[Il 23 ottobre 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo secondo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Capo dello Stato».

Trattando la prima parte della discussione argomenti di carattere generale relativamente al Presidente della Repubblica, si rimanda per il testo completo alle appendici del Titolo secondo della Parte seconda.]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Nella seduta pomeridiana di ieri sono stati svolti gli emendamenti presentati all'articolo 84 ed hanno anche preso la parola alcuni colleghi per esporre particolari considerazioni sugli emendamenti stessi.

Spetta adesso alla Commissione di esprimere il suo avviso. Ha pertanto facoltà di parlare l'onorevole Ruini.

[...]

Presidente Terracini. L'onorevole Nitti ha presentato il seguente emendamento sostitutivo dell'articolo 84:

«Il Presidente della Repubblica può sciogliere la Camera dei deputati».

Ha facoltà di svolgerlo.

Nitti. Quale è il sistema bicamerale riguardo allo scioglimento della Camera Alta, sia in regime repubblicano, sia in regime monarchico? Sia che il Senato sia di nomina governativa, cioè emanazione del re, sia che sia elettivo, non si scioglie mai. Questa è una regola costante, a cominciare dall'Inghilterra dove pure la Camera dei Pari ha una diversa funzione e una diversa formazione. La Camera dei Pari non si scioglie mai, resta sempre immobile, anche quando avvengono cambiamenti nella Camera dei Comuni. Nella Camera dei Comuni spesso vi sono le elezioni ad un solo mese di distanza, o a due o tre mesi. La Camera dei Lords, anche in quei trambusti, non è stata mai toccata. Ora le due sole Repubbliche a sistema bicamerale, non tenendo conto della Repubblica svizzera, dove vi è una diversa struttura, sono l'America e la Francia. Il Capo dello Stato non ha il diritto di sciogliere le Camere Alte. In America, il Senato durava sei anni e si rinnovava ogni due, in Francia durava due anni e si rinnovava per un terzo ogni due anni. Dunque la Camera Alta, dove esiste, ha una certa stabilità ed è garantita dalla stessa Costituzione, in quanto il Presidente della Repubblica non può scioglierla.

Ora io mi preoccupo di questa innovazione. Per la prima volta si costituisce un Senato che può essere sciolto ogni quindici giorni, ogni mese, ogni tre mesi. Il Senato, così, perde quella stabilità che costituisce il maggior pregio di questa istituzione.

Io non oso insistere, perché non so i partiti che decidono in queste questioni se sono già impegnati e se ne fanno questione essenziale per la dignità del Paese, ma io richiamo alla logica l'Assemblea. Che cosa volete fare? Volete rendere tutto incerto? Ed allora sancite un Senato che ha la sola differenza nei confronti della Camera, di essere meno numeroso.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Carpano Maglioli, Cosattini, Faralli, Vernocchi, Fedeli Aldo, hanno presentato un emendamento all'articolo 84 così formulato:

«Dopo la parola: Camere, aggiungere le seguenti: «non prima di un anno dalla loro elezione e, nel caso che abbiano dato luogo a due mutamenti di Governo a seguito di voto di sfiducia, nello spazio di un semestre».

L'onorevole Carpano Maglioli ha facoltà di svolgerlo.

Carpano Maglioli. L'emendamento che ho proposto insieme ai miei colleghi e compagni, tende a trasformare l'articolo 84 con questa precisa dizione: «Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere non prima di un anno dalla loro elezione e, nel caso che abbiano dato luogo ad un mutamento di Governo a seguito di voto di sfiducia, nello spazio di un semestre».

Il nostro emendamento tende a mantenere la facoltà del Presidente della Repubblica di sciogliere le due Camere ma intendiamo che questa facoltà, che può portare a quelle pericolose conseguenze particolarmente illustrate dal nostro maestro Vittorio Emanuele Orlando e dall'onorevole Clerici, abbia delle limitazioni e queste limitazioni, perché siano efficienti, devono essere oggettive.

Sostanzialmente, quando si può e quando si deve ricorrere al provvedimento dello scioglimento delle Camere? Quando il Parlamento non può più correttamente funzionare; e non lo può più quando non può più esprimere un Governo che abbia capacità di vita durevole e quindi capacità di una direzione costante, capace di amministrare la cosa pubblica. Solo in queste eventualità si potrà fare ricorso al grave provvedimento dello scioglimento delle due Camere.

Pare evidente a noi che a questa ampiezza di poteri è necessario imporre dei limiti, che non devono essere lasciati né all'opinione del Presidente dell'Assemblea né all'opinione personale del Presidente della Repubblica, ma devono essere indicati con dei fatti.

Ora, noi, con il nostro emendamento, che presentiamo all'esame della Camera e sottoponiamo al suo accoglimento, proponiamo due limiti. Il nostro emendamento non è una novità: non fa altro che riprodurre, più o meno fedelmente, l'emendamento contenuto nella Costituzione francese all'articolo 51.

Uno dei limiti che noi indichiamo è che sia trascorso almeno un anno dalle elezioni delle Camere; è necessario un anno di esperimento, sì che si possa evitare di ricacciare il Paese nell'agitazione elettorale e nel turbamento che provoca sempre la convocazione dei comizi.

Il nostro emendamento fissa un altro limite oggettivo. Allo scioglimento delle Camere si deve pervenire quando le Camere non esprimono le direttive per un Governo che abbia una capacità di vita abbastanza tranquilla e prolungata nel tempo, un Governo durevole ed efficiente ad una azione politica ed amministrativa tale da soddisfare alle esigenze della Nazione.

E allora, noi diciamo che è necessario porre altri limiti e precisamente due: mutamenti di Governo nello spazio di sei mesi a seguito di voto di sfiducia: voto che indica come il Parlamento non funziona e il Governo non è espresso con chiarezza dal Parlamento, con conseguente paralisi dell'istituto parlamentare, paralisi della vita della Nazione.

Solo con il concorso di queste gravi condizioni oggettive, solo allora, il Presidente ha facoltà, ove lo creda e sentiti i Presidenti delle Assemblee, di sciogliere le Camere, e di convocare di nuovo i comizi elettorali per sentire direttamente la voce del popolo e per avere dal popolo l'indicazione per una amministrazione salda, efficiente e capace di dirigere la cosa pubblica.

Per queste considerazioni pensiamo che il nostro emendamento possa trovare accoglimento, perché è ispirato al concetto di consentire un Governo durevole mediante l'attribuzione della facoltà di scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica. Ma, nello stesso tempo, contempera queste due esigenze con l'altra esigenza non meno sentita, di porre dei limiti oggettivi non facilmente superabili, limiti oggettivi che valgano a impedire l'abuso di questa facoltà. Per queste considerazioni chiediamo che il nostro emendamento sia esaminato con attenzione; lo sottoponiamo alla vostra saggezza; e confidiamo possa trovare benevolo accoglimento.

Ripeto, non si tratta di una novità: all'articolo 51 della Costituzione francese vi è una disposizione analoga, che limita oggettivamente questo grave potere di scioglimento delle Camere; lo limita in forma concreta, in modo da tutelare la volontà popolare e, nello stesso tempo, cercando di assicurare l'efficienza di un Governo duraturo, per la difesa dell'Amministrazione della cosa pubblica.

Clerici. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Clerici. Nell'emendamento testé svolto si parla delle due Camere; la durata dell'una non coincide più con quella dell'altra: il Senato ha sei anni di vita, la Camera cinque.

Un conto è parlare di un anno dall'inizio della legislatura, un conto è parlare delle elezioni generali delle due Camere.

Forse gli onorevoli proponenti non hanno riflettuto su questa circostanza. Nel progetto primitivo Camera e Senato duravano cinque anni ed erano eletti contemporaneamente.

Noi, invece, abbiamo stabilito che la Camera è eletta per cinque anni ed il Senato per sei. Il che vuol dire che se il decorso del termine inizia dalla elezione della Camera, allora abbiamo un anno, in cui non è possibile lo scioglimento. Se guardiamo all'anno, riferendoci tanto alla Camera quanto al Senato, abbiamo due termini a quo, che si vanno inseguendo ed intersecando fra di loro in modo, a mio avviso, irrazionale.

Carpano Maglioli. Noi intendiamo: un anno dall'elezione di ciascuna Camera.

Corbino. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Vorrei presentare una mozione d'ordine.

Ho l'impressione che la discussione dell'articolo 84 non si possa fare, se non dopo aver discusso gli articoli 86, 87 ed 88; perché, in sostanza, il problema che noi dobbiamo esaminare è il problema dei poteri del Presidente rispetto allo scioglimento delle Camere; e il problema dello scioglimento delle Camere si pone in stretta correlazione col problema dei termini e delle condizioni della fiducia o della sfiducia al Governo.

Ed allora, a me pare che sarebbe meglio cominciare ad affrontare il problema fondamentale del Governo, e, se mai, in sede di modalità per la formazione del Governo affermare il diritto, illimitato o limitato, del Presidente di sciogliere le due Camere. Propongo, perciò, di rinviare la decisione sull'articolo 84 a dopo che avremo esaurito la materia oggetto degli articoli 86, 87 ed 88.

Presidente Terracini. L'onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. In realtà, il nesso non è così stretto, come potrebbe apparire. Ma io trovo che l'Assemblea, in questo momento, sopra una questione così importante, come è quella dello scioglimento delle Camere, non ha ancora idee molto precise. Giunge quindi opportuna, e noi l'accogliamo per ragioni pratiche, più ancora che logiche, la proposta dell'onorevole Corbino. Si potrebbe, subito dopo l'articolo 83, esaminare e decidere sull'articolo 71, che riguarda la promulgazione, e fu rimandato, ma ora l'abbiamo affrontato, a proposito dell'emendamento Caronia, che coincide con un articolo aggiuntivo dell'onorevole Bozzi; pel cosidetto veto sospensivo. Esaurito il tema dell'articolo 71, potremo passare agli articoli 86, 87 ed 88.

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, l'onorevole Corbino propone di sospendere l'esame dell'articolo 84 sino a che l'Assemblea non abbia preso le sue decisioni in ordine agli articoli 86, 87 ed 88 del Titolo III, relativi al Governo. L'onorevole Ruini, a nome della Commissione, ha dichiarato di ritenere che si possa accedere a questa proposta. Io desidero sentire se vi sono dei colleghi i quali abbiano delle obiezioni da sollevare.

Costantini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Costantini. Mi pare che la proposta dell'onorevole Corbino tenda a rimettere la discussione dell'articolo 84 a dopo la discussione degli articoli 86 e seguenti, per motivi di tecnica legislativa, mentre secondo le dichiarazioni del Presidente della Commissione si dovrebbe aderire alla proposta dell'onorevole Corbino per ragioni di opportunità e non per ragioni di tecnica legislativa. Cosa se ne deve dedurre? Che sospendiamo l'esame, secondo la proposta dell'onorevole Corbino o che rimandiamo a tempo indeterminato la discussione sull'articolo 84?

Presidente Terracini. Ho detto ben chiaramente, onorevole Costantini, che sospenderemmo in attesa di aver risolto i primi tre articoli del terzo Titolo. Che poi si accetti questo rinvio per una ragione o per un'altra non ha importanza. Importante è che si sia concordi nel sospendere.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Le ragioni del rinvio possono essere diverse, ma importante è che non si perda tempo e che intanto si proceda all'esame degli altri articoli.

Presidente Terracini. Se non vi sono altre osservazioni, la proposta dell'onorevole Corbino si intende accettata.

(Così rimane stabilito).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti