatamente alla prima parte dell'articolo) dell'onorevole Colitto. Questi, per la seconda parte, suggerisce invece una modificazione nei termini seguenti: «Lo Stato favorisce gli accordi internazionali per la regolamentazione del lavoro italiano all'estero».

L'emendamento ha due difetti: il primo è che si riferisce alla regolamentazione del lavoro italiano all'estero mentre la disposizione ha per oggetto tutto il lavoro, in generale. A questo proposito è stato perspicuo il discorso della onorevole collega Guidi Cingolani per dimostrare l'interdipendenza del lavoro italiano ed estero. Il secondo vizio dell'emendamento Colitto è che limita l'attività dello Stato a favorire ed a regolare gli accordi internazionali; mentre è nostro proposito che lo Stato, promovendo gli accordi, ne assuma anche l'iniziativa.

Per queste ragioni la Commissione ha opinato che non si debbano accogliere né l'uno né l'altro emendamento.

C'è poi l'emendamento della signora Guidi Cingolani, che chiede si aggiunga alla parola «accordi» anche quella «organizzazioni». Per quanto si possa pensare che nel concetto di «accordi» sia implicito quello di «organizzazioni», la Commissione accetta l'emendamento.

Del terzo emendamento Bozzi-Grassi che propone la dizione: «La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme» non parlo perché è decaduto.

L'onorevole Medi propone di aggiungere alle parole «con le sue leggi» le altre «mediante l'assistenza e la previdenza». Osservo che questa è una determinazione e, come tutte le determinazioni, limita il concetto espresso nel testo: concetto che noi vogliamo possa avere un campo di applicazione il più largo possibile.

Medi. Rinuncio, perché viene compreso nell'emendamento da me presentato, unitamente alla onorevole Federici all'articolo 34.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. Sta bene. Ora vi sarebbe l'emendamento Gabrieli ma il collega non vi insiste e quindi non ne parlo.

Vi è poi l'emendamento Foa. La Commissione apprezza le ragioni in base alle quali l'onorevole Foa l'ha proposto ma vi oppone le seguenti considerazioni: il diritto alla libera circolazione internazionale dei lavoratori si può dire che rientri nella disposizione generica dell'articolo 30: «La Repubblica provvede con le sue leggi alla tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni». È una determinazione, questa dell'onorevole Foa, che non restringe la portata dell'articolo, ma non è necessaria.

Foa. Allora, anche l'ultima parte dell'articolo 10, che tratta del diritto di emigrare, come norma interna, era inutile perché era stata compresa nel diritto del lavoro.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. Onorevole Foa; io le riferisco le ragioni in base alle quali la Commissione, in maggioranza, non accetta il suo emendamento. Se lei lo vorrà riproporre all'Assemblea, la Commissione non ha altro da dire.

Ma vi è un altro emendamento Foa: «Tutela il lavoro italiano all'estero», che la Commissione accoglie. Benché sia questa una determinazione che lascerebbe pensare che nella prima parte non fosse considerato il lavoro italiano all'estero, ad ogni modo, la Commissione dichiara che lo accetta, come accetta anche, nella sua sostanza, l'emendamento dell'onorevole Dominedò: «L'emigrazione è libera, salvi gli obblighi stabiliti dalla legge per motivi di interesse generale».

La Commissione proporrebbe di formulare tutto l'articolo in questo modo:

«La Repubblica provvede con le sue leggi alla tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.

«Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali per affermare e regolare i diritti del lavoro.

«Riconosce la libertà di emigrazione, salvi gli obblighi generali di legge e tutela il lavoro italiano all'estero».

Nobili Tito Oro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobili Tito Oro. Al primo comma dell'articolo 31 ho presentato il seguente emendamento aggiuntivo cui si è associato poi, con inserzione di altro emendamento, il collega Condorelli:

«Trasferire l'ultimo comma dell'articolo 10 al primo comma, che avrà in tal modo la formulazione seguente:

«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, promuove le condizioni per renderne effettivo l'esercizio e tutela il lavoro italiano all'estero».

Presidente Terracini. Onorevole Nobili, siamo all'articolo 30.

Nobili Tito Oro. Onorevole Presidente, voglia scusarmi. L'emendamento riguarda la tutela del lavoro italiano all'estero. Io desidero far presente all'onorevole Relatore la opportunità di esaminare in questa sede tale emendamento e di riferire il pensiero della Commissione su di esso insieme con quello relativo all'analogo emendamento Tremelloni all'articolo 30. Ritenendo che il principio della tutela del lavoro italiano all'estero vada inserito in aggiunta al riconoscimento del diritto di tutti i cittadini al lavoro e all'impegno che assume la Repubblica di promuovere le condizioni per renderne effettivo l'esercizio, vorrei che la onorevole commissione si pronunciasse su questa opportunità prima che essa sia pregiudicata dall'eventuale accoglimento dell'emendamento Tremelloni che la stessa inserzione propone invece all'ultimo comma dell'articolo 30. L'Assemblea è stata già concorde nel ritenere che questa necessità della tutela del lavoro italiano all'estero passasse dal Titolo I (rapporti civili) al Titolo oggi in esame (rapporti economici). Su questo c'è già l'accordo. Si tratta ora di vedere in quale articolo del Titolo III detto principio debba inserirsi. E pertanto i due emendamenti vanno, per la evidente connessione, esaminati contemporaneamente, salvo il provvedimento che l'onorevole Presidente, nella sempre saggia interpretazione del regolamento, riterrà di dover adottare in ordine alla votazione.

Presidente Terracini. Onorevole Nobili, in casi analoghi l'Assemblea ha giudicato che questo è un problema non essenziale, che potrà essere risolto alla fine, in sede di ordinamento e successione degli articoli. Per ora restiamo alla proposta di merito; poi esamineremo, all'articolo 31, se sia necessario ed opportuno inserire nell'articolo 30 il suo emendamento.

Chiedo ora agli onorevoli presentatori di emendamenti se, dopo le dichiarazioni dell'onorevole Ghidini, li mantengono, tenendo presente che l'onorevole Ghidini ne ha accettato qualcuno a nome della Commissione.

Onorevole Zotta, mantiene l'emendamento soppressivo dell'articolo?

Zotta. Lo ritiro, rimettendomi al parere della Commissione.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Colitto:

«Sostituirlo col seguente e collocarlo dopo l'articolo 37:

«Lo Stato favorisce gli accordi internazionali per la regolamentazione del lavoro italiano all'estero».

Non essendo presente il proponente, l'emendamento s'intende decaduto.

L'onorevole Medi ha dichiarato di rinunziare al seguente emendamento:

«Al primo comma, dopo le parole: con le sue leggi, aggiungere: mediante l'assistenza e la previdenza».

L'onorevole Gabrieli ha dichiarato di non insistere sul seguente emendamento:

«Al primo comma, alla parola: lavoro, aggiungere le parole: e del risparmio».

L'emendamento della onorevole Guidi Cingolani Angela è stato accettato dalla Commissione:

«Al secondo comma, dopo la parola: accordi, aggiungere: ed organizzazioni».

Segue l'emendamento degli onorevoli Foa, Mazzei, Valiani e Tremelloni:

«Aggiungere al secondo comma le parole: e il diritto alla libera circolazione internazionale dei lavoratori».

Onorevole Foa, lo mantiene?

Foa. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Segue un altro emendamento degli onorevoli Foa, Mazzei, Valiani, Tremelloni; accettato dalla Commissione:

«Aggiungere come terzo comma:

«Tutela il lavoro italiano all'estero».

Segue l'emendamento dell'onorevole Dominedò, che la Commissione ha dichiarato di accettare nella sua sostanza:

«Al secondo comma dell'articolo 10 del Titolo I, da inserire nel Titolo III, eventualmente come terzo comma dell'articolo 30, sostituire:

«L'emigrazione è libera, salvi gli obblighi stabiliti dalla legge per motivi di interesse generale».

Pongo in votazione il primo comma dell'articolo 30 nel testo proposto dalla Commissione, poiché i vari emendamenti presentati sono stati ritirati, o sono decaduti:

«La Repubblica provvede con le sue leggi alla tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni».

Taviani. Chiedo se non sia possibile sopprimere le parole «ed applicazioni» perché, a mio parere, superflue.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. Non posso aderire.

(Il primo comma è approvato).

[Presidente Terracini.] Pongo in votazione il secondo comma con l'aggiunta delle parole: «ed organizzazioni» proposte dall'onorevole Guidi Cingolani Angela e accettate dalla Commissione:

«Promuove e favorisce gli accordi ed organizzazioni internazionali per affermare e regolare i diritti del lavoro».

(È approvato).

Pongo in votazione il primo emendamento degli onorevoli Foa, Mazzei, Valiani, Tremelloni, non accettato dalla Commissione:

«Aggiungere al secondo comma le parole: e il diritto alla libera circolazione internazionale dei lavoratori».

(Non è approvato).

La Commissione ha poi proposto la formulazione di un terzo comma, comprensiva del secondo emendamento Foa e dell'emendamento Dominedò:

«Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi generali di legge, e tutela il lavoro italiano all'estero».

Dominedò. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Dominedò. Lo scopo del mio emendamento — che, per la verità, non è stato ancora svolto, in quanto fu presentato in sede di discussione sul Titolo dei rapporti civili per essere poi rinviato al Titolo dei rapporti sociali — lo scopo del mio emendamento, dicevo, era quello di far sì che fosse pienamente riconosciuta nella Costituzione la libertà di emigrazione, senza condizionarla alla eventualità di deroghe illimitate da parte della legge.

Difatti, il testo originario, con formula costituzionalmente poco significativa, diceva che l'emigrazione è libera, salvo gli obblighi posti dalla legge.

Lo spirito della mia proposta, quindi, è quello di circoscrivere l'incondizionata possibilità da parte della legge di limitare l'esercizio di questo diritto. Di qui la nuova formula: «L'emigrazione è libera, salvi gli obblighi stabiliti dalla legge per motivi di interesse generale».

Con un espresso riferimento all'interesse della generalità dei consociati, e cioè al bene comune, s'intende delimitare la potestà legislativa e porre in evidenza il significato eccezionale delle deroghe che possono essere introdotte in stretta aderenza a quell'interesse. Chi ricordi le gravi ferite portate al diritto di emigrare, per ragioni militariste, nazionaliste o razziste, vorrà riconoscere la necessità che domani sia preservato da altri pericoli il diritto dell'uomo alla piena espansione della propria personalità e quindi il diritto di partecipare alla vita della comunità dei popoli da parte di chi, per dirla con Mazzini, può amare tutte le patrie appunto perché ama veramente la propria.

Presidente Terracini. Quale è il parere della Commissione?

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. Non abbiamo nessuna difficoltà ad accettare l'emendamento dell'onorevole Dominedò. La formulazione da noi proposta è diversa nella forma, ma, sostanzialmente, la Commissione intendeva accogliere l'emendamento.

Presidente Terracini. Allora, la formulazione potrebbe essere questa:

«Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge per motivi di interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero».

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. D'accordo.

Devo, peraltro, ricordare che il secondo comma dell'articolo 10, già approvato, è del seguente tenore: «Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge». Ora la formulazione in esame non può considerarsi, a mio parere, interamente sostitutiva del concetto contenuto nel secondo comma dell'articolo 10, perché una cosa è l'emigrazione in quanto forma di espatrio o di uscita dalle frontiere condizionata a certi elementi, e un'altra cosa è quella di cui si tratta nell'articolo 10, il quale fissa le norme, in forma generale ed ampia, per l'entrata e l'uscita dei cittadini dal territorio nazionale.

Lucifero. Chiedo di parlate.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Avrei anch'io voluto fare, onorevole Presidente, l'osservazione che ha fatto lei; inoltre mi sembra che il diritto di emigrazione si debba considerare come già contenuto nel secondo comma dell'articolo 10, perché, fra i vari motivi per cui un cittadino può uscire dal territorio, c'è anche quello di emigrare.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. È un'altra cosa!

Presidente Terracini. Io penso, come opinione mia personale, che, poiché il Titolo terzo è dedicato ai problemi specifici del lavoro e l'emigrazione è invece un fenomeno legato al fatto generale del lavoro, la specificazione proposta dall'onorevole Dominedò potrebbe essere inserita nell'articolo 30, senza con ciò che vi sia la possibilità di considerarla come una ripetizione del secondo comma dell'articolo 10.

Comunque, così facendo, non si compromette niente; l'Assemblea potrà sempre, infatti, in sede di approvazione del testo definitivo, ove essa debba constatare che vi è ripetizione, annullare questo comma aggiuntivo.

Lucifero. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Debbo spiegare il mio voto contrario, il quale trae giustificazione dalla preoccupazione che questo definire in modo particolare l'emigrazione nel Titolo che si riferisce al lavoro possa costituire, per il legislatore di domani, un motivo di limitazioni speciali per l'emigrazione: proprio l'opposto quindi di quello che si propone l'onorevole Dominedò col suo emendamento.

Presidente Terracini. Sta bene. Pongo in votazione il comma aggiuntivo nella formulazione accettata dalla Commissione:

«Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge per motivi di interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero».

(È approvato).

L'articolo 30 risulta pertanto, nel suo complesso, così approvato:

«La Repubblica provvede con le sue leggi alla tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.

Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali per affermare e regolare i diritti del lavoro.

Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi sanciti dalla legge per motivi di interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero».

[Per il testo completo della seguente parte della discussione si rimanda al commento all'articolo 4.]

[...]

Presidente Terracini. L'onorevole Romano ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Repubblica promuove le condizioni per eliminare la disoccupazione e garentisce l'assistenza a quei cittadini che devono emigrare per trovare lavoro».

L'onorevole Romano ha facoltà di svolgerlo.

Romano. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, lo scopo del mio emendamento è unicamente quello di avvicinare di più alla realtà lo spirito dell'articolo 31. Chi legge l'articolo 31 è istintivamente portato a pensare ad uno Stato provvidenza, e si cade sotto l'incubo dello Stato totalitario con la sua vasta e profonda giurisdizione in tutta la vita dell'uomo.

Infatti, l'articolo 31 nel suo primo comma dice:

«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effettivo questo diritto».

Viene quindi da domandare: che cosa deve fare lo Stato per rendere effettivo questo diritto? Indubbiamente, per attuare questo principio, per poter rendere effettivo il diritto, bisognerebbe mutare le condizioni di oggi, passare dall'economia odierna ad una società completamente collettivista.

[...]

[...] non vi è altra possibilità per poter dare consistenza concreta all'articolo 31; onde si impone di modificare la struttura dell'articolo stesso in quanto è inutile promettere quello che non si può mantenere. L'Italia ha una sola valvola di sicurezza, che è l'emigrazione; questa valvola di sicurezza assicurava all'Italia prima del fascismo l'entrata di 600 milioni oro, che sono venuti a mancare appunto per l'arresto dell'emigrazione. L'Italia può disporre di una notevole energia di lavoro in un mondo che ne difetta. Per poter lasciare l'articolo 31 così come è redatto bisognerebbe che esso non limitasse la sua efficacia entro la frontiera della nazioni, ma divenisse un elemento fondamentale di una politica economica internazionale. Solo così ci avvicineremmo alla realtà. Infatti l'Italia oggi ha due milioni di disoccupati, per i quali spende giornalmente 300 lire per unità, quindi 600 milioni al giorno. Ora, anche se questo articolo che discutiamo sarà approvato, il popolo italiano, i disoccupati diranno: «sì, lo Stato ci riconosce questo diritto, ma che vale se questo diritto non può realizzarsi, se manca il soggetto passivo contro il quale farlo valere? Un diritto sfornito di azione è vuoto di contenuto. Per avvicinare alla realtà, lo spirito di questa disposizione, non si deve parlare di diritto, ma si deve dire soltanto che lo Stato promuove le condizioni per eliminare la disoccupazione e si impegna a proteggere tutti gli uomini che, per ristrettezza di territorio, sono costretti a varcare le frontiere nazionali. Sotto questo punto di vista, l'articolo acquisterebbe rilievo e per questo insisto nell'emendamento.

[...]

Presidenza del Vicepresidente Tupini

[...]

Presidente Tupini. Segue l'emendamento degli onorevoli Nobili Tito Oro e Condorelli:

«Trasferire l'ultimo comma dell'articolo 10 al primo comma dell'articolo 31 che avrà in tal modo la formulazione seguente:

«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, promuove le condizioni per renderne effettivo l'esercizio e tutela il lavoro italiano all'estero».

Chiedo al proponente se non ritiene che questo emendamento sia già assorbito dalla deliberazione dell'Assemblea, che, accettando l'emendamento Dominedò, ha anche accolto questo concetto.

Nobili Tito Oro. L'emendamento che si propone non consta solo dell'elemento aggiuntivo ma anche di un altro elemento, quello modificativo dell'espressione «promuove le condizioni per rendere effettivo questo diritto». Questa espressione si chiede di sostituire con l'altra, indiscutibilmente più propria, «promuove le condizioni per renderne effettivo l'esercizio». Il diritto è diritto: è o non è. Non si può parlare di un diritto in attesa di divenire effettivo. Quindi, nel concetto dell'emendamento proposto, l'espressione «per renderne effettivo l'esercizio» è quella che rispettando l'essenza del diritto, corrisponde in pari tempo allo spirito del progetto.

Quanto all'altra parte dell'emendamento, onorevole Presidente e onorevoli colleghi, sono d'accordo che il voto testé emesso dall'Assemblea sull'emendamento dell'onorevole Tremelloni l'abbia assorbita; ma assorbita fino ad un certo punto, nella sostanza; e per questa parte mi compiaccio che il principio della tutela del lavoro italiano all'estero sia stato assunto qui, nel titolo dei rapporti economici. Ma c'è l'altra questione, quella insita nella proposta di inserire questo principio nell'articolo 31 anziché altrove.

A tale riguardo ha già osservato l'onorevole Presidente che questa può essere materia di riesame da parte dell'onorevole Commissione in sede di coordinamento e di definitiva redazione del testo.

Io ne prendo atto volentieri, ma non posso trattenermi dal raccomandare fin da ora alla Commissione di considerare che il punto sul quale l'inserzione deve aver luogo è proprio questo in cui, dalla linea concettuale del riconoscimento a tutti i cittadini del diritto al lavoro si sviluppa prima il conseguente obbligo, da parte dello Stato, di promuovere le condizioni per rendere effettivo l'esercizio di questo diritto e poi, conseguenza a sua volta di questo obbligo, il dovere di tutelare il lavoratore, nell'esecuzione del suo lavoro, dovunque esso sia compiuto.

Siccome non sempre sarà possibile procurare al cittadino lavoro in patria, sarà compito del Governo favorirne l'emigrazione. Onde si rende necessario che lo Stato tuteli il lavoro del cittadino anche all'estero, perché, se lo accompagnasse con la propria assistenza soltanto fino al piroscafo o al treno che deve condurlo oltre frontiera, esso renderebbe inoperante e annullerebbe tutta la tutela prestatagli fino a quel momento.

La Repubblica, che è fondata sul lavoro, che chiama i lavoratori alla partecipazione effettiva al Governo dello Stato e delle pubbliche amministrazioni, che protegge il lavoro in tutte le sue manifestazioni, che per tutti i cittadini ne fa un dovere e, corrispondentemente, un diritto; la Repubblica, che promuove le condizioni per l'effettivo esercizio di questo diritto, deve proprio per effetto dell'assunzione di tali obblighi, tutelare i cittadini costretti ad emigrare per necessità di lavoro dovunque si rechino; e tutelarli non soltanto nelle persone, ma anche nei diritti che dal lavoro ad essi derivano e nel prestigio della Patria, che è condizione preliminare del rispetto ad essi dovuto.

Se tale è lo sviluppo logico e necessario del riconoscimento del diritto dei cittadini al lavoro e del dovere dello Stato di promuovere le condizioni per il suo esercizio, la tutela del lavoro italiano all'estero, come conseguenza indispensabile di tali premesse, deve trovare proprio nell'articolo 31 il logico collocamento.

E pertanto, mentre ritiro con questa raccomandazione la parte aggiuntiva dell'emendamento, senza pregiudizio — beninteso — delle determinazioni riservate all'onorevole Condorelli. Per quanto riflette la parte sostitutiva vi insisto.

Presidente Tupini. Prego l'onorevole Relatore di esprimere l'avviso della Commissione sugli emendamenti presentati.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. [...] L'onorevole Romano ha proposto un emendamento che consta di due parti. La prima è questa: «La Repubblica promuove le condizioni per eliminare la disoccupazione», e qui, in forma negativa, non si fa in sostanza che esprimere quanto in forma positiva è già detto nell'articolo 31. Poi c'è la seconda parte: «e garantisce l'assistenza a quei cittadini che devono emigrare per trovare lavoro». Anche questa seconda parte è già inclusa nella disposizione che abbiamo approvato poco fa: «tutela il lavoro all'estero». Ecco perché la Commissione non ritiene necessario l'emendamento.

[...]

Sull'emendamento proposto dall'onorevole Nobili Tito Oro osservo che la dizione «tutela il lavoro italiano all'estero» è già stata inclusa nell'articolo 30 e sulla questione del suo collocamento, si è già stabilito che ne parleremo quando verremo alla redazione del testo.

[...]

Presidente Tupini. Passiamo alla votazione degli emendamenti.

[...]

Fanfani. [...] E poiché ho la parola, se il Presidente permette, vorrei dire qualcosa per definire la nostra posizione anche per i due emendamenti presentati rispettivamente dagli onorevoli Villani e Romano.

Presidente Tupini. Prosegua pure.

Fanfani. [...] Per quanto riguarda l'emendamento Romano esso parla di preoccupazioni di eliminare la disoccupazione. Questo è solo un aspetto del concetto che ha preoccupato i formulatori dell'articolo 31. E per quanto riguarda la garanzia dell'assistenza a quei cittadini che devono emigrare per trovare lavoro, mi sembra che tale garanzia sia stata già fissata dall'articolo 30, approvato.

[...]

[Presidente Tupini.] Segue l'emendamento sostitutivo dell'onorevole Romano:

Sostituire il primo comma col seguente:

«La Repubblica promuove le condizioni per eliminare la disoccupazione e garentisce l'assistenza a quei cittadini che devono emigrare per trovare lavoro».

Onorevole Romano, lo mantiene?

Romano. Lo ritiro.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti