[Il 19 dicembre 1946 la seconda Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul potere giudiziario.]

Calamandrei, Relatore, dà lettura di alcuni comma nei quali ha sintetizzato i principî finora discussi.

«a) l'esercizio del potere giudiziario in materia civile, penale e amministrativa appartiene esclusivamente ai giudici ordinari istituiti e regolati dalla legge sull'ordinamento giudiziario».

(Chi ritiene che debbano rimanere come organi speciali indipendenti la Giunta provinciale amministrativa e il Consiglio di Stato, dovrebbe dire soltanto: «l'esercizio del potere giudiziario in materia civile e penale appartiene esclusivamente ecc.», riservando la giustizia amministrativa ad un'altra disposizione).

«b) non potranno essere creati, neanche per legge, organi speciali di giurisdizione;

«c) presso gli organi giudiziari ordinari potranno essere istituite, per determinate materie, apposite sezioni con la partecipazione di magistrati specializzati in quelle materie, ovvero di cittadini esperti nominati a norma dell'articolo 20;

«d) la giustizia amministrativa, le funzioni giurisdizionali della Corte dei conti, il Contenzioso tributario sono regolati da apposite leggi».

A quest'ultimo comma dichiara però di essere contrario; esso risponde alle aspirazioni di coloro che vogliono mantenere certe giurisdizioni speciali.

Uberti, piuttosto che affermare il principio della unicità della giurisdizione, preferirebbe che venissero stabilite delle garanzie giurisdizionali: cioè che questi organi speciali di giurisdizione, se ammessi, fossero presieduti da un magistrato ordinario.

Riconosce che l'unicità è un fine che lo spirito umano tende sempre a raggiungere; ma, a suo avviso, la specializzazione rappresenta un progresso perché, con la differenziazione, si possono avere degli organi più competenti. Si teme che questi organi possano essere meno liberi e indipendenti: ma un giudice ordinario, che sia nella sua coscienza indipendente, può incoscientemente prendere una decisione manchevole per la sua incompetenza nella materia sulla quale è chiamato a giudicare.

Riferendosi a quanto aveva detto nella precedente seduta l'onorevole Vanoni, riconosce che nel Contenzioso tributario è preoccupante, dal punto di vista della serenità del giudizio, il fatto che spesso il giudice è anche parte, quindi un perfezionamento sarebbe necessario per giungere ad una giustizia sicura; ma la competenza del rappresentante dell'amministrazione ha un valore superiore alla imparzialità teorica, che si riduce ad essere una imparzialità non effettiva, per difetto di competenza, del giudice ordinario.

Ammette il principio dell'unicità in campo civile e penale; ma la giurisdizione tributaria, quella amministrativa e il controllo sulle spese dello Stato da parte della Corte dei conti costituiscono un progresso che sarebbe annullato attraverso una disposizione così rigida. Si chiede quale significato possa avere l'ammettere che una legge regolerà la giustizia amministrativa, quando poi si vuole affermare un principio che è in antitesi con la specializzazione. Siano invece stabiliti principî, norme e regole che diano la garanzia assoluta della indipendenza e della libertà; si immetta in questi organi speciali la rappresentanza della Magistratura ordinaria; ma si lascino in vita quegli organismi che rappresentano un progresso e non si chiuda la via alle esigenze che possono manifestarsi nel futuro.

Anche per la procedura, la forma mentis speciale del magistrato ordinario ha una rispondenza diversa, di fronte a situazioni particolari, da quella del magistrato specializzato.

Alla elaborazione di una nuova sistemazione nel Contenzioso tributario l'articolo proposto costituirebbe un ostacolo.

Termina ricordando l'esempio della Commissione centrale delle imposte dirette che, in materia di diritto tributario, ha formulato con assoluta indipendenza di giudizio, massime così sapientemente elaborate da risultare veramente notevoli.

Di Giovanni ritiene che la discussione abbia ormai avuto svolgimento sufficiente. Quanto alle formule proposte dall'onorevole Calamandrei, propone che nella prima ci si limiti alla materia penale e civile ed alla seconda si premetta l'espressione: «in materia penale».

Laconi dichiara di concordare con gli onorevoli Uberti e Targetti, forse per quella particolare sensibilità che gli deriva dal fatto di non essere un tecnico e di avere quindi una sensibilità politica su questo problema.

Il Presidente Conti osserva che non l'aspetto politico, ma quello pratico va considerato nello sviluppo dei lavori. Comunque ritiene opportuno che coloro che parlano impegnino in un certo senso anche i rispettivi Gruppi.

Laconi risponde che parla a nome del suo Gruppo, ma con naturali sfumature personali. Al centro di questa discussione è stata posta la questione della indipendenza della Magistratura; e questa gli pare un'esigenza giusta sulla quale tutti possono essere d'accordo; ma trova esagerato fare del giudice una specie di figura astratta. Il giudice non è un'astrazione; egli vive in mezzo ad altri uomini, fa parte di un determinato gruppo sociale e quindi, per tutelare la sua indipendenza, non deve esser considerato soltanto nei suoi rapporti col potere politico. Oltre ad una questione di indipendenza dall'esterno, ve ne è una di indipendenza all'interno, di cui è stata rilevata la fondatezza anche da parte di altri colleghi. Quando si fa dell'ordine giudiziario una specie di ordine chiuso, una casta separata; quando si lascia la regolamentazione di tutta la vita interna del potere giudiziario ai giudici stessi, può ancora sorgere una questione di indipendenza, perché la carriera, le nomine, i trasferimenti dei giudici saranno affidati tutti allo stesso corpo e non vi sarà alcuna possibilità di influire dall'esterno. Questa specie di classe che si vuol costruire non è avulsa dalla vita della società, ma risente determinate influenze politiche, sociali e culturali. Quindi la necessità di mettere vicino al giudice, che è figlio di una determinata classe e rappresentante di un determinato orientamento, altri uomini che per gli interessi che rappresentano e per la loro competenza tecnica possano apportare un sussidio alla interpretazione retta della legge e ispirare al giudice una comprensione maggiore dello spirito della legge.

Nel momento storico attuale, nel quale è in atto una specie di rivoluzione pacifica, un determinato corpo che risente dell'eredità culturale del passato può aver bisogno di essere integrato da elementi che provengano dalla vita libera del Paese e che riflettano i sentimenti e le aspirazioni del popolo. A questa necessità devono rispondere le giurisdizioni speciali, delle quali si è parlato pro e contro.

Secondo l'onorevole Leone, ciò rappresenterebbe un pericolo simile a quello fascista, perché in avvenire si potrebbe, per determinate esigenze politiche, istituire una magistratura speciale con determinati fini. Ma questo è un problema politico di tale ampiezza che non si può pensare di evaderlo, perché se domani si determinassero condizioni storiche tali da realizzare una dittatura, con o senza sezioni speciali, la dittatura troverebbe il mezzo di influire su ogni potere dello Stato e, dominando la vita politica del Paese, sarebbe capace di dominare anche il potere giudiziario.

Dichiara quindi di essere contrario alla fissazione nella Costituzione di una norma rigida che stabilisca un'assoluta unificazione della giurisdizione, e favorevole, invece, alla impostazione data dall'onorevole Targetti.

Si potrebbe anche indicare, come criterio generale, il principio della unificazione; ma rimanendo aderenti alla realtà, perché nel momento attuale vi possono essere esigenze alle quali quell'ideale non risponda. La decisione dovrebbe essere rinviata all'esame che sarà fatto, caso per caso, delle diverse giurisdizioni speciali.

Fa poi rilevare che gli schemi trasmessi dalla Corte di cassazione e dal Ministero di grazia e giustizia sono molto più stringati di quelli in discussione, e perciò più rispondenti alle esigenze di una Carta costituzionale.

Aggiunge di essere contrario al mantenimento dei Tribunali militari; e poiché reputa opportuno precisare il suo pensiero su ogni questione, dichiara di essere contrario anche al mantenimento del Consiglio di Stato e della Corte dei conti come organi giurisdizionali.

Questi due organi possono avere nello Stato italiano una loro utilità; la Corte dei conti rimanga come organo di controllo contabile e il Consiglio di Stato riacquisti la sua naturale funzione di organo consultivo; ma niente di più. Non può ammettere che, attraverso organi che rappresentano soltanto delle competenze tecniche, si controlli tutta la vita del Paese, senza che gli organi stessi abbiano l'investitura di una elezione popolare.

Ambrosini, contrariamente a quanto ha affermato l'onorevole Laconi, ritiene che né il Relatore né alcun altro pensi, sostenendo l'indipendenza della magistratura, alla costituzione di una casta chiusa. Il principio della indipendenza della Magistratura non solo è stato sempre affermato nella legge, ma è stato solennemente conclamato nelle discussioni parlamentari e nei convegni dei magistrati, avvocati e di tutti coloro che direttamente o indirettamente si sono occupati dell'argomento. Sennonché, il fatto stesso che di tempo in tempo si sente il bisogno di ripetere questa affermazione, dimostra che il principio non è adeguatamente osservato.

Come risulta anche dalle parole dell'onorevole Calamandrei, l'Italia ha avuto ed ha una Magistratura spiritualmente indipendente; ma molti sintomi denotano che a volte il funzionamento della giustizia è turbato, o appare al pubblico che sia turbato, il che è quasi la stessa cosa. Il fatto, fra l'altro, delle sollecitazioni che si rivolgono ai deputati per raccomandare una qualche cosa ai magistrati, od anche soltanto perché sia fatta giustizia, sta ad indicare che nel pubblico l'idea della imparzialità nell'amministrazione della giustizia è andata sempre più decadendo. Ritiene che questo sia il tarlo roditore di tutto il sistema.

Ritiene indispensabile che si ristabilisca nella sua interezza e con rigidità il principio della legalità ed il sentimento e la convinzione nel pubblico che tale principio viene effettivamente applicato.

Si sente onorato di avere appartenuto alla Magistratura, conosce la virtù e l'eroismo dei magistrati, ma disgraziatamente l'amministrazione della giustizia, nel suo complesso, è stata, senza sua colpa, investita da un senso di diffidenza o, il che è lo stesso, di non completa fiducia, che bisogna assolutamente eliminare col ricorso a rimedi radicali. Per sottrarre la Magistratura a qualsiasi influenza dell'esecutivo occorre ricorrere al sistema dell'autogoverno.

A questo punto chiede all'onorevole Laconi, che ha investito proprio il principio informatore del sistema proposto dall'onorevole Calamandrei, per assicurare l'indipendenza della Magistratura sulla quale tutti sono d'accordo, che cosa occorrerebbe fare. Mantenere il sistema esistente? Ritiene che si deve rispondere negativamente, giacché esso non è stato efficace a garantire l'assoluta limpidità nell'amministrazione della giustizia, onde è necessario cambiar sistema, ricorrendo all'autogoverno della Magistratura, naturalmente con quei temperamenti che siano necessari per il collegamento che deve esistere con il Governo, col potere esecutivo, perché parlar di autogoverno della Magistratura non significa costituire una casta chiusa.

Passando a trattare particolarmente della unicità della giurisdizione, si sofferma sui sistemi prospettati dai tre relatori e rileva che il principio animatore dell'unità della giurisdizione non esclude a rigore l'esistenza di alcune giurisdizioni cosiddette speciali, purché le decisioni di queste vengano sottoposte al sindacato della Suprema Corte di Cassazione. In sostanza si tratta sempre di organi di amministrazione della giustizia per materie speciali, la cui trattazione rende consigliabile la specializzazione dell'organo, specie quando questo sistema sia stato collaudato dall'esperienza, come nel campo della giustizia amministrativa.

Non esita a dichiarare che se v'è qualche istituzione che abbia funzionato bene, che possa senza tema di esagerare, dati i tempi, considerarsi benemerita del Paese, è proprio la giustizia amministrativa e precisamente le Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato. Ed allora perché privarsi di un istituto il quale può essere rammentato con decoro nella storia della nostra giurisprudenza? Con un'affermazione di principio come quella della prima parte dell'articolo 12 del progetto Calamandrei, sicuramente non sarebbe possibile dare soddisfazione a questa esigenza, che è sentita da molti e, comunque, benevolmente presa in considerazione anche da coloro, come l'onorevole Calamandrei, che sostengono in via di principio l'assoluta unicità del corpo giudicante.

Pensa che non sia opportuno adottare il principio nella formulazione rigida fattane dall'onorevole Calamandrei, perché in base ad essa resterebbe preclusa la via al mantenimento di quelle giurisdizioni speciali che si sono dimostrate utili per la garanzia dei cittadini da una parte e dell'amministrazione pubblica dall'altra. Una proibizione assoluta bisogna invece proclamare in riguardo ai tribunali speciali nel campo penale, giacché quando si tratta della libertà dei cittadini nessuna eccezione deve ammettersi alla competenza dei giudici ordinari.

Riguardando le questioni nel loro complesso, ribadisce le ragioni per cui crede che sia possibile proclamare il principio dell'unità della giurisdizione, senza sopprimere completamente le giurisdizioni speciali, e si sofferma specialmente sulla necessità di sottoporre le decisioni di queste al sindacato della Corte di Cassazione con la stessa ampiezza e gli stessi limiti fissati per le sentenze della Magistratura ordinaria. Mettendo il Supremo Collegio al vertice di tutti i corpi giudicanti, si salvaguarderebbe il principio fondamentale che sta a base del progetto in esame. Propugna un sistema che permetta di tener conto delle suddette varie esigenze e dichiara che voterà per la proposta che, affermando il principio dell'unicità della giurisdizione, renda possibile la salvaguardia delle giurisdizioni speciali esistenti, quali le Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e il Contenzioso tributario.

Cappi premette di parlare, non a nome del Gruppo cui appartiene, ma a suo nome personale.

È favorevole al principio dell'unicità della giurisdizione, col temperamento accennato dall'onorevole Ambrosini. Tale principio risponde a criteri razionali e semplici, che furono accolti all'unanimità dai rappresentanti di tutti i partiti nella Commissione di studio nominata dal Ministero per la Costituente.

Non ripeterà quanto ha detto l'onorevole Ambrosini sull'indipendenza della Magistratura. Nel principio dell'unicità della giurisdizione vede un'affermazione ed una garanzia di libertà democratica, in quanto impedisce al potere esecutivo ed anche a quello legislativo di sottrarre determinate materie alla giurisdizione ordinaria. La gravità di questa osservazione è stata sentita da coloro che hanno suggerito che i giudici specializzati siano nominati dallo stesso organo e con le stesse garanzie con cui vengono nominarti i giudici ordinari. Obietta, però, che se il Governo stabilisse che i giudici specializzati devono essere scelti in certe categorie sociali ed economiche, poco varrebbe che la nomina fosse fatta dall'organo che nomina anche i giudici ordinari, perché questo sarebbe costretto a scegliere entro categorie determinate dal potere esecutivo.

Se la giurisdizione specializzata deve rispondere alla esigenza di adeguare l'interpretazione della legge a quella che in un dato momento può essere la coscienza sociale, meglio si provvederebbe riformando la legge; questo è il vero principio di libertà e di democrazia.

Alle esigenze pratiche accennate dall'onorevole Uberti soddisfano le giurisdizioni miste, alle quali accenna il secondo comma proposto dall'onorevole Calamandrei.

Conviene con l'onorevole Ambrosini che, mentre il principio deve valere rigidamente per la giurisdizione civile e penale, per la giurisdizione tributaria e amministrativa possano essere ammesse giurisdizioni speciali.

Concludendo, dichiara di votare il primo comma proposto dall'onorevole Calamandrei, purché ne siano tolte le parole: «e amministrativa»; e propone che nel comma relativo alle giurisdizioni miste si aggiunga che, oltre ad avere dei membri che non sono giudici ordinari, possano anche ricorrere a norme speciali di procedura.

Mannironi è d'accordo con gli onorevoli Cappi e Ambrosini nel senso che debba essere mantenuta l'unicità della giurisdizione, salva la creazione di sezioni specializzate in seno alla Magistratura.

Accetta, in linea di massima, le proposte sostitutive presentate dall'onorevole Leone; ma desidererebbe che fossero aggiunti i seguenti comma:

«È ammessa la giurisdizione arbitrale nei casi voluti dalle parti o disposti dalla legge.

«In quest'ultimo caso la scelta degli arbitri sarà sempre libera tra le parti».

Ciò perché, se si afferma risolutamente e rigorosamente che non sono ammesse giurisdizioni speciali, si potrebbe ritenere da taluno che fossero esclusi anche gli arbitrati liberi tra le parti, mentre deve essere favorita ogni attività che tenda alla risoluzione di controversie tra privati, anche al fine di ridurre lavoro e compiti dell'autorità giudiziaria.

Targetti, non essendo suo intendimento presentare proposte di articoli, si limiterà ad enunciare i principî che dovrebbero essere sostituiti a quelli sanciti negli articoli proposti, compresi gli aggiuntivi proposti dall'onorevole Leone:

«L'esercizio del potere giudiziario è affidato ai giudici previsti dalla legge sull'ordinamento giudiziario ed ai giudici popolari della Corte d'assise»; perché dicendo solo che l'esercizio del potere giudiziario in materia civile appartiene esclusivamente ai giudici dell'ordinamento giudiziario bisognerebbe cavillare per comprendere che sono ammessi anche i giudici popolari.

Poi: «la legge disciplinerà la giustizia amministrativa».

Senza entrare nella questione della Corte dei conti e del Consiglio di Stato (che non ritiene intangibili, anzi è persuaso che si debbano tangere, e specialmente che l'ammissione al Consiglio di Stato debba essere regolata da principî del tutto diversi dagli attuali) dichiara, anche a nome di altri colleghi, di essere tutt'altro che favorevole alla fioritura di giurisdizioni speciali; anzi è persuaso della necessità di sfrondare questo grosso albero, senza però chiudere la strada alla creazione, per speciali materie, di giurisdizioni speciali, fatta eccezione, in ogni caso, per la materia penale. Occorre quindi trovare una frase che chiarisca questo concetto.

Si dovrebbe aggiungere poi:

«I Tribunali militari potranno essere istituiti soltanto in tempo di guerra.

«Neppure per legge potranno essere istituite giurisdizioni straordinarie».

A questi concetti ritiene, con altri colleghi, che dovrebbero ispirarsi queste norme.

Leone Giovanni, Relatore, osserva che con la proposta dell'onorevole Calamandrei sono riconosciuti i giudici popolari; ma dichiara di esservi contrario.

Bulloni ritiene che la proposta dell'onorevole Calamandrei pregiudichi in maniera irrimediabile l'istituzione delle giurie popolari, che rispondono al principio della sovranità popolare che è alla base del nostro ordinamento democratico. Pertanto voterà contro la formulazione dell'articolo come è stato proposto, in quanto appunto vulnera il principio della sovranità popolare.

Porzio, senza addentrarsi nella discussione, farà solo una dichiarazione.

È d'accordo sul principio dell'indipendenza della Magistratura, la quale non deve subire le influenze del potere esecutivo. Non è invece favorevole a introdurre nella Costituzione — si tratta di fare uno Statuto non un Codice — tante altre particolari disposizioni, concernenti perfino la Corte di assise ed i giurati.

È anche contrario ad affermare che le giurisdizioni speciali devono essere tutte abolite: il Consiglio di Stato e la Corte dei conti, a suo avviso, devono rimanere.

Anche la preoccupazione per l'uniformità della giurisprudenza gli sembra un errore: la Corte di cassazione non deve immobilizzare il diritto.

Nega che i giurati costituiscano un progresso, in quanto espressione democratica: i giudici devono essere competenti. L'ultimo progetto di legge che ripristina le Corti d'assise è, a suo parere, un'enormità, perché dà il diritto di vita e di morte anche a chi sa appena leggere e scrivere, il che avvilisce la funzione. L'istituzione della Corte d'assise presenta notevoli inconvenienti e, nel suo lungo esercizio professionale, ne ha ricavato una profonda delusione. Nell'epoca presente, poi, quando per ragioni di divisioni politiche o di interferenze economiche è così facile arrivare a delle coscienze tentennanti, gli sembra gravissimo ripristinare le giurie con norma della Costituzione.

Si chiede poi che cosa sia questo giudizio irrevocabile della Corte d'assise. Occorre dare a questa Corte i requisiti di capacità, non solo, ma anche possibilità di un rimedio. Si dice che la giustizia deve essere fondamentum reipublicae; ma non bisogna lasciarsi guidare dai luoghi comuni; la democrazia, il giurì, la sovranità popolare sono bellissime teorie: ma la pratica è ben altra: davanti ai tribunali passa tutta la storia ed allora bisogna porsi all'altezza della situazione. Il progresso è rappresentato dal miglioramento degli istituti, non dal loro deterioramento.

Bozzi, per togliere le apprensioni degli onorevoli Targetti e Bulloni sulla sorte delle Corti d'assise, chiarisce che la Corte d'assise è un organo ordinario, è una sezione della Corte d'appello e nella legge sull'ordinamento giudiziario è prevista come organo ordinario.

Precisa quindi che il problema della Corte d'assise sarà riesaminato in sede opportuna e che non è pregiudicato dalla votazione che ora si tratta di fare.

Targetti propone un emendamento al primo comma delle sue proposte, e precisamente di dire: «e dai giudici popolari che lo Stato potrà istituire», anziché: «dai giudici popolari previsti dalla legge».

Leone Giovanni, Relatore, poiché il problema della Corte d'assise è impregiudicato, per affrettare la discussione, propone che si riveda la formula proposta dall'onorevole Calamandrei quando sarà stato esaminato il problema della Corte d'assise.

A suo avviso, occorre ora fissare i principî nei confronti delle giurisdizioni speciali, senza preoccuparsi della Corte d'assise, con l'intesa che, se si riconoscerà in seguito la necessità di un giudice popolare, si potrà rivedere questa formula.

Per quanto attiene al merito propone l'emendamento seguente:

«Organi del potere giudiziario in materia civile e penale sono esclusivamente i giudici ordinari istituiti e regolati dalla legge sull'ordinamento giudiziario. In determinate materie tali organi possono essere integrati da giudici specializzati o da cittadini esperti, nominati dal Presidente della Repubblica su designazione del Consiglio giudiziario competente».

«Non potranno essere create, neanche per legge, giurisdizioni speciali.

«La giustizia amministrativa, le funzioni giurisdizionali della Corte dei conti e il Contenzioso tributario sono regolati da apposite leggi».

Il Presidente Conti avverte che, abbandonato dai Relatori il testo originario, rimangono tre proposte analoghe da esaminare. Di queste legge il primo comma.

Testo proposto dall'onorevole Calamandrei: «L'esercizio del potere giudiziario in materia civile, penale (e amministrativa) appartiene esclusivamente ai giudici ordinari istituiti e regolati dalla legge sull'ordinamento giudiziario».

Fa rilevare che vi si accenna in parentesi alla materia amministrativa, ma è noto il pensiero del Relatore al riguardo.

Testo dell'onorevole Leone: «Organi del potere giudiziario in materia civile e penale sono esclusivamente i giudici ordinari istituiti e regolati dalla legge sull'ordinamento giudiziario».

Testo dell'onorevole Bozzi: «L'esercizio del potere giudiziario in materia civile e penale è informato al principio dell'unità della giurisdizione».

Legge infine l'emendamento proposto dall'onorevole Di Giovanni: «L'esercizio del potere giudiziario è affidato ai giudici previsti dalla legge sull'ordinamento giudiziario e ai giudici popolari previsti dalla legge».

Bozzi spiega i criteri ai quali si ispira il primo comma del suo ordine del giorno, premettendo che ha deliberatamente accantonato il problema della giuria.

La sua formulazione differisce da quella dell'onorevole Calamandrei non soltanto formalmente, ma anche per una significazione sostanzialmente diversa che tiene a mettere in evidenza, affinché non si creda che, sotto un giuoco di parole, voglia nascondere un concetto diverso. Approvando la formula dell'onorevole Calamandrei, si afferma in pieno il principio dell'unità della giurisdizione; la sua formulazione invece esprime un concetto che è proprio anche della Corte di cassazione; designa un orientamento. Dire che il potere giudiziario è informato al principio dell'unità della giurisdizione ha un duplice valore, sia in riferimento al processo di sfrondamento, al quale accennava l'onorevole Laconi, delle giurisdizioni esistenti, sia per quello che potrà essere l'atteggiamento futuro del legislatore. L'affermazione di un orientamento è, a suo avviso, più confacente ad una Costituzione che non quella di un principio rigido. Verranno poi le eccezioni.

Calamandrei, Relatore, dichiara che la formula dell'onorevole Bozzi non può soddisfarlo, perché non pone il divieto assoluto al legislatore.

Agli onorevoli Targetti e Di Giovanni, che si sono preoccupati di inserire in qualche parte il divieto di giurisdizioni straordinarie oltre che di quelle speciali, osserva che questo divieto si trova già in un articolo approvato. Le giurisdizioni straordinarie sono una cosa diversa dalle speciali, per cui è inutile richiamarle.

All'Onorevole Mannironi, che ha proposto di inserire in questo punto un accenno all'arbitrato, ricorda che di questo si parlò quando fu approvato l'articolo in cui si precisava che la giurisdizione è funzione dello Stato e tutti furono d'accordo nel ritenere che con esso non si escludeva la giurisdizione arbitrale, il riconoscimento delle sentenze straniere e il riconoscimento, in certi casi, delle sentenze ecclesiastiche.

Fa rilevare all'onorevole Uberti che egli, quando sostiene che si debbano poter creare giurisdizioni speciali, ma che a queste giurisdizioni si debbano dare tutte le garanzie di indipendenza, non considera che, se si arriverà a ritenere — quando si parlerà dell'autogoverno della Magistratura — che questo è l'unico modo per dare l'indipendenza ai giudici, bisognerà anche riconoscere che le giurisdizioni speciali debbono essere inserite nella Magistratura ordinaria, altrimenti non si avrebbe per esse l'autogoverno.

Fa poi considerare all'onorevole Laconi (il quale diceva che nella Magistratura non deve essere impedita la possibilità di farvi entrare, quando occorra, elementi estranei, non giuristi, perché non si può prevedere quali itinerari seguirà la storia e quali potranno essere le necessità sociali) che a questa esigenza si risponde col dare la possibilità di creare sezioni specializzate nell'interno della Magistratura, nelle quali, sotto la presidenza di un giudice ordinario, siano introdotti quegli elementi tecnici di cui si riterrà, di volta in volta, opportuna la partecipazione. A questo proposito richiama l'attenzione dei colleghi sul fatto che i lavori della Costituente sono stati preceduti dai lavori, protrattisi per un anno, di una Commissione composta dai rappresentanti di tutti i partiti presso il Ministero della Costituente, che ha preso lungamente e serenamente in esame tutti i problemi che oggi tornano alla discussione per essere formulati in articoli. Ebbene, su questi problemi dell'unicità della giurisdizione e delle giurisdizioni speciali, non una voce si è levata contro la richiesta di non creare più giurisdizioni speciali e di affermare solennemente nella Costituzione il principio dell'unicità della giurisdizione. Ed erano presenti i rappresentanti di tutti i partiti: per i comunisti c'era l'onorevole Terracini.

Resta riservato il problema delle giurisdizioni speciali attualmente esistenti, che sarà discusso quando si sarà affermato il principio generale, e potrà essere risolto con un apposito comma.

Per quanto riguarda le Corti d'assise, ricorda che l'onorevole Bozzi ha già risposto all'onorevole Targetti che la Corte d'assise è un giudice ordinario, e quando si dice che il potere giudiziario appartiene ai giudici ordinari e che tra questi si possono inserire delle sezioni specializzate con l'intervento di elementi estranei, è evidentemente compresa la Corte d'assise che, eventualmente trasformata, costituirà una di queste sezioni specializzate degli organi ordinari.

Targetti risponde che la Corte d'assise, che giudica il fatto e nella quale il giudizio è rimesso esclusivamente al giudice popolare, non è una sezione speciale della Corte d'appello.

Calamandrei, Relatore, propone, nei riguardi del suo articolo, di non mettere in votazione l'espressione posta tra parentesi: «e amministrativa».

Il Presidente Conti aderisce e ritiene che si debba mettere in votazione prima l'articolo dell'onorevole Calamandrei, sia perché è in accordo con quello dell'onorevole Leone, sia perché si allontana di più dal testo proposto nella relazione. Lo ritiene anche più comprensivo.

La formulazione Calamandrei è la seguente:

«L'esercizio del potere giudiziario, in materia civile e penale, appartiene ai giudici ordinari istituiti e regolati dalla legge sull'ordinamento giudiziario».

Leone Giovanni, Relatore, è favorevole a questa formulazione, ritenendo che in sede di coordinamento il testo Calamandrei possa essere integrato con quello da lui proposto.

Uberti si dichiara favorevole all'unità della giurisdizione in materia civile e penale, ma ritiene che, con la formulazione Calamandrei, si voglia stabilire la negazione della giurisdizione speciale. A quest'ultimo concetto non può assolutamente aderire.

Il Presidente Conti mette ai voti la formulazione Calamandrei.

(Non è approvata).

Bozzi chiede che sia inserito a verbale che egli ha votato contro la proposta Calamandrei, non perché sia contrario al principio dell'unità della giurisdizione, ma perché ritiene che questo principio debba essere, non affermato in maniera rigida ed assolutamente vincolante, ma espresso in forma orientativa.

Ramificare l'ordine giudiziario in tante sezioni specializzate non conferisce autorità all'ordine stesso. Si dichiara d'accordo sul punto di arrivo, ma non sulla via da seguire.

Il Presidente Conti avverte che si dovrà ora porre in votazione il testo dell'onorevole Leone.

Ambrosini dichiara di aver votato a favore dell'articolo Calamandrei e che, per coerenza, dovrebbe votare a favore anche della formulazione Leone; non ritiene però che la procedura fin qui seguita contribuisca alla chiarificazione del problema.

Il Presidente Conti, considerati i dissensi fin qui manifestatisi, ritiene che sarebbe opportuna un'intesa fra i relatori e i proponenti le varie formulazioni, per raggiungere l'accordo su un testo unificato.

Osserva che l'ordine del giorno Bozzi, dicendo: «l'esercizio del potere giudiziario in materia civile e penale è informato al principio della unità della giurisdizione», non afferma un concetto preciso ed intelligibile, quale si richiede in un articolo della Costituzione.

Calamandrei, Relatore, dichiara che voterà contro l'ordine del giorno Bozzi, perché lo ritiene equivoco. Ritiene che si debbano approvare articoli che significhino qualche cosa di pratico, in questo caso, occorre assumersi la responsabilità di affermare se si vuole o meno l'unità della giurisdizione. La proposta Bozzi costituisce un'affermazione generica del principio che poi in pratica può essere violato.

Targetti riconosce che al concetto espresso dall'onorevole Bozzi si potrebbe dare anche una formulazione diversa, ma si dichiara contrario all'interpretazione che ne dà l'onorevole Calamandrei. Si possono avere in questa materia vari orientamenti. L'onorevole Calamandrei dice che deve essere preclusa la via alla creazione di ogni giurisdizione speciale; si può invece sostenere che si debba largheggiare con l'istituzione di esse: ma è possibile anche un terzo orientamento, quello del suo gruppo che, pur aspirando all'unicità della giurisdizione, ritiene che sia un vagare nella astrattezza il chiudere gli occhi di fronte alla necessità assoluta che esistano talune giurisdizioni speciali.

Porzio fa osservare all'onorevole Targetti che in una Costituzione bisogna porre dei termini sicuri, delle proposizioni nette, le quali non siano suscettibili di significati ambigui. Quando si dice che si è per l'unicità della giurisdizione, sarà questa la prima affermazione da fare, e saranno tutti d'accordo nel farla; verrà poi qualche emendamento, qualche esplicazione; e questa è cosa da discutere. Perciò si chiede come si sia potuto non approvare la formulazione dell'onorevole Calamandrei.

Targetti risponde che non la si è approvata perché è preclusiva.

Porzio obietta che è una forma rigida, la quale afferma il principio. Ma questo può essere soggetto a delle eccezioni che saranno precisate e chiarite.

Leone Giovanni, Relatore, si pone sulla linea realistica segnata dall'onorevole Porzio. L'onorevole Targetti ha voluto esprimere l'ansia per l'unicità della giurisdizione; ma esistono nell'attuale ordinamento delle giurisdizioni speciali che è opportuno che sopravvivano. Quindi, formulando una Carta Costituzionale, il cui carattere deve essere la concretezza — e questo deve essere il suo titolo di nobiltà — si debbono disciplinare queste giurisdizioni, anche se si voglia chiamarle «giudici speciali», affinché non siano create per arbitrio del potere esecutivo. Si deve però esprimere anche il desiderio che questi giudici speciali abbiano una delimitazione; e una delimitazione è in relazione al pericolo che il giudice speciale, o per la sua provenienza, o per la sua funzione tecnica, possa essere non competente o non capace da un punto di vista professionale. È accaduto alle volte che il giudice fosse lo Stato stesso; ma in regime democratico occorre difendersi dall'invadenza del potere esecutivo. Va riconosciuto che v'è un tronco fondamentale che si chiama giustizia ordinaria; vi sono poi delle diramazioni che sono i giudici speciali. Qui il dissenso è possibile: con la sua proposta questi giudici speciali debbono essere composti per due terzi dai giudici ordinari e, per l'altro terzo, da altre persone. Su questo potrà non esservi l'accordo; ma anzitutto è necessario fissare delle regole, per impedire che il potere esecutivo possa istituire dei giudici speciali ai quali manchi la garanzia dell'indipendenza. Sarà da discutere sulle esigenze alle quali debbono obbedire, se vi debba essere una maggioranza di giudici ordinari o di estranei, se debba essere il Capo dello Stato a nominarli, ecc.; ma è inconcepibile che non debbano essere fissate delle regole costituzionali al di là delle quali non si possa andare.

Per quanto attiene poi alla giurisdizione amministrativa, è del parere che debba essere conservata; che la Corte dei conti, il Consiglio di Stato e la Giustizia tributaria debbano sopravvivere, regolate da leggi speciali.

Oltre alle giurisdizioni speciali che ha ricordato non ne vede altre. Pertanto i giudici speciali che escono fuori da questi limiti, quelli cioè che trattano puramente rapporti privatistici o penali, posto che debbano esistere, a suo avviso, lo possono solo con garanzie particolari.

Calamandrei, Relatore, per una mozione d'ordine, poiché il primo comma della sua proposta è stato respinto, chiede che venga sostituito con un altro.

Laconi si associa a quanto ha detto l'onorevole Bozzi e dichiara, a nome del suo gruppo, di opporsi unicamente all'inserimento nella Costituzione di un principio rigido che impedisca al legislatore ogni iniziativa. A questa esigenza risponde il concetto espresso dall'onorevole Leone, che possano prevedersi delle eccezioni alla regola fondamentale.

Bozzi ritiene che la discussione sia basata su un equivoco. Quanto ha detto l'onorevole Leone lo convince che questi è d'accordo con la sua tesi, mentre è in dissenso parziale con l'onorevole Calamandrei.

Il sistema Calamandrei è organico e conseguente: tutto il potere giudiziario, civile, penale, amministrativo deve essere lasciato ai giudici ordinari, non devono essere consentiti per l'avvenire giudici speciali. Se insorge la necessità di una specializzazione, la materia dovrà essere disciplinata organizzandola nell'ordinamento giudiziario ordinario a mezzo di sezioni specializzate.

L'onorevole Leone si dichiara d'accordo con il collega Calamandrei nell'affermazione rigida del principio unitario; ma poi pone il problema se eventuali organi futuri dovranno essere giudici speciali o sezioni specializzate.

Leone Giovanni, Relatore, interrompendo, fa notare che egli lo pone in linea transattiva, per andare incontro ad una esigenza politica.

Bozzi osserva che, sia pure in linea transattiva, l'onorevole Leone, mentre si dichiara d'accordo nel principio dell'unità del potere giudiziario, propone poi la creazione di giudici specializzati. Egli, invece, ritiene di essere più conseguente, ritenendo che nella Costituzione molti principî dovranno affermarsi, che costituiscano norme direttive, come ha insegnato lo stesso onorevole Calamandrei, in uno dei suoi interventi nella Commissione plenaria, quando parlò delle norme direttive della Costituzione che vincolano il legislatore. Uno di questi è il principio dell'unità della giurisdizione; un principio direttivo, che vale per il passato agli effetti di una utile revisione di sfrondamento e per l'avvenire allo scopo di infrenare il legislatore.

Si dichiara quindi d'accordo con l'onorevole Leone. Quando si consideri la necessità di giudici particolari, comunque concepiti, l'interessante è la sostanza: stabilire cioè le modalità della nomina dei giudici e le loro funzioni.

Se si entra in quest'ordine di idee, non dovrebbe esservi ragione di dissenso tra le varie tesi. L'onorevole Calamandrei vuole trasformare le giurisdizioni speciali in sezioni speciali. Si è d'accordo con questo principio; l'importante è vedere come si garantisce la libera nomina dei magistrati addetti a queste sezioni speciali e come si stabilisce il funzionamento di esse. Riuscendo a questo scopo, l'indipendenza della Magistratura viene garantita e il problema non dà motivo a dissensi.

Il Presidente Conti osserva che nella formula proposta dall'onorevole Bozzi: «l'esercizio del potere giudiziario è informato al principio dell'unità della giurisdizione», sarebbe conveniente sostituire le parole: «informato al principio», con le altre: «è fondato sul principio». Si avrebbe così un'idea anche più netta; ma nel progetto Calamandrei v'è una precisa disposizione che stabilisce la possibilità delle magistrature specializzate.

Mannironi propone la seguente formulazione redatta seguendo il concetto dell'onorevole Calamandrei: «L'esercizio del potere giudiziario appartiene ai giudici ordinari. Si potranno creare per legge sezioni specializzate, anche con la partecipazione di giudici esperti».

Il Presidente Conti rileva che questo è già detto nel terzo comma della formulazione Calamandrei: «Presso gli organi giudiziari ordinari potranno essere istituite per determinate materie apposite sezioni, con la partecipazione di magistrati specializzati in quelle materie, ovvero di cittadini esperti nominati a norma dell'articolo 20».

Calamandrei, Relatore, chiarisce che l'articolo 20 si riferisce alla nomina di magistrati.

Il Presidente Conti dà lettura del quarto comma suggerito dall'onorevole Calamandrei per chi non accetti la sua proposta di abolizione anche delle giurisdizioni speciali esistenti: «La giustizia amministrativa, le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti e il Contenzioso tributario sono regolati da apposite leggi».

La questione si riduce a stabilire se possano in avvenire coesistere giurisdizioni speciali con la giurisdizione ordinaria. La discussione va imperniata su questo punto.

Uberti osserva che l'affermazione dell'ultimo comma proposto dall'onorevole Calamandrei impegna meno l'unità, perché dice che la giustizia amministrativa, il Contenzioso tributario e le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti saranno regolate da leggi a parte, ma non dice che debbano essere uniformate al principio dell'unità; affermazione che risulta precisa nel testo proposto dall'onorevole Bozzi.

Bulloni chiede se, dal momento che il principio dell'unicità della giurisdizione ha subìto nel progetto Calamandrei delle eccezioni, non sia possibile inserire un'altra eccezione anche per la Corte d'assise popolare.

Targetti propone la seguente formulazione: «L'esercizio del potere giudiziario deve ispirarsi al concetto dell'unicità della giurisdizione. In materia civile e penale è affidato ai giudici previsti dalla legge sull'ordinamento giudiziario ed ai giudici popolari che lo Stato potrà istituire.

«La legge disciplinerà la giustizia amministrativa e le giurisdizioni speciali che si riterranno necessarie per determinate materie, fatta, in qualsiasi caso, eccezione per la materia penale.

«I Tribunali militari potranno essere istituiti soltanto in tempo di guerra».

Fa rilevare che lo spirito delle norme suggerite dall'onorevole Calamandrei è diverso e quasi opposto a quello della formula che ha presentato, e dichiara di ritirare l'emendamento.

Il Presidente Conti, considerando che durante l'ampia discussione svoltasi tutti hanno avuto occasione di esporre il proprio pensiero, ritiene opportuno di invitare gli onorevoli Calamandrei, Leone, Bozzi, Laconi e Targetti a riunirsi per concretare un articolo da presentare nella prossima riunione, formulato in modo che possa raccogliere la maggioranza dei voti.

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti