[L'8 novembre 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'argomento in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Colitto. [...] Io ho incominciato con il proporre che sia modificata l'intestazione del Titolo. Là dove è scritto «la Magistratura», io penso sia più opportuno scrivere «L'amministrazione della giustizia». È questa certo una intestazione più risonante, ma parmi anche più precisa, perché mal si addice, a mio avviso, l'intestazione «La Magistratura» ad un Titolo, una sezione del quale non si occupa della Magistratura, ma di norme processuali.

[...]

Persico. [...] Svolgerò quindi uno per uno i vari emendamenti da me presentati.

Comincio dal Titolo IV: La Magistratura.

A me pare profondamente errata questa dicitura, perché «Magistratura» non vuol dire altro che una congregazione di uomini, i quali si distinguono per alcune funzioni e, direi, anche per una loro veste esteriore: la toga e il tocco.

La Magistratura è composta di organi diversi, non di organi unitari, ha sfere di competenza diverse, attribuzioni diverse.

Quindi, noi dobbiamo arrivare ad un'altra formula più chiara e più precisa. Né si dica, come la relazione del Presidente Ruini, che per il potere legislativo abbiamo adoperato la parola «Parlamento» e per il potere esecutivo la parola «Governo»; perché Parlamento e Governo sono, sì, due organi complessi, ma sono organi unitari.

Invece di «Magistratura» potremmo adoperare due diverse espressioni assai più esatte: «Potere giudiziario», oppure «Ordine giudiziario».

L'espressione «Ordine giudiziario» ricorda troppo lo Statuto albertino e ricorda le ragioni per cui quello Statuto preferì parlare di «Ordine giudiziario». La giustizia si amministrava in nome del re; l'ordine giudiziario era l'esecutore della giustizia reale.

Meglio «Potere giudiziario». Già lo Statuto belga del 1831 intitolava «Du pouvoir judiciaire» il capitolo che corrisponde perfettamente alla materia del nostro titolo. Né ci disturba il ricordo della tripartizione dei poteri di Montesquieu, perché credo che i due secoli trascorsi abbiano rinverdito la portata di tale distinzione. Si sono fatte infinite critiche alla teoria del Montesquieu; ma gli scrittori moderni dimostrano che egli fondamentalmente aveva ragione e che di fatto i poteri dello Stato non vanno distribuiti diversamente.

Il potere giudiziario, secondo me, è forse anche più importante del legislativo e dell'esecutivo, perché assicura a tutti i cittadini la tutela delle loro libertà, la difesa dei loro diritti, la protezione dei loro interessi; è il potere classico, il potere fondamentale, il più antico e il più geloso.

Non soltanto io, ma anche l'onorevole Leone, nella sua relazione, insiste perché si dica «Potere giudiziario»; ed insiste perché, in questo modo, si introduce già nel Titolo il criterio dell'autonomia del potere giudiziario rispetto agli altri poteri statali, perché in questo modo si slega l'organizzazione del potere giudiziario da quella degli altri rami funzionali, in modo che questo potere non sia una forma di burocrazia qualificata, paragonabile alle varie forme burocratiche, ma sia qualche cosa che ha un'essenza sua propria, in quanto amministra quella suprema funzione che è la giustizia, per cui un uomo acquista la facoltà di giudicare e di condannare altri uomini: quasi divina facoltà!

Questa mia idea — che del resto vedo condivisa da alcuni colleghi, i quali hanno fatto identiche proposte, come l'onorevole Romano, l'onorevole Mastino ed altri — vedrete che sarà tanto più chiara in quanto io, in quello che dirò tra breve, cercherò di dimostrarvi, che un vero e proprio «potere giudiziario» è quello al quale bisognerà arrivare, quando vi parlerò dell'elettività dei magistrati minori e delle funzioni giudicanti da dare in misura molto maggiore alla giuria.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti