[Il 26 ottobre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato. — Presidenza del Vicepresidente Conti.]

Nobile crede che sarebbe opportuno ritornare sulla decisione presa di fissare un termine fisso di quattro mesi per l'approvazione, da parte di una delle due Camere, dei disegni di legge ad essa trasmessi dall'altra.

La questione, a suo avviso, non riguarda soltanto il caso di un disegno di legge trasmesso da una Camera all'altra, ma anche il tempo che occorre prescrivere per l'approvazione di un disegno di legge presentato dal Governo.

Se si prende in esame, ad esempio, la XXII Legislatura, che va dall'ottobre 1904 al febbraio 1909, si può constatare che nel corso di essa furono approvati 833 disegni di legge, con una media di 16 disegni di legge al mese. Nella legislatura fascista del 1939-40 furono, invece, approvati 1209 disegni di legge, con una media di 60 disegni di legge al mese, cioè due al giorno. Da qui si vede come rapidamente sia andato crescendo il numero dei disegni di legge approvati, la qual cosa si spiega con l'accresciuta attività dello Stato. Se ne ha la conferma anche oggi: infatti nel mese ultimo decorso sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale circa 60 decreti legislativi.

Questi dati stanno a provare che il termine di 4 mesi, stabilito nella riunione precedente per l'approvazione da parte di una delle due Camere dei disegni di legge ad essa trasmessi dall'altra, è eccessiva e non corrisponde alla necessità di abbreviare la procedura legislativa. Perciò, se non si vuole creare un'aperta discordanza tra una norma della Costituzione e la realtà, conviene stabilire un termine di tempo inferiore ai quattro mesi.

Mortati, Relatore, rileva che il problema sollevato dall'onorevole Nobile si riferisce ai rapporti fra le due Assemblee legislative ed il Governo e non alla possibilità di un conflitto fra i due rami del Parlamento col conseguente eventuale ostruzionismo da parte di una delle due Camere nei confronti dell'altra. Ora, in regime parlamentare, si presume che un'Assemblea legislativa, nella sua maggioranza, costituisca la base stessa della politica governativa, onde il Governo, se vuole affrettare la discussione di un provvedimento, ha sempre i mezzi per raggiungere tale scopo, disponendo appunto della volontà della maggioranza.

Ma la disposizione approvata nella riunione precedente non aveva altro scopo che quello di armonizzare i rapporti fra le due Camere nello svolgimento della attività legislativa. Occorre evitare, infatti, che una delle due Camere possa non procedere alla discussione di un disegno di legge ad essa trasmesso dall'altra. A tale fine la disposizione anzidetta dovrebbe essere completata da un'altra, per la quale un disegno di legge, trasmesso da una delle due Camere all'altra e non discusso entro il termine di 4 mesi, dovrebbe senz'altro considerarsi approvato.

Cappi osserva che, nel prevedere un diverso atteggiamento della seconda Camera nei confronti dell'altra, si è ancora, forse, involontariamente dominati dalla visione di quello che era il vecchio Senato. Occorre invece tener presente che la seconda Camera avrà una base politica, se non eguale, almeno non del tutto differente da quella della prima; e si può fare affidamento sulla sua sensibilità politica. Non è detto che essa dovrà fare una continua opera di ostruzionismo dell'attività svolta dalla prima Camera.

Ciò considerato, il termine massimo di quattro mesi, stabilito per le decisioni del Senato in merito ai provvedimenti ad esso trasmessi dalla prima Camera, gli sembra perfettamente adeguato alle esigenze di un normale svolgimento dei lavori legislativi. Un termine breve, invece, con la conseguente necessità di doversi pronunziare rapidamente su tutti indistintamente i disegni di legge, potrebbe indurre il Senato a non approvare quelli sui quali non avesse la possibilità di compiere la necessaria approfondita discussione.

Bozzi osserva che un'eventuale inazione di una delle due Camere dovrebbe essere interpretata come una manifestazione di volontà negativa. Se poi si tiene presente che il termine per l'approvazione di un dato disegno di legge è prorogabile a richiesta, il fatto di non aver neppure domandato tale proroga starebbe ad indicare manifestamente una volontà di disapprovazione. E pertanto, poiché per il perfezionamento di una norma giuridica occorre il concorso della volontà di ambedue le Camere, l'ipotesi accennata dall'onorevole Mortati si riferisce al caso di conflitto tra i due rami del Parlamento, materia su cui la Sottocommissione ancora non si è pronunciata.

Mortati, Relatore, fa presente che, se dovesse essere accolta l'interpretazione data dall'onorevole Bozzi all'inazione di una delle due Camere, sarebbe meglio non includere nella Costituzione alcuna disposizione specifica al riguardo.

Dichiara ad ogni modo che la sua proposta mirava a stabilire una sanzione come conseguenza dell'omissione di un dovere di ufficio.

Perassi rileva che la questione in esame è assai delicata. L'onorevole Mortati ha parlato di sanzione. Si può osservare anzitutto che ogni sanzione — come è noto — deve essere proporzionata alla gravità dell'infrazione commessa. Nel caso in discussione, poi, la sanzione non colpirebbe chi è venuto meno al suo dovere di ufficio, ma piuttosto i destinatari delle norme che assumerebbero valore giuridico nonostante che la legge non sia stata approvata da una delle Camere.

Mortati, Relatore, dichiara di aver parlato di sanzione in senso improprio, nel senso cioè, non di punizione, ma di effetto giuridico.

Laconi è favorevole alla proposta dell'onorevole Mortati, purché essa sia interpretata, non come una sanzione, ma come un modo di premunirsi contro l'eventuale inazione di una delle due Camere nei confronti di un determinato provvedimento legislativo approvato dell'altra.

Fabbri osserva che nel caso in esame non sarebbe opportuno stabilire un'applicazione automatica del vecchio adagio che chi tace acconsente. La inazione di una delle due Camere non può essere che una chiara manifestazione di volontà di natura politica, per cui l'ipotesi rientra in quella di un conflitto tra le due Camere. Quando la Sottocommissione sarà chiamata a pronunciarsi sulla materia dei conflitti fra i due rami del Parlamento, si potrà vedere se una votazione di una delle due Camere con un dato «quorum», e con un'eventuale sanzione del capo dello Stato, possa sanare il conflitto accennato dall'onorevole Mortati.

Mannironi è favorevole alla proposta dell'onorevole Mortati, la quale del resto ha già avuto pratica applicazione in altri Stati.

La Rocca osserva che la discussione sul problema in esame ha reso ormai evidenti gli inconvenienti del sistema bicamerale con parità di funzioni fra i due rami del Parlamento. In ogni modo, allo stato dei fatti, ritiene che, di fronte all'inazione di una delle due Camere, si debba porre la Camera dissidente nella condizione di dover esprimere il suo parere, anche se l'origine della sua inazione dipenda da ragioni di carattere politico.

Si potrebbe adottare il sistema previsto in alcune Costituzioni, secondo cui un provvedimento già approvato da una delle due Camere e respinto dall'altra, ripresentato alla Camera che già l'aveva approvato e approvato nuovamente da questa con una data maggioranza, diventa senz'altro legge.

Il Presidente Conti rileva che i casi di ostruzionismo in seno ad una delle due Camere possono manifestarsi col fatto che la Presidenza, ricevuto un progetto, non lo iscriva all'ordine del giorno, o che la approvazione di un progetto iscritto all'ordine del giorno sia rinviata sine die. Nell'uno e nell'altro caso tuttavia si potrà sempre avere un certo numero di deputati interessati all'approvazione del provvedimento, che faranno tutto il possibile per provocarne la discussione.

Nobile è favorevole alla proposta dell'onorevole Mortati. In ogni modo, nell'ipotesi che una delle due Camere non si pronunci entro un dato termine su un disegno di legge approvato dall'altra Camera, si potrebbe stabilire che tale disegno debba entrare subito in vigore, salvo obbligo di ratifica, per espressa volontà del Capo dello Stato, da parte della Camera rimasta inattiva.

Fabbri osserva che la materia in esame è di natura essenzialmente politica. Il decorso del tempo, quindi, può avere una grande influenza nel mutamento di quelle condizioni che ad un dato momento possono aver indotto una Camera ad approvare un disegno di legge e l'altra a non pronunciarsi su di esso. Se questo non fosse vero, non si avrebbe nella storia parlamentare il precedente di numerosi disegni di legge che, pur essendo stati approvati da uno dei due rami del Parlamento, sono poi decaduti perché l'altro non li ha presi in esame. Il caso accennato dall'onorevole Mortati rientra in quello degli eventuali conflitti fra le due Camere, questione sulla quale la Sottocommissione ancora non si è pronunciata e che dovrà essere esaminata a suo tempo. Indubbiamente per il problema sollevato sarà bene trovare una soluzione, che però non dovrà essere mai quella di un perfezionamento automatico della legge, basato sul criterio che la non manifestazione di volontà possa essere interpretata come approvazione di un provvedimento. Tale soluzione sarebbe apertamente contraria alla prassi parlamentare e anche a quella indispensabile prudenza che i membri della Sottocommissione debbono avere nel fissare nuovi principî nella Costituzione.

Laconi dichiara che, proprio per le ragioni esposte dall'onorevole Fabbri sulla importanza politica della questione, occorre premunirsi contro un'eventuale inazione di uno dei due rami del Parlamento.

Ora, a suo avviso, si potrà parlare di conflitto fra le due Camere soltanto nel caso in cui la mancata pronuncia da parte di una di esse debba essere interpretata come rigetto di un disegno di legge. In tal caso la questione dovrà essere presa in esame quando la Sottocommissione sarà chiamata a discutere sul modo di dirimere i conflitti fra i due rami del Parlamento. Se invece la mancata pronuncia da parte di una delle due Camere dovesse essere interpretata come un'implicita approvazione di un disegno di legge, cosa che a suo avviso dovrebbe senz'altro essere ammessa, allora ogni questione verrebbe superata.

Per queste ragioni ritiene che la Sottocommissione dovrebbe pronunciarsi nel senso indicato dall'onorevole Mortati.

Perassi domanda all'onorevole Laconi se ritenga opportuno che un provvedimento approvato dal Senato e sul quale la Camera dei Deputati non si sia pronunciata entro il termine prescritto, diventi senz'altro legge.

Laconi risponde affermativamente.

Mortati, Relatore, propone di rinviare ogni decisione in merito al problema in discussione a quando la Sottocommissione esaminerà tutta la materia relativa ai rapporti fra le due Camere.

Il Presidente Conti mette ai voti la proposta di sospensiva fatta dall'onorevole Mortati.

(È approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti