[Il 13 settembre 1946 la terza Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione generale sulle garanzie economico-sociali per l'assistenza della famiglia partendo dalla relazione della onorevole Angelina Merlin e dalle relazioni delle correlatrici Federici Maria e Noce Teresa.

Nella relazione della onorevole Angelina Merlin, si propongono tre articoli, dei quali il secondo e il terzo sono così formulati:

Art. ...

Alla donna sono riconosciuti, nei rapporti di lavoro, gli stessi diritti che spettano ai lavoratori. La remunerazione del lavoro di ogni cittadino, sia uomo o donna, deve assicurargli un'esistenza dignitosa, tenuto conto del carico familiare.

Art. ...

Le condizioni di lavoro devono consentire il completo adempimento della funzione sociale della maternità. Istituzioni assistenziali e previdenziali integrate, ove occorra, dallo Stato, tuteleranno la vita di ogni bambino.]

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Merlin Angelina, Relatrice. [...] In ordine al secondo articolo, nel quale si parla dei diritti riconosciuti alla donna e si afferma il concetto dell'uguaglianza dei diritti della donna nei confronti dell'uomo, osserva che nessuna differenza deve essere fatta tra gli individui dell'uno e dell'altro sesso. Non sa se questo concetto sia affermato anche in altra parte della Costituzione; comunque ritiene che non sia male ribadirlo anche in questa sede, perché la donna ha un'importanza decisiva nella formazione della famiglia. Una donna, anche se non sia sposata, se ha dei figli potrà ugualmente costituire la propria famiglia.

La donna, sotto questo aspetto, è la creatura più importante, l'essere intorno al quale si forma il nucleo familiare.

Molè osserva che partendo da tale concetto si finirà col tornare al matriarcato.

Merlin Angelina, Relatrice, riconosce che nella storia millenaria della civiltà umana si è passati attraverso il periodo del matriarcato; ma ciò non vuol dire che vi si debba ora ritornare. Se si dovesse tornare indietro dovremmo disperare di quella che è la perfettibilità umana. Non si può negare, allo stato odierno dei fatti, che ci sono famiglie costituite intorno alla donna; perciò è necessario stabilire quali ne siano i diritti.

Osserva poi che il riconoscimento della funzione sociale della maternità non interessa solo la donna, o l'uomo, o la famiglia; interessa tutta la società. Proteggere la madre significa proteggere la società alla sua radice, poiché intorno alla madre si costituisce la famiglia e, attraverso la madre, si garantisce l'avvenire della società. Di qui la necessità di istituzioni assistenziali e previdenziali, delle quali tratta l'articolo 3.

Osserva, in proposito, che non intende mettere tutte queste istituzioni a carico dello Stato; può anche darsi che attraverso altri enti si possa esercitare questa assistenza.

Affermato il principio della protezione della madre, saranno tutelati anche i figli, compresi gli illegittimi, i quali, per il solo fatto di essere nati, hanno diritto alla vita.

Ritiene che, senza arrivare ad una esplicita dichiarazione del genere nella Costituzione, si debba garantire la vita di tutti i bambini, siano essi legittimi che illegittimi.

Quanto alle norme giuridiche riguardanti gli illegittimi, provvederà il codice.

[...]

Federici Maria, Correlatrice, premette di aver presentato al Presidente il testo di un nuovo articolo che si differenzia in parte da quelli precedentemente formulati. Esso è così concepito:

«Alla famiglia verranno assicurati, con opportune provvidenze in materia di retribuzione, in fatto di accesso alla proprietà, specie della casa, di tutela della madre e dei figli, di istruzione e di educazione, di previdenza e di assistenza, di ordinamento finanziario, una difesa ed uno sviluppo consoni al bene della famiglia stessa e della intera società.

«Alla lavoratrice capo-famiglia sono assicurati i diritti riconosciuti al lavoratore capo-famiglia integrati dalle forme assistenziali predisposte per la tutela della maternità e dell'infanzia».

Aggiunge che se la Commissione lo riterrà opportuno, invece di fare due commi di un unico articolo, si potranno fare due articoli separati.

[...]

Effettivamente la madre è una lavoratrice quando si trova ad essere capo-famiglia, sia per ragioni di vedovanza che per altri motivi; in tal caso la donna ha bisogno di tutte le garanzie riconosciute al lavoratore capo-famiglia, e di tutte le garanzie predisposte per la tutela della maternità ed infanzia, che in questo caso devono assumere un carattere più efficiente che nei confronti della madre la quale vive nella sua famiglia regolare, con l'aiuto e l'appoggio del marito. Vi dovranno perciò essere speciali disposizioni di legge che garantiscano la figura della madre capo-famiglia.

[...]

Noce Teresa, Correlatrice. [...] L'articolo 2 continua: «Lo Stato italiano garantisce ad ogni donna, qualunque sia la sua situazione sociale e giuridica, la possibilità di procreare in buone condizioni economiche, igieniche e sanitarie». Questo per assicurare alle operaie un adeguato periodo di riposo interamente pagato, prima e dopo il parto, istituendo un assegno di gravidanza ed un premio di allattamento e garantendo l'assistenza medica a tutte le gestanti, qualunque sia la loro condizione economica.

[...]

Federici Maria, Correlatrice, ricorda che a proposito del lavoro, si è detto che una lavoratrice capo-famiglia che ha, per esempio, otto figli, godrà dello stesso assegno che è stabilito per l'uomo con otto figli.

Così per quanto riguarda la legislazione del lavoro dichiara di aver accolto i suggerimenti dei colleghi allargando il periodo del riposo prima del parto e dopo il parto, mantenendo il posto alla donna che deve avere un bambino e che al settimo mese di gravidanza deve lasciare l'impiego. Non solo ha proposto che il posto venga conservato, ma che l'assegno non sia decurtato, anzi corrisposto per intero.

Noce Teresa, Correlatrice, osserva che la lavoratrice capo di famiglia è quella che mantiene la famiglia e per mantenere la famiglia fa un lavoro. Ma la donna lavoratrice non è soltanto l'operaia, bensì anche quella che, avendo una numerosa prole da allevare, non può lavorare; in tal caso viene a mancare la qualifica di capo-famiglia che le consentirebbe di godere di una determinata assistenza.

La donna operaia ha qualche diritto, ma la donna casalinga, la massaia rurale, la contadina non hanno alcun diritto all'assistenza.

Federici Maria, Correlatrice, osserva che per questa ultima categoria di donne esiste il salario familiare.

Molè ricorda che la Costituzione non può entrare in una specificazione analitica dei singoli casi. Essa deve contenere soltanto i principî generali che devono essere formulati in modo molto semplice, quasi in forma di proposizione.

Fanfani afferma che dalla Costituzione si deve pretendere un impegno solenne a segnare una direttiva, una strada sulla quale ci si debba incamminare e non una regolamentazione minuta di provvidenze le quali, per il fatto di essere minute, rischierebbero, dopo qualche anno, di essere superate.

Sufficiente è stabilire il principio; penseranno poi il legislatore, i partiti, l'opinione pubblica ad intervenire successivamente, se la legislazione deve essere aderente alla realtà.

Dichiara di aver studiato attentamente le varie proposte fatte e di aver seguito le correzioni apportate in sede di esposizione dalle varie relatrici. Ritiene tuttavia che le preoccupazioni, che in tutte le relazioni affiorano, di far avere alla donna un salario adeguato agli oneri finanziari (oneri sia della famiglia legittima che di quella illegittima) possano considerarsi già soddisfatte, qualora in aggiunta all'articolo approvato nella riunione di ieri, in cui è detto che i lavoratori hanno diritto ad una retribuzione adeguata alle necessità personali e familiari ed in accoglimento della prima parte dell'articolo 2, formulato dalla onorevole Merlin, si faccia seguire la dizione: «Alla donna lavoratrice sono riconosciuti, nei rapporti di lavoro, gli stessi diritti che spettano al lavoratore».

Introducendo questo secondo comma, si avrà anche modo di fare un solenne riconoscimento dell'eguaglianza dei diritti su questo terreno, tra gli uomini e le donne, non per il fatto che abbiano sesso diverso, ma la stessa capacità.

Vi è in tutti la preoccupazione di impegnare solennemente nella Costituzione i futuri legislatori a concedere adeguate protezioni alla maternità ed all'infanzia. È necessario però stare attenti a non incorrere nell'errore di istituire una specie di allevamento di Stato. Per conciliare le varie opinioni, ritiene che, adottando una frase, seppure incompleta, proposta dalla onorevole Merlin con un altro concetto espresso nel secondo articolo proposto dalla onorevole Federici, unita al capoverso proposto dalla onorevole Noce, si potrebbe formulare il seguente articolo:

«La Repubblica Italiana riconosce che è interesse nazionale la protezione della maternità e dell'infanzia.

«In particolare le condizioni di lavoro devono consentire il completo adempimento della funzione e dei doveri della maternità.

«Istituzioni scolastiche, assistenziali e previdenziali, integrate, ove occorra, dallo Stato, devono tutelare la vita e lo sviluppo di ogni bambino».

[...]

Noce Teresa, Correlatrice, dichiara di essere d'accordo con l'onorevole Fanfani, ma propone di aggiungere dopo le parole: «Lo Stato italiano garantisce ad ogni donna, qualunque sia la sua situazione sociale e giuridica, la possibilità di procreare in buone condizioni economiche, igieniche e sanitarie», le altre: «e garantisce a tutti i bambini un minimo di protezione e di cura da parte della società, a cominciare dal momento stesso in cui vengono a farne parte». Ritiene invece che la frase: «Le condizioni di lavoro non devono impedire il completo adempimento delle funzioni della maternità» dovrebbe essere inclusa nella parte riguardante la tutela del lavoro.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti