[Il 21 aprile 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo secondo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti etico-sociali». — Presidenza del Vicepresidente Conti.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Sardiello. [...] Lasciatemi ora consolare della tristezza di vedere respinto dal progetto di Costituzione un problema che è il riflesso di necessità sociali e di dolori umani; con la parola dell'articolo 25 che reca invece la buona novella ad altri infelici, ad altri sofferenti. La Costituzione annuncia ai figli nati fuori del matrimonio uno stato giuridico che escluda inferiorità morali e sociali.

Ha detto qualcuno che davanti a questi problemi, meglio forse sarebbe che prendesse il passo la riforma agraria od industriale. Vengano queste riforme: noi le auspichiamo nell'interesse del popolo per l'avvenire dell'Italia. Ma considerate (cronaca o storia, piccole o grandi parole, dove c'è l'eco di un dolore umano e di una ingiustizia sociale da riparare, le parole se non sono, si fanno grandi e la cronaca diventa storia!) che i principî qui riconosciuti tendono a quella ricostruzione morale della Patria che non è meno preoccupante e meno urgente, e in ogni caso è anch'essa una faccia della ricostruzione sociale! Aderisco alla voce di coloro che hanno postulato, come premessa alla norma dell'articolo 25, l'adozione di mezzi più idonei per la ricerca della paternità. Penso che su questo saremo tutti d'accordo, anche perché quella invocazione si disegna nell'Assemblea come un arco che va da quell'estremo (Accenna a destra) a questo estremo (Accenna a sinistra), ai punti terminali del quale vedo con gioia due uomini della mia terra: nella proposta di emendamento del collega Caroleo, nell'adesione ad essa data dall'onorevole Gullo. E, dunque, passi con più alta forza l'articolo 25, fatto più efficace, più fecondo direi. Non si tratta di una questione di pietà, di un gesto di carità. È un problema che nasce anche esso da un grande turbamento sociale, che non meno degli altri, non meno di quello che sta a fondamento del principio che contrasta l'indissolubilità del matrimonio, può qualche volta avere delle espressioni parossistiche.

Or non è molto, la gente di una contrada nobilissima d'Italia è stata commossa, sconvolta nell'anima da un terribile fatto di sangue: due vite stroncate con la violenza, e l'uccisore che gridava davanti al giudice: «Ero in bisogno; ho ucciso i congiunti ed eredi fortunati del mio padre ricchissimo che mi aveva misconosciuto ed obliato: vi dò la prova della filiazione, ho persino nel sangue le tare del suo sangue; ascoltatemi».

Si sentì rispondere dal giudice: «Non posso, perché la legge lo vieta».

L'episodio si richiuse su due tombe ed un ergastolo!

Ed allora, o colleghi, anche questo dovere sociale noi compiremo.

Una preoccupazione ho avanzata e ne ho dato il segno in un altro emendamento proposto. Ancora un «assicura», un «garantisce» dei tanti del progetto di Costituzione!

Noto che, sul principio della eguaglianza di stato giuridico fra i figli nati fuori e nel matrimonio, non mi pare siano affacciate decise avversioni; le eccezioni sono per lo meno pochissime. Però sono state fatte presenti difficoltà di realizzazione pratica almeno nel primo momento, quando forse fra il costume e la legge, mentre questa verrà in un certo senso ad urtarlo, per correggerlo, potrebbe sorgere un contrasto non utile, fosse anche dannoso.

Da questo il mio emendamento, che vuole porre in questi termini il problema: che l'impegno sia dalla legge assunto per una realizzazione graduale, secondo le possibilità più sicure di attuazione sempre con la volontà tesa alla realizzazione più vasta, profonda, totale del principio così come è enunciato.

E la mia preoccupazione è rafforzata da un caso che ricavo dalla legislazione straniera. L'articolo 25 (vedi il caso: lo stesso numero) del Codice sovietico del 1926 enuncia la stessa norma contenuta nell'articolo 25 del nostro progetto di Costituzione. Ma alcuni anni dopo, evidentemente per la pressione di situazioni pratiche che hanno contrastato alla norma scritta, un altro articolo di un ukase del Presidium del Soviet supremo, contestava alla madre il diritto di richiedere gli alimenti per il figlio nato da matrimonio non registrato.

Ora, o signori, noi dobbiamo preoccuparci di non procurare, per quanto è possibile prevedere, smentite a questa Costituzione che noi vogliamo garante della vita nuova democratica e repubblicana d'Italia.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti