[L'8 novembre 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali».

Vengono qui riportate solo le parti relative al tema in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Bellavista. [...] Il principio della specializzazione del giudice importa un continuo travaglio, un lavoro di cesello che va perfezionato continuamente, e che non può fare colui che ha la sola licenza elementare, complicandosi poi questo semplicismo giudiziario con la immissione — che va criticata! — e con l'intervento dell'elemento femminile. Mi consentano le onorevoli colleghe. Ma chi è stato qualche volta in commissione di esame di Stato con delle egregie professoresse sa come sia tipicamente femminile il giudizio dato da loro: gli idola mentis baconiani formano generalmente una costellazione nell'animo delle esaminatrici! È addirittura un'esperienza dolorosa! Se può anche ammettersi per quel che riguarda l'istruzione pubblica, non deve assolutamente ammettersi questa possibilità dannosa per l'amministrazione della giustizia!

[...]

Persico. [...] Ed una parola sola sull'ingresso nella Magistratura delle donne.

Io sono contrario, e credo che basti pensare all'unico esempio letterario di una donna magistrato per essere contrari. (Interruzioni).

Del problema dei tribunali per i minorenni potremo parlare a parte. Anche su tale argomento ho scritto qualcosa, che può interessare.

Nei collegi dei probiviri è ammessa la donna, perché si devono risolvere controversie economiche per le quali l'ingegno femminile ha speciali attitudini. Ma io dico che la donna magistrato non può esserci e lo dico in base a quanto ha scritto magistralmente Shakespeare che, nel Mercante di Venezia, ha fatto giudicare Porzia, e Porzia ha giudicato male, perché se è vero che ha dato torto a Shylock, gli ha dato torto con un'astuzia femminile, in quanto ha detto che la libbra di carne si doveva prenderla senza il sangue. E con questa trovata, veramente femminile, con questa scappatoia, ha salvato il debitore di Shylock. Ma se fosse stato giudice un uomo, avrebbe detto: caro Shylock, tu chiedi una cosa che è vietata dalla morale; non si può vendere il proprio corpo. La tua domanda è inammissibile, è contra legem, il tuo contratto è nullo. E con una questione di diritto avrebbe risolto il problema, senza ricorrere al cavillo della carne e del sangue. E credo che Shakespeare abbia pensato con questo esempio di dimostrare come la donna non sia la più indicata per pronunciare sentenze.

V'è stata Eleonora D'Arborea, ma era giudicessa nel senso di sovrana; non ha emanato sentenze, ha governato uno Stato. Ed allora vedete che questo problema, che pur ha dei lati seducenti (basti pensare che con una legge recente la Francia ha sanzionato l'ingresso delle donne nella Magistratura), si risolve con gli aspetti pratici della vita. Non è possibile che sentenze civili e penali siano date da un collegio misto, o, peggio ancora, da un collegio composto soltanto di donne, perché questa funzione, così grave, così difficile, che procura tante ansie e tante notti insonni, non è adatta allo spirito femminile.

Noi vediamo che anche nell'avvocatura, dove le donne sono entrate da molti anni, esse non hanno dato quel contributo che si poteva sperare.

Sono stato un amico e un ammiratore della più colta donna avvocato, la professoressa Teresa Labriola. Eppure nessun notevole apporto ha potuto dare alla nostra difficile professione. La donna sarà la madre dei giudici, sarà la ispiratrice dei giudici, ma è bene che lasci questa grave e talvolta terribile responsabilità agli uomini.

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti