[Il 10 settembre 1947 l'Assemblea Costituente inizia la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo I «Il Parlamento», Titolo II «Il Capo dello Stato», Titolo III «Il Governo».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Codacci Pisanelli. [...] Per quanto riguarda il Parlamento, questione fondamentale fu quella se le Assemblee legislative dovessero essere una o due. Si trovarono di fronte, in altri termini, anche nella nostra Assemblea Costituente, i due principî che già si erano trovati di fronte in altre Assemblee Costituenti, e fu ampiamente dibattuta la questione se si dovesse accedere al monocameralismo od al bicameralismo.

La votazione, seguita al dibattito, portò all'approvazione del sistema bicamerale. È interessante, però, rilevare che, accettato in linea di principio il sistema bicamerale, successivi espedienti, come la formazione della seconda Camera in maniera quasi analoga alla prima, hanno fatto rientrare dalla finestra il monocameralismo clamorosamente cacciato dalla porta. Questa è la ragione per cui noi intendiamo riprendere il nostro primitivo progetto: intendiamo, cioè, che il sistema bicamerale venga integralmente applicato.

Per quanto riguarda la prima delle due Assemblee legislative non vi è stata particolare difficoltà ad intendersi. Stabilito il principio del suffragio universale integrato dalla rappresentanza proporzionale, e dopo aver accennato ai vari requisiti che si richiedevano, sia per l'elettorato attivo che per l'elettorato passivo, si è concluso per una Camera dei deputati non dissimile dalle ultime forme assunte da essa nel sistema parlamentare italiano. A differenza, però, da quanto avveniva nella nostra precedente Costituzione, il Progetto prevede, almeno formalmente, una completa parità tra le due Assemblee.

Mentre in passato, dal fatto che le leggi tributarie dovevano essere presentate prima alla Camera dei deputati e successivamente al Senato, mentre dalla consuetudine, secondo cui la seconda Camera doveva tenere un atteggiamento di remissività nei confronti della prima, poteva desumersi una certa supremazia della prima Camera nei confronti della seconda, il Progetto attuale tende a introdurre una parità, almeno formale, fra le due Assemblee, anche se praticamente essa non può trovare completa applicazione.

Per quanto riguarda, viceversa, la formazione della seconda Camera, i dissidi sono stati gravi nella Commissione dei Settantacinque. Il Progetto prevede che la seconda Camera venga formata, per due terzi, dall'elezione che viene attribuita ad un corpo elettorale ristretto, in quanto si richiede una età superiore a quella prevista per far parte del corpo elettorale che deve dare luogo alla prima Camera, e per un terzo dall'elezione dei vari Consigli regionali. Nell'un caso e nell'altro si hanno elezioni, nell'un caso e nell'altro si dà la possibilità di far rispecchiare nella seconda Camera, in maniera quasi identica, le stesse tendenze che hanno dato luogo alla formazione della prima. Ecco perché, come sostenevo in precedenza, in questa maniera, essendo le due Assemblee praticamente formate nello stesso modo, si finisce col respingere il principio del bicameralismo, perché quando alla formale distinzione delle due Assemblee non corrisponde una sostanziale distinzione, in quanto vengono formate in maniera quasi identica, è meglio riconoscere che, nonostante le contrarie dichiarazioni verbali, si accoglie in sostanza il sistema unicamerale.

Si aggiunga che, per gli atti di principale importanza, come la votazione della fiducia al Governo, l'elezione del Capo dello Stato e la dichiarazione di guerra, le deliberazioni vengono prese dalle due Camere riunite nell'Assemblea Nazionale, cioè praticamente da un'Assemblea unica.

È da ritenere che non si possa giungere a queste conclusioni, che peccano di incoerenza, in quanto, dopo aver affermato il principio del bicameralismo, non è logico attribuire ad una Assemblea unica tutti gli atti di principale importanza, non è logico fare in maniera che l'identica formazione delle due Camere ci riporti al monocameralismo.

[...]

Ho sempre parlato di «seconda Camera» e mi sia consentito ravvivare un momento la vostra attenzione, ricordando le discussioni che sono sorte a proposito della denominazione da dare a questa seconda Assemblea. Si è parlato di «Camera dei senatori»; ma non si è voluto parlare di «Senato». È sembrata quasi una nuova applicazione del principio: senatores boni viri, senatus autem mala bestia. Non si vuol più neppure nominare il Senato!

Ma questo orrore per la parola, che, specialmente per chi sta a Roma, sembra strano, in quanto l'S.P.Q.R. che si legge in tutte le cantonate ricorda come si tratti di un nome di storica rilevanza, questo orrore fa pensare all'orrore che si aveva in passato per alcune parole, a quell'orrore che faceva vietare i banchetti, ma che rendeva leciti i ranci, che faceva vietare le vacanze ma consentiva le ferie. (Si ride Approvazioni).

L'altro punto sul quale non possiamo concordare con quanto viene disposto nel progetto è l'eccessiva quantità di deliberazioni di fondamentale importanza che debbono essere prese dall'Assemblea Nazionale. Le due Camere, riunendosi, formano questa Assemblea unica, alla quale vengono attribuiti compiti fondamentali: si può dire quasi che si sia voluto fare una scissione fra le attribuzioni legislative e le attribuzioni politiche delle Assemblee legislative. Pur trattandosi, infatti, di organi legislativi destinati principalmente e peculiarmente a svolgere funzioni legislative, tuttavia, attraverso l'attività di controllo che sono chiamate a svolgere sulla funzione di Governo, queste Assemblee legislative finiscono per partecipare anche all'attività di governo. Sembra quasi, cioè, che si sia voluto attribuire la funzione legislativa propriamente detta alle due Assemblee singole, mentre si sarebbe voluto riservare la funzione del controllo politico alla Assemblea Nazionale, alle due Camere, cioè, riunite insieme.

Se, però, una tale scissione potrebbe anche, da un punto di vista assolutamente astratto e teorico, sembrare in certo modo soddisfacente, non altrettanto soddisfacente può apparire alla mente di chi vuole, soprattutto, che si faccia tesoro dell'esperienza del passato e di chi desidera che siano le Assemblee legislative come tali ad esercitare quella funzione di controllo sull'azione di Governo che si è in ogni tempo dimostrata sommamente efficace. Si vuole, in altri termini, che sia il Parlamento, inteso come azione concomitante delle due Assemblee, a continuare ad esercitare la funzione di controllo sull'attività di Governo, senza che tale funzione venga attribuita ad un organo particolare, quale deve considerarsi quello risultante dalle due Camere riunite.

Noi non possiamo ammettere, cioè, che l'Assemblea Nazionale finisca con il compiere tutti gli atti di maggiore importanza nel campo politico: sarebbe questo un ritorno al monocameralismo, cui ci siamo opposti.

[...]

Per quanto riguarda l'Assemblea Nazionale, potrà senza dubbio essere importante attribuire ad essa determinati atti, come per esempio la nomina del Capo dello Stato, ove si voglia lasciare questo compito alle Assemblee legislative, ed a questo scopo non sarebbe inopportuno far partecipare i presidenti delle varie Regioni all'Assemblea Nazionale che deve procedere alla scelta del Capo dello Stato; ma attribuire a questa Assemblea tutte le competenze che ad essa spettano secondo il Progetto è, secondo noi, in contrasto con il principio del bicameralismo, che dovrebbe essere fondamentale nella nostra Costituzione.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti