[Il 29 novembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo VI della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Garanzie costituzionali».]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Poiché sono stati svolti tutti gli emendamenti all'articolo 127, prego la Commissione di esprimere il suo parere.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'onorevole Rossi Paolo ha già espresso il pensiero della Commissione questa mattina, dicendo che, per quanto riguarda gli emendamenti più importanti, che sono quelli dell'onorevole Targetti e dell'onorevole Laconi, la Commissione non ha potuto convocarsi, non è in grado di dire nulla e si rimette al suo testo, lasciando libera l'Assemblea.

Per quanto riguarda l'emendamento dell'onorevole Bozzi, trattandosi di una sola questione formale, ritengo che siamo autorizzati ad accettarlo.

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, si tratta di passare allora alla votazione. Il primo comma del testo della Commissione, tenendo conto degli emendamenti accolti, è stato modificato nel modo seguente: «La Corte costituzionale è composta di membri nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune e per un terzo dalle supreme Magistrature dell'ordine giudiziario e amministrativo».

In questo nuovo testo è stato dalla Commissione inserito l'emendamento degli onorevoli Persico e Bozzi. Restano pertanto validi, in confronto al testo dalla Commissione, l'emendamento dell'onorevole Laconi e quello dell'onorevole Targetti. L'onorevole Laconi ha proposto che i giudici della Corte siano nominati per un terzo della Camera dei deputati, per un terzo dal Senato e per un terzo dalle Assemblee regionali. L'onorevole Targetti ha proposto che il Presidente della Repubblica nomini un terzo dei componenti della Corte; gli altri due terzi siano nominati per metà dalla Camera dei deputati e per metà dal Senato della Repubblica.

L'emendamento proposto dall'onorevole Laconi ha la precedenza nella votazione, essendo quello che più si discosta dal testo della Commissione.

Fabbri. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fabbri. Dichiaro che voterò contro l'emendamento dell'onorevole Laconi, anche per una ragione che direi quasi di carattere pratico, cioè che questa nomina di un terzo da parte dei Consigli regionali mi appare un poco anomala, nel senso che non mi rendo conto chiaramente come i Consigli regionali dovrebbero partecipare a questa nomina di un numero di giudici il quale, nella sua totalità, molto probabilmente è inferiore al numero dei Consigli regionali. Quindi occorrerebbe concepire l'insieme dei Consigli regionali come costituente un corpo di per sé ed allora la prima obiezione che viene alla mente è quella della presenza del Senato, dove appunto i Consigli regionali hanno una particolare rifrazione unitaria, tanto che si era pensato di chiamare il Senato: «Camera delle Regioni». Se eventualmente questo terzo fosse rappresentato, per ipotesi, soltanto da dieci giudici, o magari da cinque, non vedo come oltre venti Regioni potrebbero fare questa nomina, se non prendendo degli accordi fra loro. Perché non è pensabile una nomina frazionaria; e allora tutto questo meccanismo di elezione mi pare contrasti appieno con la natura del Consiglio regionale, che dalla Costituzione viene considerato come un organo che limita la sua competenza nel campo della Regione, salvo a dare dei rappresentanti al Senato.

Ma allora ritorniamo a quella tale idoneità del Senato ed a quella tale obiezione che facevo prima. Mi pare che questa ragione, d'ordine prevalentemente tecnico, debba far scartare l'emendamento Laconi.

Non sono nemmeno molto entusiasta dell'emendamento Targetti (e lo dico adesso per non ripetere ancora un'altra volta sullo stesso argomento una dichiarazione di voto) in quanto mi pare che le proposte dell'onorevole Laconi e dell'onorevole Targetti diano una soverchia importanza alla pretesa esigenza di carattere politico che sarebbe inerente al funzionamento della Corte costituzionale.

Si è detto con molta insistenza che il carattere di questo giudizio è tecnico e politico e si è preteso di vedere un pericolo in un difetto, in una scarsità, dell'elemento politico. Io mi pongo da un punto di vista completamente opposto e considero che, mentre certamente in ogni giudizio da parte di qualsiasi giudice vi è sempre, da un punto di vista generale, un lato tecnico e un lato politico, nel caso particolare di questo giudizio da parte della Corte costituzionale, il lato preminente è nettamente di carattere giurisdizionale.

Questo deve essere l'elemento caratteristico della Corte costituzionale, sia pure con il concorso di quei tali criteri d'ordine tecnico e d'ordine politico che secondo me sono subordinati all'esigenza primordiale, preminente su tutte le altre, di una pronuncia giurisdizionale. E non vi è nessun implicito pericolo di concessione di strapotere politico alla Corte costituzionale, nel senso di una menomazione del potere della Camera, in quanto, dal punto di vista politico, al Parlamento rimane sempre l'ultima parola.

Perché noi non dobbiamo dimenticare quale è il carattere peculiare della Corte costituzionale: non è già di sostituirsi al Parlamento nel senso di negare al Parlamento la facoltà di deliberare delle leggi, anche in modifica della Costituzione. La garanzia che la Corte costituzionale è tenuta a dare è che quando il Parlamento non pretende di fare una legge che innovi dei principî costituzionali, ma semplicemente di deliberare leggi ordinarie e fare l'applicazione di principî non contrastanti con altri già stabiliti nella Costituzione non incorra in violazioni di diritto, in violazioni quindi specifiche, che si devono rilevare in un esame comparativo fra la norma costituzionale e la legge nuova del Parlamento o la legge della Regione. Ora, se noi partiamo dal concetto che questo giudice debba essere una rifrazione immediata del Parlamento, un portatore di ideologie di maggioranze occasionali, evidentemente ci avvolgiamo in un giro vizioso, perché tendiamo a dare a questo organo (Corte costituzionale) un carattere di riproduzione dell'Assemblea e del Parlamento, che esso non deve avere per definizione, altrimenti cesserebbe di essere un giudice degli atti del Parlamento, mentre deve proprio essere eminentemente un giudice degli atti del Parlamento e degli atti della Regione che contengano eventualmente una violazione delle leggi costituzionali.

Se il Parlamento vorrà esso modificare la Costituzione, e vorrà esso introdurre dei principî in deroga di quelli fissati nella Costituzione, ricorrendo ai modi previsti per la sua revisione, sarà liberissimo di farlo, e nessuna Corte costituzionale glielo potrà impedire.

Compito della Corte costituzionale è dunque di emettere una dichiarazione giurisdizionale, che solo subordinatamente è politica e tecnica; dal punto di vista principale deve essere di garanzia dei diritti che provengono dal rispetto e dalla osservanza delle leggi costituzionali.

In questo senso, scarto completamente l'emendamento Laconi, per le ragioni dette, e non approvo interamente quello dell'onorevole Targetti, rimettendomi invece al testo formulato ultimamente dalla Commissione, che in definitiva sarò lieto di votare.

Macrelli. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Macrelli. Non credo che dal punto di vista pratico sia applicabile l'emendamento dell'onorevole Laconi. Abbiamo già discusso su questo tema in altra occasione; comunque, io vorrei ricordare al collega Laconi che esiste un emendamento presentato dall'onorevole Perassi, come articolo 127-bis, il quale dice: «Quando il giudizio avanti la Corte verte sulla costituzionalità di una legge regionale o su un conflitto di attribuzioni fra lo Stato ed una Regione, la Regione interessata ha la facoltà di designare una persona, scelta fra le categorie indicate nell'articolo precedente, per partecipare alla Corte come giudice». Penso che l'onorevole Laconi potrebbe accontentarsi di questo emendamento, sovrattutto perché, ripeto, è di difficile applicazione pratica il criterio da cui egli parte; vorrei quindi pregarlo di ritirare il suo emendamento.

Uberti. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Uberti. Poiché siamo favorevoli al testo della Commissione, rinnovo la dichiarazione di voto già fatta ieri. Respingiamo tutti gli emendamenti per votare l'articolo, come proposto dalla Commissione nella sua ultima formulazione, salvo particolari, riguardanti la durata della Corte e l'età dei componenti.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Chiedo su questa votazione la verifica del numero legale.

Presidente Terracini. È stata presentata richiesta di verifica del numero legale. Di fronte a questa richiesta non c'è che da procedervi. Faccio peraltro rilevare che ciò significa l'intenzione di non attenersi al calendario prestabilito, che tutto autorizzava finora a credere che si potesse osservare, cioè la conclusione dell'esame di questi due Titoli, sulla Magistratura e sulla Corte costituzionale, entro il mese.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non so se sia corretto, come prassi parlamentare e come Regolamento, ma penso che si potrebbe passare a discutere l'articolo successivo, poiché tecnicamente esso non offre la possibilità di grandi controversie.

Bozzi. Sono legati i due articoli.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Se vi sono opposizioni, non posso insistere nella mia proposta.

Presidente Terracini. Credo si possa accedere alla proposta dell'onorevole Ruini, che è conforme al Regolamento e che ci permetterà di utilizzare ancora la seduta di oggi per i nostri lavori.

(Così rimane stabilito).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti