[Il 6 maggio 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo terzo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti economici».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Cairo. [...] Un principio nuovo, un principio che trova senz'altro i nostri consensi, un principio programmato da noi e da altri partiti è quello che è esposto nell'articolo 40 riguardante l'espropriazione. Però anche qui, come in altre disposizioni, il desiderio del dettaglio, che è un po' l'afflizione di questa nostra Costituzione, il desiderio dalla disposizione più precisa, più dettagliata, desiderio che contrasta col carattere stesso della Costituzione, che, a mio avviso, dovrebbe essere qualche cosa di fondamentale, ma di lapidario nella sua fondamentalità, il desiderio della elencazione svigorisce un po' l'affermazione del principio. Si dice all'articolo 40 «per coordinare le attività economiche la legge riserva originariamente o trasferisce con espropriazione, salvo indennizzo, allo Stato, agli Enti pubblici od a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed hanno carattere di preminente interesse generale».

Ora, dicevo, questa elencazione delle categorie, a mio avviso, riduce il vigore della affermazione di principio e l'elenco potrebbe essere ritenuto anche tassativo. Infatti, mi pare giusto osservare che grandi complessi industriali potrebbero tentare così di sfuggire alle categorie previste, accampando di non versare in situazioni di monopolio a carattere di preminente interesse generale. E allora, a mio avviso, sarebbe stato molto meglio stabilire trattarsi in questo caso di imprese a carattere di grandi complessi produttivi, senza affermare che essi debbano versare in determinate condizioni.

[...]

Montagnana Mario. [...] Quando noi comunisti abbiamo chiesto e chiediamo una riforma della nostra industria, che ponga fine alle situazioni di monopolio, avevamo e abbiamo, sì, in vista, gli interessi particolari, di classe, dei lavoratori, i quali subiscono le funeste conseguenze dei monopoli e come prestatori d'opera e come consumatori. E avevamo e abbiamo pure in vista la necessità di colpire i gruppi privilegiati responsabili del fascismo, in modo da togliere loro la possibilità di imporre un'altra volta all'Italia i loro propositi reazionari e imperialistici. Ma avevamo e abbiamo pure in vista la necessità impellente di aumentare e di migliorare la produzione industriale dell'intera Nazione, dato che tanto la teoria quanto l'esperienza italiana e internazionale, dimostrano che le condizioni di monopolio e l'assenza di una partecipazione dei lavoratori alla direzione delle aziende rappresentano un gravissimo ostacolo allo sviluppo e al miglioramento della produzione. Noi vogliamo la nazionalizzazione di alcune grandi imprese monopolistiche e vogliamo i Consigli di gestione nelle aziende per migliorare le condizioni morali e materiali dei lavoratori occupati in tali imprese e in tali aziende, ma vogliamo questo, anche e soprattutto, affinché dalle nostre fabbriche escano più macchine, più prodotti chimici e tessili, e così via; affinché le nostre aziende elettriche possano fornire più energia al Paese; affinché tutta l'Italia abbia più prodotti industriali nazionali a sua disposizione e possa perciò, tra l'altro, esportare una parte importante di questi prodotti in modo di non dovere mai più mancare, come oggi, del necessario; in modo di non dovere mai più, come oggi avviene, quasi chiedere l'elemosina a dei Paesi stranieri per impedire che milioni di suoi figli muoiano di freddo, di fame, di miseria.

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti