[Il 21 ottobre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 78 per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Essendo stati svolti tutti gli emendamenti presentati all'articolo 75, il rappresentante del Comitato dei diciotto, onorevole Ghidini, risponderà a quanto è stato detto in merito al secondo comma dell'articolo 75, all'amnistia e all'indulto.

L'onorevole Ghidini ha facoltà di parlare.

Ghidini. Onorevoli colleghi, il mio intervento è limitato al secondo comma dell'articolo 75, cioè all'amnistia ed all'indulto.

Io devo dire riassuntivamente le ragioni per le quali la Commissione ha elaborato la disposizione, devo controllare i dubbi che si sono manifestati durante la discussione e devo anche esaminare gli attacchi, piuttosto vivaci, che sono stati mossi.

So perfettamente che a tutti è nota la nozione giuridica dell'amnistia e dell'indulto. Un tempo si era pensato che l'amnistia e l'indulto fossero una prerogativa del potere sovrano. Avverto, prima di continuare, che non voglio qui fare una trattazione di carattere giuridico del tema, ma soltanto una rapida esposizione e pochi accenni.

L'articolo 8 dello Statuto albertino disponeva che il Re concede la grazia e commuta le pene. L'uno e l'altro istituto sono profondamente diversi dall'amnistia e dall'indulto. L'articolo 6 chiariva la facoltà del Governo nel senso che non poteva sospendere l'osservanza delle leggi o dispensarne. Però, a seguito di una sentenza della Corte di cassazione, che parve a taluno un atto di cortigianeria, l'articolo 8 fu interpretato estensivamente, considerando l'amnistia e l'indulto come prerogativa sovrana, compresi nell'articolo stesso.

Ma successivamente, si può dire dal 1865, e comunque dal 1913, non c'è dubbio che è il potere legislativo titolare del diritto di amnistia ed indulto. Prima la prassi e poi la legge (ed i colleghi penalisti ricorderanno l'articolo 589 del Codice di procedura penale del 1913) ha disposto che l'amnistia è concessa con decreto reale su proposta del Ministro di grazia e giustizia sentito il Consiglio dei Ministri. Il che esclude che si tratti di un motu proprio. Quindi oggi indubbiamente per consentimento comune, anche della giurisprudenza e della dottrina, l'amnistia e l'indulto sono un atto del potere legislativo. Il decreto che li concede rappresenta un atto di delegazione della funzione legislativa. Ma, ripeto, il titolare del diritto è sempre il potere legislativo, e quindi si tratterà solo di vedere come lo debba esercitare. Il diritto può essere esercitato nei diversi modi che sono affiorati nella discussione di questi due giorni e negli emendamenti che furono presentati. Si tratta, quindi, di vedere quale è la soluzione migliore. La Commissione ha adottato la seguente: «l'amnistia, e l'indulto sono deliberati dall'Assemblea Nazionale».

Sulla tesi della Commissione si è svolta in questi giorni una critica aspra da parte di molti colleghi, che prendo rapidamente in esame attraverso gli emendamenti proposti. Il primo chiede che l'amnistia e l'indulto siano deliberati dalle due Camere. È l'emendamento dell'onorevole Persico al quale si è associato l'onorevole Carpano. L'emendamento rispetta il principio accolto dalla Commissione, che cioè la deliberazione dei due provvedimenti è affidata direttamente al potere legislativo, rappresentato dalle due Camere. Però le due Camere devono agire separatamente; questo è il concetto. Concetto che la Commissione respinge, in vista dei gravi inconvenienti che nascerebbero dall'attuazione di una tale proposta. Un inconveniente è stato accennato dall'onorevole Persico, che cioè, nell'attesa fra la deliberazione di una Camera e la deliberazione dell'altra, si determini una speranza così fondata da costituire un incitamento a delinquere. Ciò sarebbe tanto più facile, in quanto si tratterebbe di quella delinquenza piccola e media, nella quale la controspinta della pena è, generalmente, meno efficace. Ma a questo inconveniente si può portare rimedio disponendo che l'applicazione dell'amnistia e dell'indulto debba riguardare soltanto reati commessi in epoca antecedente alla presentazione del progetto. L'inconveniente può quindi essere facilmente rimosso.

L'inconveniente più grave e non rimediabile è un altro. È inevitabile che ci debba essere un lasso di tempo tra la decisione della Camera dei deputati e la decisione del Senato: non è possibile che le due decisioni siano prese simultaneamente. È inevitabile un certo distacco, anche per la natura del Senato, che esercita un controllo sopra l'attività legislativa della Camera, e anche per ragioni di indole materiale. Non è possibile che le due decisioni avvengano contemporaneamente. Vi sarà, quindi, sempre un intervallo di tempo, più o meno lungo a seconda della fretta o della diligenza di coloro che saranno chiamati a formare l'uno e l'altro ramo del Parlamento. Durante questo intervallo, che possiamo chiamare il «tempo di nessuno» cosa accadrà? È inutile negarlo: quello che accadrà (mi pare che lo abbia accennato anche l'onorevole Leone) sarà la paralisi nella giustizia. La giustizia si fermerà; non vi sarà tribunale, giudice istruttore, ecc., che, di fronte alla decisione già presa da una delle due Camere, non reputi conveniente l'attendere l'altra decisione. E questa potrà tardare due mesi, un mese, 15 giorni, secondo la fretta, la diligenza e le possibilità. Durante questo periodo l'attività della giustizia si arresterà, inevitabilmente. Nessuno può negare la gravità di un tale evento.

Un procuratore della Repubblica che debba emettere un ordine di cattura e sa che oggi vi è già una decisione di amnistia e che fra 15 giorni o un mese verrà la decisione definitiva, che cancellerà quel fatto dal novero dei reati, si asterrà dallo spedire l'ordine di cattura.

Voi opporrete che il tempo che intercederà fra l'una e l'altra decisione sarà breve. Me lo auguro, ma non ci credo. Ma c'è di più. Non sempre accadrà che la deliberazione del Senato sia in ogni parte conforme a quella della Camera dei deputati. Le due decisioni potranno essere difformi, e allora ci troveremmo di fronte o ad un conflitto negativo — se il Senato respingerà la proposta — o ad un conflitto parzialmente positivo, se il Senato dovesse in parte approvare e in parte modificare taluna delle disposizioni relative alla amnistia o all'indulto. E allora, mi domando, come questo conflitto sarà risolto? E quanto potrà durare?

In sostanza, non è assolutamente negabile che l'inconveniente sia estremamente grave; inconveniente che si traduce appunto nella cosiddetta incertezza del diritto, la quale è fonte di una quantità di guai per la giustizia; per quella giustizia che, per essere seria ed efficace, ha bisogno di immediatezza o quanto meno di celerità.

Quindi sarebbe desiderabile che la decisione fosse unica. Ma perché la decisione sia unica, unica deve essere l'Assemblea e, quindi, affinché promani dal potere legislativo, occorre che i due rami del Parlamento possano deliberare in una Assemblea unica. L'Assemblea unica è adunque necessaria: chiamatela come volete, chiamatela «Camere riunite» o chiamatela in qualsiasi altro modo, ciò non importa; è questione di parole, ma bisogna che ci sia, perché bisogna deliberare in modo collegiale e quindi attraverso un'unica Assemblea politica.

Contro questa Assemblea unica che la Commissione ha chiamato, senza dissensi, Assemblea Nazionale, oggi invece da molte parti si insorge, mettendo in rilievo gli inconvenienti che ne potranno derivare.

La principale obiezione è formulata con questa domanda: come potete voi pretendere che decida intorno ad una amnistia e ad un indulto, che involgono un'infinità di questioni di carattere tecnico, un organismo così pletorico? Come pretendete che una così vasta Assemblea discuta di un tema tecnico di tanta gravità e complessità? Una Camera di mille membri?

Intanto il numero di mille è esagerato perché non si arriva a settecento. Ma in verità la risposta non vale se non per significare che l'argomento ha il vizio di provare troppo. Infatti, varrebbe anche in confronto della sola Camera dei deputati. Anche se ci limitiamo a questa soltanto, non si eviterebbe l'inconveniente affacciato. È adunque un argomento che prova troppo.

Anche recentemente abbiamo discusso la legge sull'imposta patrimoniale che non è certamente un tema meno grave dell'amnistia o dell'indulto, e non abbiamo avuto da lamentare né il caos né la Torre di Babele.

Inoltre non dobbiamo esagerare la realtà. Molte amnistie riguardano uno o due reati e non di più. In questo caso è evidente che la discussione non potrà essere così laboriosa e complessa come si teme. A questo proposito ricordo che nel '45 ci furono non due amnistie, ma due decreti disponenti la non punibilità di certi reati. Decreti che, al pari dell'amnistia, costituivano una rinunzia alla pretesa punitiva dello Stato. In quei due casi il decreto ha un solo articolo. Inoltre bisogna rilevare che l'amnistia ha carattere essenzialmente politico, più che giuridico. Le questioni di carattere giuridico in materia di amnistia e di indulto sono sempre limitate.

Vi è poi l'emendamento dell'onorevole Leone, che ne propone la delegazione al Governo. La Commissione non lo accetta, perché ritiene che l'esercizio del diritto di concedere l'amnistia deve spettare direttamente al potere legislativo. Se poi l'Assemblea Nazionale o la Camera dei deputati o se il Senato dovessero impartire anche delle direttive, come vorrebbe il proponente, allora tanto varrebbe che la Camera dei deputati o il Senato o l'Assemblea Nazionale formulassero loro per intero il provvedimento.

Piuttosto farei un'osservazione (in questo momento io esco forse dall'orbita precisa del pensiero della Commissione) piuttosto, dico, potrei riconoscere che vi sono dei casi nei quali la solennità dell'intervento dell'Assemblea Nazionale appare sproporzionata all'entità di certi provvedimenti d'amnistia; ad esempio, quando si tratta di amnistie che riguardano reati contemplati da leggi finanziare forse, in questo caso, la delegazione può essere effettivamente utile; e ciò non solo per la speciale tecnicità della materia, ma anche perché il Governo, in queste materie, è giudice migliore di un'Assemblea legislativa, soprattutto in vista delle ripercussioni di carattere finanziario che può avere l'estinzione del reato. Ma quando si tratta di altri reati, colpiti da sanzioni detentive, non è così. Noi pensiamo che in questi casi la competenza debba spettare all'Assemblea Nazionale.

Sull'opera del Governo in questa materia sono piuttosto scettico. Vi sono degli esempi recenti, dei ricordi di recenti amnistie, che in verità non denunciano nel Governo un'attitudine, alla elaborazione di amnistia e di indulti, molto tranquillante.

Quindi non ci sembra il caso, ammaestrati come siamo dalle esperienze del passato, anche recente, di affidare senz'altro al Governo il potere di emanazione di decreti di amnistia e di indulto.

Si potrebbe anche osservare — permettetemi la malignità — che talora un Governo potrebbe emanare un provvedimento di clemenza non tanto a scopo di pacificazione sociale, ma piuttosto di finalità di carattere meno elevato. Si sa che l'amnistia, soprattutto in certi momenti della vita politica del Paese, può conciliare al Governo la benevolenza e la gratitudine dei beneficati, i quali non sono pochi, perché intorno alle loro persone vi è sempre un circolo di amici, di familiari, di conoscenti, di aderenti, ecc.

A favore della nostra tesi richiamo, onorevoli colleghi, alla vostra attenzione questo concetto: che le amnistie sono provvedimenti di natura essenzialmente politica e che, pertanto, l'organo costituzionale più adatto a promulgarli è quello stesso che è designato dalla legge a determinare le direttive politiche del Paese.

Osservo, inoltre, che le amnistie e gli indulti sono e dovranno essere provvedimenti eccezionali.

Taluno pensa che le amnistie, o almeno certe amnistie, sono provvedimenti che per la loro importanza sono troppo al disotto dell'alta dignità di un'Assemblea Nazionale e che pertanto sarebbe sminuire l'Assemblea Nazionale affidandole così modesto ufficio.

Riconosco che tutto questo può essere vero in taluni casi, ma in altri assolutamente no.

Ad esempio l'amnistia del 22 giugno 1946, fu tale per la sua ampiezza e per la sua significazione politica che ebbe una risonanza nazionale e anche internazionale. Uguale risonanza nazionale ed internazionale ebbe quella a cui ha accennato l'onorevole Nitti, a favore dei disertori. Il che vuol dire che vi sono dei casi di particolare importanza, che meritano di essere decisi dal più alto consesso.

A limitare il numero delle amnistie, è rivolto l'emendamento dell'onorevole Codacci Pisanelli. Le amnistie — egli chiede — devono essere approvate come se fossero leggi costituzionali, secondo il quorum di queste. Ma io penso che lo scopo si possa raggiungere per altre vie. Penso, ad esempio, che quante volte la concessione di un'amnistia sarà assegnata ad una Assemblea di carattere eccezionale come è l'Assemblea Nazionale, di altrettanto sarà diminuito il numero di queste amnistie.

Era invalso un uso quasi morboso di dare amnistie ad ogni momento, ma il fatto stesso che oggi siamo in regime repubblicano renderà meno facile il ripetersi di questo guaio. Saranno evitate almeno le amnistie che si succedevano ad ogni lieto evento della Casa reale.

Una voce. Ci sono gli anniversari.

Ghidini. Con questo ritengo di avere esaurito le ragioni per le quali in linea di massima abbiamo ritenuto, con l'adesione di una gran parte dell'Assemblea dei settantacinque, che l'amnistia e l'indulto devono essere deliberati dall'Assemblea Nazionale. Comunque, che debba essere il potere legislativo ad assumere in modo diretto la responsabilità dell'amnistia e dell'indulto.

Contro questo comma dell'articolo 75 sono state usate delle parole gravi, nelle quali parve persino che il buon gusto fosse soffocato dall'indignazione che ha sollevato l'animo di qualche collega. Si è parlato di stranezza, di stoltezza, e così via.

E siccome queste accuse sono partite da uomini di alto valore politico, non può un giudizio di questo genere non lasciare nell'animo nostro un senso di perplessità.

Se noi però meditiamo su questa censura ci sembra di poter essere tranquilli.

C'è pure l'autorità di qualcuno che ci conforta nel nostro principio. Io ricordo che vi fu una relazione a un vecchio progetto di legge in materia, relazione che comincia così: «La proposizione che il concedere amnistie è atto di potestà legislativa non ammette dubbi né nel campo della dottrina, né in quello del diritto pubblico comparato, né, infine, sul terreno del vigente diritto positivo».

La relazione continua con la enumerazione di leggi le quali confermano l'assunto di questa proposizione iniziale. E prosegue: «Nel nostro ordinamento il potere legislativo non ha limiti nella facoltà di delegazione; perciò, almeno dal 1865 in poi, la norma proibitiva dell'articolo 6 dello Statuto, dianzi rammentata, non ha potuto infirmare la perfetta validità dell'esercizio della delegazione da parte del potere esecutivo attraverso gli innumerevoli decreti reali di amnistia che sono stati promulgati in questo periodo. La delegazione ricevuta crede ora il potere esecutivo di dovere restituire e propone al Parlamento di avocare la concessione delle amnistie all'organo cui appartiene naturalmente il potere.

«La partecipazione sempre più larga e quasi completa dei cittadini alla formazione della rappresentanza politica elettiva dà una necessaria maggiore ampiezza e attività alle funzioni politiche del Parlamento. E poiché il concedere amnistie è funzione eminentemente politica, giova che l'esercizio diretto della medesima sia ripreso dal Parlamento. Solo in tal guisa sarà data al popolo la più completa guarentigia, non solo intorno alle ragioni di opportunità politica e di utilità sociale del provvedimento, ma altresì intorno alla giusta estensione di esso a casi e categorie di fatti che veramente si coordinino alle ragioni di utilità e di opportunità che ne costituiscono il presupposto».

Questa relazione rivendica al Parlamento la deliberazione diretta delle leggi di amnistia e di indulto. È opera di un giurista della capacità di Ludovico Mortara, ed il Progetto è stato presentato alla Camera — se non erro — da un Governo che era presieduto dall'onorevole Nitti.

Il che vuol dire che noi abbiamo oggi il disappunto di essere in contrasto con l'onorevole Nitti del 1947, ma abbiamo il compiacimento di essere d'accordo con l'onorevole Nitti del 1920, nello splendore della sua attività di politico e di scienziato. (Approvazioni).

[...]

Presidente Terracini. Dovremmo ora passare alla votazione.

Corbino. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Io credo che noi qui siamo di fronte a due problemi completamente diversi uno dall'altro, e che quindi esigerebbero, come probabilmente accadrà, due votazioni diverse, perché la guerra e la mobilitazione sono un problema a sé, e l'amnistia e l'indulto costituiscono un altro problema completamente separato. In ogni caso penso che si dovrebbe accedere alla proposta dell'onorevole Azzi e di qualche altro, cioè che si facciano due articoli diversi ove il contenuto dei due capoversi riesca a salvarsi dalle critiche fatte. Per l'amnistia e l'indulto aderisco all'emendamento Leone, che mi pare risolva meglio il problema dal punto di vista politico e giuridico.

[...]

Presidente Terracini. Desidero rammentare prima di passare alle votazioni su questo articolo, che ancora stamane, l'Assemblea ha riconosciuto l'opportunità di deliberare per prima cosa quali siano le particolari questioni che richiedono una decisione delle due Camere riunite, salvo a definire poi il modo di funzionamento e la denominazione che le due Camere riunite dovranno assumere.

Pertanto, anche in questo articolo, sia nel testo della Commissione come in tutti gli emendamenti che sono stati presentati e svolti e che metteremo in votazione, ogni indicazione che si riferisca all'Assemblea Nazionale per ora resta sospesa.

Dobbiamo semplicemente votare in ordine a questa questione: se la mobilitazione generale, l'entrata in guerra o altri atti di analoga importanza, debbano dipendere da una deliberazione delle due Camere riunite, oppur no.

Ora, dopo le risposte che hanno dato gli onorevoli Ghidini, Tosato e Ruini ai presentatori di emendamenti, domanderò a questi se conservano o meno, gli emendamenti stessi.

Poiché l'onorevole Terranova non è presente, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Persico, mantiene il suo emendamento?

Persico. Ritiro la prima parte del mio emendamento e conservo la seconda.

[...]

Presidente Terracini. Onorevole Azzi, mantiene il suo?

Azzi. Accetto la formula del Presidente della Commissione, con l'aggiunta però della parola «mobilitazione», già proposta dall'onorevole Gasparotto e da me.

Presidente Terracini. Onorevole Fuschini, mantiene, il suo emendamento?

Fuschini. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Onorevole Codacci Pisanelli, mantiene l'emendamento?

Codacci Pisanelli. Lo mantengo. Richiamo l'attenzione degli onorevoli colleghi sul fatto che presso i popoli civili l'amnistia e l'indulto sono sempre concessi con leggi di carattere costituzionale.

Presidente Terracini. Onorevole Carpano Maglioli, lei mantiene il suo emendamento?

Carpano Maglioli. Lo ritiro e aderisco all'emendamento dell'onorevole Persico.

Per quanto riguarda la prima parte dell'articolo, aderisco alla proposta della Commissione.

Presidente Terracini. Onorevole Leone Giovanni, mantiene il suo emendamento?

Leone Giovanni. Lo mantengo.

Benvenuti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Benvenuti. Onorevole Presidente, a nome del mio Gruppo, chiedo una breve sospensione, di dieci minuti, per deliberare sul nuovo testo propostoci dall'onorevole Ruini, che importa una notevole modificazione sia rispetto al testo originale, sia rispetto agli emendamenti che questa mattina abbiamo discusso.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Poiché si tratta di due temi completamente staccati — ed è anzi stata fatta la proposta di farne due articoli — sarebbe bene che li considerassimo distintamente, anche come ultimo scambio di idee; perché, quando si passerà al secondo comma, farò alcune osservazioni, dirò così, finali, come ho già fatto per il primo comma.

Fuschini. Deliberiamo di fare due articoli: uno che si riferisce alla guerra e uno all'amnistia.

Presidente Terracini. Lo stesso testo della Commissione ne fa intanto due commi separati; la questione di dividerli in due articoli è, direi, di carattere secondario. In questo momento decidiamo sul merito e votiamo intanto separatamente, prima sulla mobilitazione e lo stato di guerra e poi sull'amnistia e l'indulto. La divisione in due articoli è un problema che può essere risolto alla fine.

Persico. Vi è la proposta dell'onorevole Terranova, che prevede appunto la divisione in due articoli.

Presidente Terracini. Ma vi è anche quella dell'onorevole Azzi.

Se non vi sono osservazioni circa la richiesta dell'onorevole Benvenuti, la seduta è sospesa per un quarto d'ora. Chiedo all'onorevole Benvenuti se vi insista.

Benvenuti. Insisto nella mia richiesta.

(La seduta, sospesa alle 17,35, è ripresa alle 17,50).

[...]

Presidente Terracini. [...] Passiamo al secondo comma dell'articolo. Il testo della Commissione è del seguente tenore:

«L'amnistia e l'indulto sono deliberati dall'Assemblea Nazionale».

S'intende che le parole: «dall'Assemblea Nazionale» dovranno essere sostituite in sede di coordinamento.

L'onorevole Bettiol mi ha fatto pervenire in questo momento un testo modificato dell'emendamento al secondo comma dell'articolo 75, svolto dall'onorevole Leone Giovanni:

«L'amnistia e l'indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica, dietro delegazione delle Camere, e non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla richiesta di delegazione».

Onorevole Fuschini, mantiene l'emendamento al secondo comma?

Fuschini. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Onorevole Codacci Pisanelli, mantiene l'emendamento?

Codacci Pisanelli. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Carpano Maglioli, mantiene l'emendamento?

Carpano Maglioli. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Onorevole Azzi, mantiene l'emendamento?

Azzi. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento dell'onorevole Codacci Pisanelli:

«L'amnistia e l'indulto non potranno essere concessi se non mediante leggi di natura costituzionale».

(Non è approvato).

Passiamo alla votazione del nuovo testo dell'emendamento Bettiol, testé letto.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'Assemblea deve decidere: o deferire senz'altro alle Camere, secondo come propone l'emendamento dell'onorevole Persico, oppure ammettere una delegazione o autorizzazione.

Se si prende questa seconda via, io prego di attenersi al testo dell'onorevole Bettiol, che mi sembra preferibile dal punto di vista tecnico.

Presidente Terracini. Se ho ben udito, l'onorevole Ruini ha riconfermato che la Commissione si attiene al testo presentato, ed ha fatto presente all'onorevole Bettiol e agli altri firmatari le ragioni per cui non accetterebbe il loro emendamento.

Mortati. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Mortati. Mi pareva che l'onorevole Ruini non avesse voluto dire questo.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io debbo chiarire che, poiché il nostro compito è quello di trovare la formulazione più precisa possibile, ho prospettato quale essa è, a nostro avviso, sia nell'ipotesi che l'Assemblea voglia dare direttamente alle Camere la concessione dell'amnistia e dell'indulto (ed in tal caso la formula preferibile è dell'onorevole Persico); sia nell'ipotesi che entri nell'ordine di idee di una autorizzazione o delegazione delle Camere al Governo (nel qual caso il testo proposto dall'onorevole Bettiol è tecnicamente preferibile agli altri).

Presidente Terracini. Mi sembra che il testo presentato dall'onorevole Bettiol non permetta all'Assemblea di pronunciarsi in ordine al quesito principale: se le Camere debbano dare questa delegazione riunite oppure ciascuna nella propria sede. Io penso, quindi, che a questo emendamento dell'onorevole Bettiol bisogna ad un certo momento, con un emendamento all'emendamento, inserire la solita parola «riunite», sulla quale l'Assemblea si pronunzierà.

Porrò in votazione prima questa formula:

«L'amnistia e l'indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica dietro delegazione delle Camere»; e poi la parola «riunite». Se l'Assemblea non l'accetta, porrò ai voti allora la formulazione della Commissione, includendo naturalmente anche in essa la parola «riunite».

Mortati. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Mortati. Io volevo semplicemente osservare questo: mi pare che la procedura proposta dal Presidente non sia strettamente regolamentare, perché, essendoci degli emendamenti che modificano il testo della Commissione, essi dovrebbero essere posti in votazione per primi.

Quanto alla formulazione della proposta di emendamento nel senso di disporre l'amnistia con legge di delegazione, mi pare che quella proposta dell'onorevole Fuschini sia tecnicamente più esatta di quella dell'onorevole Bettiol. E ciò nella considerazione che, essendoci l'articolo 83 in cui è detto che il Presidente della Repubblica emette i decreti legislativi, mi pare che quando si dispone che l'amnistia si concede con decreto legislativo sia inutile precisare l'organo che emette questo decreto. Abbiamo un articolo di carattere generale che stabilisce la forma dei decreti legislativi; quindi basterà affermare il principio che l'amnistia è concessa su delegazione: rimettendosi per l'esercizio della delegazione alle norme generali. Mi pare, quindi, che l'altra formula proposta dall'onorevole Fuschini, pur coincidendo pienamente con quella del collega Bettiol, sia formalmente più esatta.

Quanto al merito, la ragione per cui io e l'onorevole Fuschini e gli altri firmatari insistiamo su questo emendamento, è che esso tende a conciliare — e felicemente concilia — due esigenze che sono state prospettate, due difficoltà che si presentano in ordine all'amnistia, cioè l'esigenza che non sia affidato alla discrezionalità del Governo questo atto importante e delicato che fa cadere l'azione penale, e viceversa sia tenuta presente l'altra esigenza della difficoltà tecnica della formulazione di questo atto e, quindi, dell'opportunità che esso venga affidato al potere esecutivo. C'è, quindi, il contemperamento, il tentativo di conciliazione di queste due esigenze contrastanti, che depone dell'opportunità dell'emendamento proposto.

Presidente Terracini. Onorevole Mortati, questo emendamento è già stato svolto prima.

Ad evitare contestazioni, onorevoli colleghi, vorrei che con precisione si dicesse se l'emendamento Bettiol è stato presentato a titolo personale dall'onorevole Bettiol, oppure debba intendersi come sostitutivo dell'emendamento presentato prima e che portava anche le firme di altri deputati.

Bettiol. Ho presentato questo emendamento a titolo personale, come chiarimento ad un altro emendamento da me sottoscritto.

Soltanto, intendevo che si riconoscesse un particolare risalto alla figura del Presidente della Repubblica, in ordine alla concessione di questo particolare beneficio. Non è un potere proprio del Presidente, perché si sostiene la necessità della delegazione da parte del Parlamento; ma c'è una tradizione in tutti i paesi per cui è il Capo dello Stato, come tale, che concede questo particolare beneficio, salvo delega da parte del Parlamento. Non è un provvedimento motu proprio.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. È una questione puramente tecnica. Ripeto che la dizione dell'onorevole Bettiol è preferibile. Mettendo «per decreto legislativo» come vuole l'onorevole Mortati, si trasferisce alle Camere la facoltà di concedere amnistia ed indulto, che è finora spettata al Capo dello Stato; e si prescrive che alla concessione debba aver luogo sempre «un decreto legislativo». Non suona bene, a mio avviso, che la forma del decreto legislativo, da considerarsi come un'eccezione, diventi, almeno per una singola materia, normale ed obbligatoria. È preferibile la linea seguita dall'onorevole Bettiol: che la facoltà di far amnistia ed indulto rimane al Capo dello Stato; ma occorre, perché la metta in essere, un consenso del Parlamento. Dichiaro che preferirei dire «autorizzazione» anziché «delegazione» del Parlamento; appunto per render più chiaro che non si tratta di una figura perfettamente eguale a quella del decreto legislativo. Sarebbe piuttosto nell'intesa dell'onorevole Bettiol, una delegazione impropria e sui generis. Meglio parlare di «autorizzazione», ciò che non vieta che, nel dare l'autorizzazione, il Palamento non possa subordinarlo a criteri e principî direttivi che il Capo dello Stato deve seguire. Avverrà di fatto che il Governo presenterà più spesso un disegno di legge, che conterrà o lo stesso testo dell'amnistia ed indulto, o i criteri e principî direttivi; ed il Parlamento darà l'autorizzazione o la negherà o la subordinerà a modificazione. Ad ogni modo, sarà da vedere in sede di revisione e di coordinamento della Costituzione, se sarà meglio parlare di «delegazione» od «autorizzazione».

Qui mi preme notare che, in sostanza, la proposta Bettiol e quella Mortati hanno una portata sostanzialmente non diversa. Rappresentano tutte due una conciliazione che mi sembra opportuna, fra la soluzione di deferire la concessione al Parlamento (al qual riguardo sono stati avanzati qui dubbi, soprattutto per la necessità di una elaborazione del provvedimento, che non si addice alle Camere) e l'altra soluzione di consacrare la facoltà al Capo dello Stato. La formula Bettiol è tecnicamente preferibile; anche perché è più breve e di stile più costituzionale.

Si presta poi all'aggiunta rapida e breve che l'amnistia e l'indulto non si applicano a reati commessi successivamente alla richiesta di autorizzazione o delegazione. Abbiamo sentito molti rilievi sul pericolo della speculazione sull'amnistia e sull'incoraggiamento a compier reati mentre si discute il provvedimento. Non è inutile stabilire ciò che l'onorevole Bettiol propone; e che non vieta, se occorre, di stabilire sul provvedimento una data anteriore; comunque mai dopo la richiesta.

Restivo. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Restivo. Signor Presidente, desidererei sottoporre all'Assemblea l'opportunità di una considerazione: qui si parla di una delega che la legge dovrebbe dare al potere esecutivo perché questo emetta l'atto e conceda l'amnistia. Si arriverebbe pertanto a un assurdo giuridico, che cioè l'organo il quale dà la delega non potrebbe poi emanare l'atto. Credo quindi che, in tal modo, si cadrebbe in una situazione inammissibile dal punto di vista logico.

Presidente Terracini. Non resta allora, onorevoli colleghi, che passare alla votazione. Desidero però far prima una breve osservazione. Se l'Assemblea accetterà la formula proposta dall'onorevole Bettiol, mi sembra che sarà forse opportuno che il Comitato di redazione coordini il testo nel senso che sono le Camere il soggetto di questa disposizione; e ciò in armonia alla dizione degli articoli precedenti.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Accolgo perfettamente questa osservazione del Presidente dell'Assemblea e aggiungo che, passando alla formula dell'onorevole Bettiol, si deve vedere se essa non debba essere collocata nel titolo del Capo dello Stato.

Presidente Terracini. Pongo allora in votazione la prima parte dell'emendamento Bettiol:

«L'amnistia e l'indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica dietro delegazione delle Camere».

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Pongo in votazione la parola:

«riunite».

(Non è approvata).

Pongo in votazione l'ultima parte dell'emendamento:

«e non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla richiesta di delegazione».

(È approvata).

L'articolo 75 risulta così approvato, salvo coordinamento, nel seguente testo:

«Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i necessari poteri.

«L'amnistia e l'indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica dietro delegazione delle Camere e non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla richiesta di delegazione».

Quanto alla proposta di dividere in due articoli la formulazione testé approvata la Commissione ne terrà conto nella redazione definitiva.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti