[Il 3 maggio 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente inizia la discussione generale del Titolo terzo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti economici».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Cortese. [...] Passo all'articolo 35 saltandone due o tre. L'articolo 35 è l'articolo che riguarda l'organizzazione sindacale. Il primo comma dice: «L'organizzazione sindacale è libera» e certo non si potranno trovare assertori più convinti di questo articolo all'infuori dei liberali. L'articolo poi soggiunge: «Non può essere imposto ai sindacati altro obbligo che la registrazione presso uffici locali e centrali, secondo le norme di legge». Ora io ho qualche perplessità di fronte alla dizione «secondo le norme di legge» perché essa può significare secondo le condizioni formali che la legge prescriverà, ma potrebbe anche significare secondo le condizioni sostanziali che la legge reclamerà per la registrazione, rendendosi possibile così la limitazione nel fine, nella struttura, se non anche in considerazione del colore politico, dell'associazione sindacale, al cui impossessamento monopolistico naturalmente tendono tutti i regimi dittatoriali di destra o di sinistra. Io ho proposto questo emendamento: «L'organizzazione sindacale è libera. I sindacati, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, possono stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce. A questo fine i sindacati dovranno essere registrati presso uffici locali e centrali».

Noi vogliamo sottolineare il principio che la rappresentanza sindacale deve, sì, essere unitaria, ma non può essere pretesa soltanto da una maggioranza: specificamente deve essere affermato il diritto delle minoranze ad intervenire nella stipulazione dei contratti collettivi.

Ma v'è un capoverso aggiuntivo che noi proponiamo. Onorevoli colleghi, noi liberali intravediamo oggi una nuova esigenza, oltre quella della libertà d'associazione che è stata vivamente sentita dall'Ottocento liberale. Noi oggi intravediamo un'altra libertà che va reclamata: la libertà di non associazione. E perciò proponiamo con l'emendamento un'aggiunta che dice: «L'iscrizione in un sindacato non è condizione per l'esercizio dei diritti del lavoratori». (Commenti).

I sindacati rappresenteranno anche tutta la categoria ai fini della stipulazione dei contratti collettivi i quali avranno vigore di legge per tutta la categoria alla quale il contratto si riferisce. Sia ben chiaro però che l'iscrizione ad un sindacato non può essere condizione per l'assunzione al lavoro, come invece oggi accade, né per l'esercizio d'ogni altro diritto del lavoratore. Abbiamo, del resto, degli esempi allarmanti anche in America, dove in corrispondenza ai monopoli di produzione vi sono dei sindacati monopolistici del lavoro. V'è cioè una mano d'opera monopolizzata in taluni settori dell'economia americana: vi sono fabbriche, per esempio, che fanno degli accordi con determinate organizzazioni sindacali e si obbligano di assumere la mano d'opera soltanto da quei sindacati. Da noi accade spesso che sia assunta soltanto la mano d'opera imposta da un partito. Ed è anche questa una forma di monopolio e di sopraffazione.

[...]

Colitto. [...] 7°) Poche parole ancora a proposito del sindacato, che mi auguro resti espressione spontanea della socialità inerente alla natura umana, rocca in cui il lavoro sta al riparo dalle ingiuste aggressioni e sia considerato sempre come una palestra di ascensione operaia, senza mai diventare vivaio di agitazioni perenni, covo di speculatori o di organizzatori di scioperi, fucina di attentati alla pacifica convivenza e alla prosperità economica della Nazione.

L'articolo 35 dispone che «l'organizzazione sindacale è libera», che «non possono essere imposti ai sindacati altri obblighi che la registrazione presso uffici locali e centrali, secondo le norme di legge» e che «i sindacati registrati hanno personalità giuridica».

Io sopprimerei questi due ultimi commi, specie il secondo, sia perché l'affermazione è molto vaga, non precisandosi se trattasi di personalità giuridica di diritto privato o di diritto pubblico, sia perché, dandosi dall'ultimo comma dell'articolo ai sindacati il potere di stipulare contratti collettivi di lavoro, per ciò stesso viene ad essi riconosciuta la personalità giuridica.

[...]

Dominedò. [...] Per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro, un apposito articolo disciplina uno dei fondamentali temi dell'epoca moderna, e cioè il problema del sindacalismo. È una disposizione delicata e complessa, quella dell'articolo 35, la quale, come può ricordare chi prese parte alle discussioni della terza Sottocommissione da cui essa scaturì, costituisce il frutto di un'elaborazione approfondita, svoltasi col concorso dei rappresentanti delle diverse tendenze politiche. Forse il testo merita qualche chiarimento, poiché la sua lettura potrebbe destare delle perplessità, soprattutto per quanto riguarda i due momenti distinti che in esso sono sostanzialmente considerati.

Quali sono i problemi essenziali che occorre risolvere rispetto alla disciplina e allo svolgimento di un moderno sindacalismo? Pare a noi che il primo problema da affrontare sia quello della libertà dell'organizzazione sindacale. Il primo comma dell'articolo 35 si ispira, infatti, a questo concetto preliminare, fissando un punto di partenza: esso muove dalla base del riconoscimento della libera organizzazione sindacale. Ed anche l'emendamento da noi proposto all'articolo 35 mantiene in ciò l'identica formula del progetto, intendendo così confermare l'incondizionata libertà di associazione per qualsiasi organizzazione di carattere e scopo sindacale. Vi è, tuttavia qualcosa da aggiungere in relazione a questo primo momento dell'organizzazione del lavoro: la libertà di associazione porta evidentemente alla possibilità di una pluralità sindacale. Questa conseguenza si ricollega alla necessità di considerare il sindacato come un organismo liberamente costituito e, quindi, all'esigenza di conferire piena funzionalità a tutte le organizzazioni sindacali che noi vogliamo indipendenti a tutela dei diritti del lavoratore.

Ora, tale riconoscimento è realizzabile, tenendo conto della possibilità che l'organizzazione sindacale acquisti la personalità giuridica. Ecco così il primo gradino della scala. Noi dobbiamo cominciare a parlare della personalità giuridica di diritto privato, cioè della titolarità dei diritti da parte del sindacato, non essendo ancora giunti al secondo gradino che toccheremo solo quando daremo la possibilità di dettar norme alla categoria: solo in quel momento spetterà, infatti, al sindacato una potestà di imperio, per cui la personalità giuridica si trasferirà dal terreno di diritto privato in quello del diritto pubblico. Per quanto riguarda, invece, la prima fase, noi consideriamo certamente la possibilità di dettar norme agli iscritti al sindacato, ma non risolviamo ancora il problema di vincolare tutti gli appartenenti alla categoria, una volta che senza potestà di imperio non v'è possibilità di dettar norme agli appartenenti alla categoria, se non iscritti al sindacato.

Nell'ambito delle singole associazioni sindacali, il problema è, pertanto, risolto col conferimento della personalità giuridica: conferimento che potrà essere accompagnato da un normale controllo sugli statuti dell'associazione; allo scopo di accertarne il carattere democratico, dal momento che il progetto di Costituzione subordina l'acquisto delle personalità alla condizione che l'organizzazione sindacale sia regolarmente registrata negli uffici centrali e locali. Ai sindacati non è, quindi, imposto altro obbligo che la registrazione secondo le norme di legge. A questo proposito dovrei dire che sarebbe preferibile una formulazione positiva invece di quella negativa adottata dal progetto, perché quando si dichiara che la personalità giuridica si ottiene mediante la registrazione, si afferma implicitamente che questa formalità rappresenta il solo onere richiesto costituzionalmente allo scopo. Al secondo e terzo comma del progetto sarebbe, quindi, preferibile, secondo l'emendamento proposto, un solo comma in formula positiva, più semplice appropriata.

La possibilità di questa libera espansione delle associazioni professionali costituisce un dato di fatto che fa sorgere la seconda indagine, particolarmente scottante in quest'ora, sia fra noi che fuori, nel diritto interno e nel diritto comparato. Il secondo problema impone di tutelare l'interesse del lavoratore, acciocché egli non appaia frazionato davanti al datore di lavoro, onde, attraverso una rappresentanza unitaria delle associazioni professionali di lavoro, sia possibile raggiungere il risultato che la difesa del lavoro si affermi compatta, senza incrinature capaci di indebolirne le possibilità di affermazione. Se questa è l'esigenza economica e sociale, giuridicamente essa si traduce nella necessità di far sì che le associazioni sottostanti — così le chiameremo dato che abbiamo parlato di diversi gradini della scala — giungano ad organizzarsi nella loro rappresentanza ultima e unitaria, soltanto allora potendo parlarsi di personalità giuridica di diritto pubblico nella pienezza dell'espressione.

Perché questo avvenga, si richiede un requisito essenziale, s'impone cioè che sussista da parte della legge, il riconoscimento di siffatta potestà di imperio, atta a dettar norme. Come si può arrivare a tale riconoscimento? I metodi potrebbero essere diversi. Nel seno della terza Sottocommissione — e basti a ciò spogliare i verbali dei nostri lavori — si è affacciata l'ipotesi di un sindacato maggioritario, il quale, per il solo fatto di poter rappresentare, ad un certo momento, il 51 per cento dei lavoratori o dei datori di lavoro potrebbe essere investito della potestà rappresentativa unitaria. Con la conseguenza di dettare le norme di categoria, cioè di stipulare contratti collettivi di lavoro, valevoli nei confronti di tutti gli appartenenti alla categoria, oltre che degli iscritti al solo sindacato maggioritario.

Ovvero — seconda soluzione — occorrerebbe far sì che la rappresentanza unitaria si costituisca legalmente, formandosi attraverso l'afflusso di tutte le libere associazioni sindacali. Questa è sembrata, per prevalente accordo e dopo approfondito esame, la tesi da doversi accogliere, come la più rispondente alle esigenze dell'ordine democratico al quale miriamo, poiché solo in questo modo è data la possibilità di rappresentare proporzionalmente, nell'ambito dell'organismo unitario sovrastante, tutte le forze liberamente associantisi nei sindacati ed esprimenti la reale consistenza delle forze del lavoro.

Un rilievo dovrei, tuttavia, fare al progetto, laddove si vorrebbe tradurre in formule il concetto. A me pare che si incorra in equivoco tecnico, vorrei dire di logica giuridica, quando, nell'ultimo comma dell'articolo 35, si aggiunge: «Possono (i sindacati) rappresentanti unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce». Il rilievo particolarmente giuridico, che l'assemblea valuterà nel suo giudizio politico, è questo: che nel momento in cui si costituisce la rappresentanza unitaria, a rigore non sono più le associazioni sottostanti quelle che parlano, bensì il sovrastante organo costituito a norma di legge. Poiché nel giuoco della rappresentanza non è il rappresentato, bensì il rappresentante quegli che esprime la dichiarazione di volontà, e cioè la manifestazione attraverso cui promanano le norme di categoria, affermandosi così nel seno del contratto collettivo di lavoro la norma valevole verso tutti gli appartenenti, oltre che gli iscritti. La fonte della norma risale, infatti, all'organo unitario, al quale, come ad un sindacato di secondo grado, le libere associazioni sottostanti, rappresentate democraticamente e proporzionalmente, hanno deferito la propria capacità di fare una manifestazione di volontà giuridicamente rilevante, idonea a determinare una norma con efficacia vincolante, o ad intervenire per eliminare pacificamente i conflitti di lavoro, prevenendoli o dirimendoli.

La formula che io dovrei proporre tende, quindi, ad un semplice spostamento di soggetti. Invece di continuare a far capo ai sindacati, si tratta di chiarire: «Le rappresentanze unitarie delle associazioni registrate, costituite in ragione proporzionale dei loro iscritti, possono stipulare contratti collettivi di lavoro vincolanti nei confronti di tutti gli appartenenti alla categoria».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti