[Il 28 novembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo VI della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Garanzie costituzionali». — Presidenza del Vicepresidente Conti.]

Presidente Conti. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

L'onorevole Persico ha proposto il seguente articolo aggiuntivo 126-bis:

«Rimane ferma la competenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione a giudicare dei conflitti di giurisdizione a norma di legge.».

L'onorevole Persico ha facoltà di svolgerlo.

[L'intervento dell'onorevole Persico è riportato nelle appendici del Titolo IV della Parte seconda nella sezione relativa alla Corte di cassazione.]

[...]

La Pira. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

La Pira. Onorevoli colleghi, si tratta di esaminare i seguenti punti:

1°) se la Corte costituzionale è un elemento integrante del nostro edificio costituzionale;

2°) quale ne è la finalità;

3°) in relazione ai due primi punti, da chi questa Corte costituzionale deve essere scelta.

Onorevoli colleghi, io stamane ho ascoltato col massimo interesse quanto hanno detto gli oratori che mi hanno preceduto, e sono venuto a questa conclusione: mi sono chiesto: che senso ha la Corte costituzionale? perché deve esserci una Corte costituzionale?

A me pare che sia per questa ragione essenziale. Noi abbiamo creato una legge base, come si dice, una norma base, che è la Costituzione, la quale determina per il futuro legislatore delle condizioni, dei limiti, degli orientamenti. Allora, se c'è una legge base la quale è suscettibile, di violazione da parte del legislatore futuro, la conclusione è evidente; deve esistere un organo giurisdizionale il quale accerterà, ove queste violazioni avvenissero, il verificarsi di tali violazioni. Quindi, se esiste una norma base, quale è la Costituzione, e se questa è suscettiva di violazione, deve esistere una funzione giurisdizionale e un organo appropriato che questa funzione eserciti. Per coronare l'edificio costituzionale, come si corona un edificio con un tetto o una volta, ci vuole per forza una Corte costituzionale. Se c'è questa giurisdizione speciale, ci deve essere un organo particolare. Né si può dire: ricorriamo alla giurisdizione ordinaria, perché si potrebbe eccepire che la giurisdizione ordinaria con i suoi organi ordinari di giurisdizione si riferisce a legge ordinaria, a quella che si chiama legge successiva, derivata, ma non alla legge base, alla norma base, la quale, appunto perché tale, ha caratteri speciali e, pertanto, caratteri speciali devono avere la giurisdizione e l'organo correlativi.

Quindi per queste ragioni, data cioè l'essenza e la finalità giuridica della Costituzione rigida, l'esistenza di una Corte costituzionale è indispensabile. Se vogliamo che il nostro edificio sia completo, è necessario mettere questa volta.

Ora, stamattina è stato anche osservato dal Presidente Nitti che vi è un esempio di Corte costituzionale negli Stati Uniti, ma secondo lui, questo esempio è legittimato dal fatto che lì siamo in presenza di uno Stato federale. Ora, mi si permetta di dissentire da tutto questo, vale a dire non è il fatto di essere in presenza di uno Stato federale che determina la nascita della Corte costituzionale; è il fatto che esiste una Costituzione, la quale garantisce determinati diritti subiettivi dell'uomo o delle comunità che sia come limite all'attività del legislatore. È questo fatto, l'esistenza di questa Costituzione, qualunque sia la struttura dello Stato cui si riferisce, che determina la nascita della Corte costituzionale come elemento integrante di questo principio giuridico.

Quindi, ripeto, al quesito, se è necessaria giuridicamente l'esistenza di una Corte costituzionale, dato il tipo di Costituzione che abbiamo elaborato, la risposta è questa: che è necessario, per completare il fenomeno giuridico, che esista una giurisdizione e un organo giurisdizionale appropriati alla legge, che nel nostro caso è la legge base e non la legge ordinaria. A me pare che la risposta possa essere ricavata anche dalla finalità politica della nostra Costituzione, vale a dire noi con la Costituzione ci proiettiamo verso l'avvenire, cioè miriamo a una conclusione giuridica futura che risponda a un certo ordine sociale, quale che sarà questo ordine sociale. Quindi deve esistere questo organo particolare, sensibilizzato, il quale possa dire eventualmente che il futuro legislatore non è orientato secondo questa visione politica che la nostra Costituzione prevede. Quindi, non soltanto dal punto di vista strettamente giuridico, ma anche allargando la visione sotto l'aspetto politico, a me pare che quest'organo supremo costituisca veramente il coronamento del nostro edificio costituzionale.

Secondo: sorge la domanda: ma da chi deve essere — è il problema cosidetto della causa efficiente — costruito quest'organo? E qui le risposte sono due. Si può dire, come nel progetto, che credo non risponda esattamente a quello che noi dobbiamo costruire, che sia lo stesso potere legislativo a creare l'organo giurisdizionale. Ma in tal modo dove va a finire la divisione dei poteri e la garanzia dei diritti della persona, che nella prima parte della Costituzione abbiamo voluto tutelare? Come può il potere legislativo, che deve essere controllato, essere giudice in casa propria? Per un'esigenza costitutiva dell'ordinamento giuridico non possiamo ammettere che quest'organo supremo di controllo dell'attività legislativa futura sia creato dallo stesso Parlamento, la cui attività deve essere controllata. Quindi, necessità di uscire, almeno in parte, dal mondo legislativo, per andare in altro campo. Insomma la causa efficiente di quest'organo non può essere il potere legislativo. Va cercata altrove.

E finalmente — e finisco — il problema delle attribuzioni, di cui hanno parlato l'amico Mortati ed altri. Io non entro nei punti specifici, però seguo sempre il mio ragionamento e dico: qual è la finalità di quest'organo? Evidentemente è una finalità giurisdizionale. La sentenza sarà quella che sarà. Quindi la finalità di quest'organo essenziale è una finalità giurisdizionale, tecnica, perché si fa questo confronto fra le leggi ed in base al confronto viene emessa una sentenza in cui si dichiara la costituzionalità o l'incostituzionalità di una legge.

Quindi, concludendo: al problema che ci siamo posti se è necessario che il nostro edificio costituzionale sia coronato da quest'organo, la risposta è positiva: sì, va coronato da questo organo. È una esigenza intrinseca della Costituzione, di natura e giuridica e politica. Senza quest'organo avremmo una casa senza tetto, un edificio senza volta.

Secondo: sempre in relazione a queste finalità, di difesa della persona e delle comunità, applicazione del principio della divisione dei poteri, quest'organo essenziale alla Costituzione non può essere generato dal potere legislativo, che esso invece è destinato a controllare. Quindi, è da ricercarne altrove la causa efficiente. Si vedrà quale e dove.

Terzo: quest'organo deve mantenersi, quanto più è possibile, entro questo ambito strettamente giurisdizionale. La sua funzione è di confrontare la norma futura con la norma base, e, in seguito a questo confronto, emettere la sentenza. Quindi, necessità che l'organo sia creato al di fuori del potere esecutivo, anche con l'intervento del potere legislativo perché sia sensibilizzato alle situazioni politiche che mutano; che non sia però snaturato il suo carattere di organo giurisdizionale e finalmente che si contenga entro questo ambito che legittima la sua esistenza. Queste erano le dichiarazioni che dovevo fare anche a nome del mio Gruppo. (Applausi).

Presidente Conti. L'onorevole Tosato ha presentato insieme con l'onorevole Mortati una nuova formulazione dell'articolo 126, in sostituzione di quella svolta stamani dall'onorevole Mortati:

«La Corte costituzionale giudica della legittimità costituzionale degli atti aventi forza di legge dello Stato, delle Regioni, dei conflitti di attribuzione nonché dei conflitti fra Stato e Regioni e fra Regioni».

L'onorevole Tosato ha facoltà di svolgere questo emendamento.

Tosato. Il nuovo testo che ho presentato porta la mia firma, ma in verità dovrebbe portare la firma di tutti gli onorevoli colleghi dell'Assemblea, perché è stato formulato tenendo presente precisamente quello che è stato il risultato della discussione svolta.

Io vorrei richiamare semplicemente a questo proposito l'attenzione degli onorevoli colleghi sul fatto che l'articolo 126, a nostro avviso, è diretto soltanto a stabilire il principio e i limiti di una giurisdizione costituzionale, riservando quindi agli articoli successivi la risoluzione delle questioni relative alla composizione, alla legittimazione ad agire e alle norme di procedura.

Pertanto, parlando della Corte costituzionale, non intendo escludere che in fatto la Corte costituzionale possa eventualmente coincidere in tutto o in parte, per esempio, con le Sezioni unite della Cassazione. È una questione che adesso non si risolve. Se le Sezioni unite della Corte di Cassazione dovessero diventare competenti anche in materia costituzionale, è evidente che in questo caso la Corte di Cassazione assume le funzioni e la natura di Corte costituzionale.

Ci si potrebbe chiedere se è proprio necessario stabilire in un articolo della Costituzione una norma che preveda esplicitamente la possibilità di una giurisdizione costituzionale di fronte alla legge e agli atti aventi forza di legge. Qualcuno infatti potrebbe osservare che una norma di questo genere non è essenziale, non è richiesta: perché, dal momento che noi stiamo per elaborare ed approvare una Costituzione rigida, è evidente che anche i giudici ordinari, nell'accertare il diritto esistente potranno e dovranno anzitutto accertare la legittimità della legge che si tratta di applicare.

Tuttavia è noto che anche in Stati retti da Costituzioni rigide, quando si è trattato di decidere se i giudici ordinari avessero o no la competenza a giudicare della costituzionalità della legge, la questione ha dato luogo a gravi controversie. È noto per esempio che durante la III Repubblica francese, nonostante la rigidità della Costituzione, i giudici si sono dichiarati incompetenti a giudicare della costituzionalità sostanziale delle leggi e ciò per ragioni varie, di carattere storico e sopratutto di carattere politico, dedotte dal principio della sovranità popolare, che escluderebbe qualsiasi possibilità di un sindacato di fronte agli organi che sono espressione della volontà popolare, volontà che nella sua immanente sovranità non ammetterebbe limiti a se stessa.

Io credo che nessuno di noi metta in dubbio la necessità che ci sia un giudice competente anche a giudicare della costituzionalità delle leggi, cioè della conformità dell'attività del legislatore alla Costituzione.

Se noi oggi siamo d'accordo su questo punto, mi pare che una norma costituzionale esplicita a questo proposito sia assolutamente necessaria, almeno al fine di troncare dannose incertezze.

Si tratta, quindi, di stabilire qual è la competenza della Corte costituzionale. È a questo proposito che sorge la difficoltà, perché si tratta di trovare formule molto chiare, semplici, precise.

Se teniamo presente quale era lo stato di diritto in Italia precedentemente e ricordiamo che i giudici italiani si erano ritenuti competenti a giudicare della validità formale della legge, non però della validità sostanziale, a me sembra sia necessario precisare e stabilire chiaramente che la Corte costituzionale ha come compito quello di giudicare della legittimità delle leggi e quindi non soltanto della legittimità formale, ma anche di quella sostanziale, e quindi del possibile contrasto di una legge, per quanto riguarda il suo contenuto, rispetto alla Costituzione.

Ritengo quindi che la formula, da me proposta, con la quale si afferma la competenza della Corte costituzionale a giudicare della legittimità costituzionale delle leggi o degli atti aventi forza di legge, sia formula abbastanza felice, in quanto, quando si parla di competenza a conoscere della legittimità costituzionale, è chiaro che si ammette un sindacato di legittimità in tutte le forme, in cui la illegittimità può manifestarsi. D'altra parte la competenza di legittimità esclude però qualsiasi sindacato di merito. Anche su questo punto credo siamo d'accordo: sindacato di costituzionalità delle leggi, sì; però inibizione assoluta ai giudici di entrare nel sindacato circa l'uso dei poteri discrezionali rilasciati agli organi costituzionali dalla Costituzione.

Ora, la precisazione che la competenza della Corte costituzionale è di legittimità costituzionale, mentre afferma un principio che è necessario stabilire esplicitamente, serve d'altra parte a segnarne esattamente anche i limiti.

Presidente Conti. L'onorevole Gullo Fausto ha presentato i seguenti emendamenti:

«Sopprimere l'ultimo comma dell'articolo 126»;

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Corte costituzionale giudica della violazione delle norme costituzionali nelle leggi e nei provvedimenti aventi valore di legge».

Il primo emendamento corrisponde a quelli presentati dall'onorevole Preti e dall'onorevole Musolino; il secondo a quello presentato dall'onorevole Perassi. Comunque, l'onorevole Gullo ha facoltà di svolgerli.

Gullo Fausto. In quanto all'emendamento soppressivo mi limito ad associarmi a quanto ha detto l'onorevole Musolino, il quale appunto propone la soppressione dell'ultima parte dell'articolo 126.

Per il mio primo emendamento c'è già una proposta simile se non identica. Io vorrei, ed è questo il contenuto del mio emendamento, che nella prima parte in cui si fissa la competenza della Corte costituzionale, si usasse l'espressione negativa e non quella positiva. Dicendo: «La Corte costituzionale giudica della costituzionalità di tutte le leggi», parrebbe che fosse affidato alla Corte costituzionale il potere autonomo, diciamo così, di esaminare, senza che ne fosse stimolata l'attività da nessuno, la costituzionalità delle leggi. Questo porrebbe la Corte in una posizione di preminenza tale, per cui verrebbe scosso l'equilibrio dell'edificio costituzionale, quell'equilibrio di cui parlava poco fa il collega La Pira. Poiché, invece, si stabilisce che questa attività della Corte costituzionale debba essere stimolata da qualcuno (e si dirà in seguito, attraverso quali istanze si mette in moto questa attività) mi pare che la formula negativa sia più opportuna e più rispondente al testo proposto. Propongo cioè che si dica: «La Corte costituzionale giudica della violazione delle norme costituzionali nelle leggi e nei provvedimenti aventi valore di legge».

Giudica di queste violazioni sempre che le violazioni stesse siano denunziate o dal Governo o da cinquanta deputati o da un Consiglio regionale ecc. Ritengo che questa formulazione sia senz'altro meglio rispondente al contenuto stesso delle norme disciplinano l'attività della Corte costituzionale. Poiché vi e l'emendamento dell'onorevole Preti, io ritiro il mio emendamento e mi associo ad esso.

Per quanto riguarda poi i miei emendamenti agli altri articoli del Titolo, mi riservo di illustrarli quando questi articoli verranno in discussione.

Presidente Conti. L'onorevole Codacci Pisanelli ha proposto ora la seguente deliberazione:

«L'Assemblea Costituente, riconosciute la necessità e l'importanza di sancire nella Carta costituzionale l'istituto del sindacato costituzionale sulla costituzionalità degli atti legislativi; e riconosciute d'altra parte l'insufficienza della Sezione I del Titolo VI del progetto, dovuta alle innovazioni introdotte negli articoli dei precedenti titoli già approvati, rispetto al testo originariamente proposto, e la brevità del termine entro il quale il problema dovette essere approvato e risolto dalla Commissione dei Settantacinque, dà mandato a questa di riesaminare il progetto della Sezione I del Titolo VI e di presentarlo rielaborato entro martedì 9 dicembre». (Commenti a sinistra).

Onorevole Codacci Pisanelli, osservo anzitutto che la sua proposta deve essere corredata da 15 firme, a norma del Regolamento. In secondo luogo essa si risolve in una proposta di sospensiva. Contro questa sua intenzione debbo opporre il disposto dell'articolo 92 del Regolamento, che testualmente dice:

«A fronte sia di uno, sia di più emendamenti, non è ammessa la questione pregiudiziale o sospensiva, né l'ordine del giorno puro e semplice».

Non è quindi possibile che la sua proposta sia presa in considerazione.

Invito l'onorevole Rossi Paolo a esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti.

Rossi Paolo. È ovvio che di fronte alle proposte di soppressione dell'intera prima Sezione, così autorevolmente introdotta dagli onorevoli Nitti e Bertone, la Commissione si debba preoccupare innanzi tutto del problema pregiudiziale, ma non senza esprimere, con tolleranza dell'Assemblea, un sentimento di profonda melanconia. Siamo al secondo anno di vita dell'Assemblea Costituente, che doveva durare otto mesi; abbiamo tenuto un centinaio di sedute della Commissione dei settantacinque; siamo alla 312ª delle nostre sedute pubbliche, e non siamo ancora riusciti a metterci d'accordo, con sicurezza, sopra uno dei pilastri dell'intera struttura costituzionale, anzi sopra la cerniera del sistema che siamo venuti fin qui faticosamente elaborando!

Le norme relative alle garanzie costituzionali sono bensì, topograficamente, le ultime della Carta statutaria, ma sono in realtà la premessa e l'esigenza fondamentale su cui poggia l'intero edificio. L'onorevole La Pira ha parlato prima del tetto, poi ha avuto un dubbio architettonico e ha soggiunto: «Non tetto, ma volta». Mi permetta che, restando il paragone, io parli di base e di fondamento della Costituzione. Sopprimete, onorevoli colleghi, come vogliono gli onorevoli Nitti e Bertone, le norme relative alle garanzie costituzionali, e il documento che la Costituente è stata chiamata a dettare, dopo tragici e rivoluzionari avvenimenti, si ridurrà ad una romantica dichiarazione dei diritti dell'uomo, a un semplice cahier dei desideri scaturiti da una sinistra esperienza, e la storia futura dirà che abbiamo perduto il nostro tempo, e, peggio, sciupato la migliore occasione politica che si sia offerta al popolo italiano per riscattarsi dalla sua immaturità costituzionale.

Per essere logici e conseguenti, infatti, gli emendamenti soppressivi della prima sezione dovrebbero estendersi alla soppressione dell'intero Titolo. Senza una Corte costituzionale, la rigidità della Costituzione, universalmente o quasi universalmente invocata, cadrebbe nel nulla e le norme degli articoli 130 e 131, che prevedono le garanzie dalle quali deve essere circondata ogni modificazione delle regole che gli italiani, usciti dal successivo crollo di due regimi, quello parlamentare e quello totalitario, si stanno dettando, per la sicurezza delle loro libertà e della loro riposata convivenza civile, sarebbero inutili, ridicole, per ripetere una parola pronunciata ieri dall'onorevole Calamandrei, o supremamente tristi, se lo preferite. Sarebbero norme senza giudice e senza sanzione, non diverse da uno sterile auspicio, o da un vano sospiro.

Le critiche rivolte all'istituto della Corte costituzionale, me lo permettano gli illustri oratori che le hanno sostenute, mi sembrano fragili, speciose, e perfino internamente contraddittorie. Ciò hanno dimostrato in modo esauriente colleghi di tutte le parti della Camera: l'onorevole La Pira, indirettamente ma efficacemente, gli onorevoli Musolino e Gullo, gli onorevoli Perassi, Mastino, Condorelli e l'onorevole Codacci Pisanelli... il quale vorrebbe che ci pensassimo ancora un momento, a quest'ora. Se la Camera me lo consente farei una piccola parentesi. Quando ero giovanissimo sono stato una volta ultimo collega di Vittorio Scialoja. Si domandava un termine più lungo per presentare certe memorie ad un collegio arbitrale, ed egli mi guardò severamente dicendo: «Non c'è nella nostra professione un termine o l'altro, termini brevi o termini lunghi, c'è un termine solo, sempre lo stesso: tre giorni, gli ultimi tre». Caro Codacci Pisanelli, siamo ora alla stretta del sacco e non siamo ancora sicuri delle nostre decisioni? Martedì mattina sarebbe come oggi: qualche incertezza ci potrà essere, perché ci sono dei problemi che fanno tremare le vene e i polsi, ma qui conviene ad un certo momento chiudere e decidere concretamente.

Nel merito l'onorevole Codacci Pisanelli affermò altamente che vi sono esigenze politiche e filosofiche di una giustizia costituzionale che coroni l'ordinamento della giustizia penale, della giustizia privata, della giustizia amministrativa. Ha detto benissimo e la Commissione concorda con lui. L'onorevole Nitti ha detto con grande autorità morale e scientifica: voi avete costruito un mostro, giacché non vi sono nel mondo altre Corti similari, e questo l'ho sentito anche sussurrare e ripetere, mentre altri hanno detto, all'opposto: Voi avete pedissequamente imitato le legislazioni straniere. Le due accuse evidentemente si eliminano, e tuttavia sono entrambe infondate. Non c'è nel testo elaborato con tanta fatica dalla Commissione dei Settantacinque, a grandissima maggioranza, per non dire alla unanimità, né pedissequa né servile imitazione di altri testi statutari. La Corte Suprema degli Stati Uniti, la Corte di Lipsia, la Corte federale di Losanna, quella austriaca, prevista nella Costituzione effimera del 1930, sono fonti ed esempi ai quali abbiamo attinto; le Corti americana e svizzera rappresentano anche felici esperienze e la Commissione ha tenuto sotto occhio questi modelli, pur cercando di creare un organo che fosse adatto alle particolari esigenze del nostro Paese.

Ha detto inoltre il nostro maestro onorevole Nitti: l'America e la Svizzera, come la Germania e l'Austria, sono o erano Stati federali, mentre l'Italia è, e deve rimanere, per voto comune, un paese unitario, e se possibile, uno Stato decentrato ma fortemente unitario. Benissimo, onorevole Nitti, ma l'Italia, così come risulta organizzata dalla nuova Costituzione, è qualche cosa di diverso e di particolare rispetto agli altri Stati unitari: è uno Stato regionale, con Assemblee regionali dotate di non modesti poteri legislativi. Il fatto che ella, onorevole Nitti, ed anch'io, ultimissimo dell'Assemblea, abbiamo votato contro questo tipo di organizzazione, non toglie che esso abbia prevalso e che delle conseguenze debbano necessariamente scaturirne. Uno Stato, cioè, composto di Regioni, non sovrane ma autonome, le cui libertà e facoltà debbono venire imprescindibilmente contemperate ed armonizzate da un organo adeguato, il quale non può essere, come pensano alcuni, il solo Parlamento nazionale, che annullerebbe di fatto l'autonomia regionale, né la Magistratura ordinaria, che verrebbe ad assumere un compito trascendente i suoi limiti naturali e tradizionali, cioè i limiti in cui essa è abituata ad inserirsi.

Dice ancora l'onorevole Nitti: abbiamo in Italia delle Regioni, non degli Stati federali; vogliamo o tolleriamo a malincuore le Regioni; non vogliamo che si creino degli Stati».

Mi consenta l'illustre statista: è appunto perché le Regioni non diventino Stati, non minaccino di diventare Stati, che si presenta l'imperiosa necessità di istituire una Corte costituzionale che possa giudicarne l'attività e frenarne eventuali impulsi a porsi come enti sovrani.

Nel discorso dell'onorevole Nitti, che ho seguito parola per parola pendendo dalle sue labbra, ho rilevato una contraddizione interna, che rivela — io temo — un preconcetto. Egli ha detto con la consueta arguzia: «questa non è l'Alta Corte federale degli Stati Uniti, non è quella Corte di giudici autorevoli, di sette o nove insigni saggi dell'America; è una piccola Corte — sono esatto, onorevole Nitti? — una piccola Corte, una corticella numerosa e non autorevole». E poco dopo egli ha soggiunto che la Corte avrà un eccessivo prestigio. Quindi, ha configurato da una parte una Corte che manca di autorità e dall'altra una Corte che ne abbia soverchiamente.

Ricordo che in sede di Commissione dei Settantacinque, quando si discuteva sul nome da dare alla nuova istituzione, qualcuno, echeggiando denominazioni straniere, parlava di una Suprema Corte, o di una Suprema Corte costituzionale. Non si volle adottare la denominazione Suprema Corte costituzionale precisamente per non creare l'impressione di un organo che fosse veramente soverchiante, che stesse al disopra di tutti, che potesse in qualche modo sminuire altri organi dello Stato. L'onorevole Nitti ha richiamato, con una interessante digressione, l'esempio storico della Corte di Lipsia, verso la quale egli sarebbe stato un procacciatore di cause.

Ebbene, mi permetta, onorevole Nitti, questo augurio al quale ella indubbiamente si assocerà con tutto l'animo suo di grande italiano: c'è una competenza che nessuno di noi vuol dare alla Corte costituzionale, alla Corte costituzionale grande o piccola, suprema o meno che si voglia chiamare; c'è una competenza che nessuno di noi vuol dare a quella Corte, ed è precisamente quella che ebbe la Corte di Lipsia, quale conseguenza della responsabilità politica e della disfatta di un popolo. Non è questa la materia sulla quale la Corte costituzionale italiana dovrà decidere!

Le altre obiezioni mi paiono tutte facilmente superabili. Giusto, molto giusto che il numero debba essere fissato. Abbiamo fatto male, nel configurare l'intero Titolo, a non prevedere il numero. È esatto quello che l'onorevole Nitti teme, che la Corte possa essere il rifugio degli ex Ministri o dei parlamentari anziani battuti alle elezioni, diventando così un organismo retorico e screditato. Ha ragione; ma il rimedio è facile: si tratterà di specificare espressamente il numero di sette, otto, nove, quindici, un numero divisibile per tre e un numero tale che non consenta l'introduzione di elementi superflui che possano far diventare la Corte oggetto di mercato da parte del Governo.

Così le obiezioni degli onorevoli Nitti e Bertone circa il modo di nomina sono tutte ancora riservate alla decisione definitiva. Ci sono opinioni discordi nell'Assemblea, ci sono correnti che vorrebbero — l'onorevole Bertone ne è sostenitore — una scelta fatta nell'ordine della Magistratura; ci sono correnti che vorrebbero le nomine riservate interamente all'Assemblea; ci sono correnti intermedie che vagheggiano una composizione mista cui partecipino e il Presidente della Repubblica e l'Assemblea e il Consiglio Superiore della Magistratura.

Sono problemi che si esamineranno nella sede opportuna e che facilmente si risolveranno.

Si è detto: chi può provocare il giudizio della Corte Suprema? I 10 mila elettori paiono pochi all'onorevole Nitti, perché egli immagina che un piccolo partito di minoranza possa tenere in perpetua agitazione il Paese, raccogliendo con facilità le diecimila firme richieste. Ma alla Corte americana non basta forse un solo cittadino, quisquis de populo?

Del resto, se non parrà sufficiente la garanzia, vorrà dire che l'Assemblea esaminerà accuratamente il problema e potrà di certo superare anche questa difficoltà.

L'onorevole Nitti, nel suo desiderio di ragionevole, di illuminata conservazione, ci ha detto qualche cosa da cui dobbiamo profondamente dissentire. La Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato — egli ha affermato — hanno funzionato bene, abbastanza bene. Mi consenta l'illustre statista che io gli risponda che, in materia costituzionale, la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato non hanno invece funzionato affatto, proprio nel momento in cui avrebbero dovuto funzionare.

Noi tutti ricordiamo l'episodio Mortara: la prima sezione accolse, nel 1922, un piccolo ricorso di un privato, affermando l'incostituzionalità di un decreto del Governo di Mussolini. La conseguenza fu che Mortara fu allontanato dalla Cassazione e nessun altro magistrato della Cassazione osò mai più, dopo di lui, esprimere un parere in tal senso: la Corte di Cassazione si conformò.

E il Consiglio di Stato? Il Consiglio di Stato mi pare incominciasse proprio con l'estromettere i suoi migliori e non mi consta che abbia una sola volta espresso il suo dissenso dai provvedimenti negativi della libertà di cui si rendeva responsabile il Governo di Mussolini. Ma si commettevano tutti i possibili soprusi, anche prima delle leggi del 1926; si applicava la vecchia legge comunale e provinciale, per esempio, per sopprimere la libertà di stampa, di parola, d'associazione, di riunione.

C'era, mi pare, l'articolo 3 per il quale, in caso di urgenza, il prefetto può prendere certi provvedimenti. È evidente che il legislatore che aveva redatto quell'articolo non aveva previsto se non l'intervento per il crollo di un tetto o qualcosa di simile; tutti sanno invece ciò che è accaduto: l'abuso assurdo che si è compiuto della legge comunale e provinciale. Mai le giurisdizioni amministrative sono utilmente intervenute, nemmeno davanti al grottesco. Mi pare chiaro che quegli organi non hanno agito in alcun modo per la tutela costituzionale.

La Commissione si trova largamente d'accordo con l'onorevole Nitti su un punto, non direi su un punto soltanto, ma su un punto principalissimo delle sue dichiarazioni: questa non è una questione di ordine politico. Ha detto l'onorevole Nitti: l'istituzione o meno della Corte Costituzionale è un problema di ordine tecnico, legislativo, un problema di ordine giuridico. Il fatto che la Camera sia così variamente divisa nell'esprimere le sue convinzioni, dimostra che l'onorevole Nitti ha detto la verità: non è un problema politico; è un problema giuridico, un problema di ordine costituzionale che dobbiamo esaminare con freddezza e tranquillità.

Io ritengo che la Corte costituzionale, o i poteri della Corte costituzionale — perché poi è una questione di nome: se diventasse, come ha detto l'onorevole Tosato, Corte costituzionale una sezione specializzata, o le sezioni unite della Corte di Cassazione, sarebbe cambiato soltanto il nome, sarebbe cambiata eventualmente la composizione, ma non sarebbe cambiata la funzionalità e non sarebbe vulnerato il principio — ci debbono essere; occorre che una Corte costituzionale, o una Corte che abbia questi poteri, sia istituita.

Ciò occorre per le ragioni che tutti hanno detto: Codacci Pisanelli, Perassi, Mastino, Condorelli, ed altri colleghi; occorre per la natura stessa della nostra Costituzione; occorre per qualche cosa di molto più vivo, premente e cogente e immediato, onorevoli colleghi, di quelle che siano le norme scritte, per ora, soltanto sulla carta; occorre per l'esigenza immediata e attuale dei fatti. Esiste in questo momento un'Assemblea deliberativa con vasti poteri in Sicilia; lo Stato fa delle leggi; l'Assemblea siciliana fa delle leggi. Mi consta che ci sono già in atto in questo momento conflitti che nessuno sa o potrebbe risolvere, tra lo Stato e la Sicilia, tra il Governo della Regione siciliana e il Governo dello Stato; bisogna che questi conflitti siano risolti. Ecco che al di sopra, al di fuori, al di là delle teorie e dei dubbi si affaccia premente la verità dei fatti, e ci obbliga a riconoscere l'immediata necessità della costituzione della Corte Costituzionale.

Vorrei rispondere brevissimamente a un dubbio, del mio amico onorevole Preti, dubbio che ho sentito affiorare nel discorso di taluni oratori, e che è il dubbio di taluni amici, che mi sono molto vicini: badate, essi mi dicono, non creiamo un organo che sia sopra l'autorità sovrana del Parlamento, che sia sopra l'autorità sovrana del popolo espressa attraverso le sue Assemblee.

Ebbene, io non vedo che l'autolimite sia una rinunzia alla sovranità; non vedo che il Parlamento, ponendo a se stesso l'obbligo di non violare taluni principî, abdichi alla sua autorità: la afferma più che mai; la afferma questa Assemblea; per oggi e per domani.

Che cosa accadrebbe, onorevoli colleghi che avete questo dubbio, che cosa accadrebbe se si lasciasse il sindacato di costituzionalità all'autorità giudiziaria ordinaria?

Accadrebbe che un ricco, o un'associazione potente politicamente e finanziariamente, potrebbe ottenere, portando la sua azione a fondo, una dichiarazione di incostituzionalità della Corte di Cassazione o del Consiglio di Stato. Sentenza che agirebbe soltanto nei suoi confronti, mentre l'ultimo venuto, non dotato di eguale potenza economica o politica, sarebbe colpito da quella legge, che invece di essere annullata erga omnes sarebbe soltanto incapace di produrre effetti contro colui che l'avesse impugnata e continuerebbe a produrne contro l'infelice non in grado di combatterla.

Mi pare che in questo caso l'autorità sovrana del Parlamento sarebbe più appariscentemente offesa, sarebbe molto più gravemente e nell'intimo vulnerata, che non nel caso in cui una Corte costituzionale, rilevando un contrasto fra la Costituzione e la legge, richiamasse il Parlamento alla necessità di rivedere, in forma costituzionale, quel determinato provvedimento.

E infine, per tranquillizzare tutti, poiché so che c'è un certo numero di colleghi che ha questa preoccupazione, mi pare evidente che il summum jus, la extrema ratio resti sempre al Parlamento, nel propostovi sistema.

Vediamo. La Corte costituzionale annulla una legge, annulla un decreto. E va bene: la legge ritorna al Parlamento. Il Parlamento la riesamina, ed è libero di modificare la Legge, o di modificare la Costituzione, per modo che la legge cessi d'essere incostituzionale. C'è nel progetto l'articolo 130 che determina i modi attraverso i quali anche la Costituzione può essere mutata, talché in definitiva, con semplici garanzie dirette contro le improvvisazioni e l'infatuamento, al vertice della sovranità e della responsabilità restano indefettibilmente il Parlamento e il Popolo.

La Commissione ha accolto gli emendamenti degli onorevoli Gullo, Musolino, Preti e degli onorevoli Mortati e Tosato (perché anch'essi mi pare proponessero la medesima cosa), accettando di rinviare l'esame dell'ultimo capoverso — «Giudica il Presidente della Repubblica ed i Ministri accusati a norma della Costituzione» — ad un secondo momento. Vedremo, secondo la composizione della Corte Suprema, se converrà che giudichi di queste accuse o se non sia più conveniente che ne giudichi il Parlamento.

Quanto alla formulazione, fino all'ultimo istante abbiamo seguito tutti i suggerimenti e abbiamo condiviso tutti i dubbi e le preoccupazioni. La Commissione non ha amor paterno, tanto più che sarebbe una paternità plurima, e non è, quindi, attaccata al testo originale dell'articolo 126. Crede la Commissione di potere accettare la formulazione ultima dell'onorevole Tosato, ma, rispondendo anche al punto di vista espresso dall'onorevole Gullo, propone di votare la formula Tosato così ritoccata: «La Corte costituzionale giudica della legittimità costituzionale degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni e i conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato, nonché fra lo Stato e le Regioni e fra le Regioni». (Applausi).

Presidente Conti. Quale emendamento la Commissione accetta?

Rossi Paolo. Accettiamo l'emendamento Tosato, con l'aggiunta dopo le parole «conflitti di attribuzione», delle parole; «fra i poteri dello Stato».

Un'ultima osservazione. Mi pare che sia chiarito che l'emendamento dell'onorevole Persico, di cui abbiamo tutti riconosciuto la utilità, è implicitamente accettato. Egli si preoccupava che rimanesse ferma la competenza delle sezioni unite della Cassazione per i conflitti di giurisdizione, ed il principio è qui affermato ed incluso.

Gullo Fausto. Chiedo di parlare.

Presidente Conti Ne ha facoltà.

Gullo Fausto. Desidero chiarire che il significato del mio emendamento e dell'emendamento dell'onorevole Preti, che è simile al mio, è che la Corte costituzionale non dovrebbe giudicare della «legittimità», ma solo delle «illegittimità», cioè delle violazioni della legge costituzionale.

Presidente Conti. Comunico che l'onorevole Targetti ha proposto di aggiungere al testo accettato dalla Commissione le seguenti parole:

«secondo le norme dell'articolo 128».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non possiamo votare un articolo 128 che non sappiamo che cosa sia. Certamente è l'articolo 128 che stabilisce chi può promuovere il giudizio davanti alla Corte costituzionale, ed allora, quando lo voteremo, risulteranno senz'altro, né vi è bisogno di dirlo qui, le condizioni per mettere in moto questo articolo 126. Non vi sarà bisogno di richiami o di citazione. Quanto a dire se la Corte giudica di costituzionalità od incostituzionalità, di legittima o illegittimità è sostanzialmente la stessa cosa. Nel testo dell'onorevole Tosato, se egli acconsente, si può parlare di «illegittimità» anziché di «legittimità».

Presidente Conti. Onorevole Ruini, la questione è con l'onorevole Gullo, non con l'onorevole Tosato.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Sta bene; ma avendo il Comitato accettato la formulazione dell'onorevole Tosato, dovevo richiamarmi ad essa.

Gullo Fausto. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Gullo Fausto. Io non ho bisogno di dire all'intuito giuridico dell'onorevole Ruini come non sia la stessa cosa.

La legge è costituzionale. Questo è il punto; la base è questa. Diventa incostituzionale quando ciò dichiara la Corte costituzionale. La Corte non giudica della costituzionalità della legge; la Corte costituzionale afferma la incostituzionalità. È un punto totalmente diverso. Mi consenta l'onorevole Ruini, non è la stessa cosa. Dicendo: «la Corte costituzionale giudica della costituzionalità delle leggi» noi attribuiamo, almeno con queste parole, alla Corte costituzionale un potere di sindacato costante. Invece, noi diciamo che la Corte costituzionale giudica della incostituzionalità. Cosa molto diversa. Almeno, io la sento così. E ritengo di non sbagliare.

Presidente Conti. Infatti la formulazione dell'onorevole Gullo è la seguente:

«La Corte costituzionale giudica delle violazioni delle norme costituzionali delle leggi e dei provvedimenti aventi valore di legge».

Targetti. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Targetti. Il mio emendamento non posso dire che sia stato accolto con segni di molto favore né dai colleghi della Commissione né da altri colleghi che anzi hanno dato segni di disapprovazione. Ho chiesto, quindi, la parola per spiegare e possibilmente persuadere i colleghi che la mia proposta non era proprio una proposta stravagante.

Lo so che non si può citare l'articolo 128 finché non siamo arrivati all'articolo 128. So benissimo che l'articolo 128 può diventare articolo 129. Ma quando dico: «secondo le norme dell'articolo 128» non è che dica questo per una speciale simpatia verso l'articolo 128, ma perché è un modo di mettere nella disposizione in esame quanto l'onorevole Gullo sostiene e che corrisponde anche al mio convincimento.

Dire che la Corte costituzionale giudica della costituzionalità può far nascere il dubbio che questo sia un giudizio da farsi in genere sopra qualsiasi norma, indipendentemente da qualsiasi violazione avvenuta o presente nella norma stessa.

Quando io propongo di aggiungere: «secondo le norme dell'articolo 128», e l'Assemblea sa che questo articolo regola l'azione della Corte, dico che della costituzionalità della norma la Corte costituzionale decide soltanto quando si è di fronte ad una avvenuta o presunta violazione di norma denunciata nel modo stabilito dalla legge. Quindi non è che io tenga per la vita e per la morte al mio emendamento, ma non mi sembra un emendamento da ritenersi ingiustificato.

Perassi. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Perassi. Io personalmente non condivido il dubbio dell'onorevole Gullo, perché non credo che questa formula implichi il pericolo che l'onorevole Gullo vede, e cioè che la Corte costituzionale di sua iniziativa eserciti il sindacato su qualsiasi legge. Tuttavia, poiché questo dubbio è sollevato e per venire incontro a queste esigenze, credo che, anziché adottare il suggerimento dell'onorevole Targetti che implica un rinvio ad articoli successivi, si potrebbe adottare questa formula: «La Corte costituzionale giudica delle controversie sulla legittimità costituzionale delle leggi, ecc.».

Rodi. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Rodi. L'onorevole Colitto ha presentato un emendamento tendente ad aggiungere la parola «violazione». Io penso che la formula dovrebbe risultare del seguente tenore:

«La Corte costituzionale giudica della costituzionalità di tutte le leggi e della violazione di esse». (Commenti).

Presidente Conti. L'onorevole Gullo Fausto ha facoltà di esprimere il proprio parere sulla proposta fatta dall'onorevole Perassi.

Gullo Fausto. Questa dizione coglie un altro aspetto della questione, la sorprende, dirò così, lungo il cammino.

La dichiarazione della incostituzionalità della legge sarà il coronamento della controversia, onde, riferendosi alla controversia, non si coglie l'attività della Corte nel momento in cui arriva alla meta. Ora la Corte arriva alla meta, non nel momento in cui dichiara la costituzionalità, ma in quello in cui dichiara la incostituzionalità. Quindi, volendo senz'altro cogliere questo lato della questione bisogna dire che la Corte giudica delle violazioni, che appunto possono portare a questa dichiarazione di incostituzionalità. Quando la Corte costituzionale accerta che il ricorso sia infondato, perché la legge abbia vigore non c'è bisogno che la Corte la dichiari costituzionale. Il giudizio della Corte ha un valore in quanto afferma la incostituzionalità della norma. Ripeto: la Corte in tanto esplica il suo potere in quanto dichiara la incostituzionalità della legge.

Dominedò. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Dominedò. A proposito di un tema così fondamentale come quello della competenza della futura Corte costituzionale, noi ci troviamo in presenza di diverse formule, le quali vorrebbero tutte esprimere nel miglior modo tecnico un concetto sostanziale, intorno al quale mi sembra tenda a formarsi nell'Assemblea una prevalenza di consensi.

A me pare, per rispondere anche alla preoccupazione avanzata dall'onorevole Gullo, che la formula dell'emendamento Tosato, a favore del quale voterò, con l'aggiunta dell'onorevole Perassi, cioè la formula per cui la Corte è chiamata a giudicare sulle controversie relative alla legittimità costituzionale della legge o degli altri atti aventi valore di legge, porta perfettamente al risultato ultimo, da più parti prospettato, di dar luogo alla dichiarazione di incostituzionalità nel caso in cui la legittimità venga meno.

Infatti, l'esigenza segnalata dall'onorevole Gullo è pienamente soddisfatta dalle successive norme del progetto di Costituzione, le quali circoscrivono la legittimazione ad agire innanzi la Corte costituzionale e determinano pertanto chi possa promuovere la controversia. Con ciò viene neutralizzato il pericolo di una Corte costituzionale, quasi concepita come istituto funzionante in permanenza di iniziativa propria. Nessuna controversia, infatti, senza domanda. Nessun giudice senza attore.

Per converso, la formula della «legittimità» offre il vantaggio, che mi permetto sottolineare all'Assemblea, di disciplinare con particolare precisione, quasi ictu oculi, la competenza della futura Corte, con l'eliminare ogni sindacato di merito non rientrante nel concetto di sindacato di legittimità, formale o sostanziale. La contrapposizione fra i termini di legittimità e di merito, già profondamente elaborata nell'ambito della giustizia amministrativa, sarà così fecondamente utilizzata nella sfera della futura giustizia legislativa.

Sotto questi profili, dato il vantaggio della formula difesa e data la possibilità di fronteggiare pienamente le preoccupazioni avanzate da qualche parte della Camera, ritengo che in questa maniera il problema possa essere tecnicamente e politicamente risolto in modo adeguato.

Persico. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Persico. A me sembra che il dubbio sollevato dall'onorevole Gullo non abbia ragione d'essere, perché egli si mette su posizioni totalmente diverse da quelle della legge. Egli presuppone che la Corte costituzionale prenda in esame tutte le leggi emanate dal Parlamento e verifichi se sono costituzionali o meno.

Gullo Fausto. È il contrario!

Persico. Mi lasci dire, onorevole Gullo. Viceversa, la Corte costituzionale sarà stimolata ad agire tutte le volte che ci sarà un reclamo. Quindi, o accoglie il reclamo, e riconoscerà l'illegittimità della legge, o lo respinge e la legge rimane legittima.

Perciò, la formula migliore è quella dell'emendamento Tosato: «La Corte costituzionale giudica della legittimità costituzionale della legge». Non deve fare altro. La controversia sorge ai sensi e nei limiti dell'articolo 128. Se non c'è controversia, la Corte non si raduna perché manca la vocatio in ius. Quindi la formula esatta giuridicamente e tecnicamente perfetta è quella proposta: «giudica della legittimità costituzionale».

Bellavista. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Bellavista. A me sembrava che la preoccupazione dell'onorevole Gullo fosse appunto questa: secondo la dizione dell'articolo del progetto, si avrebbe una spada di Damocle sospesa su ogni legge. Tutte le leggi vanno ad un sindacato, da nessuno richiesto, della Corte costituzionale: e ciò l'onorevole Gullo voleva sensatamente evitare.

Se questa era la preoccupazione che spiegava la innovazione non formale ma sostanziale del suo emendamento, questa è ovviata dall'emendamento Perassi, seppure ve ne fosse stato bisogno. Perché c'è un principio base della giurisdizione: nemo iudex sine actore, che rende superflua ogni obiezione.

Tosato. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Tosato. Ritengo che l'osservazione fatta dall'onorevole Gullo derivi dal fatto di non tenere esattamente presente il contenuto dall'articolo 126. Con questo articolo si tratta semplicemente di stabilire il principio della esistenza di un giudice in materia costituzionale; e di stabilire i casi, nei quali questo giudice è competente. Si tratta di un giudice, quindi vale per il giudice costituzionale quello che vale per tutti gli altri giudici: non è il giudice che va alla ricerca della controversia, ma la controversia viene portata al giudice; perché i giudici non sono organi autonomi; la loro attività è provocata da un atto e si tratta di definire se questo atto dovrà essere un'azione, una eccezione o un ricorso.

Va da sé che la legge costituzionale, fino a che la Corte costituzionale non si sia pronunciata su di essa in senso negativo, in seguito ad impugnativa, conserva una presunzione di costituzionalità e quindi svolge in pieno la sua efficacia.

Ora, si tratterà non di stabilire la competenza del giudice, materia dell'articolo 126, ma quale sarà il contenuto della pronunzia; e questa è tutt'altra materia. Vogliamo dare al giudice la possibilità di emettere una sentenza di annullamento o puramente dichiarativa, con quale efficacia, da quale momento? Queste sono tutte questioni che si devono risolvere.

Mi pare che la formula da me proposta, secondo la quale il giudice costituzionale è competente soltanto a giudicare in tema di legittimità costituzionale, facendo quindi implicitamente una contrapposizione fra legittimità e merito, per escludere qualsiasi sindacato circa l'uso dei poteri discrezionali, sia precisamente quello che l'Assemblea ha ora in animo di deliberare.

Costantini. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Costantini. Mi sembra che, sentite le opinioni dei colleghi, la formula che possa raccogliere il consenso di tutti possa essere la seguente: «La Corte costituzionale giudica sulle eccezioni». È differente la eccezione dalla controversia.

Presidente Conti. L'onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Quando poco fa dicevo di non vedere differenza sostanziale fra dire legittimità o illegittimità, costituzionalità o incostituzionalità, violazione o no di legge costituzionale dicevo una cosa esatta, che spero di chiarire.

Si ricorre alla Corte lamentando che una legge è incostituzionale; la Corte giudica se è costituzionale o incostituzionale; e suo compito è in sostanza di garantire la costituzionalità delle leggi. Possiamo dunque usare l'una e l'altra espressione; e non abbiamo difficoltà sostanziali a mettere illegittimità anziché legittimità, per quanto quest'ultima formulazione dell'onorevole Tosato sembrerebbe preferibile, perché si richiama più direttamente al concetto di garanzia: la Corte costituzionale giudica ed accerta la costituzionalità o legittimità costituzionale. Questa formulazione «legittimità costituzionale» anziché «costituzionalità», l'abbiamo indicata noi stessi, Perassi ed io, al collega Tosato, per superare la proposta che era sorta di inserire «escluso ogni giudizio di merito»; giusto concetto; la Corte non è giudice di merito; ma la Corte deve, ad esempio, poter valutare la finalità della legge per riconoscere se è costituzionale o no; e se vi è stata (scusatemi la espressione, e l'accostamento non preciso, ma desidero farmi intendere), qualcosa come un eccesso di potere nei riguardi della costituzionalità. La formula «legittimità costituzionale», mentre esclude il merito, consente una valutazione abbastanza elastica; e starà alla prassi ed alla giurisprudenza della Corte stabilire la giusta via.

Tornando alla proposta Gullo, il suo scopo non è tanto di mettere il negativo «illegittimità» invece del positivo «legittimità». La proposta si ispira alla preoccupazione che la Corte costituzionale abbia una funzione continuativa ed automatica, che non ha bisogno di essere eccitata, ma che deve essere esercitata d'ufficio; una funzione in qualche modo analogo a quella di registrazione che ha la Corte dei conti.

Apprezziamo tale preoccupazione; ma osserviamo all'onorevole Gullo che la formula da lui proposta non toglie la preoccupazione stessa. La Corte potrebbe avere ed esercitare la sua funzione di registrazione o d'ufficio, sia che le fosse attribuito di accertare l'illegittimità sia la legittimità. Il punto non è qui; è di stabilire chiaramente se occorre qualcosa di esterno alla Corte che ecciti e metta in movimento la sua macchina. Su tale punto non vi può essere il menomo dubbio. Basterebbe la stessa parola: «giudica» per indicare che, come in ogni altro giudizio, vi deve essere una parte che promuove il giudizio. Ma vi ha di più. Quando voteremo l'articolo 128, stabiliremo chiaramente quali sono le condizioni che occorrono perché la Corte sia investita dal giudizio. Né occorrerà, come propone l'onorevole Targetti, citare fin da ora, in anticipo, l'articolo 128; il collegamento risultava nel modo più indubbio dalla coesistenza dei due articoli. Né converrebbe, come suggerisce l'onorevole Costantini richiedere che la questione di illegittimità sia stata «eccepita»; oltre l'eccezione vi può essere il ricorso.

Vogliamo aggiungere qualcosa d'altro ad eliminare, per quanto non abbia ragione di sussistere, la preoccupazione dell'onorevole Gullo? Stabiliamo, come suggerisce l'onorevole Perassi, che la Corte giudica sulle «controversie» in tema di legittimità. Acconsentiamo per quanto, come ho abbondantemente dimostrato, non ve ne sia bisogno. Anche senza l'aggiunta non vi sarebbe dubbio.

Buffoni. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Buffoni. Non sono convinto delle osservazioni dell'onorevole Ruini. La logica dice che la Corte costituzionale ha ragione di intervenire, quando da qualcuno è proposta eccezione di incostituzionalità. Stando così le cose diciamo chiaramente: «la Corte costituzionale giudica sulle eccezioni...».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma oltre alla eccezione v'è anche il ricorso!

Mastrojanni. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Mastrojanni. A me sembra che tutti i dubbi sollevati circa l'interpretazione della prima parte dell'articolo 126, siano infondati, e che la dizione, così come è consacrata nel testo redatto dalla Commissione sia la più perfetta e la più felice.

Qual è lo scopo cui mira la Corte costituzionale? Garantire la costituzionalità delle leggi. Se qui si fosse detto: «la Corte costituzionale dichiara la costituzionalità di tutte le leggi», fondato sarebbe stato il dubbio sollevato dall'onorevole Gullo, in quanto si potrebbe intendere che la legge diventa costituzionale juris tantum o juris et de jure, soltanto quando avviene la ratifica da parte del sovrano organo cui è demandata l'indagine sulla costituzionalità delle leggi. Ma, dal momento che qui si è inserita la parola «giudica», si è esplicitamente detto che la Corte costituzionale interviene solamente in veste di giudice. Si interviene in veste di giudice quando è sottoposta al giudice una controversia. Deve esserci, quindi, l'attore e il convenuto, diversamente non vi è giudizio. Ed allora, il parlare di «eccezione» in ordine alla violazione della Costituzione, è evidentemente un errore giuridico, perché, prima della eccezione vi è l'azione, e non possiamo mettere in evidenza l'eccezione tacendo dell'azione. L'azione è implicita nel significato di giudizio, e poiché la Corte costituzionale deve giudicare sulla costituzionalità, e implicitamente, quindi, della incostituzionalità, bene ha detto la Commissione per il progetto di Costituzione, quando insieme alla terminologia sul significato, sul valore, sulla natura del termine «giudice» ha inserito l'altro della costituzionalità delle leggi, che è il significato preminente che deve prevalere alla incostituzionalità, inquantochè si presume, juris tantum, che le leggi siano costituzionali.

Quindi, a me sembra che non vi sia formula più felice, più stringata, più aderente nella sua terminologia al significato giuridico, di quella usata dalla Commissione.

Codacci Pisanelli. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Codacci Pisanelli. Ho chiesto la parola unicamente perché vengano esaminati tutti i lati del problema. È stato detto da parte di un collega che la formula: «giudica della legittimità costituzionale delle leggi», ha per scopo di escludere qualunque sindacato sul merito legislativo, cioè sopra l'uso del potere discrezionale legislativo. Mi permetto richiamare l'attenzione dell'Assemblea sul problema, in quanto ritengo che non sia opportuno escludere, fin d'ora ogni possibilità di un simile sindacato, e quindi forse la formula originaria del progetto: «la Corte costituzionale giudica della costituzionalità di tutte le leggi» è più opportuna, in quanto non preclude per l'avvenire la possibilità di ammettere in qualche caso un esame di merito. Esame di merito sull'esercizio di un potere discrezionale che, mi si consenta il parallelo perché ritengo sia utile, noi abbiamo ammesso nel campo della pubblica amministrazione.

Per quanto riguarda l'uso del potere discrezionale amministrativo, ho appena bisogno di richiamare l'attenzione dei colleghi sopra la giurisdizione di merito della Giunta provinciale amministrativa e del Consiglio di Stato, che consente anche di esaminare l'atto dal punto di vista della opportunità, della convenienza, e consente inoltre di riformare l'atto stesso. Mi permetto soltanto questo richiamo allo scopo di far esaminare tutti i lati del problema. È necessario che anche questo lato sia preso in considerazione, in quanto penso che se limitiamo il sindacato alla sola legittimità costituzionale, risolviamo solo in parte il problema, perché sarà molto facile ad un potere esecutivo, che abbia un certo appoggio in Parlamento, far passare come leggi costituzionali quelle leggi che temerebbe fossero sottoposte al sindacato di costituzionalità. In altri termini, quando si sapesse che una determinata legge ordinaria potesse essere impugnata per incostituzionalità, sarebbe molto facile, disponendo di una sufficiente maggioranza, proporre la procedura prevista per la revisione costituzionale, e far passare come legge costituzionale una legge ordinaria che violi i fondamentali diritti.

Mi fermo soltanto su questa necessità di pensare anche alla opportunità di non escludere un sindacato sul merito legislativo, altrimenti il problema che ci proponiamo viene risolto solo per metà. Propongo che si resti alla formula originaria e che si dica: «La Corte costituzionale giudica della costituzionalità di tutte le leggi». Con questa formula basta la parola «giudica» a risolvere i problemi che ha sollevato il collega comunista da cui sono stato preceduto, poiché il giudizio presuppone che vi sia una controversia. Comunque propongo che si rimanga alla formula originaria del progetto.

Condorelli. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Condorelli. Io volevo osservare che la questione, sorta circa il termine «costituzionalità», in fondo non mi pare tocchi un punto veramente controvertibile. Il criterio in base al quale si dà il giudizio è quello della costituzionalità, così come avviene per la legittimità. Perciò il giudizio è di costituzionalità, cioè si giudica de costitutionalitate, se potessimo usare la parola latinizzata. Colgo l'occasione per chiedere all'onorevole Commissione che sorte ha l'emendamento da me proposto questa mattina...

Rossi Paolo. La Commissione accetta l'emendamento Tosato.

Condorelli. Ma l'emendamento Tosato non include, non considera l'ipotesi della usurpazione di poteri, anzi, la esclude totalmente. In tal caso io chiedo che si voti anche sul mio emendamento, perché mi pare che la Corte costituzionale mancherebbe ad uno dei suoi scopi essenziali se non potesse intervenire contro le più gravi aggressioni alla Costituzione che sono appunto le usurpazioni di poteri.

Presidente Conti. Chiedo ai presentatori dei vari emendamenti se intendono mantenerli.

Onorevole Bertone, intende mantenere il suo emendamento?

Bertone. Non insisto sulla proposta soppressiva di tutta la Sezione.

Presidente Conti. Onorevole Nitti, intende mantenere il suo emendamento?

Nitti. Mantengo la mia proposta sostitutiva dell'intera Sezione.

Presidente Conti. Seguono gli emendamenti dell'onorevole Colitto, che non è presente.

Rodi. A nome dell'onorevole Colitto ritiro gli emendamenti e aderisco al testo della Commissione.

Presidente Conti. Sta bene. Onorevole Mastino Gesumino, mantiene l'emendamento?

Mastino Gesumino. Ritiro il mio emendamento e aderisco al testo dell'onorevole Tosato.

Presidente Conti. Onorevole Perassi?

Perassi. Aderisco al testo della Commissione.

Presidente Conti. Non essendo presente l'onorevole Monticelli, l'emendamento s'intende decaduto.

Onorevole Caccuri, mantiene l'emendamento?

Caccuri. Vi rinuncio.

Presidente Conti. Onorevole Grassi, intende mantenerlo?

Grassi. Lo ritiro e aderisco al testo della Commissione.

Presidente Conti. Onorevole Preti, mantiene l'emendamento?

Preti. Qui non si tratta del mio emendamento. Volevo piuttosto pregare gli onorevoli Ruini e Rossi di accogliere il nuovo testo, così come l'ha presentato l'onorevole Tosato, per la parte che riflette i conflitti di attribuzione. Perché aggiungere le parole «fra i poteri dello Stato?». Lo stesso onorevole Ruini pochi giorni fa diceva, che nella Costituzione non parliamo e non vogliamo parlare di «poteri dello Stato».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma, no!

Preti. Sì, l'ha detto lei. Ed è logico! Dei singoli poteri dello Stato si poteva parlare nella legge del 1865. Tanto più che i famosi tre poteri dello Stato sono superati...

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non occorrerebbe a «conflitti di attribuzioni» aggiungere «fra i poteri dello Stato»; ma poiché uno dei proponenti dell'omissione di queste ultime parole, l'onorevole Mortati, aveva proposto anche di affidare alla Corte costituzionale i conflitti di giurisdizione, l'onorevole Persico chiede che sia espressamente stabilito che la Corte costituzionale non sia competente per questi ultimi conflitti; ma è inutile dirlo, perché l'Assemblea si è pronunziata in tal senso nell'articolo sul ricorso in Cassazione; ad ogni modo, a togliere la minima ombra di dubbio, basta dir qui «conflitti d'attribuzione fra i poteri dello Stato»; che è del resto materia di cui la Corte costituzionale deve occuparsi, per la sua stessa ragione d'essere.

Presidente Conti. Non essendo presenti gli onorevoli Benvenuti e Targetti, i loro emendamenti si intendono decaduti.

Onorevole Bettiol, mantiene il suo emendamento?

Bettiol. Vi rinunzio.

Presidente Conti. E lei, onorevole Buffoni?

Buffoni. Rinunzio al mio emendamento.

Presidente Conti. Onorevole Persico, mantiene l'emendamento?

Persico. Lo mantengo.

Presidente Conti. Onorevole Gullo Fausto, insiste nel suo emendamento?

Gullo Fausto. Ritiro il mio e mi associo all'emendamento Persico.

Presidente Conti. E lei, onorevole Condorelli?

Condorelli. Insisto.

Presidente Conti. Dobbiamo porre in votazione anzitutto l'emendamento Nitti, sostitutivo dell'intera Sezione.

Nitti. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Nitti. Osservo che la votazione sui quattro articoli della sezione sarebbe inutile, se è accettata la mia proposta di un articolo riassuntivo, che si riferisce alla competenza della Cassazione a sezioni unite per queste questioni.

Martino Gaetano. Chiedo di parlare.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Martino Gaetano. Prima di mettere ai voti l'emendamento Nitti occorrerebbe votare il mio emendamento sulla denominazione del titolo, che mantengo, nonostante si tratti di una questione di forma.

Presidente Conti. Desidero avvertire l'Assemblea che, conformemente a quanto è stato già fatto in precedenza, rimandiamo la questione dell'intitolazione alla fine.

Martino Gaetano. Sta bene.

Mastrojanni. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Conti. Ne ha facoltà.

Mastrojanni. Dichiaro a nome del mio Gruppo che voteremo contro l'emendamento dell'onorevole Nitti. Avrei desiderato di poter brevemente esporre stamattina le nostre argomentazioni contrarie a quelle così autorevolmente esposte dall'illustre parlamentare onorevole Nitti; ma mi è stato risposto che solo in sede di dichiarazione di voto avrei potuto manifestare il mio pensiero.

La ragione principale è quella per la quale noi, secondo il nostro programma politico dello Stato amministrativo, abbiamo sostenuto essere caratteristica essenziale della nostra concezione la Corte costituzionale.

Invero, contrastare e contrastare efficacemente le ponderose argomentazioni dell'onorevole Nitti e dell'onorevole Bertone è cosa non lieve né facile, ma mi conforta che le argomentazioni avversarie non tanto siano state dirette verso la superfluità di questo massimo istituto costituzionale, quanto sulle impossibilità relative ad una composizione che risponda alla fiducia del popolo italiano e alle esigenze squisitamente e altamente giuridiche di questo organo supremo.

Ora, consentitemi, onorevoli colleghi, di rilevare brevemente le incongruenze e le incoerenze nelle quali sono fra ieri e oggi caduti i più illustri parlamentari che onorano questa Assemblea. Basterà che io vi ricordi, a questo proposito, quanto ieri si sostenne circa la pluralità della Corte Suprema di cassazione, allorquando si affermò che l'estendere le sedi della Corte Suprema di cassazione significava anche rendere più aderenti alle necessità giuridiche del popolo gli organi giudiziari che ne esprimono le esigenze e significava anche dar vita al diritto, che non è creato dai giuristi, ma dal popolo.

Oggi invece si opina di dover restringere gli organismi giudicanti sul più delicato settore della vita nazionale, in considerazione di una presunta incompetenza dell'organismo che si vuol creare, attribuendone invece la potestà e la competenza alle sezioni unite della Corte Suprema di cassazione.

Presidente Conti. Onorevole Mastrojanni, vorrei pregarla di contenersi nei limiti di una dichiarazione di voto.

Mastrojanni. Esaurisco in breve le mie considerazioni. Che cosa gli avversatori della Corte costituzionale hanno detto a sostegno del loro punto di vista? Nulla in concreto che dimostri la superfluità di questo organo supremo, nel momento stesso in cui l'Assemblea ha redatto la Costituzione della Repubblica italiana. La Carta costituzionale deve necessariamente essere tutelata e custodita. E non vi è invero chi possa tutelarla e custodirla se non quell'organo che da questa Assemblea e successivamente dal Parlamento possa essere designato a questo altissimo ufficio.

La Corte Suprema di cassazione non è la più adatta ad interpretare la Costituzione della Repubblica italiana, in quanto che essa Costituzione è un corpus giuridico e politico insieme. Logico quindi che l'organo che deve tutelare e custodire il contenuto, lo spirito e la lettera della Costituzione sia composto di giuristi e di politici.

Esempio recente è quello dell'Alta Corte di giustizia, che dovendo pronunziarsi in tema di violazione e di soppressione delle libertà individuali e costituzionali ai termini dell'articolo 2 del famoso decreto legislativo luogotenenziale del luglio 1944, giudicando gli ex Ministri, avrebbe dovuto rappresentare, nelle sue elaborate sentenze, una più squisita sensibilità politica, e dimostrare, nelle importanti sentenze, in che cosa fosse consistita la violazione delle leggi costituzionali.

Invece, se con pazienza, onorevoli colleghi, esaminerete tali sentenze, vi accorgerete che esse non soddisfano le supreme esigenze dimostrative sulle violazioni costituzionali. Ecco perché, onorevoli colleghi, è necessario che la Corte costituzionale venga formata secondo i criteri espressi negli articoli inseriti nel progetto di Costituzione e che questo organismo rappresenti ed esprima, insieme colle esigenze della dottrina giuridica, anche le esigenze della sensibilità politica, la quale non può derivare che da uomini che si sono sperimentati nell'esercizio delle attività politiche.

Poiché mi conforta l'impressione che la maggioranza di questa Camera è orientata decisamente verso l'istituzione della Corte costituzionale, non vi ha bisogno che più oltre dimostri che le argomentazioni contrarie non incrinano in modo alcuno le ragioni della creazione di questo massimo istituto e confido che la Corte costituzionale sarà, ad esaudimento del programma politico dell'Uomo Qualunque — che nello Stato amministrativo ha sostenuto e difeso la necessità di quest'organo di suprema garanzia delle leggi costituzionali — approvata dall'Assemblea Costituente.

Presidente Conti. Pongo in votazione l'emendamento dell'onorevole Nitti:

«Sostituire i quattro articoli della Sezione col seguente:

«Quando nel corso di un giudizio è sollevata questione di incostituzionalità di una norma legislativa, la decisione è rimessa alla Corte di cassazione a Sezioni unite.

«La legge determina le norme per il funzionamento della Corte».

(Non è approvato).

Presidente Conti. Pongo ora in votazione il testo dell'articolo 126 proposto dall'onorevole Tosato e accettato dalla Commissione:

«La Corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale degli atti aventi forza di legge dello Stato o delle Regioni; dei conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato, fra Stato e Regione o fra Regioni».

(È approvato).

Ora pongo in votazione l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Condorelli:

«giudica dei conflitti di attribuzione e sulle usurpazioni di potere degli organi costituzionali dello Stato».

(Non è approvato).

Avverto che l'ultimo comma è rinviato su richiesta dell'onorevole Preti e di altri, accettata dalla Commissione.

L'onorevole Martino Gaetano ha presentato una proposta di articolo 126-bis del seguente tenore:

«La Corte non potrà pronunciarsi sulla validità degli atti legislativi e dei decreti, se non in relazione a quelle norme costituzionali, la cui interpretazione non giustifichi una pluralità di soluzioni, una delle quali sia stata adottata dal Parlamento o dal Governo. Essa si asterrà parimenti, nelle sue decisioni, dal pronunciarsi su questioni che implichino una valutazione dell'opportunità dei suddetti atti».

Martino Gaetano. Rinunzio alla mia proposta di articolo 126-bis, perché ritengo che i concetti in esso esposti trovino riscontro in quelli espressi dalla formulazione della Commissione.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti