[Il 4 giugno 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni». — Presidenza del Vicepresidente Conti.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Recca. [...] Ma, onorevoli colleghi, una volta riconosciuto e stabilito nella Costituzione il principio delle autonomie locali, che per alcuni colleghi può frantumare l'unità della nazione, perché essi confondono il separatismo con l'autonomia regionale e dimenticano quanto è sancito nell'articolo 106, cioè che la Repubblica italiana è una e indivisibile, una volta riconosciuta, nel nostro progetto di Costituzione, l'erezione di nuove Regioni (articolo 123), perché non si deve lasciare a questa Assemblea la possibilità di indagare se, oltre alle dette nuove Regioni di cui parla l'articolo 123, non ci siano altre circoscrizioni che abbiano quelle caratteristiche, quei requisiti necessari per essere costituite in Regioni? Noi, amici cari, non possiamo assolutamente fare due pesi e due misure. Noi, se giustamente riconosciamo le nuove regioni del Friuli, dell'Emilia lunense, del Molise, del Salento, non possiamo, nella maniera più assoluta, per un senso di giustizia, e per un senso — direi quasi — di umanità, non possiamo tralasciare l'analisi di requisiti e attribuzioni e circostanze ambientali che rendano degna una circoscrizione di assurgere a Regione.

E badate che anche la Commissione mi dà ragione. Mi dà ragione perché, in una nota a pagina 31 all'articolo 123, dice di sospendere ogni altra decisione in attesa di elementi di giudizio, da inchiesta in corso presso gli organi locali delle Regioni di nuova istituzione.

Non solo: ma, scorrendo il lavoro della Sottocommissione, relativamente alla compilazione del ripetuto articolo 123, si nota che altre nuove circoscrizioni territoriali, pur avendo tutti i requisiti richiesti, non sono state riconosciute ed incluse nel citato articolo, per difetto di alcuni elementi, che non erano stati approntati, forse perché ritenuti superflui. Ond'è che, trovandosi in possesso di quegli elementi di giudizio di cui alla nota della Commissione, trovandosi in possesso di quegli altri elementi, ritenuti, per i proponenti, superflui, e necessari, invece, per la Sottocommissione, trovandosi in possesso ancora di tutto il materiale già valutato favorevolmente dalla stessa Sottocommissione, alcune circoscrizioni possono oggi chiedere che venga riconosciuta la loro autonomia regionale.

E fra queste circoscrizioni c'è la Daunia! Daunia! «Carneade, chi era costui?» Così disse, o, per lo meno, così voleva dire l'onorevole Nitti, quando parlò in questa Aula sui principî informatori della nuova Carta costituzionale della Repubblica italiana. Non è colpa nostra, se all'onorevole Nitti, allo studioso Nitti sia sfuggito il nome storico della Daunia o Capitanata, se a lui siano sfuggite le esigenze di questa Daunia nettamente distinte e separate da quelle delle altre Regioni finitime, e dalle altre — ora — Province finitime.

Ma quando si parla di altre nuove Regioni, come il Friuli, il Molise, il Salento, nessuno si scandalizza, mentre quando si parla della Daunia tutti fanno finta di scandalizzarsi.

Eppure voi avete notato l'accento con cui vi ha parlato, poco fa, l'onorevole Rodi; io vi prego di rilevare il mio e di ricordare quello con cui, qualche volta, vi parla l'onorevole Pastore, dai banchi di sinistra. Questi è del barese, io del foggiano, l'altro è del Salento. Tre dialetti distinti, tre accenti distinti e tutti dell'attuale Puglia.

E quando l'Italia meridionale stava sotto l'amministrazione del Governo alleato, quando l'A.M.G. costituì la cosiddetta regione meridionale, la ripartì in sei zone con capoluoghi a Napoli, Salerno, Catanzaro, e poi Foggia, Bari, Taranto.

Eppure bastava che l'A.M.G. avesse preso una qualsiasi carta geografica delle scuole elementari, dove esistono le divisioni regionali diversamente colorate, per vedere che la Regione pugliese era una sola. Invece no: è stata divisa in tre zone, con tre capoluoghi: Bari, Foggia, Taranto, perché tre circoscrizioni distinte, tre economie distinte, tre territori distinti.

Noi possiamo concordare con l'onorevole Nitti e con altri colleghi, se ci dicessero di non aver mai inteso parlare di questa Daunia, come richiedente una costituzione regionale. E come e quando si potevano fare di queste richieste, se non in questo nuovo periodo storico, in cui si discute la nuova forma dello Stato, in cui si parla, nella nuova Costituzione, dell'ente Regione? E proprio in questo momento in cui si parla del problema delle autonomie regionali, vien fuori tutto il ricordo, che rappresenta una realtà, dell'abbandono della nostra Provincia, da parte dello Stato accentratore, o da parte del capoluogo dell'attuale nostra Regione, più accentratore ancora dello Stato.

Che cosa, in cambio delle enormi entrate ricavate dallo Stato per la distribuzione del sale prodotto nelle saline di Margherita di Savoia e distribuito in tutta Italia e all'estero, ha dato lo Stato a quella cittadina? Margherita di Savoia ha delle acque salsoiodiche miracolose e lo Stato ha sempre permesso che queste acque madri, sigillate in appositi recipienti, fossero trasportate a Salsomaggiore e Montecatini, ha solo permesso che diventassero regie e governative queste terme di Salsomaggiore e Montecatini, ma non ha mai pensato alla valorizzazione delle terme di Margherita, abbandonandola soltanto nella malaria. Ma oggi queste terme, che io chiamo non terme di Margherita, ma terme del Mezzogiorno, incominciano a funzionare, ed il sogno di tanti e tanti anni di una desolata popolazione è diventato realtà, non per merito dello Stato, ma per volontà di quella Daunia che si vuole ignorare.

E lo stesso dicasi per la produzione del vino e del grano.

S'è sempre pensato a permettere che il famoso vino di Trinitapoli, di San Severo, di Cerignola, fosse mandato in alta Italia per la fabbricazione del vermout, del marsala; per la sua imbottigliatura in fiaschi con l'etichetta «Chianti» e fosse ritornato in quei luoghi per una vendita a prezzo maggiorato, ma non s'è mai pensato ad incoraggiare in quei luoghi un'industria per la fabbricazione, con quel vino, del marsala e del vermout.

S'è sempre ricorso alla Daunia, specie negli ultimi anni, per la giuntura del grano fra un raccolto e l'altro, e questa Daunia ha sempre risposto all'appello con il suo prodotto ed il suo lavoro, ma non ha mai pensato lo Stato ad incoraggiare una cultura intensiva di quel suolo tanto fertile e benedetto. Tutto ha dato, ma niente ha ricevuto questa Daunia, sia dallo Stato che dal Capoluogo dell'attuale regione pugliese che ha sempre pensato ad accentrare tutto nel proprio interesse, e la Daunia è rimasta con la sua malaria, con le sue strade indecenti, con i suoi comuni con scarsissime comunicazioni e con case in cui non possono vivere nemmeno le bestie.

Sono questi dei problemi che solo l'ente Regione potrà risolvere, sono questi dei problemi che saranno risoluti solo se la Daunia sarà costituita in Regione.

Potete aver ragione quindi, onorevoli colleghi, se dite di ignorare la Daunia come richiedente un'autonomia regionale, ma non potete asserire di ignorarla, come nome storico, perché basta aprire una qualsiasi enciclopedia, un qualsiasi vocabolario scientifico e cercare quel nome per trovare scritto: «antica regione» (si noti: regione) della Puglia, confinante a nord col fiume Fortore (antico Frento), a sud con l'Ofanto, ad oriente con l'Adriatico, ad occidente con l'Appennino.

Questi limiti sono citati da Plinio e Strabone, e così sono rimasti oggi.

Per opera dei Bizantini, dal 1018, la Daunia venne chiamata Capitanata, appositamente e sempre tenuta staccata dal resto della Apulia che è stata sempre costituita in tre regioni: la Daunia o Capitanata (zona di Foggia) la Pucezia (terra di Bari) ed il Salento (terra di Otranto).

Ed anticamente voi vedete come la Daunia sia stata riconosciuta come regione a sé stante (così, come risulta dagli studi ad hoc fatti dalla Camera di Commercio di Foggia, specie per opera del suo segretario generale dottor Longo), con le molteplici dogane e con la istituzione della Gran Dogana da parte di Alfonso I d'Aragona, con il tribunale della dogana di Foggia con giurisdizione su Aquila, Sulmona, Lanciano, Castellaneta, Taranto, Cosenza; con la Fiera di Foggia, istituita da Federico II; con la Camera Consultiva di Commercio; con cattedre universitarie; con il Senato della Daunia, suprema magistratura, con altre caratteristiche istituzioni che danno prova di una impronta circoscrizionale sui generis.

Ma quanto il suo territorio, quanti gli abitanti? La sua superficie è di chilometri quadrati 7.184.000, e quindi superiore alla Liguria (543.625), all'Umbria (843.668), alle Marche (968.828), alla Lucania (998.731).

La sua popolazione è di 580.870 abitanti (censimento 31.12.42) distribuiti in 60 comuni. Superiore quindi alla Lucania (513.712) e per sei volte più grande della Val d'Aosta, di recente istituzione.

Con regioni antiche, vecchie, nuove ed istituende della nostra Italia, la Daunia può reggere al confronto, anche perché, a differenza delle altre, essa contiene nel suo ambito tutto il desiderabile assortimento di varietà e complementarietà ambientali. Essa infatti ha il mare ed i monti, laghi ed isole, i corsi d'acqua e la grande pianura (il famoso tavoliere), i boschi ed i pascoli; le culture erbacee e le specializzate; gli allevamenti stanziali ed i transumanti; le industrie in atto e quelle in certa prospettiva; le miniere e le saline; le attrazioni turistiche e di commercio; gli scali marittimi delle grandi arterie terrestri che della regione fanno centro di confluenza e di irradiazione di imponenti traffici terrestri.

L'agricoltura è così intensificata, da farla figurare in testa non a gruppi di Province, ma addirittura a gruppi di intere Regioni. Il tempo non ci consente di presentare a voi delle statistiche, ma mettiamo a disposizione degli onorevoli colleghi tutto quanto teniamo a sostegno della nostra tesi, basata su un principio di una sana giustizia.

Che dire delle industrie? Quella vinicola in primo piano e poi quella delle famose saline di Margherita di Savoia, con la produzione del sale, del bromo, del bromuro di potassio e di sodio; le miniere di bauxite, le industrie della carta, delle cave, laterizi e le miniere boschive che non hanno fatto mai punto nella loro ascesa e nella loro perfezione, aiutate tutte dall'impulso dinamico di un ente, che rappresenta il termometro economico della Daunia, e cioè di quella Camera di commercio, con analitici studi che mettiamo a disposizione, ripetiamo, di tutti. E questa Daunia, centro strategico di comunicazioni come è a tutti noto, si appresta, dopo i danni ingenti subiti dalla guerra, ad incrementare e far rifiorire quelle industrie dei trasporti e turistiche, che le daranno una impronta speciale e caratteristica.

Ma se il più rilevante coefficiente da tener presente per il riconoscimento di una nuova Regione è quello riflettente l'autonomia finanziaria, possiamo con sicura coscienza constatare che anche questo coefficiente non manca per il riconoscimento della Regione dauna.

Tenendo presente infatti che i cespiti cui la Regione è prevedibile che possa attingere le sue risorse finanziarie, sia direttamente sia in partecipazione con lo Stato o altri enti, sono le tradizionali fonti imponibili: e cioè i terreni, i fabbricati, redditi passibili di imposta erariale e talune imposte personali, noi abbiamo che i redditi imponibili iscritti nei ruoli 1937, agli effetti dell'imposta sui terreni e sui fabbricati, ammontavano, per la Capitanata, a L. 67.804.360, e quindi a più di quelli risultanti per la intera Calabria (67.446.281); per l'intiero Abruzzo (58.880.884); per tutta l'Umbria (51.719.485); per tutta la Lucania (29.943.783); per tutto il Molise (25.408.848); per tutta la Val d'Aosta (17.534.981). Ed i redditi di solo capitale (categoria A) e quelli industriali e commerciali (categoria B) e quelli professionali (categoria C), iscritti sempre nei ruoli 1937, ammontavano, per la Capitanata, a L. 54.558.702 e quindi a più di quelli risultanti per l'intera Lucania (32.350.864), per l'intiero Molise (25.465.447), per tutta la Val d'Aosta (43.391.784).

Ma, così come risulta dal resoconto dei lavori della Sottocommissione, la proposta della erezione a Regione della Daunia sarebbe stata approvata, se, oltre alla dimostrazione già offerta dei requisiti di cui sopra, si fosse data la prova della volontà popolare della Capitanata, per l'autonomia regionale della Daunia. Questa prova, che non si è potuta fornire alla Sottocommissione perché non si è fatto in tempo, oggi esiste, così come risulta dalla documentazione inviata a tutti i colleghi di questa Assemblea.

La Camera di commercio con la sua Giunta; la Deputazione provinciale: 58 consigli comunali sui 60 componenti la Daunia; tutti i partiti politici, ivi esistenti, ad eccezione di quello comunista; i dipendenti di enti locali; l'associazione commercianti; agricoltori, artigiani, mutilati ed invalidi; unioni sportive; universitari; sindacati post-telegrafonici; associazioni combattenti, reduci e perseguitati politici; coltivatori diretti; associazione periti industriali, lavoratori del catasto, degli uffici del registro, delle imposte dirette e dipendenti tasse ed affari; ordini dei medici, avvocati e procuratori dei Tribunali di Foggia e Lucera; nucleo ferrovieri: unanimemente hanno invocato, spesso in comizi popolari, il riconoscimento della regione Dauna, inviando telegrammi ad hoc al Capo provvisorio della nostra Repubblica, all'onorevole Presidente di questa Assemblea, all'onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri, ed una apposita commissione è stata anche ricevuta, per lo scopo, da S.E. De Nicola e dall'onorevole Presidente del Consiglio.

Se questa è la volontà di tutta una laboriosa popolazione, questa volontà deve trovare eco in questa Assemblea, e la Regione dauna deve essere inserita nell'articolo 123 della nuova Costituzione. (Applausi Congratulazioni).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti