[Il 10 giugno 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. [...] Concluso lo svolgimento degli ordini del giorno relativi al titolo V del progetto di Costituzione, ha facoltà di parlare il Relatore, onorevole Ambrosini.

[...]

Ambrosini, Relatore. [...] Alcuni colleghi hanno osservato che gli enti locali hanno già un qualche potere normativo. È vero, ma non basta. Bisogna che dalla competenza regolamentare si passi all'attribuzione di una potestà legislativa, limitata — s'intende — a materie d'interesse puramente locale.

Se è vero che riguardo a tali materie non agevole o non del tutto efficiente è il funzionamento del potere legislativo centrale, è chiaro che si rende opportuno l'affidamento del potere legislativo alle Regioni, giacché i rappresentanti delle rispettive popolazioni ne conoscono a fondo i bisogni e sono in grado di provvedervi meglio e con maggiore responsabilità del Parlamento nazionale. Questo è il nostro punto di vista.

E qui sorge la questione dell'ampiezza o meno del potere legislativo, della quale discutevamo ancora stamane nel Comitato di redazione, prima dell'apertura della seduta dell'Assemblea.

Data la necessità o l'opportunità o comunque l'utilità di operare la deflazione del potere legislativo centrale, si presenta naturale la soluzione di affidare l'elaborazione delle norme giuridiche, che riguardano le collettività locali e che importano interessi puramente locali, ai rappresentanti delle stesse collettività. Vengo a parlare della maggiore o minore ampiezza di queste norme.

Zanardi. Ma non ci sono già gli organi locali?

Ambrosini. Le rispondo subito dandole le precisazioni che opportunamente mi richiede. Noi infatti siamo qui per avvertire e soddisfare le esigenze delle popolazioni, non per fare questioni di dottrina o di partito: noi consideriamo le questioni dal punto di vista nazionale. Lei domanda perché non si ricorre agli Enti locali esistenti? Ecco la risposta: perché la circoscrizione comunale, sarebbe troppo ristretta in relazione agli interessi ed agli scopi che si vogliono perseguire; e troppo ristretta sarebbe ugualmente la circoscrizione provinciale.

Ci sono dei servizi che per il loro più adeguato esercizio comportano e necessitano una circoscrizione più ampia. Naturalmente, egregi colleghi, non c'è nulla di assoluto e di tassativo. Siamo sempre nel campo del relativo. Ma è indubbio che ci sono dei servizi che dal punto di vista tecnico e da quello economico possono meglio essere adempiuti in una circoscrizione più ampia.

Miccolis. Lo stesso ragionamento può farsi per la Regione. (Commenti Interruzioni).

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, non interrompano.

Ambrosini. Io avrò dei difetti, ma credo di non peccare di mancanza né di obiettività, né di conciliabilità. Esaminerò la questione obiettivamente.

Io potrei, cari colleghi, rispondere alle vostre interruzioni riportandomi sul terreno sul quale si mise l'onorevole Priolo l'altro giorno; potrei cioè leggere i passi di uno dei più celebrati autori inglesi sul governo locale in Inghilterra, giacché il problema è attualmente in discussione, quantunque su base diversa, anche nel Paese tradizionalista d'oltre Manica. Il Finer ne tratta ampiamente.

Crispo. In Inghilterra c'è la Contea, non la Regione.

Presidente Terracini. Onorevole Crispo, non interrompa. Non facciamo sfoggio di erudizione!

Ambrosini. C'è la Contea, ma c'è un movimento regionalista. Lo vedremo. Quando faccio delle citazioni, mi potreste anche credere sulla parola. Ma in una questione così grave ho portato i testi. (Commenti). È mio dovere di onestà e di opportunità. Leggerò appresso i passi più importanti.

Mi avete domandato inoltre di quali servizi si tratta. Rispondo: parecchi.

Cominciamo dall'energia elettrica. Indubbiamente la circoscrizione del Comune o della Provincia si dimostra spesso troppo ristretta. Può darsi che la Regione non sia nemmeno sufficiente. Ma è più logico che si vada alla Regione quando non appaia necessario ricorrere ad una circoscrizione più vasta. Comunque può essere opportuno prendere normalmente come base la Regione.

Una voce a destra. Non è esatto.

Ambrosini. Cari colleghi, non c'è niente, ripeto, di assoluto: si tratta di valutazioni, che dovranno farsi quando si tratterà del dettaglio. Vi sono i servizi relativi agli acquedotti, alle strade, alle bonifiche, ai trasporti, ecc., per i quali si dimostra spesso inadeguato il territorio del comune e della provincia. Inadeguata è comunque la circoscrizione degli enti locali esistenti per quanto si riferisce all'esercizio della funzione normativa. Se già molti sono spaventati del potere legiferante da affidare ad una regione, sicuramente spaventatissimi diventerebbero se si dovesse affidarlo alla provincia. Io stesso sarei contrario. Solo nella circoscrizione più ampia di più province costituenti una regione può trovarsi la base sufficiente per l'adeguato esercizio di un potere normativo.

Uno dei precedenti oratori (ho qui tutti gli appunti), parlando della Toscana, proprio a proposito dell'argomento attuale, disse volgendosi a me: «Ma credete che Firenze, Arezzo, Siena e Pisa abbiano le stesse caratteristiche?». Al che io credo si possa rispondere: indubbiamente c'è una varietà, ma ugualmente è indubbio che tra Firenze, Siena, Arezzo e Pisa sommate assieme c'è una uniformità maggiore di quella che non ci sia tra Firenze e Caltanissetta. Se è sufficiente la circoscrizione della Regione toscana o siciliana per l'attribuzione di una certa potestà legislativa, rappresentando ognuna di tali Regioni un complesso uniforme — insufficiente sarebbe la circoscrizione delle singole province, malgrado la loro eventuale varietà, comprese nella stessa Regione; assolutamente e manifestamente inadeguato, e senz'altro da scartarsi è il territorio del Comune; quindi non può esservi che la Regione.

Una voce. Perché non può essere la Provincia?

Uberti. Perché è troppo piccola.

Una voce. È piccola anche la Regione.

Ambrosini. Il nostro criterio è questo: specialmente per quanto si riferisce alla potestà legislativa o normativa, qualunque estensione o qualunque restrizione si voglia in proposito adottare, la circoscrizione della provincia è inadeguata. L'Assemblea è naturalmente arbitra di valutare e decidere. Io ho fatto il mio dovere nell'esporre quello che è il punto di vista mio e della Commissione.

[...]

Veniamo al punto più controverso, quello della potestà legislativa da attribuirsi alla Regione. È a causa dell'attribuzione di un tale potere che si esce dal campo della autarchia per passare a quello dell'autonomia; istituto che è più specialmente connesso con la potestà di produrre norme giuridiche, legislative. Questa è la dottrina prevalente, alla quale mi attengo per semplificare i termini della discussione ed indicare la differenza fra l'autarchia e l'autonomia. Si tratta, s'intende, di nozioni relative, di indicazioni a cui ci riferiamo per aver modo di intenderci.

È opportuno accennare a quanto chiarii nella parte generale della mia relazione scritta: che la differenza tra i due istituti, notevole dal punto di vista concettuale e teorico, può ridursi a ben poca cosa, quando venga circoscritta a materie limitate la potestà normativa dell'Ente autonomo. Rimandando in proposito alla relazione, debbo qui mettere in rilievo che la seconda Sottocommissione, prima di votare l'ordine del giorno Piccioni, in cui si parla esplicitamente della potestà «legislativa» della Regione, esaminò la questione ampiamente su iniziativa dell'onorevole Fabbri. L'onorevole Fabbri infatti, se ben ricordo, si era opposto alla proposta di attribuzione alla Regione di una tale potestà «legislativa», ed aveva proposto di sostituire l'espressione con quella di potestà «normativa».

La Sottocommissione respinse l'emendamento Fabbri, e votò per la potestà «legislativa». Fra le due parole non può dirsi che ci sia differenza dal punto di vista della sostanza; ma il fatto che dopo lunga discussione fu prescelta la parola «legislativa» sta ad indicare che si volle parlare della facoltà di emanare norme giuridiche di carattere non soltanto regolamentare, ma assurgenti al rango di leggi formali.

Quando fui incaricato di tradurre in uno schema articolato i principî affermati nell'ordine del giorno Piccioni, dovevo quindi prevedere per le Regioni l'attribuzione di una potestà «legislativa»; e ciò feci proponendo due tipi di legislazione: una piena e l'altra di integrazione.

Sul primo tipo, che si trova fissato nell'articolo 109 dell'attuale progetto, sorsero e continuano ad esserci le più gravi dispute ed obiezioni, per la preoccupazione che possa derivarne pericolo per l'unità dello Stato.

Ma a questo eventuale pericolo io stesso avevo pensato e posto preventivamente rimedio, circoscrivendo la portata dell'ordine del giorno Piccioni, e ponendo dei limiti di sostanza e di forma all'esercizio da parte della Regione della potestà legislativa in questione; per il che sono stato quasi accusato di avere mortificato e compresso l'istituto dell'autonomia.

La lettura pacata del testo dell'articolo 109 dovrebbe fare scomparire le preoccupazioni suaccennate. Le materie attribuite alla competenza legislativa della Regione sono poco numerose e di interesse puramente locale, tanto che l'onorevole Einaudi ed altri colleghi hanno criticato l'articolo 109 per la sua limitatezza.

Ma più notevoli sono le restrizioni di sostanza. Infatti, anche per le materie poco numerose indicate nell'articolo 109, la Regione non può emanare norme legislative, se non in armonia con la Costituzione ed i principî generali dell'ordinamento dello Stato, e se non rispettando gli obblighi internazionali dello Stato ed inoltre (è opportuno metterlo in rilievo per la sua importanza) «gli interessi della Nazione e delle altre Regioni».

Dovrebbe quindi cadere l'appunto fondamentale mosso all'articolo 109, a proposito del quale si è incorso, io credo, in un equivoco quando si è creduto che tale articolo prevede un tipo di legislazione «esclusiva». A mio modo di vedere, la legislazione dell'articolo 109 non è «esclusiva», perché è condizionata dalle suddette restrizioni preventive di sostanza e dalle altre successive restrizioni derivanti dalla facoltà attribuita dal successivo articolo 118 al Governo centrale di sospendere l'efficacia ed impugnare le norme legislative deliberate dalla Regione.

Di legislazione «esclusiva» può parlarsi, secondo me, solo negli Stati federali riguardo alle materie attribuite dagli Stati membri allo Stato composto, secondo il sistema che cominciò ad attuarsi nella Costituzione degli Stati Uniti d'America del 1787, che è la prima Costituzione federale. Tale sistema fu allora affermato, pur senza adoperare l'espressione di cui ora discutiamo. Questa espressione di «legislazione esclusiva» fu adottata dalla Costituzione di Weimar del 1919, la quale all'articolo 6 dice che il Reich ha, nelle materie ivi indicate, la «legislazione esclusiva» (ausschliessliche Gesetzgebung).

Ora è evidente, a me pare, che per il tipo di legislazione previsto dall'articolo 109 del nostro progetto di Costituzione non possa adoperarsi la qualifica di «esclusiva» adoperata dall'articolo 6 della Costituzione di Weimar.

Senza preoccupazione era stato considerato il secondo tipo di legislazione regionale che io avevo proposto nel progetto originario: la legislazione di integrazione ed attuazione delle leggi dello Stato (sempre per materie tassativamente indicate).

Le preoccupazioni sorsero quando la seconda Sottocommissione ampliò, per scrupolo di precisazione, lo schema da me proposto ed approvato dal Comitato di redazione, passando ad adottare i due tipi di legislazione previsti negli attuali articoli 110 e 111 del progetto.

L'articolo 111, che parla di «legislazione di integrazione ed attuazione», è generalmente accettato.

Fortemente criticato ed oppugnato è invece l'articolo 110, il quale dispone che, per le materie in esso indicate, «la Regione ha potestà di emanare norme legislative nei limiti del precedente articolo (l'art. 109) e con l'osservanza dei principî e delle direttive che la Repubblica ritenga stabilire con legge allo scopo di una loro (cioè delle materie indicate) disciplina uniforme».

In proposito debbo dire che, se non fui favorevole alla innovazione apportata con questo tipo di legislazione rispetto al sistema del mio progetto, non posso d'altra parte condividere le aspre critiche che sono state fatte all'articolo 110.

Tali critiche derivano principalmente dal fatto che si considera la legislazione ivi prevista come avente carattere di legislazione «concorrente» con quella dello Stato. Io non ritengo esatta questa qualifica.

Legislazione «concorrente» è quella prevista dalla Costituzione di Weimar, la quale, dopo di avere parlato all'articolo 6 del potere legislativo «esclusivo» del Reich, e di essere passata nell'articolo 7 ad occuparsi di un potere legislativo del Reich, non qualificato «esclusivo», su altre materie, aggiunge in seguito, e precisamente all'articolo 12, che fino a quando il Reich non usa del suo potere legislativo rispetto alle materie non attribuite alla sua competenza esclusiva, tale potere può essere esercitato dai singoli Paesi (Länder).

Questa, sì, è legislazione «concorrente», non quella attribuita alla Regione dall'articolo 110 del nostro progetto di Costituzione, che può qualificarsi soltanto «complementare», perché presuppone che ci sia già la legge dello Stato... (Interruzione dell'onorevole Bozzi).

Se lei, caro Bozzi, come magistrato, dovesse applicare questo articolo, finirebbe per dargli il significato al quale io accenno. Comunque, l'Assemblea potrebbe, se ha dubbi, eliminarli con una lieve variante, sostituendo all'espressione della prima parte dell'articolo 110 «...ritenga stabilire» la parola «stabilite». Così si affermerebbe, senza possibilità di equivoci, che la Regione può legiferare quando già esiste una legge dello Stato «con l'osservanza dei principî è delle direttive stabilite con legge dello Stato». Il carattere non «concorrente», ma soltanto «complementare» della legislazione di cui all'articolo 110 sarebbe riaffermato in modo tassativo e tale da eliminare qualsiasi dubbio. Indubbiamente si tratta di una facoltà legislativa che si avvicina a quella prevista dal successivo articolo 111, tanto che parecchi colleghi hanno proposto la fusione dei due articoli.

È stato il punto, questo, più dibattuto nella Sottocommissione, nella Commissione dei settantacinque, nel Comitato dei diciotto. Nel Comitato dei diciotto se ne discuteva ancora su stamane, prima dell'inizio della seduta dell'Assemblea. E forse si arriverà — ce lo auguriamo tutti — a trovare una formula che possa conciliare il maggior numero di consensi.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti