[Il 15 settembre 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo I «Il Parlamento», Titolo II «Il Capo dello Stato», Titolo III «Il Governo».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Russo Perez. [...] Si è discusso, durante i lavori preparatori, se questa elezione di secondo grado dovesse esser fatta dai Consigli comunali; i Consigli comunali furono bocciati. Ma non ci si accorse che le stesse ragioni, per le quali fu considerato opportuno escludere i Consigli comunali, avrebbero dovuto far consigliare l'esclusione delle Assemblee regionali.

A me pare che gli assessori, i deputati regionali, gli onorevoli, come loro piace chiamarsi — tra poco in Italia tutti i cittadini saranno onorevoli, tranne i detenuti per reati comuni; perché per i reati politici, dal piombo dei mitra all'oro delle medaglie, il giudizio varia col tempo e con gli uomini — abbiano già troppe attribuzioni, perché si possa dar loro anche quella di eleggere i senatori.

Le ragioni per cui non ritengo opportuno che siano le Assemblee regionali ad eleggere i membri della Camera Alta sono diverse. Anzitutto in codesti consessi (Consigli comunali, Assemblee regionali) vi è già la divisione ferrea dei partiti, quindi la partitocrazia imporrebbe la sua legge anche alla seconda Camera, che verrebbe ad essere formata per forza e schieramento dei gruppi contrapposti, in modo analogo ai consessi che hanno svolto il ruolo di elettori di secondo grado.

In secondo luogo si accrescerebbe oltre misura l'influenza della Regione sulla Nazione, onde, mentre l'onorevole Ruini disse che si era scelto questo sistema in base alla nuova struttura dello Stato, io penso che sarebbe stato opportuno scartarlo precisamente a cagione della nuova e, secondo me, infausta struttura dello Stato.

D'altra parte bisogna riconoscere che una differenziazione tra le due Camere è opportuno ci sia. Naturalmente il criterio di questa differenziazione può essere vario. L'onorevole Ruini ricordava quei detti un po' retorici di Beniamino Franklin, che parlava del calesse tirato in due opposte direzioni, o quell'altra frase di spirito di Washington e di Jefferson, i quali parlavano del the troppo caldo, che bisogna versare nel piattino perché si raffreddi! Come vedete, retorica. Ma le ragioni serie ci sono; e sono state bene individuate dall'onorevole Ruini, a pagina 10 della sua ottima relazione. Egli dice: «L'istituto della seconda Camera è prevalso nella Commissione, per l'opportunità di doppie e più meditate decisioni, e pel contributo che può dare con un altro esame, nella sua diversa composizione e competenza, una seconda Camera».

Questa differenziazione taluni la ricercano e la pongono nel criterio dell'età degli elettori e degli eligendi; altri la pongono nel sistema elettorale, anziché a suffragio diretto, col sistema dell'elezione di secondo grado; altri nella scelta dei designati a deputati, che dovrebbero rappresentare speciali categorie di interessi economici, interessi professionali ed interessi culturali. Secondo me la cosa più sensata è quella che disse, durante i lavori preparatori, il mio esimio collega, l'onorevole Giovanni Porzio: considerate la Camera Alta come una Corte di appello, come un magistrato di secondo grado. Io aggiungo che la differenziazione nasce dalla duplicità. In Corte di appello vi sono dei magistrati reclutati con lo stesso metodo dei loro colleghi del tribunale. Molte volte gli stessi giudici, che sei mesi prima appartennero ad un collegio di primo grado, sei mesi dopo appartengono ad un collegio di secondo grado. Ed è molto bene che vi sia un giudizio di secondo grado. Faccio questa osservazione: se, quando si discute degli interessi di un uomo, e tante volte di modesti interessi patrimoniali di un uomo, si pensa che sia necessario il giudice di seconde cure e a volte anche il giudice di terze cure (come la Corte Suprema), quando si tratta di grandi interessi nazionali come volete che non ci sia codesto secondo grado di giurisdizione? Dunque, nel fatto della duplicità vi è già il concetto di differenziazione. Ma volete che ci sia un altro concetto di differenziazione? Faccio mia la proposta dell'onorevole Rubilli, che questa volta non può essere in disaccordo con me: quella del collegio uninominale, del quale sono partigiano strenuo anche per l'elezione del Parlamento, per le ragioni che accennerò.

[...]

Per quanto riguarda, poi, le categorie dei senatori, vorrei che questa elencazione fosse compito della legge ordinaria. Così le categorie potrebbero variare secondo i tempi e le vicende politiche. Se, per esempio, ci fosse una maggioranza biecamente reazionaria, potrebbe mettere in queste categorie i grandi datori di lavoro: se, invece, la maggioranza fosse intelligentemente progressiva, vi potrebbe mettere i datori di sciopero.

[...]

Lussu. [...] Oggi io desidero solo, senza peraltro pensare di spostare le forze politiche di questa Assemblea, porre in rilievo la irrazionalità e la non modernità di questo istituto parlamentare che, per il fatto stesso che chiamiamo, per forza d'inerzia, Senato, dimostra la sua arcaicità. Intanto, sarà di un certo interesse far notare che nessuno finora ha parlato a sostegno dello schema ufficiale sulla seconda Camera, così come è uscito dai lunghi e laboriosi sforzi della seconda Sottocommissione e come è arrivato in quest'Aula. Cioè, quella paziente costruzione di compromesso, che tendeva a mettere d'accordo e quelli che sostenevano la soppressione radicale della seconda Camera, e quelli che ne sostenevano la radicale composizione a tipo corporativistico; quella sapiente e laboriosa opera di compromesso, che è costata la fatica di circa due mesi, non è servita a gran che. Io sono dell'opinione che, se questa Assemblea si permettesse il lusso accademico di discutere ancora per due mesi il problema della seconda Camera, non arriverebbe ad una soluzione migliore e maggiormente accettabile. Perché, mi sono chiesto, questa impossibilità o impotenza ad elaborare un tipo di seconda Camera accettabile, mediamente accettabile? Non certo perché all'Assemblea manchino uomini di lunga esperienza politica e parlamentare, o uomini preparati, tecnicamente preparati, sul diritto pubblico comparato, vecchi o giovani che potrebbero essere maestri qui e altrove; e tanto meno perché facciamo difetto a questa Assemblea uomini di buona volontà, ma semplicemente perché la seconda Camera non va. Questa è la ragione. Non va, né come è uscita dai lavori della seconda Sottocommissione, né in altro modo. Non va. Cioè non trova posto razionale in una democrazia come la nostra, che, malgrado i suoi difetti e i suoi equivoci, aspira a diventare una democrazia moderna; democrazia che risponda in termini pratici alle esigenze della vita collettiva, così come le impongono il dinamismo e la diffidenza verso i pletorici organismi burocratici, compresi quelli politici, e, non ultimo per noi italiani, che abbiamo perduto tanto tempo, il desiderio di non perderne ancora di più.

[...]

Non credo abbia un successo, allo stato attuale della discussione, il progetto della Commissione. Nessuno ne è soddisfatto; probabilmente neppure l'onorevole Ruini, che, per dovere di ufficio, penso, dovrà sostenerlo. Io non mi vi soffermo neppure.

Non mi pare che abbia migliore probabilità di successo il progetto radicale, inizialmente presentato alla seconda Sottocommissione e riportato in quest'Aula ultimamente, della seconda Camera a tipo corporativo.

Dalla esposizione, fatta pure con ingegno e dottrina dall'onorevole Codacci Pisanelli, questa seconda Camera è apparsa una cosa fredda e catalettica.

Uberti. Una cosa da venire.

Lussu. Anche prima che l'onorevole Codacci Pisanelli parlasse, così era apparsa. Ed io credo che solo per una pura questione di principio la Democrazia cristiana osi ancora farlo proprio. Da quello che ne sappiamo, pare che, voi stessi, onorevoli colleghi democristiani, andiate alla ricerca di un'altra formula, d'una formula di compromesso, di una formula eclettica, ma che non sosterrete fino all'ultimo questa seconda Camera così stranamente composta.

Io richiamo la vostra attenzione sulla proposta sostenuta dall'onorevole Rubilli l'altro giorno e da lui così brillantemente perorata. Tutta l'Assemblea ha seguito la sua esposizione con molto interesse. Fra tanti schemi, a molti, in quest'Aula, è apparso uno dei meno peggiori. Io ne parlo appunto perché quello schema, contenuto nell'ordine del giorno che l'onorevole Rubilli ha presentato, costituisce un pericolo. Secondo la sua proposta la seconda Camera, cioè il Senato, dovrebbe essere elettiva solo per tre quarti, mentre un quarto dovrebbe essere di nomina presidenziale. A me ed a parecchi altri questo progetto non è apparso migliore di altri. Innanzi tutto la seconda Camera, se la seconda Camera ci dovesse essere, non potrebbe essere che elettiva, sia con elezioni generali a suffragio universale, sia in altra forma, ma dovrebbe essere elettiva, perché la democrazia moderna non consente che vi siano rappresentanti puramente artificiosi e non reali ed effettivi. Una Camera, nella democrazia del XX secolo, non può essere, se vuole avere un qualsiasi valore od un qualsiasi prestigio, che elettiva. Questa nomina dall'alto poi, questa nomina presidenziale, non sarebbe altro che la nomina da parte del Governo, una specie quindi di sistema maggioritario per cui il Governo, cioè le forze politiche che hanno avuto il predominio alle elezioni generali a suffragio universale, avrebbe il diritto di aggiungere una sua esclusiva percentuale a quella già esistente. E, malgrado le buone intenzioni dell'onorevole Rubilli, questa percentuale sarebbe sempre fatta di uomini non già senza partito, o di uomini non di prima linea politica o di uomini senza marcato colore politico, ma sarebbe fatta di uomini politici a colore politico ben definito, sarebbe cioè una percentuale politica che traviserebbe le reali forze risultanti alle elezioni generali politiche. Sarebbe, in poche parole, il sistema spicciolo per cui il Governo potrebbe fare, in modo certo e a suo arbitrio, della seconda Camera, la sua maggioranza politica.

[...]

Io mi auguro che questa Assemblea fatta più saggia dall'esame obiettivo e sereno dei vari progetti che abbiamo esaminato, rinunzi non soltanto al collegio uninominale (il collegio uninominale non deve più ritornare in Italia se vogliamo elevare le nostra coscienza politica nazionale) ma arrivi anche a sopprimere definitivamente la seconda Camera.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti