[Il 29 novembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sullo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.]

Il Presidente Tupini ricorda che l'onorevole Togliatti nella precedente riunione aveva presentato la seguente proposta:

«La forma repubblicana dello Stato non può essere messa in discussione né davanti al popolo né davanti alle Assemblee legislative».

La formulazione di tale proposta, in relazione alle osservazioni di altri Commissari, è stata dallo stesso onorevole Togliatti così modificata:

«L'adozione della forma repubblicana è definitiva: né l'iniziativa popolare, né il voto delle Assemblee legislative possono metterla in discussione».

Togliatti fa presente di aver ritenuto di modificare la sua primitiva proposta, i cui termini troppo recisi potevano forse essere interpretati nel senso che la propaganda dell'idea monarchica fosse da considerarsi come sovversiva. Pur non escludendo che nella legge si possa anche arrivare a questa affermazione, ha voluto cercare una formula meno drastica che esprimesse lo stesso concetto, escludendo in termini costituzionali la possibilità, per esempio, di indire un referendum sulla forma istituzionale dello Stato, senza condannare per questo la propaganda dell'idea monarchica come sovversiva.

Cevolotto, Relatore, vorrebbe chiarito il significato delle parole: «iniziativa popolare».

Grassi fa presente che il referendum è una proposta che le autorità dello Stato fanno al popolo perché esso dica se accetta o meno una determinata forma istituzionale, mentre l'iniziativa popolare è la facoltà del popolo di proporre direttamente una legge per rivedere la forma istituzionale dello Stato. Ritiene, però, che parlare di iniziativa popolare, quando ancora non si sa se questa sarà consentita nella Costituzione, sia una cosa tecnicamente e giuridicamente non opportuna.

Caristia è d'avviso che la proposta dell'onorevole Togliatti potrebbe avere un significato più preciso e più concreto, se collocata nella parte relativa ai modi di revisione della Costituzione. In tale sede, crede, potrebbe anche stabilirsi un limite assoluto al potere di revisione della Costituzione, come è previsto in quella francese.

Cevolotto, Relatore, ricorda che il concetto espresso dall'onorevole Caristia era contenuto in un suo ordine del giorno che è stato respinto.

Lucifero è del parere che ogni affermazione contenuta in una Costituzione sia definitiva senza bisogno di dirlo specificatamente. Tale definitività, però, è soltanto relativa, nel senso che ha valore fino al giorno in cui la volontà popolare, manifestata nelle forme legali, non intenda modificarla.

Osserva, poi, che se si adottasse la formula dell'onorevole Togliatti, anche la petizione alle Assemblee legislative (che, a suo avviso, rientra nell'iniziativa popolare) pure se presentata nelle forme previste dalla legge, costituirebbe un reato. Fa quindi rilevare che da un punto di vista giuridico, poiché le leggi, anche quelle costituzionali, sono il portato della coscienza generale in un determinato momento storico del Paese (coscienza che può variare a seconda delle contingenze), non sarebbe ammissibile sancire determinate norme fisse ed eterne in una Costituzione, nel senso cioè che non possano essere tangibili, nemmeno se le situazioni e i tempi rendessero necessario di trasformarle.

Tale concetto, oltre che antigiuridico, sarebbe anche assurdo, perché ciò che si vuole soffocare troverebbe egualmente il modo di esplodere e di affermarsi al di fuori delle normali procedure.

Dichiara, inoltre, di essere contrario alla formula dell'onorevole Togliatti per un altro motivo particolare. Premesso esser di avviso che, divenuto lo Stato repubblicano, i monarchici debbano diventare una disciplinata, civica massa inquadrata nelle nuove forme dello Stato, non crede però opportuno non tener conto di questa massa di oltre 10 milioni di cittadini, cui la suddetta formula potrebbe dare la sensazione che si vogliano prendere contro di essa atteggiamenti di ostracismo. Tale sensazione si acuirebbe, poi, maggiormente, se i monarchici venissero a conoscenza dell'intenzione dell'onorevole Togliatti di statuire, in sede di legislazione, che la propaganda dell'idea monarchica è un atto sovversivo che deve essere represso. Questa intenzione è assai grave, perché in uno Stato democratico ognuno dovrebbe essere libero di propagandare le sue idee nei termini consentiti dalla legge. D'altra parte, è risaputo che ogni persecuzione non costituisce altro che un lievito del pensiero, un incremento all'idea che la fa meglio fiorire. Pertanto, se si vuol fare una Costituzione non solo democraticamente, ma anche politicamente concepita, la Sottocommissione dovrebbe respingere la proposta dell'onorevole Togliatti, che rappresenterebbe politicamente un assurdo, perché da un lato verrebbe a creare una maggiore divisione tra gli italiani, che si deve cercare invece di unificare, e dall'altro rafforzerebbe quell'idea che si vorrebbe soffocare.

Togliatti precisa che, nel parlare della possibilità di una legge che riconoscesse come reato la propaganda monarchica, ha inteso alludere a particolari casi in cui gli elementi monarchici si mettessero sul terreno dell'organizzazione armata e del colpo di Stato. In questi casi ritiene legittimo, anche in un regime democratico, che lo Stato repubblicano cerchi di difendersi. Come ha già affermato nella precedente riunione, non vuole precludere assolutamente la strada al manifestarsi di un'opinione contraria, ma fissare un'àncora che politicamente ritiene necessaria e indispensabile per la stabilità del nuovo regime repubblicano, senza escludere la possibilità che nell'avvenire possa crearsi una situazione tale, per cui quest'àncora potrebbe divenire inservibile.

Costituzionalmente, l'articolo che ha proposto vuol significare una remora di più per una sua eventuale abrogazione, nel senso cioè che se in un domani vi fosse una maggioranza monarchica nel Parlamento, prima di poter proporre una riforma istituzionale, dovrà iniziare il procedimento per l'abrogazione di questo articolo, come del resto è avvenuto negli Stati Uniti per sopprimere il regime secco. Ricorda che anche nella Costituzione francese vi è un articolo di analogo contenuto, che dovrebbe essere abrogato prima di poter prendere in esame una proposta di mutamento costituzionale. La questione quindi, costituzionalmente, non è rilevante e non si presta affatto alle critiche mosse dall'onorevole Lucifero.

Lucifero non avrebbe alcuna difficoltà ad accettare una particolare procedura di revisione della Costituzione, specialmente nei riguardi della forma istituzionale, se si fosse accettato l'ordine del giorno proposto nella precedente seduta dall'onorevole Cevolotto, nel senso cioè di trattare la questione non nei principî generali, ma, come ha fatto la Costituzione francese, nel capitolo relativo alla revisione della Costituzione. Tiene a richiamare nuovamente l'attenzione dell'onorevole Togliatti e di tutta la Sottocommissione sulla reazione che un articolo di questo genere potrebbe portare in seno ad una notevole parte dell'opinione pubblica. Non avrebbe, invece, alcuna preoccupazione se si adottasse una formulazione sul genere di quella della Costituzione francese, mettendola nella sede appropriata. Dal punto di vista del diritto costituzionale, la questione non ha forse grande rilevanza, perché quando un convincimento è entrato nell'animo delle masse, lo consenta o meno la Costituzione, la volontà popolare trova sempre il modo di esprimersi e di farsi valere. La sua preoccupazione è, invece, di carattere politico per le reazioni che l'articolo provocherebbe in un notevolissimo settore del Paese, reazioni che potrebbero nuocere al consolidamento della nascente Repubblica.

Cevolotto, Relatore, è d'avviso che l'ultimo testo proposto limiti molto l'estensione della norma, rendendo sempre più evidente la difficoltà di una formulazione non coordinata con le disposizioni relative alla revisione della Costituzione. Può essere d'accordo che l'iniziativa popolare non dovrà avere tale ampiezza da poter chiedere il mutamento della forma istituzionale dello Stato, però fa osservare che la Sottocommissione non sa ancora in che forme e in che limiti l'iniziativa popolare sarà concessa.

Potrebbe essere parimenti favorevole al divieto per le Assemblee legislative di deliberare sul mutamento della forma istituzionale, che, se sarà ammesso, dovrà essere circondato da eventuali garanzie, ma approvando fin d'ora tale divieto si rischia, a suo avviso, di fare un lavoro inutile, o almeno provvisorio, perché è probabile che nel capitolo relativo alla revisione della Costituzione si escluda la possibilità per le Assemblee legislative di poter intervenire con un voto immediato sulla questione istituzionale. L'articolo proposto, quindi, dovendo necessariamente essere coordinato con le norme che saranno stabilite per la revisione della Costituzione, ritarderebbe la presentazione all'Assemblea dei 75 del progetto di Costituzione, nella parte attinente alla Sottocommissione, fino a quando tutto il progetto non sarà terminato. Dato il risultato della votazione della precedente riunione, non vede però come sia possibile uscire dalla situazione.

Mancini crede che si debba discutere ed approvare in questa sede l'articolo dell'onorevole Togliatti per ragioni politiche, giuridiche e di opportunità.

Per ragioni politiche, perché, avendo proclamato la Repubblica, la Costituzione deve essere repubblicana e, come tale, non può non contenere delle norme che rendano più difficile o impossibile un ritorno della monarchia. Per ragioni giuridiche, perché, contrariamente a quanto è stato affermato dall'onorevole Lucifero, le leggi non sono il prodotto spirituale della coscienza di tutto il popolo, ma della maggioranza. Ora quando tale maggioranza ha dimostrato di preferire una particolare forma politica, come quella che è stata ratificata dalle elezioni del 2 giugno, la legge deve intervenire perché la minoranza non contrasti con essa. Per ragioni di opportunità, infine, perché preoccupandosi delle reazioni che l'articolo potrebbe suscitare nell'animo dei monarchici, si cadrebbe in un altro errore, simile a quello in cui si è incorsi a proposito dell'amnistia. Ritiene infatti che in questo campo l'indulgenza sarebbe causa di pericolo per la Repubblica e per la democrazia, sia in relazione a certe manifestazioni criminali dei monarchici, sia perché la democrazia, che si identifica con la Repubblica, in tanto esiste in quanto sappia difendere se stessa.

L'articolo proposto dall'onorevole Togliatti risponde, quindi, a suo avviso, ad un elementare sentimento di legittima difesa della Repubblica.

Mastrojanni ritiene che la Repubblica, essendosi ormai affermata nella coscienza popolare, non debba temere gli assalti di alcuno, anche se sconsideratamente qualche fanatico può essere andato oltre quello che è il sentimento prevalente.

Dichiara, poi, di non potere accettare il concetto di democrazia, così come lo ha espresso l'onorevole Mancini, perché sarebbe in perfetto contrasto con lo stesso significato della parola democrazia. Se, come vorrebbe l'onorevole Mancini, non si ammettesse la possibilità di discutere sulla forma istituzionale, non si avrebbe più un regime repubblicano democratico, ma il più preoccupante regime assolutista. La democrazia, invece, è la libera espressione del pensiero di tutti, nei limiti consentiti dalla legge, per l'esercizio di quelle libertà originarie, imprescrittibili, sacre e inalienabili che sono state sancite nell'esordio della nuova Costituzione.

Condivide, invece, le osservazioni dell'onorevole Lucifero, che ha obiettivamente messo in luce la questione, sia dal punto di vista giuridico che da quello politico.

Dal punto di vista giuridico, infatti, l'affermazione della immutabilità di una norma è antigiuridica per eccellenza, perché le leggi rispecchiano quella che è la morale prevalente nella coscienza popolare, che essendo, a sua volta, il risultato di concezioni e di situazioni oggettive, è suscettibile nel tempo di tutte le possibili variazioni e non può quindi ritenersi immutabile.

Dal punto di vista politico, non vi è dubbio che un'affermazione come quella dell'onorevole Togliatti, offenderebbe i sentimenti di una grande massa di cittadini, che hanno dimostrato di prediligere un'altra forma istituzionale.

In un momento in cui dovrebbe prevalere, nei confronti di questa tutt'altro che trascurabile massa di cittadini, il criterio della persuasione e della forza del ragionamento, sarebbe un atto politicamente inopportuno sancire solennemente nella Carta costituzionale la impossibilità, persino, di discutere sulla forma istituzionale, in relazione ad un eventuale diverso orientamento della coscienza popolare.

Concorda che la democrazia repubblicana debba difendersi, ma l'onorevole Mancini gli deve dare atto che nessuna istituzione, quali che siano le coercizioni, può logicamente affermarsi e sussistere se non risponde spontaneamente a quella che è la coscienza collettiva del popolo. Per ciò la difesa della Repubblica italiana sta appunto nella coscienza del popolo italiano e se questa è matura, nulla vi sarà da temere. D'altra parte, ricorrendo a questa norma coercitiva, antigiuridica e anticostituzionale, si potrebbe ingenerare il dubbio che la Repubblica non risponda effettivamente alla coscienza popolare. Ritiene, invece, che la Repubblica italiana possa durare, se è effettivamente nella coscienza del popolo, e la forza materiale e spirituale di questa affermazione deve costituire la più efficace garanzia per escludere la possibilità di attentati contro la Repubblica.

Conclude condividendo in subordine l'opinione dell'onorevole Cevolotto, nel senso di demandare la questione alla seconda Sottocommissione che dovrà redigere un articolo relativo alla possibilità e alle modalità per poter addivenire alla revisione del testo costituzionale.

Mancini obietta all'onorevole Mastrojanni che se nella coscienza del popolo esiste la difesa della Repubblica, tale difesa non può esprimersi che mediante una legge, in quanto democrazia significa libera espressione delle proprie idee, nei limiti però consentiti dalla legge, rappresentando il prodotto spirituale della maggioranza dei cittadini. Poiché attualmente la maggioranza è repubblicana, ha il dovere di difendere e consolidare la Repubblica con l'arma democratica più adatta, costituita appunto da una legge mirante ad impedire eventuali insidie da parte della minoranza.

Basso esprime l'avviso che la discussione sia uscita fuori binario, trattandosi in sostanza di stabilire una norma la quale affermi che la forma repubblicana dello Stato non può essere modificata con quello che sarà il normale procedimento di revisione della Carta costituzionale, ma eventualmente con una procedura di secondo grado.

Caristia propone la chiusura della discussione generale.

(La proposta, messa ai voti, è approvata all'unanimità).

Il Presidente Tupini comunica che gli onorevoli Dossetti e La Pira hanno presentato un ordine del giorno così formulato:

«La prima Sottocommissione delibera che la Costituzione debba dichiarare la definitività della forma repubblicana dello Stato e garantirla costituzionalmente. Rinvia alla seconda Sottocommissione l'elaborazione tecnica di questo principio».

Personalmente preferirebbe la seguente dizione:

«La prima Sottocommissione dichiara che la forma repubblicana è definitiva e deve essere garantita costituzionalmente, ecc.».

Rende noto che l'onorevole Togliatti accetterebbe l'ordine del giorno degli onorevoli Dossetti e La Pira, emendandone così la prima parte:

«La prima Sottocommissione delibera che la forma repubblicana è definitiva e che essa non può fare oggetto di una proposta di revisione della Costituzione».

Domanda agli onorevoli Dossetti e La Pira se accettano l'emendamento dell'onorevole Togliatti.

Dossetti, Relatore, nella sostanza, è d'accordo con l'onorevole Togliatti sulla necessità di affermare nella Costituzione la definitività della forma repubblicana, ed individuare il modo per escludere che essa possa essere messa in discussione. Quanto alla forma, però, si dichiara contrario ad affermare nella Costituzione che la forma repubblicana non possa in alcuna maniera formare oggetto di proposte di revisione, perché evidentemente si direbbe una cosa che giuridicamente non può essere accettata.

Ognuno sa quanto gli stiano a cuore certi principî fondamentali riguardanti i rapporti fra Stato e Chiesa; eppure, se venisse proposto, si dichiarerebbe egualmente contrario ad affermare nella Costituzione l'impossibilità di una loro revisione. Sancire perciò nella Costituzione che la forma repubblicana non può formare oggetto di una revisione, sarebbe un non senso, in quanto si verrebbe a sottolineare un atteggiamento di cristallizzazione anti-democratico. Si dichiara, invece, disposto a specificare quali attività debbano essere impedite, come per esempio l'iniziativa popolare, nel senso che non sia possibile che domani, in una città o in una regione, si attui un'iniziativa per mettere in discussione la forma repubblicana.

Data la concordanza di sostanza, se si dovesse venire ad una votazione, evidentemente sarà favorevole alla primitiva formula dell'onorevole Togliatti e, in caso estremo, alla nuova formula. Pregherebbe però l'onorevole Togliatti di rimettere effettivamente la determinazione tecnica delle garanzie sostanziali alla seconda Sottocommissione.

Caristia non vede niente di antigiuridico e di assurdo nella formula dell'onorevole Togliatti, il cui concetto è riportato più volte anche dalla stessa Costituzione francese e da altre Costituzioni. Giuridicamente, infatti, si può porre un limite ad un determinato potere, che nel caso in questione, è il potere di revisione.

De Vita è perfettamente d'accordo con l'onorevole Caristia. Non si tratta di una immutabilità della legge, come ha sostenuto l'onorevole Mastrojanni, ma di porre il legislatore di fronte ad un limite, oltre il quale non può andare. Questo limite significherebbe, in sostanza, una procedura di secondo grado per la revisione della forma costituzionale dello Stato.

Dossetti, Relatore, ripete che è d'accordo sulla sostanza, ma è d'avviso che non corrisponda a uno spirito democratico l'escludere a priori la revisione della forma istituzionale. Se per modificare la Costituzione che è ora in elaborazione, si richiedesse la convocazione di una nuova Assemblea Costituente, evidentemente non si potrebbe disconoscere ad essa lo stesso potere che ha l'attuale Costituente. Per questo motivo una simile affermazione, anche se fornita di significato politico, non può ritenersi giuridicamente esatta.

Togliatti ritiene che la questione sia stata posta giuridicamente dall'onorevole De Vita. La formula presentata è di compromesso, in quanto tiene a che su una deliberazione di questo genere vi sia la maggioranza.

Dossetti, Relatore, riafferma che la sua preoccupazione è che giuridicamente tale formula sia inesatta e anti-democratica.

Mastrojanni osserva che l'onorevole Dossetti è sostanzialmente d'accordo sulla formula dell'onorevole Togliatti, ma si preoccupa di salvare la forma.

Gli sembra però che questo sistema non sia ortodosso, perché la forma e la sostanza debbono coerentemente non essere in contrasto e se si vuole che il popolo possa apprendere dalla sola lettura della Costituzione quello che essa vuol dire, si deve essere il più chiari possibile, senza usare eufemismi che sono da condannare in modo assoluto, perché anti-democratici. Perciò, se si vuole precludere ogni possibilità di revisione della forma istituzionale, si deve formalmente e sostanzialmente dirlo.

Circa l'esempio, portato dall'onorevole Caristia, di Costituzioni straniere, rivendica a Roma il diritto di insegnare, d'avere insegnato e di continuare a insegnare per il futuro quelli che sono i fondamenti del diritto.

Caristia obietta all'onorevole Mastrojanni che, a parte il rispetto per il diritto di Roma, che è comune a tutti, ha citato le altre Costituzioni soltanto a titolo di esemplificazione. Ad ogni modo, la disposizione dovrebbe essere collocata non nella sede in esame, ma in quella relativa ai modi di revisione della Costituzione.

Moro è del parere che in sede di Costituzione si debba far cenno alla definitività della forma istituzionale, ma fa rilevare che il problema della garanzia costituzionale della Repubblica è un problema complesso che va oltre la questione della revisione della Costituzione e di cui dovrà occuparsi la seconda Sottocommissione.

Ritiene, pertanto, opportuno limitarsi a sancire il principio che «l'adozione della forma repubblicana dello Stato è definitiva», facendolo seguire da un ordine del giorno nel quale si affermi che: «La prima Commissione, avendo sancito il principio della definitiva adozione del regime repubblicano, rinvia alla seconda Sottocommissione per tutte le opportune garanzie costituzionali».

Basso si dichiara contrario ad una affermazione generica che la forma repubblicana dello Stato è definitiva, inquantochè una norma del genere avrebbe carattere puramente pedagogico e potrebbe anche urtare una parte notevole dell'opinione pubblica. Sarebbe favorevole invece ad un'affermazione come quella proposta dall'onorevole Togliatti, la quale è veramente una norma avente valore eminentemente giuridico. In sostanza, si viene a porre il principio che una revisione in materia istituzionale non potrebbe essere proposta, se prima non sia stato soppresso questo articolo. La seconda Sottocommissione stabilirà poi le norme mediante le quali si possa addivenire alla revisione della Costituzione.

Lucifero non avrebbe alcuna difficoltà ad accettare il principio enunciato dall'onorevole Basso, cioè che, per determinate riforme costituzionali, si debba seguire una procedura speciale di secondo grado. Ma affermare che la forma repubblicana è definitiva gli sembra perfettamente inutile, sia perché la definitività, come ha già detto, deve sempre intendersi in modo relativo, sia perché la formula, che ha votato favorevolmente, ossia «Lo Stato italiano è una Repubblica democratica», già afferma un concetto di per sé definitivo.

Dichiara, infine, di non aver difficoltà a rinviare alla seconda Sottocommissione la stesura delle speciali procedure alle quali dovrebbe essere sottoposta una eventuale pratica di revisione istituzionale.

Cevolotto, Relatore, dichiara che voterà a favore della proposta dell'onorevole Togliatti, inquantochè ritiene anch'egli necessario che in questa materia si abbia una votazione di maggioranza. Sarebbe, invece, contrario a mettere nella Costituzione un principio isolato circa la definitività della forma repubblicana dello Stato, perché ciò potrebbe far supporre che vi sia alcuno che possa immaginare che la Repubblica è provvisoria.

Il Presidente Tupini ritiene anch'egli che affermare che la Repubblica è definitiva, oltre ad essere superfluo, sembrerebbe tradire quasi la preoccupazione che la Repubblica non fosse tale. Prega, pertanto, i colleghi di non volere insistere su una tale affermazione.

Sarebbe invece favorevole ad una formula che, senza ripetere quella francese, dicesse che effettivamente la forma repubblicana dello Stato si sottrae al procedimento normale di revisione della Costituzione.

All'onorevole Togliatti, che giustamente si preoccupa che su questa questione venga raggiunta una larga maggioranza, fa rilevare che se si insiste su certe formule, si rischierà di avere una maggioranza così debole da essere più pregiudizievole che non il passare sotto silenzio la questione.

Personalmente, proporrebbe due formule identiche nella sostanza, ma differenti nella forma, una come articolo e l'altra come ordine del giorno.

La prima è così formulata:

«La forma repubblicana dello Stato non è soggetta al normale procedimento di revisione della Costituzione».

La seconda è la seguente:

«La prima Sottocommissione delibera che la forma istituzionale dello Stato non debba essere soggetta al normale procedimento di revisione della Costituzione e rinvia per la formulazione definitiva alla seconda Sottocommissione».

Qualora la Commissione fosse d'accordo sul merito, dovrebbe stabilire se dare la preferenza all'articolo o all'ordine del giorno.

Cevolotto, Relatore, non sarebbe favorevole ad esporre il concetto sotto forma di un articolo che, data la dizione proposta, potrebbe dare l'impressione che fosse proprio la Costituente ad indicare che con un procedimento straordinario si possono modificare le istituzioni repubblicane. Qualora il concetto venisse inserito e coordinato con gli articoli riguardanti la revisione della Costituzione, assumerebbe, invece, un altro aspetto e valore. Tuttavia dichiara che se la Sottocommissione preferirà la forma dell'articolo, voterà favorevolmente.

Il Presidente Tupini osserva che, rendendosi interprete del disagio derivante dal fatto che non siano state ancora stabilite le forme di revisione della Costituzione, ha proposto lo stesso concetto anche come ordine del giorno.

Moro ritiene anch'egli che non sia il caso di formulare un articolo, poiché trattasi di una materia in cui la Sottocommissione non è competente.

È, pertanto, favorevole all'ordine del giorno.

Togliatti dichiara invece di essere favorevole a definire la questione con un articolo, in quanto ritiene che la Commissione sia competente a decidere, rientrando nella sua specifica competenza tutto quanto attiene alla forma istituzionale dello Stato. Il coordinamento e la collocazione definitiva dell'articolo potranno successivamente essere effettuati in altra sede. Inserirebbe l'articolo proposto dal Presidente subito dopo la definizione: «Lo Stato italiano è una Repubblica democratica».

Il Presidente Tupini crede che un ordine del giorno raccoglierebbe più facilmente il consenso della grande maggioranza dei Commissari.

Mastrojanni si dichiara contrario sia all'ordine del giorno che all'articolo, in quanto ritiene che non si possa alludere ad un procedimento non normale di revisione della Costituzione quando ancora non si conosce quale sarà quello normale. Di conseguenza, esprime il voto che la discussione sia rinviata a quando l'apposita Sottocommissione avrà stabilito i mezzi normali di revisione della Costituzione.

Lucifero si associa all'onorevole Mastrojanni. Si dichiara contrario all'articolo, perché non ritiene che la materia sia di competenza della prima Sottocommissione. Per quanto riguarda l'ordine del giorno, ripete che non sarebbe alieno ad una forma particolare di procedimento per determinate revisioni costituzionali, ma prima di potersi pronunciare, desidererebbe averne esatta conoscenza. Inoltre, data la sua forma vaga e negativa, non crede che tale ordine del giorno potrebbe riuscire di soddisfazione dei monarchici, dai cui voti è stato inviato alla Costituente. Per questi motivi è contrario all'ordine del giorno e all'articolo.

Caristia dichiara che voterà a favore dell'ordine del giorno, ritenendo che la norma dovrebbe essere rinviata al capitolo relativo ai modi di revisione della Costituzione.

Moro in relazione a quanto ha precedentemente affermato, domanda che sia messo ai voti il seguente articolo:

«L'adozione della forma repubblicana dello Stato è definitiva».

Nel caso che fosse respinto, voterà l'articolo proposto dall'onorevole Togliatti.

Togliatti dichiara che voterà favorevolmente la proposta dell'onorevole Moro.

Mancini afferma che voterà anch'egli favorevolmente la proposta dell'onorevole Moro, specialmente dopo le osservazioni dell'onorevole Lucifero.

Cevolotto, Relatore, rileva che la questione, così come è stata impostata, non lascia a tutti i repubblicani altra via che di votare a favore della proposta dell'onorevole Moro, perché essendo stata portata sul terreno politico, una votazione contraria implicherebbe necessariamente il sospetto che si nutra qualche riserva mentale sulla forma repubblicana.

Data questa impostazione, per quanto tutto il suo passato di repubblicano elimini ogni dubbio in proposito, voterà favorevolmente. Dichiara, però, che portare sul terreno politico una questione che avrebbe dovuto essere esclusivamente tecnica, è andare contro alla possibilità di fare una buona Costituzione.

Mastrojanni si associa alle ultime considerazioni svolte dall'onorevole Cevolotto.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposizione proposta dall'onorevole Moro.

(È approvata con 13 voti favorevoli e 4 contrari).

Mette ai voti la proposizione seguente, avvertendo che dovrà seguire a quella testé approvata:

«e non può essere oggetto di normale procedimento di revisione della Costituzione».

(È approvata con 15 voti favorevoli e 2 contrari).

Cevolotto, Relatore, dichiara di riservarsi di discutere in sede di Commissione plenaria sul collocamento di questo articolo e di proporre che venga inserito nella parte relativa alla revisione della Costituzione.

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti