[Nella seduta del 12 settembre 1946, la terza Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul diritto all'assistenza.]

Fanfani ritiene che, dopo aver affermato il diritto al lavoro e prima di stabilire il diritto all'assistenza, sia razionale stabilire in un articolo il diritto del lavoratore ad un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro prestato e che tenga conto delle sue necessità personali e famigliari.

È questa una giusta aspirazione ormai diffusa nel mondo dei lavoratori ed alla quale, per iniziativa di illuminati imprenditori, e per disposizione di legge, od anche per dettato di costituzioni, si è cercato di andare incontro. Dopo il riconoscimento del diritto, non sembra superfluo impegnare solennemente lo Stato a dettare norme sulla determinazione di retribuzioni vitali, cioè sufficienti alle necessità dei lavoratori; previdenziali, cioè atte all'accantonamento di premi assicurativi per provvedere ad ogni evento dannoso prevedibile; familiari, cioè atte a fronteggiare le necessità delle madri che attendono alle faccende di casa e dei figli immaturi per l'attività produttiva.

Propone perciò il seguente articolo:

«Ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato e, possibilmente, adeguata alle sue necessità personali e familiari.

«La Repubblica agevolerà il godimento di questo diritto con norme sulla determinazione, nei contratti di lavoro, delle retribuzioni vitali, previdenziali e familiari».

Ricorda che il testo da lui ieri proposto, in luogo della frase «possibilmente adeguata alle sue necessità personali e familiari», diceva «proporzionata alle necessità personali e familiari». Ha ritenuto di dover tener conto di un'osservazione dell'onorevole Marinaro, il quale è d'avviso che la richiesta di proporzionalità alle necessità personali e familiari, nell'attuale sistemazione economica del Paese, non sia forse tale da potersi soddisfare. Appunto per questo, nella prima parte dell'articolo, alla norma con la quale si riconosce il diritto (con una frase che si trova già nella Costituzione russa del 1936) a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, se ne fa seguire un'altra che cerca di prevedere i carichi eccezionali, personali e familiari.

L'aggiunta della parola «familiari» è stata apportata anche in considerazione delle preoccupazioni espresse dall'onorevole Noce nei giorni passati, e che risultano anche dalle relazioni delle onorevoli Merlin e Federici, nelle quali si domanda se lo Stato non debba andare incontro agli oneri che dovranno sopportare i genitori per il fatto di avere una famiglia, e alla convenienza di creare una situazione possibilmente non disagiata a quelle persone che attendono permanentemente a lavori di casa e che non percepiscono un salario a questo titolo. Di qui la necessità che in sede assicurativa o in sede retributiva si provveda in qualche modo.

Ricorda, in proposito, che in altri parsi è stato escogitato il sistema dell'aggiunta di famiglia ai lavoratori e ritiene che nella compilazione di una Costituzione non si possa non tener conto dei progressi ovunque raggiunti.

Ricorda infine che la onorevole Merlin ha osservato che la seconda parte dell'articolo avrebbe potuto essere omessa. Può essere d'accordo, a condizione però che in tutti gli articoli precedenti si faccia la stessa omissione. Infatti, negli articoli già approvati, dopo una dichiarazione dei diritti, si è incluso un solenne impegno per la Repubblica di provvedere, indicandone genericamente la maniera.

Di Vittorio è d'accordo nel principio informatore dell'articolo e nell'opportunità di riferire la rimunerazione del lavoratore anche ai bisogni della famiglia. Ritiene tuttavia che, con la formulazione proposta, lo Stato invada un campo che è più specifico del sindacato. Desidererebbe che fosse ben chiarito che nell'azione di tutela diretta ad assicurare al lavoratore una remunerazione adeguata ai propri bisogni (che è funzione specifica del sindacato) lo Stato asseconda nei suoi compiti il sindacato.

Manifesta inoltre la sua perplessità circa l'opportunità di inserire nella Costituzione una norma secondo la quale la remunerazione del lavoratore deve essere proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato. Questa norma può trovar luogo nella Costituzione sovietica, perché in Russia vige un sistema sociale differente dal nostro; non in Italia, perché col contratto collettivo di lavoro si determina il salario per categoria e per specializzazione, non per quantità o per qualità del lavoro individuale compiuto. In Russia, vigendo il sistema socialista, lavorando cioè tutti i lavoratori per la collettività, è stato introdotto il sistema dell'emulazione, che consiste nel valutare e remunerare individualmente ciascun lavoratore per stimolarlo a perfezionarsi professionalmente. Non c'è officina che non abbia la scuola professionale per mezzo della quale tutti possono, almeno teoricamente, diventare specialisti.

Fanfani ritiene che le preoccupazioni manifestate dall'onorevole Di Vittorio non abbiano ragione d'essere. Infatti è proprio in vista dell'esistenza del sindacato, e delle funzioni che il sindacato deve esercitare nella stipulazione dei contratti di lavoro che, invece di affermare che la Repubblica determinerà i salari previdenziali, ha proposto di dire che la Repubblica agevolerà il godimento di questo diritto con norme sulla determinazione, nei contratti di lavoro, delle retribuzioni vitali, previdenziali e familiari.

Di Vittorio propone che si aggiungano le parole «secondano l'azione dei sindacati».

Fanfani dichiara di non aver nulla in contrario, pur ritenendo che l'argomento troverebbe sede più appropriata nella discussione sulla relazione dell'onorevole Di Vittorio, quando, determinandosi la funzione del sindacato, si potrà fare un richiamo al testo odierno e, in sede di coordinamento dei due testi, rendere esplicito tale concetto.

Quanto alla seconda obiezione, fa rilevare che, quando il contratto di lavoro determina un salario-orario, cioè una retribuzione rispetto alla quantità, lo determina per categorie e tiene conto della qualità del lavoro compiuto. Vi sono contratti collettivi, o possono esservi domani, in cui si tenga conto anche di un certo premio ai lavoratori più solerti. Nel nostro sistema ciò esiste e può continuare ad esistere. Non vede quindi una contraddizione; né ritiene inopportuna l'adozione della formula proposta, e a lui suggerita dal Presidente della Sottocommissione, che non è in contrasto col sistema dei contratti collettivi, entro i quali è consentito il perfezionamento per stimolare l'emulazione incoraggiare e spronare i meno solerti.

Quanto all'osservazione che in Russia si è adottato il criterio dell'emulazione, economisti americani, recatisi in quella nazione, hanno constatato come in regimi profondamente diversi per ispirazione e per struttura si applichino formule molto simili, appunto per stimolare questa emulazione.

Quando si tratterà del funzionamento sindacale saranno tenute presenti le considerazioni dell'onorevole Di Vittorio che, a suo parere, non infirmano la formula proposta.

Marinaro ritiene che non sia il caso di fare riferimento alle istituzioni sindacali, dopo le spiegazioni fornite dall'onorevole Fanfani.

Determinare la retribuzione in base alla quantità e alla qualità del lavoro può presentare delle difficoltà e una formula più semplice e più generica si adatterebbe meglio allo scopo. Senza alterare affatto il concetto enunciato dall'onorevole Fanfani, propone la dizione: «Ogni lavoratore ha diritto a una retribuzione corrispondente alla sua prestazione».

Fanfani fa presente che questa dizione corrisponde alla formula originaria da lui proposta, alla quale non ha alcuna difficoltà di tornare.

Il Presidente Ghidini spiega che il suo suggerimento è mosso dal concetto che sia opportuno, nella retribuzione, tener conto della quantità e della qualità del lavoro prestato, oltre che delle condizioni di famiglia.

Quando si tratterà di stipulare i contratti, questi elementi concorrenti alla equa fissazione del salario andranno tenuti presenti.

Colitto riconosce l'opportunità di mantenere, nella prima parte dell'articolo, l'accenno alla quantità e alla qualità del lavoro prestato; ciò servirà di incitamento al lavoratore. Limiterebbe però la seconda parte alla sola prima frase: «La Repubblica agevolerà il godimento di questo diritto», e ciò per due ragioni: una di sostanza e una di forma; di sostanza, perché ritiene che le parole che seguono «con norme sulla determinazione, nei contratti di lavoro, delle retribuzioni vitali, previdenziali e familiari» impegnino lo Stato a dettare norme disciplinatrici del contenuto del contratto di lavoro, mentre la disciplina di tale contenuto va riservata al sindacato; di forma, perché gli sembra che non si possa parlare di retribuzione previdenziale, dato che quello che si dà a scopo previdenziale non può considerarsi come compenso di un lavoro compiuto.

Di Vittorio, dopo le spiegazioni date dall'onorevole Fanfani nei riguardi della prima osservazione da lui fatta, dichiara di non insistere perché sia inclusa nell'articolo una frase, della quale si potrebbe tener conto poi nei lavori di coordinamento, da cui risulti che la Repubblica agevolerà il godimento di questo diritto «attraverso l'opera dei sindacati».

Insiste invece nell'altra sua osservazione, perché stima pericolosa la trasposizione meccanica di formule da altre Costituzioni nella nostra. Fa rilevare che la Costituzione Russa ha stabilito il principio che, in regime socialista, ciascuno ha diritto al frutto del proprio lavoro. Di qui la necessità di determinare il lavoro di ogni individuo, perché possa goderne il frutto che ne deriva. In Italia, dove è ammesso il sistema del lavoro a cottimo, quello dei premi (e la stessa Confederazione del lavoro non è contraria ad adottare sistemi che possano indurre il lavoratore a migliorarsi ed a produrre di più), sancire nella Costituzione tale principio, significherebbe fare del sistema del lavoro a cottimo individuale il sistema italiano, ed a ciò si dichiara contrario.

Potrebbe accedere all'adozione di questo sistema solo come complemento del sistema del contratto collettivo, che fissa le remunerazioni per tutti i lavoratori della stessa categoria che svolgono le medesime mansioni. Il sistema del lavoro a cottimo vige anche in Italia, ma non per tutte le categorie; per alcune sarebbe pericoloso.

Concludendo, dichiara di essere d'accordo nel concetto della tutela dello Stato sull'opera dei sindacati, ma sopprimerebbe dall'articolo ogni concetto di remunerazione in base alla quantità e alla qualità del lavoro individuale prestato, e la determinerebbe invece in base alle specializzazioni e alle mansioni dei vari operai.

Canevari afferma che dire, come propone l'onorevole Fanfani, «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione adeguata alle sue necessità personali e familiari» può ingenerare il dubbio che si pensi ad una retribuzione personale differente da lavoratore a lavoratore della stessa categoria, e ciò in antitesi al contratto di lavoro che stabilisce una remunerazione eguale per tutti i lavoratori di una stessa categoria. Ritiene pertanto necessario chiarire meglio il concetto, dicendo «adeguata, per necessità personali e familiari».

Di Vittorio rileva che, perché la formula risulti ben chiara, basterebbe eliminare la parte riferentesi alla quantità ed alla qualità e dire: «retribuzione adeguata alle mansioni e alla specializzazione», insistendo così sul carattere collettivo della norma e non su quello individuale. L'articolo non avrebbe bisogno di ulteriori emendamenti.

Fanfani dichiara di non aver nessuna difficoltà ad ammettere che si faccia un accenno al sindacato, ma quanto all'osservazione fatta dall'onorevole Colitto, in relazione al salario previdenziale, nega che la retribuzione previdenziale non faccia parte del salario. Fu affermato fino a 216 anni fa, dal Cantillon, che il salario deve variare secondo la gravità dei rischi inerenti al lavoro, di qualsiasi genere essi siano. È una economia per l'intera collettività pagare una quota fissa capace di provvedere alle necessità vitali del lavoratore e della sua famiglia, più una quota, se non pari all'intera copertura del rischio, pari alla quota-premio ritenuta, nel complesso, sufficiente a coprire il rischio prevedibile, che va accantonata sotto forma di assicurazione. Questa quota è ancora salario, è parte del salario; solo per ragioni di economia sociale viene prelevata, anziché consegnata al lavoratore e, unita a tutte le altre quote-premio, permette, il giorno in cui se ne manifesta il bisogno, di far fronte al rischio che si è verificato in danno del lavoratore.

Per quanto ha riferimento alla seconda parte dell'articolo, riguardante i contratti di lavoro, non ha difficoltà a modificarla, dato che era sua intenzione di tenere presente il concetto che il salario deve scaturire dal libero accordo delle parti in contrasto. E con ciò ha risposto alle obiezioni dell'onorevole Di Vittorio, il quale insiste perché nel testo dell'articolo si parli di sindacati.

Circa la proporzionalità e la qualità del lavoro, poiché l'onorevole Di Vittorio ha avuto l'impressione che si tratti di una trasposizione del sistema vigente nel diritto russo in quello italiano, obietta che se la ragione umana è giunta in Russia all'affermazione di un principio di corretta scienza economica sul problema del salario, questo non significa che tale principio non possa essere accolto nella Costituzione italiana. D'altronde la formulazione dell'articolo, da lui presentato, è stata suggerita dal Presidente della Sottocommissione, il quale, nel dargli tale suggerimento, non pensava certo alla legislazione russa in materia di lavoro, ma intendeva trovare una formula che tenesse conto del lato qualitativo e di quello quantitativo.

L'onorevole Di Vittorio, nel riferirsi alla qualità, precisa che questa assume diverse gradazioni rispetto alla professione; ma nel testo proposto non soltanto si è tenuto conto di questo aspetto, ma anche dell'altro più generale e più complesso della qualità professionale. Nei riguardi della «quantità» l'onorevole Di Vittorio osserva che adottando tale termine, poiché non esistono da noi certe condizioni che invece si realizzano in Russia, saremmo costretti ad estendere in Italia il sistema del cottimo in tutti i lavori. Le cose però non stanno così: con la parola «quantità» ci si riferisce non solo al salario, ma anche alla possibilità della retribuzione a ore.

Marinaro osserva che se si parla di un sistema lavorativo ad ore, non si può parlare di un sistema a cottimo.

Fanfani ripete che, a suo avviso, nella parola «quantità» si adombrano sia l'uno che l'altro sistema. Tuttavia dichiara di non aver difficoltà a tornare al testo primitivo.

Il Presidente Ghidini propone che sia sostituito il termine «vitali» che nella frase «retribuzioni vitali» non è molto chiaro.

Fanfani fa presente che il termine «vitali» è strettamente tecnico; in economia per salario vitale si intende quello necessario ad un tenore normale di vita.

Il Presidente Ghidini per risolvere la questione tanto discussa su «qualità e quantità», propone la dizione: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato».

Di Vittorio è d'accordo, vorrebbe però che venissero indicate anche le mansioni.

Fanfani obietta che la qualità già indica le mansioni.

Di Vittorio risponde che la qualità potrebbe essere interpretata in riferimento al lavoro individuale.

Fanfani fa presente che in sede di redazione della Carta costituzionale non è possibile scendere ad una eccessiva specificazione dei vari casi.

Di Vittorio propone la soppressione dell'avverbio «possibilmente».

Il Presidente Ghidini pone ai voti la prima parte dell'articolo così formulata:

«Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro e adeguata alle necessità personali e familiari».

Di Vittorio dichiara che voterà l'articolo, purché sia chiaro che con esso non si sancisce l'adozione per legge del sistema del lavoro a cottimo.

(La prima parte dell'articolo è approvata).

Canevari propone di abolire la seconda parte dell'articolo.

Di Vittorio si dichiara d'accordo, perché trova superflua tale seconda parte.

Marinaro si associa alla proposta Canevari.

Il Presidente Ghidini pone ai voti la proposta di soppressione della seconda parte dell'articolo.

(È approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti