[Il 31 maggio 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni». — Presidenza del Vicepresidente Conti.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Bordon. [...] A questo punto si pone un quesito; l'ordinamento regionale dovrebbe essere uniforme per tutte le regioni? Evidentemente no, poiché esso non può non tenere conto delle singole condizioni locali ed in modo diverso deve essere congegnato quello spettante alle regioni che rappresentano peculiari etniche linguistiche geografiche inconfondibili.

Sarebbe un errore considerare tutte le autonomie alla stessa stregua, poiché vi sono autonomie ed autonomie.

Vi sono autonomie che sono profondamente sentite ed altre che non lo sono affatto. L'onorevole Gullo, per esempio, contesta che esse abbiano fondamento nel mezzogiorno. Per contro sarebbe negare la realtà disconoscere che vi siano regioni particolari, in cui le radici dell'autonomia sono radicate nel sottosuolo stesso della loro storia, zone in cui l'autonomia è nell'intima coscienza della popolazione, in cui l'autonomia è sempre stata un diritto vissuto affermato e praticato attraverso tutti i secoli, zone in cui l'autonomia è sentita come un bisogno di libertà insopprimibile, che si identifica con la lotta stessa da esse combattuta per rispetto di questo sacrosanto diritto.

Prima, fra tali regioni, è la Valle d'Aosta, di cui tanto si è parlato, a torto e a traverso.

Sono stato tra i primi, fin dal periodo cospirativo, quale membro del Comitato di liberazione nazionale clandestino, a difendere la sua autonomia, che è una condizione di vita per essa, date le sue condizioni speciali, ma la nostra autonomia — e voglio dirlo ben chiaro da questo seggio — non ha mai avuto né ha nulla di comune né col separatismo, né con altre forme sacrileghe. (Approvazioni).

L'onorevole Nitti diceva un giorno in quest'aula che, nel suo esilio, aveva appreso come a Parigi si stampasse da un prete un giornale: La Vallée d'Aoste, col quale veniva fatta una propaganda sistematica contro l'Italia.

Ma l'autonomia della Valle d'Aosta non ha nulla a che fare con tale giornale e se è vero che la sua campagna è condotta da un prete, anzi da due preti, sarebbe un errore identificare con costoro la maggioranza stessa del clero valdaostano.

L'onorevole Nitti non conosce la Val d'Aosta: se egli la conoscesse, non confonderebbe, la nostra autonomia, con alcun movimento annessionista o separatista.

Noi autonomisti non ci confondiamo con quei signori, di cui ha parlato l'onorevole Nitti.

Noi difendiamo i nostri diritti sacrosanti di libertà e rigettiamo, con disprezzo, lontano da noi tutto ciò che non risponde a questi nostri sentimenti chiari e onesti.

La storia della Valle d'Aosta non è conosciuta da molti di voi che per sentito dire.

Esso è un piccolo popolo che in tutti i tempi ha lottato sempre strenuamente per la sua libertà e indipendenza.

La sua libertà è la sua vita.

Mai essa, attraverso tutta la sua storia, si piegò di fronte ad alcuno e anche quando col Vaud, con Nizza, con la Savoia, col Piemonte, accettò volontariamente la protezione della casa Savoia, essa ne dettò però le condizioni.

Fin dal 1161 ha la sua carta di libertà, negoziata fra il vescovo di Aosta e il conte Tomaso I e tale carta viene rinnovata e rispettata per sette secoli, fino a che fu violata dalla Casa Savoia stessa.

Fin dal secolo XII essa crea i suoi ordinamenti, ha il suo «Consiglio Generale di Tre Stati», il suo «Conseil des Commis», che provvedono saggiamente al suo governo.

Tale è la sua indipendenza e la sua autonomia che il 4 aprile 1537, piccola ma indomita, difende la sua libertà e stringe con la Francia un trattato di neutralità, in virtù del quale non temerà di tener fronte a tutti.

«Le clauses en sont — dice l'abate Henry, nella sua storia sulla Valle d'Aosta — que les français ne rentreront point dans la vallée».

Difatti quando Francesco I re di Francia, farà chiedere alla Valle d'Aosta di passare con le sue truppe, la Valle non esiterà di respingere la sua domanda.

Quando nel 1554 Enrico II, re di Francia, rinnoverà il tentativo, esso avrà lo stesso esito del primo.

I patti non si violano, per questo grande popolo annidato come un'aquila fra le sue montagne superbe, che sono la sua forza e la sua gloria. Nulla le è più caro che la sua libertà ed esso la difenderà sempre in tutti i secoli «ch'a cousta lon ch'a cousta».

Ne è prova anche il responso del 2 giugno: a grande maggioranza il suo voto fu per la Repubblica. La Valle d'Aosta libera, democratica ed antifascista non può volere che un'Italia del popolo.

Difendendo la sua autonomia, non difende solo le sue tradizioni, la sua civiltà, la sua storia, ma altresì la sua individualità etnica, linguistica, geografica giuridica, economica e culturale.

Per questi riflessi provvide furono le leggi del 7 settembre 1945 colle quali venne ad essa riconosciuto il diritto di autonomia, che le spetta in virtù delle sue particolari condizioni, e il diritto di zona franca.

Due anni sono quasi trascorsi da allora, e di fronte a coloro che l'attuale riforma vedono con perplessità, voglio dire qui una parola rassicuratrice di fiducia e di esperienza.

In base all'autonomia riconosciutale, la Valle d'Aosta ha oggi una amministrazione libera, un autogoverno democratico, che non mancherà di rispondere ancora meglio alle sue esigenze, quando al suo diritto acquisito saranno date quelle maggiori potestà che sono necessarie per l'esercizio di una vera autonomia e per l'applicazione dei diritti, che sono ad essa connessi.

Per tali considerazioni, l'ordine del giorno del compagno Nobili Oro, nel quale si chiede lo stralcio, dal progetto di Costituzione, dell'ordinamento regionale sino ad esito del risultato delle autonomie concesse, diventa perfettamente ozioso.

L'esperienza affermativa dei due anni già trascorsi per la Valle d'Aosta, è decisiva al riguardo, per cui non v'è ragione che la riforma debba essere oltre rimandata.

Per questi riflessi, onorevoli colleghi, vi domando di dare il vostro consenso alla riforma, come vi domando, quando vi sarà sottoposto nelle prossime sedute, di approvare l'articolo 108 del progetto, che consacra e garantisce costituzionalmente i particolari diritti della Valle, che ho l'onore di rappresentare.

Farete in tal modo opera saggia ed illuminata, di cui la Valle d'Aosta, la terra dei nostri eroici alpini, è ben meritevole e degna, per i sacrifizi che generosamente essa ha fatto sempre in ogni tempo verso la Madre Patria. (Applausi Congratulazioni).

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti